Il vivaista

piante adatte a contrastare diffusione PM10

Fra i risultati di uno studio condotto nella piana lucchese da Università di Firenze e CNR l’identificazione delle piante del luogo che più riducono il PM10.

 
Quali sono fra le specie di piante presenti nel territorio della Piana di Lucca quelle più utili a contrastare la diffusione di particolato PM10 nell’aria?
Una risposta a questa domanda l’ha fornita il progetto di ricerca terminato di recente “Veg-PM10 - Azioni multidisciplinari ed integrate per il monitoraggio e la riduzione del particolato atmosferico nella piana lucchese”, che è stato sostenuto con 180mila euro dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e condotto nei territori di Altopascio, Capannori, Lucca e Porcari da un coordinamento scientifico composto da Università di Firenze (capofila del progetto), con i dipartimenti di Biologia e di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali, e CNR di Firenze, che ha fornito centraline di monitoraggio della qualità dell’aria ed ha eseguito studi sulla vegetazione e sulla qualità dell’aria in prossimità delle abitazioni dei 4 comuni coinvolti in collaborazione con Arpat. (Su questo tema vedi anche nostro servizio).
Ebbene, come riferito alla stampa a fine novembre, una serie di sperimentazioni ha consentito di «valutare l'interazione tra il particolato accumulato nelle foglie di ciascuna specie analizzata e le concentrazioni di PM registrate dai centri di monitoraggio». Le specie di piante rivelatesi più idonee a contrastare l’inquinamento da particolato PM10 sono le seguenti: alloro (Laurus nobilis), olivo (Olea europaea), oleandro (Nerium oleander), magnolia (Magnolia grandiflora) e lauroceraso (Prunus laurocerasus).
Le Linee Guida del progetto saranno diffuse lunedì 12 dicembre 2022 sul sito www.luccagreenproject.it.   
 

Redazione

Aggiornamenti da Roberto Natali e Lorenzo Vagaggini, i consulenti di AVI, del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia e del Distretto forestale della Montagna Pistoiese, per il bando dei contratti di distretto del PNRR, i cui tempi d’uscita si sono allungati. Già 40 manifestazioni d’interesse dalle aziende: una trentina dalla Piana e una decina dalla Montagna. Maggiorazione del 20% dei contributi per zone montane, giovani insediati da non più di 5 anni e investimenti collettivi (di cooperative o OP). Potrebbe rientrare nel progetto anche il Laboratorio per l’autocontrollo fitosanitario dei vivaisti. 

«Ci sono le condizioni favorevoli per inserire nel progetto inter-distrettuale a cui stiamo lavorando con l’Associazione Vivaisti Italiani (AVI) e i due distretti pistoiesi, quello vivaistico-ornamentale della Piana e quello forestale della Montagna, la creazione di quel centro collettivo privato dei vivaisti che è stato annunciato all’ultima assemblea del distretto vivaistico-ornamentale per il controllo dei fitofagi e delle malattie della piante: il cosiddetto “laboratorio per l’autocontrollo fitosanitario”, che potrebbe essere finanziato quasi al 100% o almeno all’80% con finanziamenti statali a fondo perduto, fra “Contratti di distretto” e “Transizione 4.0”».
A renderlo noto è Roberto Natali, il consulente di AVI e del Distretto vivaistico-ornamentale per la progettazione della partecipazione al bando dei “contratti di distretto” del PNRR, la cui uscita è stata posticipata dal Ministero dell’agricoltura forse per evitare sovrapposizioni con il bando dei contratti di filiera già pubblicato. Il Vivaista ha sentito Natali il 27 ottobre scorso insieme al collega Lorenzo Vagaggini, consulente per il Distretto forestale della Montagna Pistoiese, per sapere a che punto siamo con il bando e con la progettazione distrettuale, che ha registrato finora circa 40 manifestazioni d’interesse, di cui una trentina di aziende del Distretto vivaistico-ornamentale della piana di Pistoia e una decina di imprese sia boschive che agricole della Montagna. Un numero già più che sufficiente a realizzare un ottimo progetto, ma che potrebbe aumentare non appena sarà pubblicato il bando e rendere il progetto ancora più significativo.
A Natali e Vagaggini abbiamo chiesto in particolare se ci sono aggiornamenti e novità da segnalare, oltre a quanto già illustrato negli incontri del 20 aprile scorso al Bottegone di Pistoia (vedi qui) e del 24 maggio a Campo Tizzoro (vedi qui), ai vivaisti e agricoltori e boscaioli pistoiesi che ancora non hanno deciso se unirsi ai partecipanti e stanno aspettando la pubblicazione del bando prima di farlo.
Lorenzo Vagaggini si aspetta che questo bando ministeriale, grazie all’introduzione di «elementi di semplificazione importanti», avrà diverse adesioni e «molto convinte» fra le aziende della Montagna Pistoiese. «Come succede di solito – ci ha detto - c’è un nucleo di soggetti che sono più presenti e vivaci e sono sempre a fiutare con le antenne ritte e un numero molto maggiore di soggetti che stanno alla finestra e poi quando le cose effettivamente si mettono in moto, magari all’ultimo minuto, chiedono di entrare. Dobbiamo tenere presente anche che la montagna Pistoiese non ha una tradizione come c’è nella piana riguardo a progetti integrati perché c’è stato un solo Pif forestale promosso nel 2017 e poi dei Pif agricoli che però non coinvolgevano le aziende forestali. Noi possiamo dire che i numeri aumenteranno perché in questo caso non si farà distinzione fra impresa boschiva e impresa agricola, l’importante è che sia all’interno del distretto forestale e quindi sicuramente si amplierà la platea».
Vagaggini ha poi ribadito un punto molto attraente che sarà contenuto nel bando dei contratti di distretto (che dovrebbe ricalcare per molti versi il bando già uscito dei contratti di filiera, in quanto entrambi derivati dal decreto ministeriale n. 1192 dell’8 gennaio 2016): «la possibilità di fare un investimento acquistando dei fabbricati già esistenti, un segnale importante anche dal punto di vista del consumo del suolo, perché così un impresa, invece di andare a costruire cose nuove, se trova un bel capannone che fa al caso suo lo compra; cosa che negli altri bandi non si sarebbe potuta fare».
Riguardo ai tipi di investimento, fra i tanti possibili, che saranno privilegiati in questa progettazione, nell’interesse delle aziende partecipanti della Montagna, Vagaggini ha spiegato che «non c’è una categoria prevalente. Diciamo che sono rappresentate, per quello che ho sentito dire e anche in base alle necessità, in parte una meccanizzazione spinta, che nel settore forestale è importante, in parte la logistica e le infrastrutture, e in parte, per quanto riguarda le aziende agricole, interventi classici su infrastrutture e locali per l’allevamento».
Tra le novità, risalenti a una correzione ministeriale del 21 luglio scorso sull’avviso riguardante il bando dei contratti di filiera, che dovrebbe essere rispecchiato nel bando dei contratti di distretto, Roberto Natali ha messo in evidenza l’introduzione di «una maggiorazione del 20% del contributo a fondo perduto per gli investimenti nelle zone montane: qualunque sia l’investimento, in una zona montana ha un 20% in più, quindi si passa dal 40% al 60% sulla Montagna Pistoiese». Non solo, «le stesse aliquote di maggiorazione – ha spiegato - le possono avere [a prescindere dall’essere in montagna o meno, ndranche i giovani agricoltori che si sono insediati da appena 5 anni al massimo oppure le strutture di trasformazione cooperative, op ecc., per investimenti collettivi, come ad esempio una cooperativa che si attrezza per fornire servizi a tutti i soci».
Su quali investimenti punteranno prevalentemente le aziende vivaistiche? «In generale – risponde Natali - sia sulla questione delle risorse idriche, quindi impianti con il riciclo delle acque per la vasetteria oppure bacini e quant’altro. Poi sull’energia, che è di primario interesse, non solo per i costi aziendali che ha, perché le piante hanno necessità di irrigazione continua e gli impianti di irrigazione vanno con la corrente elettrica. Tutti questi consumi energetici, che sono minori rispetto ad altri settori come l’orticoltura e la floricoltura in serra, però sono ben presenti anche nel vivaismo e quindi c’è interesse primario alla realizzazione di impianti fotovoltaici. Inoltre c’è tutta la parte della movimentazione delle merci, e quindi anche ristrutturazione e miglioramento della viabilità dei vivai». «Il taglio che abbiamo cercato di dare già dalle prime riunioni – ha concluso Natali - è stato di far privilegiare ai vivaisti quelle attività di investimento che li portano ad essere più sostenibili, perché abbiamo pure il problema dell’elevato consumo di fitofarmaci e quindi la gestione migliore delle condizioni di crescita delle piante con la fertirrigazione, il giusto dosaggio delle acque, il giusto controllo dei parassiti può essere molto positiva».

L.S.

Forestazione urbana - modello Padova - alberi per Padova

Il 25 novembre convegno internazionale “10.000 alberi per Padova - La forestazione urbana per la città che cambia”. Evento gratis valido per i crediti formativi.

 
Un’occasione per approfondire la conoscenza delle azioni intraprese dal Comune di Padova per una progettazione urbana sempre più attenta al cambiamento climatico e alla riduzione del consumo di suolo.
È il convegno internazionale “10.000 alberi per Padova - La forestazione urbana per la città che cambia” che si svolgerà venerdì 25 novembre, dalle ore 9 alle 18, presso l’auditorium del Centro Culturale Altinate di San Gaetano a Padova (via Altinate 71). Un evento formativo, valido come aggiornamento professionale, promosso dal Comune di Padova e organizzato dalla rivista Topscape Paysage, dedita alla promozione e sviluppo dell’architettura del paesaggio, in collaborazione con Euroambiente, azienda con base a Pistoia del settore «Landscape e manutenzione del verde».
«Il Settore Verde Parchi e Agricoltura Urbana del Comune di Padova – spiega un comunicato di Topscape Paysage - ha infatti portato a compimento il primo Piano di Gestione delle Alberature della città. Il Piano declina le linee guida della Strategia Nazionale del Verde Urbano pubblicata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, sostenendo un nuovo modello di pianificazione e progettazione urbana più attenta alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico, alla tutela della biodiversità e al depaving degli spazi urbani e, quindi, più sensibile alla riduzione del consumo di suolo». Tutto ciò in linea con le richieste in tema di sostenibilità della Commissione Europea, che mira alla «riduzione della “artificializzazione” degli spazi urbani» (vedi).
«Il progetto – continua il comunicato - è intervenuto su 536 aree in città, ritenute idonee a ricevere la messa a dimora di piante (da 1 a 200 per area a seconda degli spazi e delle caratteristiche del luogo) per un totale di 10.000 esemplari. Questa azione di messa a dimora compone l’asset fondamentale del Piano del Verde di Padova, teso alla pianificazione e alla gestione di tutto il verde urbano di oggi e di domani, oltre che essere una risorsa efficacissima per rendere concreti gli impegni contenuti nel Paesc (Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima) e riconfermare il riconoscimento ottenuto dalla città come Tree city of the world».
Il convegno sarà aperto, per il Comune di Padova, dai saluti del sindaco Sergio Giordani, dell’assessore al Verde Antonio Bressa, del dirigente a capo del Settore Verde Parchi e Agricoltura Urbana Ciro Degl’Innocenti e poi da Gianluca Ottaviani in rappresentanza dell’azienda appaltatrice dell’incarico e organizzatrice dell’iniziativa, Euroambiente.
Numerosi gli interventi delle diverse sezioni del convegno, a partire da quella intitolata L’albero: l’amico geniale, con l’intervento iniziale di Ciro Degl’Innocenti e di Paolo Trivellato, istruttore direttivo tecnico del settore Verde di Padova, “Piano di forestazione: Padova 10.000 alberi”: una presentazione del progetto, del ruolo dell’albero nella mitigazione climatica, delle NBS (Nature Based Solutions: soluzioni basate sulla natura) e delle SuDS (Sustainable Drainage Systems: tecniche di drenaggio urbano sostenibile) e di Padova come modello e laboratorio di sperimentazione in questo ambito. A seguire Luca Inzaina di Euroambiente, che parlerà di “Forestazione urbana tra resilienza e biodiversità: 10 mila alberi, 83 specie”, mentre Alessio Fini, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia dell’Università di Milano interverrà sul tema “Padova città laboratorio di arboricoltura urbana: la ricerca scientifica”.
Ospite d’onore sarà Michel Desvigne, architetto paesaggista fondatore dell’omonimo studio che terrà una lectio in cui racconterà la sua esperienza pluriennale di livello internazionale dell’uso degli alberi per il paesaggio tra materia e forma: dalla forestazione urbana ai paesaggi periurbani, dal centro storico alla periferia, dai corrodi ecologici alla qualità dell’abitare. A chiudere la sezione Paolo Viskanic, ceo di R3GIS, con una relazione sul tema “Nuove frontiere del monitoraggio: verso un modello predittivo nella gestione del verde urbano”, mentre Riccardo Morganti, istruttore direttivo Settore Verde di Padova, Alana Tucker, Program Manager per i programmi Tree City della Arbor Day Foundation, e Marco Marchetti, presidente della Fondazione AlberItalia, parleranno della rete “Tree Cities of the World”, di cui la città di Padova è parte.
Nella sezione Padova 2030: Green Infrastructures for Climate Change ci saranno interventi ancora di Ciro Degl’Innocenti e dell’architetto paesaggista Anna Costa, che presenteranno il piano del verde di Padova tra obiettivi, metodi e strategie. Mentre Crina Denisa Olaru, ingegnere per l’Ambiente e il territorio del settore Verde di Padova racconterà il Parco Guizza e il Bosco-parco Iris.
Ad aprire la sezione “Costruire con gli alberi”, sarà Lucia Krasovec Lucas, presidente di INARCH Triveneto, con un intervento su “Rigenerazione urbana: costruire con gli alberi - Nuovi paradigmi per paesaggi iconici”. A seguire i contributi tecnici dal Dipartimento Tesaf dell’Università di Padova relativi a “Copertura arborea urbana e salute pubblica” di Paolo Semenzato e “L’efficacia degli alberi nella mitigazione dell'isola di calore urbana” di Lucia Bortolini. Chiude la sezione la presentazione del Libro Bianco del Verde promosso da Confagricoltura e Assoverde sul tema “La salute è il verde, il verde è la salute”, presentato da Francesco Maccazzola di Assoverde, Luisa Mastrobattista dell’Istituto Superiore di Sanità e Luca De Michelis, presidente FNP Florovivaistica di Confagricoltura.
Nella sezione “La città che cambia” l’ospite speciale sarà Stefano Boeri, che parlerà di “Padova città di rioni, il nuovo piano degli interventi”. 
In chiusura, fra gli interventi sul tema “Albero tra natura e cultura”, quello di Giuseppe Barbera, docente di Colture Arboree dell’Università di Palermo, che racconterà gli alberi in una visione più ampia rispetto ai servizi eco sistemici che essi forniscono.
La partecipazione alla conferenza è gratuita, previa iscrizione qua, e prevede il riconoscimento di crediti formativi professionali per i partecipanti delle seguenti professioni: architetto, ingegnere, agronomo, agrotecnico, geometra e perito agrario.
Il programma completo può essere consultato qua.
 

Redazione

Negli ultimi anni la maggior parte dei paesi si stanno sensibilizzando al concetto di sostenibilità ambientale, per le sue implicazioni sull'utilizzo dell'energia e sul benessere delle persone. Le linee guida dettate dal Parlamento Europeo, attraverso le direttive EPBD, incoraggiano una spinta verso l’efficientamento energetico degli edifici esistenti per poter raggiungere gli ambiziosi livelli di casa a consumo quasi o totalmente zero (nZEB).
In Italia, il Piano d'azione per la sostenibilità energetica mira a ridurre l'impatto ambientale delle nuove costruzioni e, in proposito, il decreto per i Criteri Ambientali Minimi (CAM), nel suo ultimo aggiornamento del 6/08/2022, specifica che l’utilizzo di coperture verdi deve essere preferito in modo da ridurre l’effetto “isola di calore estiva”. La tendenza è quindi quella di promuovere l’utilizzo di strati verdi nell’efficientamento degli edifici, ma senza effettuare alcuna implementazione ampia e pertinente.
La crescente urbanizzazione, a discapito delle aree verdi, sta cambiando radicalmente le città. Le temperature medie dei centri abitati stanno crescendo a causa del fenomeno dell'isola di calore urbana (UHI), che mette in pericolo i gruppi più vulnerabili della popolazione e amplifica i problemi legati all’inquinamento. L'uso di rivestimenti vegetali consente di migliorare la qualità dell'aria, di mitigare i fenomeni di isola di calore e di ottimizzare l'isolamento acustico oltre che a garantire drenaggio ai fenomeni atmosferici sempre più intensi quali “bombe d’acqua”.
Per quanto riguarda i fabbisogni energetici degli edifici, soluzioni come tetti o facciate verdi si sono dimostrati tendenzialmente efficienti nella riduzione dei consumi, in particolare quelli di raffrescamento. Tuttavia, ogni caso dovrebbe essere progettato e studiato a fondo, prima della sua installazione.
L’obbiettivo di questo articolo è quello di delineare una panoramica sugli apporti energetici ottenuti nella stagione estiva con l’installazione di pareti e tetti verdi su edifici costruiti in area mediterranea.

Pareti verdi
Le performance energetiche di una parete verde sono state analizzate nell’ambito di una ricerca condotta con ENEA su una parete verde, installata su un loro edificio, durante il periodo estivo. L’edificio possiede delle pareti mediamente prestazionali, in blocchi di laterizio con intercapedine isolata con 6 cm di sughero. Grazie ai dati misurati sulla parete siamo stati in grado di creare un modello di simulazione energetica dinamica, usando programmi quali Matlab e Simulink, per predire il comportamento energetico di pareti vegetali in altre città.
I parametri utilizzati per la valutazione della parete sono stati:
- la costante verde media stagionale (Kv), che indica la percentuale di radiazione solare incidente entrante nell’edificio;
- il fattore di attenuazione medio stagionale verde (Fav), che indica di quanto viene ridotta l’onda termica proveniente dal sole (vedi Fig. 1);
- lo sfasamento medio stagionale verde (tv), che indica il tempo di ritardo con la quale l’onda termica entra all’interno dell’edificio (vedi Fig. 1).


Fig 1. Rappresentazione grafica di attenuazione e sfasamento.

I dati misurati a Roma, nell’estate del 2019, hanno mostrato che la coltre vegetale è in grado di diminuire fino a 6 °C la temperatura superficiale interna della parete, rispetto al caso di parete non protetta.
Simulando la collocazione dello stesso edificio nelle città di Palermo e Bolzano, usando i dati climatici dell’estate 2019, abbiamo ottenuto i risultati in Tab 1.

 Città  Kv Fav  tv [h]
 Bolzano  0.27  0.172 16.40
 Roma  0.35  0.161  12.77
 Palermo  0.54  0.151  17.30

Tab 1. Valori medi estivi di Kv, Fav e tv, per le città di Bolzano, Roma e Palermo, durante l’estate del 2019, per l’edificio oggetto di studio.

La costante verde media stagionale Kv indica che la coltre vegetale a Roma impedisce al 65% del flusso termico totale di entrare nell’ambiente interno, rispetto alla configurazione nuda. I fattori di attenuazione si assestano su valori simili in tutte e tre le città. Gli sfasamenti, seppur diversi, permettono di ritardare il picco dell’onda termica giornaliera alle ore notturne, quando soluzioni passive come il “free cooling” possono essere adottate per raffrescare gratuitamente aprendo le finestre.

Tetti verdi
Una campagna di simulazioni energetiche dinamiche è stata effettuata in tre città italiane, con l’obiettivo di confrontare il comportamento energetico di un tetto verde e di un tetto tradizionale ben isolato. L’edificio simulato è uno dei casi studio individuati dal Comitato Termotecnico Italiano per l’Energia e l’Ambiente (CTI) per accreditare software di calcolo energetico; sono state modificate le stratigrafie in modo da rispettare i limiti di trasmittanza imposti dalle normativa Italiana.
Le due stratigrafie di copertura sono state modellate per avere la stessa trasmittanza termica (0,23 W/m2K), al fine di poter valutare la prestazione termica dinamica che risulta influenzata, oltre che dai materiali, anche da altri parametri. In particolare, il comportamento del tetto verde è condizionato dal livello di evapotraspirazione, dall’accumulo di acqua nel terreno, dalla copertura fogliare e dalla radiazione solare diretta. Come mostrato in Fig. 2, i flussi termici estivi entranti gli edifici sono molto diversi e influenzati notevolmente dalla quantità di acqua presente all’interno del tetto verde.

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Fig 2. Energia termica settimanale trasferita per conduzione all’interno delle stratigrafie verso l’intradosso (Inward) e l’estradosso (Outward), in una settimana estiva standard del 2019.

La configurazione più performante è il tetto verde ben irrigato, con un livello di umidità del suolo del 30% o più. Al diminuire dell’umidità del suolo diminuiscono anche le qualità di isolamento termico del tetto vegetativo, producendo risultati sfavorevoli al di sotto di un contenuto d’acqua del 20%, con prestazioni quindi peggiorative rispetto al tetto in laterizio ben isolato.
La Fig. 3 mostra al dettaglio l’andamento e la direzione dei flussi nelle diverse casistiche.

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Fig 3. Diagrammi che mostrano l'energia termica settimanale trasferita per conduzione all’estradosso e all’intradosso dei diversi tipi di tetto simulati con i rispettivi profili di pioggia a Bolzano, Pisa e Palermo durante l'estate 2019; le illustrazioni indicano anche le temperature medie esterne e interne, la percentuale media settimanale di acqua all'interno del suolo del tetto verde e il fabbisogno energetico dell'involucro dell’edificio per m2.

Conclusioni
Si è inteso dunque sommariamente mostrare come il comportamento di strutture vegetative possa influire sull’efficientamento degli edifici durante la stagione estiva.
La parete verde si è dimostrata efficace da Nord a Sud Italia nella riduzione dei flussi termici entranti nell’edificio, abbattendo di almeno il 50% l’onda termica e aumentando lo sfasamento del picco di calore giornaliero alle ore notturne, dove la semplice apertura delle finestre rappresenta una soluzione di raffrescamento a consumo zero: il cosiddetto “free cooling”.
Al contrario, il secondo caso studio ha mostrato che l'installazione di un tetto verde non è sempre da considerarsi la soluzione migliore; prima di utilizzarlo è necessario progettarlo e simularlo adeguatamente in base alle specifiche condizioni climatiche. I risultati hanno dimostrato come la copertura a verde non sia la soluzione ottimale in climi caldi e secchi e che una accurata analisi del contesto climatico, con rilevazione puntuale delle temperature, nonché dei dati di piovosità della zona, siano elementi essenziali ad orientare verso scelte progettuali efficaci.
Infine, per una corretta e completa valutazione dei benefici offerti da una parete verde, e soprattutto di un tetto verde, rispetto alle soluzioni tradizionali, devono essere tenuti di conto i costi di installazione e manutenzione. Ad esempio, per il tetto verde, l’obbligo di installare un impianto di irrigazione, un serbatoio di accumulo e i costi accessori, quali la manutenzione di questi nel tempo e il consumo di risorse naturali. Si suggerisce infine un’attenta analisi del ciclo di vita dei materiali utilizzati.

Prof. Fabio Fantozzi
Ing. Roberto Rugani
DESTeC - Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi del Territorio e delle Costruzioni - Università di Pisa

© Riproduzione riservata

 

Macfrut 2023 - vivaismo e innovazione varietale

Alla prossima edizione di Macfrut (Rimini Expo Center 3-5 maggio) il debutto del nuovo “Salone del vivaismo e dell’innovazione varietale” nella frutticoltura.

 
Vivaismo e nuove varietà di piante da frutto in evidenza nella prossima edizione di Macfrut, la fiera internazionale b-2-b leader del settore ortofrutta in Italia, che si terrà a Rimini Expo Center dal 3 al 5 maggio 2023. Debutterà nell’occasione il nuovo “Salone del vivaismo e dell’innovazione varietale”, che si propone quale punto d’incontro professionale di riferimento per vivaisti, breeder, produttori, tecnici e ricercatori del vivaismo frutticolo: un settore strategico per lo sviluppo della moderna frutticoltura specializzata.
«Al centro del Salone ci sarà un comparto in continua evoluzione, grazie al miglioramento delle tecniche di moltiplicazione delle piante in vivaio, alla transizione in atto dei processi di qualificazione e certificazione dei materiali di propagazione, e dei sistemi di controllo del processo produttivo – spiega Stefano Lugli, coordinatore scientifico della nuova rassegna -. Sono tutti elementi imprescindibili per garantire la massima qualità dei prodotti finali, la piena rispondenza genetica-sanitaria e la completa tracciabilità delle produzioni vivaistiche». «Il settore – ha specificato Lugli - ha saputo cogliere l’opportunità di divenire parte integrante, in molti casi attore principale, dei programmi internazionali rivolti all’innovazione varietale e, più in generale, alla programmazione delle filiere frutticole. Un distretto capace di trasferire il proprio know how nel processo produttivo con l’offerta alle aziende di pacchetti completi di servizi e consulenze per progettare e gestire al meglio i nuovi impianti frutticoli e massimizzare i ritorni degli investimenti. Per questi motivi il mondo vivaistico merita una vetrina internazionale specializzata e dedicata». 
«La novità del Salone del vivaismo – aggiunge il presidente di Macfrut Renzo Piraccini - rappresenta molto bene la specificità di Macfrut nel panorama dell’ortofrutta: per la verticalità dei temi affrontati con focus coordinati dai massimi esperti del settore che ne garantiscono l’alta qualificazione, come nel caso di questo Salone, dell’International Berry Days, Pianeta Rosso e tanti altri eventi; per l’attenzione all’innovazione, sia tecnologica che di prodotto, con particolare riguardo alla salvaguardia dell’ambiente per un’agricoltura più sostenibile, come negli eventi in fiera di Biosolution Events, Acqua Campus ecc.”. 
 
Cosa ci sarà nel nuovo Salone del vivaismo
Nella nuova area espositiva interamente riservata al vivaismo e all'innovazione varietale, all’interno della Fiera di Rimini, i visitatori potranno toccare con mano i risultati raggiunti nel settore, confrontarsi e allacciare rapporti con chi crea e sviluppa innovazione in frutticoltura. Verranno organizzate conferenze, seminari tecnici e workshop su temi di stretta attualità per l'intera filiera. Il tutto con il patrocinio della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana, presso la quale sono presenti gruppi di lavoro sul vivaismo e sulle novità varietali, e in collaborazione con importanti organizzazioni interprofessionali come il CIVI Italia e alcuni network internazionali che operano nel vivaismo e nell’innovazione varietale e con la presenza delle principali aziende del settore.
In 5 tavole rotonde incentrate sul panorama vivaistico internazionale, si parlerà di certificazione e qualificazione delle produzioni vivaistiche, delle forme di protezione e tutela dei brevetti e di lotta alla pirateria varietale, di club varietali e delle moderne formule di programmazione della filiera frutticola, delle nuove tecnologie di breeding impiegate per creare innovazione, della ricerca e sviluppo di nuove tecniche nel settore vivaistico.
I 5 workshop di aggiornamento varietale faranno il punto sugli ultimi risultati del miglioramento genetico in frutticoltura a livello mondiale: quest'anno si parlerà di innovazione varietale nell'actinidia, ciliegio, fragola, melo e uva da tavola. Ogni seminario sarà introdotto da un esperto di fama internazionale che farà il punto sullo stato dell’arte e sulle prospettive future del miglioramento genetico della specie. A seguire, la parola verrà data a chi crea e diffonde l’innovazione varietale a livello mondiale: società di breeding, editori, consorzi di gestione delle novità varietali. 
Le aziende interessate a partecipare come espositori al salone internazionale del vivaismo e dell’innovazione varietale possono contattare l’organizzazione di Macfrut.
 

Redazione

Convegno dell’Associazione Vivaisti Italiani (AVI) sulle possibilità di miglioramento della gestione delle risorse idriche nel Distretto vivaistico pistoiese.
 

I lunghi periodi siccitosi di quest’anno sono stati ben superati dal Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, anche perché la gestione dell’acqua sia a livello territoriale che nei vivai pistoiesi non è certamente all’anno zero. Però hanno fatto scattare un campanello d’allarme tra i vivaisti: il clima sta cambiando e bisogna essere preparati a prevenire la carenza d’acqua attraverso un’ulteriore ottimizzazione della gestione delle risorse idriche.  
seratavivaismo22 2Così, ieri l’altro sera, la tradizionale “Serata del vivaismo” organizzata dall’Associazione Vivaisti Italiani (AVI), soggetto referente del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, è stata dedicata proprio a un convegno sul tema “Crisi climatica, siccità e gestione delle risorse idriche”. Obiettivo dell’incontro, che si è svolto presso la Sala “Arte Varia Forum” del Bottegone e ha messo a confronto esponenti di vari livelli istituzionali e del mondo della ricerca, era fare il punto sulle strategie e opportunità di miglioramento della gestione delle risorse idriche nel Distretto vivaistico pistoiese in relazione al cambiamento climatico e all’aumentato rischio di siccità: dalla realizzazione di piccoli e medi invasi aziendali, all’innovazione degli impianti di irrigazione, fino all’uso delle acque reflue depurate provenienti dagli impianti di depurazione. Tutto ciò con un occhio anche alle complesse normative in materia, alla costruttiva collaborazione con le istituzioni (Comuni del territorio distrettuale e Regione Toscana) e i consorzi di bonifica e alla disponibilità di bandi e risorse che sostengano gli investimenti.
«Questo incontro – ha detto aprendo i lavori il presidente di AVI Luca Magazzini - è un atto dovuto alla luce di quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo sul fronte dei cambiamenti climatici e della siccità. Ci abbiamo messo un po’ a organizzarlo perché su un tema come questo volevamo interloquire con le istituzioni». «C’è la consapevolezza – ha aggiunto - che quest’anno, bene o male, con mille sacrifici, si è portata in fondo fino alla fine la stagione estiva. Ma non è detto che questo si possa continuare a fare, se non si interviene sapientemente e decisamente e anche velocemente sul tema del risparmio dell’acqua e su quello dell’accumulo. Il nostro è un territorio che storicamente ha una delle maggiori piovosità d’Italia, ma da qualche anno le cose sono cambiate. Bisogna attrezzarci».

seratavivaismo22

Il presidente del Distretto vivaistico-ornamentale Francesco Ferrini, che ha introdotto e moderato l’incontro, ha innanzi tutto ricordato in cinque punti ciò che rende sempre più ecosostenibili in generale le coltivazioni nei vivai pistoiesi: neutralità climatica, economia circolare, nuove tecnologie, logistica smart e colture resilienti. Poi, per ciò che concerne la gestione sostenibile dell’acqua, ha affermato che riguardo all’irrigazione le strategie da perseguire sono: «modernizzazione della strategia dei sistemi di irrigazione; migliorare il funzionamento e la manutenzione della strategia dei sistemi di irrigazione; implementazione di nuove tecniche e tecnologie per il risparmio idrico; miglioramento delle prestazioni della strategia dei sistemi di irrigazione».
«Ormai è un dato strutturale dovuto ai cambiamenti climatici la carenza di acqua – ha sottolineato Roberto Scalacci, direttore della Direzione Agricoltura della Regione Toscana -. In queste ore la Giunta sta riflettendo sull’opportunità di un nuovo strumento regionale di programmazione, quello che dovrebbe chiamarsi “Programma irriguo regionale strategico”». L’obiettivo è «indirizzare in un contesto programmatico di medio e lungo periodo gli investimenti e interventi necessari per far fronte alle condizioni di criticità che stiamo affrontando» e «assicurare una maggiore valorizzazione della risorsa idrica sia per incrementarne la disponibilità nelle aree di maggiore sofferenza, ma anche per alleggerire in tutte le aree irrigue la pressione che purtroppo necessariamente fin qui è stata esercitata sulle falde».
«Questo non è un dibattito sull’emergenza di domattina, ma un confronto su temi strutturali – ha detto l’assessore al vivaismo del Comune di Pistoia Gabriele Sgueglia -. Questo è importante, perché molto spesso con le istituzioni si arriva invece quando il danno è già stato fatto. Devo dire che questo con il mondo del vivaismo non avviene, perché c’è un confronto stretto». L’argomento di discussione, ha proseguito Sgueglia, «è importante anche perché la nostra città ha in questo senso sia delle emergenze sia delle sensibilità», fra le quali in primo luogo l’attenzione all’integrità della falda.
«Occorrono regole e indirizzi unitari per la gestione delle attività vivaistiche e agricole almeno nei Piani operativi comunali dei Comuni che fanno parte del Distretto – ha detto Alessio Gargini, assessore al Vivaismo e Agricoltura del Comune di Serravalle Pistoiese -. Su questa necessità il Comune di Serravalle che rappresento ha già avviato un confronto con quello di Pistoia e lo chiederemo anche a quello di Quarrata». Gargini nella sua relazione molto tecnica, da ex funzionario del Genio Civile di Pistoia, su “Gli accumuli di acqua per usi irrigui. Il quadro normativo degli invasi in Toscana”, ha messo in luce in particolare «le differenze sostanziali sui requisiti progettuali tra invasi che sbarrano un corso d’acqua oppure alimentati per derivazione».
Il presidente di ANBI Toscana Marco Bottino ha tenuto invece una relazione intitolata “Tra alluvioni e siccità. Acqua: quali prospettive e quali proposte?”. Bottino ha prima evidenziato che in provincia di Pistoia «dal 2016 al 2021 sono stati investiti 36 milioni di euro di contributi consortili e finanziamenti regionali nella gestione idrica» e che quindi il rischio idraulico è stato molto mitigato. Poi però ha rimarcato che l’Europa e il Mediterraneo rappresentano uno degli epicentri dell’emergenza climatica, con temperature medie aumentate di 1,5 gradi (contro l’1,1 gradi del resto del mondo). Pertanto «dobbiamo tutti insieme lavorare 365 giorni all’anno a questo tema». Anche perché con i giusti metodi i risultati si ottengono. Ad esempio «con le tecniche innovative di cui sono in possesso i consorzi abbiamo risparmiato il 40% di acqua in agricoltura dal 1990 a oggi». Che cosa dobbiamo fare? Per Bottino le risposte sono «aumentare la capacità d’invaso dell’acqua (attualmente solo l’11% delle acque meteoriche sono trattenute)», «ampliamento della superficie attrezzata con impianti irrigui collettivi come quelli progettati, realizzati e gestiti dai consorzi di bonifica (attualmente 3,5 milioni di ettari)» e ovviamente «uso oculato ed efficiente della risorsa irrigua».
Il prof. Francesco Paolo Nicese, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, nel suo intervento intitolato “Verso un impiego ottimale della risorsa idrica nella produzione vivaistica ornamentale”, ha detto che negli ultimi 30 anni sono stati compiuti molti passi in avanti nell’utilizzo dell’acqua nel vivaismo pistoiese. È avvenuta una «ottimizzazione della risorsa idrica» che è consistita in «irrigazioni più risparmiose» (localizzate invece che a pioggia), nella diffusione di sistemi irrigui chiusi (con il recupero e riutilizzo dell’acqua) e di un’impiantistica basata sul controllo in tempo reale tramite sensori (invece che manuali o a timer). Ciò ha consentito di ridurre impieghi idrici, consumi energetici e rischio di inquinamento delle falde. Adesso «il vero salto nel futuro – ha affermato il prof. Nicese - è dato dalla possibilità di conoscere le reali esigenze idriche delle piante in coltivazione in tempo reale, predisponendo l’intervento irriguo un attimo prima che le piante entrino in uno stato di stress idrico».
Per ultimo il prof. Claudio Lubello, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Firenze, è intervenuto con una relazione sul tema “Acque reflue, risorsa per il vivaismo”. Lubello ha spiegato che il vivaismo potrebbe usare per l’irrigazione le acque reflue trattate dagli impianti di depurazione, che rappresentano un’opportunità anche perché «contengono non solo acqua, ma una serie di altre risorse che possono essere recuperate». Grazie a nuove generazioni di depuratori si possono eliminare tutte le sostanze pericolose e recuperare nutrienti e anche produrre bioprodotti innovativi quali i biostimolanti. Finora questa prospettiva, ha spiegato Lubello, era frenata dalla mancanza di una normativa unitaria, ma ora esiste una norma europea che dovrebbe entrare in vigore il prossimo anno e si avrà così una classificazione di riferimento per il riuso dell’acqua a fini irrigui. Da certi studi dell’Università di Firenze in aziende del Distretto vivaistico-ornamentale pistoiese è emerso che l’uso di acque reflue per l’irrigazione delle piante in vaso è sostenibile: esistono impianti di depurazione non troppo distanti, i nutrienti presenti nelle acque reflue (azoto e fosforo) hanno un effetto positivo nella crescita delle piante e «l’assenza (per le acque reflue urbane) di azioni fitotossiche rendono questa pratica tecnicamente possibile e auspicabile». Ci vogliono però naturalmente delle reti di distribuzione: delle tubazioni sottoterra che hanno un costo.
A concludere l’incontro è stata una relazione dell’azienda Wolf System Srl / GmbH, che realizza fra l’altro vasche circolari per lo stoccaggio di acqua molto versatili ed ecologiche.

Redazione