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Lettera del presidente di Federfiori Rosario Alfino in ricordo e ultimo saluto al suo predecessore Carlo Sprocatti, deceduto due settimane fa.
Presidente Federfiori
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Sono toni duri quelli usati dai ricercatori del CNR-IBE Rita Baraldi, Silvano Fares, Marianna Nardino, Franco Miglietta e Giorgio Matteucci che a seguito del servizio Rai-Tg1 andato in onda il 26/05/2020 dal titolo “Ambiente alberi per purificare l’aria” scrivono una lettera al direttore del Tg1 che riportiamo di seguito.
"Egregio direttore
siamo ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche che da anni studiano gli effetti ecosistemici delle piante, in particolare in ambiente urbano e sub-urbano. Per questo Le scriviamo in merito al servizio di Marilù Lucrezio “Ambiente alberi per purificare l’aria” andato in onda il 26/05/2020 per segnalarle che tale servizio ha lanciato un messaggio incompleto, fuorviante e dannoso dal punto di vista ambientale, sociale, sanitario ed economico.Non avendo citato la fonte di queste informazioni, presumiamo che siano state riassunte da questo link https://www.bbc.com/future/article/20200521-planting-trees-doesnt-always-help-with-climate-change, e, se fosse così, a maggior ragione il messaggio nel vostro servizio è quantomeno incompleto. Infatti, è passata solo la notizia che “non sempre il rimboschimento aiuta” per cui sembra che piantare alberi non sia virtuoso, mentre l’articolo della bbc analizza dettagliatamente più aspetti della vegetazione, arrivando alla conclusione che “gli alberi possono svolgere un ruolo significativo nell’arresto dei pericolosi cambiamenti climatici, piantandoli nei posti giusti e trovando il modo di adattare nuove grandi foreste nelle nostre società”.
Infatti nel vostro servizio ci si dimentica che gli alberi non solo assorbono la CO2 atmosferica, ma anche gli inquinati gassosi e le famose polveri sottili così dannose per la salute umana, oltre che ridurre la temperatura sia per ombreggiamento che per evapotraspirazione producendo un indubbio comfort termico. In queste aree, anche l’albedo può avere un beneficio, soprattutto se gli alberi sostituiscono aree cementificate (desaeling). Quello che la scienza da sempre sostiene non è un rimboschimento selvaggio, ma una oculata scelta sia di specie sia di località e spazi, che possono essere le nostre foreste, attraverso il loro mantenimento e sostituzione, e in particolare appunto le aree densamente popolate.
L’altro messaggio incompleto e fuorviante lanciato nel servizio riguarda queste “particelle galleggianti” emesse dalle piante, che sono composti organiche volatili (VOC) che alcune piante emettono nell’ambiente. Ci preme quindi sottolineare che non tutte le piante emettono i VOC e che comunque la creazione di gas ad effetto serra, in questo caso l’ozono, da parte di queste sostanze avviene in presenza di gas antropogenici come gli NOx mentre in loro assenza o con bassi livelli nell’aria, i VOC puliscono l’atmosfera reagendo e distruggendo l’ozono. Il grande lavoro che il mio Istituto e altri centri di ricerca nazionali e internazionali hanno e stanno facendo è appunto quello di caratterizzare le specie vegetali in funzione anche delle loro emissioni per individuare quelle che sono più idonee in ambienti urbani o in zone sub urbane industriali dove l’inquinamento antropogenico può avere un effetto negativo sulla formazione dell’ozono. Ricordiamo inoltre che i VOC vengono emessi dalle piante per il loro importante ruolo ecologico in quanto servono come messaggeri chimici per attrarre gli insetti impollinatori e per allontanare quelli dannosi oltre a difendere le piante dagli stress abiotici. Purtroppo come sempre, l’uomo, modificando l’ambiente, può provocare reazioni anche negative.
Piantare alberi è una operazione virtuosa che va fatta considerando tutte le conoscenze agronomiche, ecofisiologiche, ambientali e sociali, per questo la Commissione Europea nel suo recente documento di visione strategia 2030, pone come obiettivo anche la piantagione di almeno 3 miliardi di alberi aggiuntivi nell’UE entro tale data. Ecco perché il lavoro degli operatori specializzati del settore, come i vivaisti, gli architetti del paesaggio e i ricercatori è importantissimo che avvenga in collaborazione con i “decisori politici”.
Non facciamo passare messaggi sbagliati, la disinformazione produce reazioni dannose per l’ambiente e la salute e, in questo caso, anche per il settore florovivaistico che mai come in questo periodo sta soffrendo di questa grave crisi economica mondiale e rischia di veder vanificato l’impegno costante e la tanta professionalità."
Redazione
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Lettera di Arturo Croci in ricordo di Angelino Botrini, versiliese di spicco nella storia della floricoltura italiana, recentemente deceduto all’età di 89 anni.
Sono in Thailandia, a Phuket, nella casa di Robert Zurel, che è stato l’esportatore di fiori più grande del mondo.
All’improvviso, la notte del 19 marzo, mi arriva un messaggio da Valter Pironi “Piero Andreani ha appena informato che Angelino Botrini, 89 anni, ci ha lasciato”.
Avevo chiamato Angelino qualche settimana prima del mio viaggio e quando gli chiesi come stava, mi rispose “non va per niente bene”, alche ribattei, “dai presto arriverà la primavera e vedrai che andrà tutto a posto”. Con l’ironia che gli era solita mi disse “in verità mi ci vorrebbe qualcuno che mi tolga una ventina d’anni”. Eravamo rimasti d’accordo che sarei passato a trovarlo al mio ritorno.
La storia di Angelino si perde nella leggenda, figlio d’arte di Pietro, è spedito a Sanremo da Ermanno Moro a imparare l’arte dell’ibridazione dei fiori.
Tornato a casa Angelino si mette a ibridare garofani e ottiene diverse varietà, la prima sarà brevettata il 3 novembre 1953 al n. 530510 a nome del padre Pietro, poiché Angelino era ancora minorenne.
Di carattere vivace Angelino ha molti progetti e presto nasce un certo disaccordo con il padre. Angelino decide quindi di mettersi in proprio con una propria azienda e attività. Si sposa anche ma il matrimonio dura solo qualche mese, alla separazione torna dalla vecchia fidanzata, Laura dalla quale avrà due figli, Attilia e Pietro e che sarà la donna della sua vita.
Angelino inizia a collaborare con la Barberet e Blanc nella vendita delle talee e spazia in tutta Italia.
Ed è così che la floricoltura moderna nelle Puglie nasce nel 1963 grazie ad Angelino Botrini, floricoltore rappresentante di Viareggio (Botrini padre e Della Maggiore avevano introdotto la floricoltura a Viareggio) che insegna a coltivare i Garofani invernali a Pasquale e Giuseppe Tricarico e Tuberoso Girolamo, di Terlizzi; nessuno poteva immaginare che sarebbe nata una solida realtà floricola tuttora attuale. Una decina d’anni più tardi la Puglia diventa importante anche per il vivaismo mediterraneo e per le piante in vaso, tanto è che il primo computer a sud è stato installato nelle serre di Ruvo di Puglia. Nel Salento lo sviluppo della Floricoltura lo si deve invece a pionieri come Miggiano, Manni, Albano e Mazzei.
Ho conosciuto Angelino Botrini negli anni settanta, con la nascita del Flormart. Ha sempre collaborato con la mia rivista con articoli e giudizi critici puntuali anche se a volte crudi e privi di fronzoli.
Con Angelino, Carlo Bonetti e Magda Puccinelli abbiamo dato vita a tantissimi progetti per promuovere la floricoltura versiliese. Eravamo dei “puri”, il nostro scopo era veramente quello di fare del bene al mondo della floricoltura che stava cambiando troppo in fretta. Infinite le battaglie per il mercato dei fiori e tanti amministratori che hanno approfittato della nostra buona fede in nome di “un bene collettivo maggiore”. Angelino era così arrabbiato che un giorno mi disse “non vado alle riunioni e se vi vado sto zitto perché altrimenti gli do delle idee”.
Oramai Angelino è un mito, collabora con importanti aziende italiane e nel 1999 Ascenso Mancini, floricoltore di Palagiano mi chiama e propone Botrini per premio il Garofano d’Argento che gli sarà assegnato dalla Associazione Culturale I Fiori di Giarre e dell’Etna il 9 novembre.
Con Giovanni Serra iniziamo la stesura del libro “Floricoltura Italiana” e Angelino è la memoria storica che ci permette di descrivere la storia della floricoltura in Versilia, in Toscana, in Puglia e in molte altre Regioni. Quando gli porto il libro e Angelino scorre le oltre 1500 persone citate, mi guarda furbescamente e dice “Ma Arturo, sei sicuro che quella fosse tutta brava gente?”. Sorrido e rispondo “Angelino, lo so che diversi di quelli erano dei furbi, ma che vuoi, la morte livella tutto”.
Ho chiesto ancora aiuto ad Angelino per il libro, sempre a quattro mani con Giovanni Serra, sulla storia dell’ibridazione dei fiori in Italia e lui ancora una volta è stato una fonte ricca e puntuale di documenti e testimonianze.
Angelino Botrini è stavo veramente un grande pioniere della floricoltura, forse l’ultimo, ed entra a testa alta nella leggenda.
Lascia la moglie Laura, la figlia Attilia e il figlio Pietro, che prosegue l'attività.
Ciao Angelino, viva la vita, sempre.
Arturo Croci
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Nota del direttore del Mercato dei fiori della Toscana - città di Pescia, Fabrizio Salvadorini, sull’andamento in luglio delle specie floricole locali, che hanno risentito delle alte temperature di giugno e luglio.
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