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L’8 dicembre a Parigi premiati i progetti del 3° Green Cities Europe Award dell’ENA: 1^ la città di Alkmaar (Olanda), 2^ Cracovia (Polonia), 3^ Lerum (Svezia).
Il progetto vincitore nella città di Alkmaar punta sulle nature-based solutions (che introducono elementi vegetali) per combattere il riscaldamento urbano, i rischi di inondazioni e la perdita di biodiversità. È un programma, denominato “Greening & Biodiversity”, che ha saputo trasformare in pochi mesi diversi spazi abbandonati e grigi in oasi verdi. L’obiettivo è creare 50 mila metri quadri di spazi verdi in 7 anni. Il primo passo è stato l’identificazione degli spazi senza vita in cui ripristinare la permeabilità del suolo, poi si è passati alla messa a dimora di piante selezionate secondo criteri di biodiversità, con una grande varietà di alberi, arbusti e fiori. In due anni, il 50% dell'obiettivo è già stato raggiunto con diversi mini-parchi, prati fioriti urbani, argini appena piantati e rotatorie rispettose della biodiversità. Questi interventi mirati e di facile attuazione hanno avuto un impatto decisivo sulla città e sui suoi abitanti, non solo migliorando la qualità della vita e la biodiversità locale, ma anche ripristinando il ciclo naturale dell'acqua. Ciò che ha entusiasmato la giuria europea è che mostra come le soluzioni basate sulla natura possano facilmente offrire una mitigazione locale agli effetti del cambiamento climatico. Il suo approccio “Quick Win” trasforma la città da grigia a verde con azioni locali basate su 4 direttrici: de-impermeabilizzazione, partecipazione dei residenti, piantumazione e accoglienza della biodiversità. Può essere facilmente applicato in altre città europee senza tanti ritardi e vincoli. Ulteriori informazioni e foto qua.
Il 2° classificato, il Czyżyny Park di Cracovia, è stato reso possibile dal grande impegno degli abitanti con il sostegno del “bilancio civico”. In quanto ex deposito di autobus, l'intera area era quasi al 100% impermeabile e ricoperta di asfalto e cemento. Oggi, ci sono immagini di autobus e aerei sotto i piedi dei pedoni a ricordare la storia del luogo, ma sono stati piantati oltre 250 alberi, 14.000 piante perenni e arbusti, che creano vari ambienti, dallo stile inglese con viali di alberi e prati ad altri tipi. Il parco ospita campi da gioco, pareti da arrampicata, scivoli e spazio per le bocce. Insomma un programma di riqualificazione e rinaturalizzazione di un quartiere denso e popolare di Cracovia molto ambizioso ed efficace. Ulteriori informazioni e foto qua.
Infine, al 3° posto, Vaxtrum a Lerum, che è un programma unico di mini parchi stimolanti, la cui prima funzione è incoraggiare la vita sociale. Växtrum ha una sistemazione per tutto l'anno, creata e sviluppata dal comune di Lerum, con l'aiuto di noti designer di giardini svedesi. Un'altra delle sue funzioni principali è ispirare e informare sulla biodiversità e la sostenibilità. Oggi 10 di queste oasi verdi in varie parti della città ospitano concerti, classi scolastiche e attività studentesche o conferenze gratuite su suolo e transizione ecologica. Aperti 24 ore su 24, hanno riscosso un enorme successo durante la pandemia, aiutando a combattere la solitudine. Ulteriori informazioni e foto qua.
L.S.
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Fra i risultati di uno studio condotto nella piana lucchese da Università di Firenze e CNR l’identificazione delle piante del luogo che più riducono il PM10.
Redazione
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Aggiornamenti da Roberto Natali e Lorenzo Vagaggini, i consulenti di AVI, del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia e del Distretto forestale della Montagna Pistoiese, per il bando dei contratti di distretto del PNRR, i cui tempi d’uscita si sono allungati. Già 40 manifestazioni d’interesse dalle aziende: una trentina dalla Piana e una decina dalla Montagna. Maggiorazione del 20% dei contributi per zone montane, giovani insediati da non più di 5 anni e investimenti collettivi (di cooperative o OP). Potrebbe rientrare nel progetto anche il Laboratorio per l’autocontrollo fitosanitario dei vivaisti.
«Ci sono le condizioni favorevoli per inserire nel progetto inter-distrettuale a cui stiamo lavorando con l’Associazione Vivaisti Italiani (AVI) e i due distretti pistoiesi, quello vivaistico-ornamentale della Piana e quello forestale della Montagna, la creazione di quel centro collettivo privato dei vivaisti che è stato annunciato all’ultima assemblea del distretto vivaistico-ornamentale per il controllo dei fitofagi e delle malattie della piante: il cosiddetto “laboratorio per l’autocontrollo fitosanitario”, che potrebbe essere finanziato quasi al 100% o almeno all’80% con finanziamenti statali a fondo perduto, fra “Contratti di distretto” e “Transizione 4.0”».
A renderlo noto è Roberto Natali, il consulente di AVI e del Distretto vivaistico-ornamentale per la progettazione della partecipazione al bando dei “contratti di distretto” del PNRR, la cui uscita è stata posticipata dal Ministero dell’agricoltura forse per evitare sovrapposizioni con il bando dei contratti di filiera già pubblicato. Il Vivaista ha sentito Natali il 27 ottobre scorso insieme al collega Lorenzo Vagaggini, consulente per il Distretto forestale della Montagna Pistoiese, per sapere a che punto siamo con il bando e con la progettazione distrettuale, che ha registrato finora circa 40 manifestazioni d’interesse, di cui una trentina di aziende del Distretto vivaistico-ornamentale della piana di Pistoia e una decina di imprese sia boschive che agricole della Montagna. Un numero già più che sufficiente a realizzare un ottimo progetto, ma che potrebbe aumentare non appena sarà pubblicato il bando e rendere il progetto ancora più significativo.
A Natali e Vagaggini abbiamo chiesto in particolare se ci sono aggiornamenti e novità da segnalare, oltre a quanto già illustrato negli incontri del 20 aprile scorso al Bottegone di Pistoia (vedi qui) e del 24 maggio a Campo Tizzoro (vedi qui), ai vivaisti e agricoltori e boscaioli pistoiesi che ancora non hanno deciso se unirsi ai partecipanti e stanno aspettando la pubblicazione del bando prima di farlo.
Lorenzo Vagaggini si aspetta che questo bando ministeriale, grazie all’introduzione di «elementi di semplificazione importanti», avrà diverse adesioni e «molto convinte» fra le aziende della Montagna Pistoiese. «Come succede di solito – ci ha detto - c’è un nucleo di soggetti che sono più presenti e vivaci e sono sempre a fiutare con le antenne ritte e un numero molto maggiore di soggetti che stanno alla finestra e poi quando le cose effettivamente si mettono in moto, magari all’ultimo minuto, chiedono di entrare. Dobbiamo tenere presente anche che la montagna Pistoiese non ha una tradizione come c’è nella piana riguardo a progetti integrati perché c’è stato un solo Pif forestale promosso nel 2017 e poi dei Pif agricoli che però non coinvolgevano le aziende forestali. Noi possiamo dire che i numeri aumenteranno perché in questo caso non si farà distinzione fra impresa boschiva e impresa agricola, l’importante è che sia all’interno del distretto forestale e quindi sicuramente si amplierà la platea».
Vagaggini ha poi ribadito un punto molto attraente che sarà contenuto nel bando dei contratti di distretto (che dovrebbe ricalcare per molti versi il bando già uscito dei contratti di filiera, in quanto entrambi derivati dal decreto ministeriale n. 1192 dell’8 gennaio 2016): «la possibilità di fare un investimento acquistando dei fabbricati già esistenti, un segnale importante anche dal punto di vista del consumo del suolo, perché così un impresa, invece di andare a costruire cose nuove, se trova un bel capannone che fa al caso suo lo compra; cosa che negli altri bandi non si sarebbe potuta fare».
Riguardo ai tipi di investimento, fra i tanti possibili, che saranno privilegiati in questa progettazione, nell’interesse delle aziende partecipanti della Montagna, Vagaggini ha spiegato che «non c’è una categoria prevalente. Diciamo che sono rappresentate, per quello che ho sentito dire e anche in base alle necessità, in parte una meccanizzazione spinta, che nel settore forestale è importante, in parte la logistica e le infrastrutture, e in parte, per quanto riguarda le aziende agricole, interventi classici su infrastrutture e locali per l’allevamento».
Tra le novità, risalenti a una correzione ministeriale del 21 luglio scorso sull’avviso riguardante il bando dei contratti di filiera, che dovrebbe essere rispecchiato nel bando dei contratti di distretto, Roberto Natali ha messo in evidenza l’introduzione di «una maggiorazione del 20% del contributo a fondo perduto per gli investimenti nelle zone montane: qualunque sia l’investimento, in una zona montana ha un 20% in più, quindi si passa dal 40% al 60% sulla Montagna Pistoiese». Non solo, «le stesse aliquote di maggiorazione – ha spiegato - le possono avere [a prescindere dall’essere in montagna o meno, ndr] anche i giovani agricoltori che si sono insediati da appena 5 anni al massimo oppure le strutture di trasformazione cooperative, op ecc., per investimenti collettivi, come ad esempio una cooperativa che si attrezza per fornire servizi a tutti i soci».
Su quali investimenti punteranno prevalentemente le aziende vivaistiche? «In generale – risponde Natali - sia sulla questione delle risorse idriche, quindi impianti con il riciclo delle acque per la vasetteria oppure bacini e quant’altro. Poi sull’energia, che è di primario interesse, non solo per i costi aziendali che ha, perché le piante hanno necessità di irrigazione continua e gli impianti di irrigazione vanno con la corrente elettrica. Tutti questi consumi energetici, che sono minori rispetto ad altri settori come l’orticoltura e la floricoltura in serra, però sono ben presenti anche nel vivaismo e quindi c’è interesse primario alla realizzazione di impianti fotovoltaici. Inoltre c’è tutta la parte della movimentazione delle merci, e quindi anche ristrutturazione e miglioramento della viabilità dei vivai». «Il taglio che abbiamo cercato di dare già dalle prime riunioni – ha concluso Natali - è stato di far privilegiare ai vivaisti quelle attività di investimento che li portano ad essere più sostenibili, perché abbiamo pure il problema dell’elevato consumo di fitofarmaci e quindi la gestione migliore delle condizioni di crescita delle piante con la fertirrigazione, il giusto dosaggio delle acque, il giusto controllo dei parassiti può essere molto positiva».
L.S.
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Il 25 novembre convegno internazionale “10.000 alberi per Padova - La forestazione urbana per la città che cambia”. Evento gratis valido per i crediti formativi.
Redazione
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Negli ultimi anni la maggior parte dei paesi si stanno sensibilizzando al concetto di sostenibilità ambientale, per le sue implicazioni sull'utilizzo dell'energia e sul benessere delle persone. Le linee guida dettate dal Parlamento Europeo, attraverso le direttive EPBD, incoraggiano una spinta verso l’efficientamento energetico degli edifici esistenti per poter raggiungere gli ambiziosi livelli di casa a consumo quasi o totalmente zero (nZEB).
In Italia, il Piano d'azione per la sostenibilità energetica mira a ridurre l'impatto ambientale delle nuove costruzioni e, in proposito, il decreto per i Criteri Ambientali Minimi (CAM), nel suo ultimo aggiornamento del 6/08/2022, specifica che l’utilizzo di coperture verdi deve essere preferito in modo da ridurre l’effetto “isola di calore estiva”. La tendenza è quindi quella di promuovere l’utilizzo di strati verdi nell’efficientamento degli edifici, ma senza effettuare alcuna implementazione ampia e pertinente.
La crescente urbanizzazione, a discapito delle aree verdi, sta cambiando radicalmente le città. Le temperature medie dei centri abitati stanno crescendo a causa del fenomeno dell'isola di calore urbana (UHI), che mette in pericolo i gruppi più vulnerabili della popolazione e amplifica i problemi legati all’inquinamento. L'uso di rivestimenti vegetali consente di migliorare la qualità dell'aria, di mitigare i fenomeni di isola di calore e di ottimizzare l'isolamento acustico oltre che a garantire drenaggio ai fenomeni atmosferici sempre più intensi quali “bombe d’acqua”.
Per quanto riguarda i fabbisogni energetici degli edifici, soluzioni come tetti o facciate verdi si sono dimostrati tendenzialmente efficienti nella riduzione dei consumi, in particolare quelli di raffrescamento. Tuttavia, ogni caso dovrebbe essere progettato e studiato a fondo, prima della sua installazione.
L’obbiettivo di questo articolo è quello di delineare una panoramica sugli apporti energetici ottenuti nella stagione estiva con l’installazione di pareti e tetti verdi su edifici costruiti in area mediterranea.
Pareti verdi
Le performance energetiche di una parete verde sono state analizzate nell’ambito di una ricerca condotta con ENEA su una parete verde, installata su un loro edificio, durante il periodo estivo. L’edificio possiede delle pareti mediamente prestazionali, in blocchi di laterizio con intercapedine isolata con 6 cm di sughero. Grazie ai dati misurati sulla parete siamo stati in grado di creare un modello di simulazione energetica dinamica, usando programmi quali Matlab e Simulink, per predire il comportamento energetico di pareti vegetali in altre città.
I parametri utilizzati per la valutazione della parete sono stati:
- la costante verde media stagionale (Kv), che indica la percentuale di radiazione solare incidente entrante nell’edificio;
- il fattore di attenuazione medio stagionale verde (Fav), che indica di quanto viene ridotta l’onda termica proveniente dal sole (vedi Fig. 1);
- lo sfasamento medio stagionale verde (tv), che indica il tempo di ritardo con la quale l’onda termica entra all’interno dell’edificio (vedi Fig. 1).
Fig 1. Rappresentazione grafica di attenuazione e sfasamento.
I dati misurati a Roma, nell’estate del 2019, hanno mostrato che la coltre vegetale è in grado di diminuire fino a 6 °C la temperatura superficiale interna della parete, rispetto al caso di parete non protetta.
Simulando la collocazione dello stesso edificio nelle città di Palermo e Bolzano, usando i dati climatici dell’estate 2019, abbiamo ottenuto i risultati in Tab 1.
Città | Kv | Fav | tv [h] |
Bolzano | 0.27 | 0.172 | 16.40 |
Roma | 0.35 | 0.161 | 12.77 |
Palermo | 0.54 | 0.151 | 17.30 |
Tab 1. Valori medi estivi di Kv, Fav e tv, per le città di Bolzano, Roma e Palermo, durante l’estate del 2019, per l’edificio oggetto di studio.
La costante verde media stagionale Kv indica che la coltre vegetale a Roma impedisce al 65% del flusso termico totale di entrare nell’ambiente interno, rispetto alla configurazione nuda. I fattori di attenuazione si assestano su valori simili in tutte e tre le città. Gli sfasamenti, seppur diversi, permettono di ritardare il picco dell’onda termica giornaliera alle ore notturne, quando soluzioni passive come il “free cooling” possono essere adottate per raffrescare gratuitamente aprendo le finestre.
Tetti verdi
Una campagna di simulazioni energetiche dinamiche è stata effettuata in tre città italiane, con l’obiettivo di confrontare il comportamento energetico di un tetto verde e di un tetto tradizionale ben isolato. L’edificio simulato è uno dei casi studio individuati dal Comitato Termotecnico Italiano per l’Energia e l’Ambiente (CTI) per accreditare software di calcolo energetico; sono state modificate le stratigrafie in modo da rispettare i limiti di trasmittanza imposti dalle normativa Italiana.
Le due stratigrafie di copertura sono state modellate per avere la stessa trasmittanza termica (0,23 W/m2K), al fine di poter valutare la prestazione termica dinamica che risulta influenzata, oltre che dai materiali, anche da altri parametri. In particolare, il comportamento del tetto verde è condizionato dal livello di evapotraspirazione, dall’accumulo di acqua nel terreno, dalla copertura fogliare e dalla radiazione solare diretta. Come mostrato in Fig. 2, i flussi termici estivi entranti gli edifici sono molto diversi e influenzati notevolmente dalla quantità di acqua presente all’interno del tetto verde.
Fig 2. Energia termica settimanale trasferita per conduzione all’interno delle stratigrafie verso l’intradosso (Inward) e l’estradosso (Outward), in una settimana estiva standard del 2019.
La configurazione più performante è il tetto verde ben irrigato, con un livello di umidità del suolo del 30% o più. Al diminuire dell’umidità del suolo diminuiscono anche le qualità di isolamento termico del tetto vegetativo, producendo risultati sfavorevoli al di sotto di un contenuto d’acqua del 20%, con prestazioni quindi peggiorative rispetto al tetto in laterizio ben isolato.
La Fig. 3 mostra al dettaglio l’andamento e la direzione dei flussi nelle diverse casistiche.
Fig 3. Diagrammi che mostrano l'energia termica settimanale trasferita per conduzione all’estradosso e all’intradosso dei diversi tipi di tetto simulati con i rispettivi profili di pioggia a Bolzano, Pisa e Palermo durante l'estate 2019; le illustrazioni indicano anche le temperature medie esterne e interne, la percentuale media settimanale di acqua all'interno del suolo del tetto verde e il fabbisogno energetico dell'involucro dell’edificio per m2.
Conclusioni
Si è inteso dunque sommariamente mostrare come il comportamento di strutture vegetative possa influire sull’efficientamento degli edifici durante la stagione estiva.
La parete verde si è dimostrata efficace da Nord a Sud Italia nella riduzione dei flussi termici entranti nell’edificio, abbattendo di almeno il 50% l’onda termica e aumentando lo sfasamento del picco di calore giornaliero alle ore notturne, dove la semplice apertura delle finestre rappresenta una soluzione di raffrescamento a consumo zero: il cosiddetto “free cooling”.
Al contrario, il secondo caso studio ha mostrato che l'installazione di un tetto verde non è sempre da considerarsi la soluzione migliore; prima di utilizzarlo è necessario progettarlo e simularlo adeguatamente in base alle specifiche condizioni climatiche. I risultati hanno dimostrato come la copertura a verde non sia la soluzione ottimale in climi caldi e secchi e che una accurata analisi del contesto climatico, con rilevazione puntuale delle temperature, nonché dei dati di piovosità della zona, siano elementi essenziali ad orientare verso scelte progettuali efficaci.
Infine, per una corretta e completa valutazione dei benefici offerti da una parete verde, e soprattutto di un tetto verde, rispetto alle soluzioni tradizionali, devono essere tenuti di conto i costi di installazione e manutenzione. Ad esempio, per il tetto verde, l’obbligo di installare un impianto di irrigazione, un serbatoio di accumulo e i costi accessori, quali la manutenzione di questi nel tempo e il consumo di risorse naturali. Si suggerisce infine un’attenta analisi del ciclo di vita dei materiali utilizzati.
Prof. Fabio Fantozzi
Ing. Roberto Rugani
DESTeC - Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi del Territorio e delle Costruzioni - Università di Pisa
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Alla prossima edizione di Macfrut (Rimini Expo Center 3-5 maggio) il debutto del nuovo “Salone del vivaismo e dell’innovazione varietale” nella frutticoltura.
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