Lettere

Federfiori in lutto per Carlo Sprocatti - ricordo del presidene Alfino

Lettera del presidente di Federfiori Rosario Alfino in ricordo e ultimo saluto al suo predecessore Carlo Sprocatti, deceduto due settimane fa.

 
Martedì 4 aprile è scomparso il Presidente di Federfiori Carlo Sprocatti. 
Egli lascia la moglie Graziella, il suo negozio di fiori nel cuore di Vigevano e la sua Federazione, che erano tutta la sua vita.
Presidente Federfiori Confcommercio dal 1995 al 2019, ha rappresentato l’anima dei fioristi italiani attraverso il tempo, ha dato un impulso straordinario all’organizzazione sindacale e alla formazione professionale di chi, come lui, ha fatto del fiore la propria ragion d’essere.
Attraverso Carlo Sprocatti, la Federazione dei fioristi italiani ha raggiunto traguardi ambiziosi, come il Corso di Laurea di Scienze del Fiore e del Verde presso l’Università di Pavia, il centro formativo della Cascinetta di Vigevano, la crescita qualitativa degli insegnanti e dei programmi della Scuola Federfiori, il rinnovamento dell’editoria professionale, a partire dal mensile “Il Fiorista”, la tutela accanita dei diritti dei fioristi, la realizzazione di manifestazioni di arte floreali straordinarie, come la “mitica” Coppa Italia all’Ariston di Sanremo e la Coppa Europa a Genova.
Si potrebbe raccontare molto altro di Carlo Sprocatti in Federfiori, ma lui avrebbe voluto semplicemente farci ancora una volta capire, con il suo esempio, che un presidente deve essere soprattutto un collega e un amico di chi rappresenta, ma anche un amministratore onesto e affidabile dell’organizzazione che dirige, capace di tenere con sicurezza il timone sia nei momenti di successo sia in quelli di tensione e crisi.
E così ha sempre fatto Carlo Sprocatti, guadagnandosi la stima, l'amicizia e il rispetto delle donne e degli uomini Federfiori, che per tanti anni hanno lavorato al suo fianco.
Ecco chi era Carlo Sprocatti: il nostro Presidente, il Presidente di noi tutti fioristi italiani, che ci ha rappresentato e con cui abbiamo condiviso una parte importante della nostra vita, così intensamente vissuta nel mondo dell'arte, del commercio e della politica del fiore.
Che un tappeto di fiori ti accompagni nel tuo viaggio, caro amico, caro Presidente.
 
Rosario Alfino 

Presidente Federfiori

Sono toni duri quelli usati dai ricercatori del  CNR-IBE Rita Baraldi, Silvano Fares, Marianna Nardino, Franco Miglietta e Giorgio Matteucci che a seguito del servizio Rai-Tg1 andato in onda il 26/05/2020 dal titolo “Ambiente alberi per purificare l’aria” scrivono una lettera al direttore del Tg1 che riportiamo di seguito.

"Egregio direttore
siamo ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche che da anni studiano gli effetti ecosistemici delle piante, in particolare in ambiente urbano e sub-urbano. Per questo Le scriviamo in merito al servizio di Marilù Lucrezio “Ambiente alberi per purificare l’aria” andato in onda il 26/05/2020 per segnalarle che tale servizio ha lanciato un messaggio incompleto, fuorviante e dannoso dal punto di vista ambientale, sociale, sanitario ed economico.
Non avendo citato la fonte di queste informazioni, presumiamo che siano state riassunte da questo link https://www.bbc.com/future/article/20200521-planting-trees-doesnt-always-help-with-climate-change, e, se fosse così, a maggior ragione il messaggio nel vostro servizio è quantomeno incompleto. Infatti, è passata solo la notizia che “non sempre il rimboschimento aiuta” per cui sembra che piantare alberi non sia virtuoso, mentre l’articolo della bbc analizza dettagliatamente più aspetti della vegetazione, arrivando alla conclusione che “gli alberi possono svolgere un ruolo significativo nell’arresto dei pericolosi cambiamenti climatici, piantandoli nei posti giusti e trovando il modo di adattare nuove grandi foreste nelle nostre società”.
Infatti nel vostro servizio ci si dimentica che gli alberi non solo assorbono la CO2 atmosferica, ma anche gli inquinati gassosi e le famose polveri sottili così dannose per la salute umana, oltre che ridurre la temperatura sia per ombreggiamento che per evapotraspirazione producendo un indubbio comfort termico. In queste aree, anche l’albedo può avere un beneficio, soprattutto se gli alberi sostituiscono aree cementificate (desaeling). Quello che la scienza da sempre sostiene non è un rimboschimento selvaggio, ma una oculata scelta sia di specie sia di località e spazi, che possono essere le nostre foreste, attraverso il loro mantenimento e sostituzione, e in particolare appunto le aree densamente popolate.
L’altro messaggio incompleto e fuorviante lanciato nel servizio riguarda queste “particelle galleggianti” emesse dalle piante, che sono composti organiche volatili (VOC) che alcune piante emettono nell’ambiente. Ci preme quindi sottolineare che non tutte le piante emettono i VOC e che comunque la creazione di gas ad effetto serra, in questo caso l’ozono, da parte di queste sostanze avviene in presenza di gas antropogenici come gli NOx mentre in loro assenza o con bassi livelli nell’aria, i VOC puliscono l’atmosfera reagendo e distruggendo l’ozono. Il grande lavoro che il mio Istituto e altri centri di ricerca nazionali e internazionali hanno e stanno facendo è appunto quello di caratterizzare le specie vegetali in funzione anche delle loro emissioni per individuare quelle che sono più idonee in ambienti urbani o in zone sub urbane industriali dove l’inquinamento antropogenico può avere un effetto negativo sulla formazione dell’ozono. Ricordiamo inoltre che i VOC vengono emessi dalle piante per il loro importante ruolo ecologico in quanto servono come messaggeri chimici per attrarre gli insetti impollinatori e per allontanare quelli dannosi oltre a difendere le piante dagli stress abiotici. Purtroppo come sempre, l’uomo, modificando l’ambiente, può provocare reazioni anche negative.
Piantare alberi è una operazione virtuosa che va fatta considerando tutte le conoscenze agronomiche, ecofisiologiche, ambientali e sociali, per questo la Commissione Europea nel suo recente documento di visione strategia 2030, pone come obiettivo anche la piantagione di almeno 3 miliardi di alberi aggiuntivi nell’UE entro tale data. Ecco perché il lavoro degli operatori specializzati del settore, come i vivaisti, gli architetti del paesaggio e i ricercatori è importantissimo che avvenga in collaborazione con i “decisori politici”.
Non facciamo passare messaggi sbagliati, la disinformazione produce reazioni dannose per l’ambiente e la salute e, in questo caso, anche per il settore florovivaistico che mai come in questo periodo sta soffrendo di questa grave crisi economica mondiale e rischia di veder vanificato l’impegno costante e la tanta professionalità."

Redazione

 

Lettera di Arturo Croci in ricordo di Angelino Botrini, versiliese di spicco nella storia della floricoltura italiana, recentemente deceduto all’età di 89 anni.


Sono in Thailandia, a Phuket, nella casa di Robert Zurel, che è stato l’esportatore di fiori più grande del mondo.
All’improvviso, la notte del 19 marzo, mi arriva un messaggio da Valter Pironi “Piero Andreani ha appena informato che Angelino Botrini, 89 anni, ci ha lasciato”.
Avevo chiamato Angelino qualche settimana prima del mio viaggio e quando gli chiesi come stava, mi rispose “non va per niente bene”, alche ribattei, “dai presto arriverà la primavera e vedrai che andrà tutto a posto”. Con l’ironia che gli era solita mi disse “in verità mi ci vorrebbe qualcuno che mi tolga una ventina d’anni”. Eravamo rimasti d’accordo che sarei passato a trovarlo al mio ritorno.
La storia di Angelino si perde nella leggenda, figlio d’arte di Pietro, è spedito a Sanremo da Ermanno Moro a imparare l’arte dell’ibridazione dei fiori.
Tornato a casa Angelino si mette a ibridare garofani e ottiene diverse varietà, la prima sarà brevettata il 3 novembre 1953 al n. 530510 a nome del padre Pietro, poiché Angelino era ancora minorenne.
Di carattere vivace Angelino ha molti progetti e presto nasce un certo disaccordo con il padre. Angelino decide quindi di mettersi in proprio con una propria azienda e attività. Si sposa anche ma il matrimonio dura solo qualche mese, alla separazione torna dalla vecchia fidanzata, Laura dalla quale avrà due figli, Attilia e Pietro e che sarà la donna della sua vita.
Angelino inizia a collaborare con la Barberet e Blanc nella vendita delle talee e spazia in tutta Italia.
Ed è così che la floricoltura moderna nelle Puglie nasce nel 1963 grazie ad Angelino Botrini, floricoltore rappresentante di Viareggio (Botrini padre e Della Maggiore avevano introdotto la floricoltura a Viareggio) che insegna a coltivare i Garofani invernali a Pasquale e Giuseppe Tricarico e Tuberoso Girolamo, di Terlizzi; nessuno poteva immaginare che sarebbe nata una solida realtà floricola tuttora attuale. Una decina d’anni più tardi la Puglia diventa importante anche per il vivaismo mediterraneo e per le piante in vaso, tanto è che il primo computer a sud è stato installato nelle serre di Ruvo di Puglia. Nel Salento lo sviluppo della Floricoltura lo si deve invece a pionieri come Miggiano, Manni, Albano e Mazzei.
Ho conosciuto Angelino Botrini negli anni settanta, con la nascita del Flormart. Ha sempre collaborato con la mia rivista con articoli e giudizi critici puntuali anche se a volte crudi e privi di fronzoli.
Con Angelino, Carlo Bonetti e Magda Puccinelli abbiamo dato vita a tantissimi progetti per promuovere la floricoltura versiliese. Eravamo dei “puri”, il nostro scopo era veramente quello di fare del bene al mondo della floricoltura che stava cambiando troppo in fretta. Infinite le battaglie per il mercato dei fiori e tanti amministratori che hanno approfittato della nostra buona fede in nome di “un bene collettivo maggiore”. Angelino era così arrabbiato che un giorno mi disse “non vado alle riunioni e se vi vado sto zitto perché altrimenti gli do delle idee”.
Oramai Angelino è un mito, collabora con importanti aziende italiane e nel 1999 Ascenso Mancini, floricoltore di Palagiano mi chiama e propone Botrini per premio il Garofano d’Argento che gli sarà assegnato dalla Associazione Culturale I Fiori di Giarre e dell’Etna il 9 novembre.
Con Giovanni Serra iniziamo la stesura del libro “Floricoltura Italiana” e Angelino è la memoria storica che ci permette di descrivere la storia della floricoltura in Versilia, in Toscana, in Puglia e in molte altre Regioni. Quando gli porto il libro e Angelino scorre le oltre 1500 persone citate, mi guarda furbescamente e dice “Ma Arturo, sei sicuro che quella fosse tutta brava gente?”. Sorrido e rispondo “Angelino, lo so che diversi di quelli erano dei furbi, ma che vuoi, la morte livella tutto”.
Ho chiesto ancora aiuto ad Angelino per il libro, sempre a quattro mani con Giovanni Serra, sulla storia dell’ibridazione dei fiori in Italia e lui ancora una volta è stato una fonte ricca e puntuale di documenti e testimonianze.
Angelino Botrini è stavo veramente un grande pioniere della floricoltura, forse l’ultimo, ed entra a testa alta nella leggenda.
Lascia la moglie Laura, la figlia Attilia e il figlio Pietro, che prosegue l'attività.
Ciao Angelino, viva la vita, sempre.

Arturo Croci

Nota del direttore del Mercato dei fiori della Toscana - città di Pescia, Fabrizio Salvadorini, sull’andamento in luglio delle specie floricole locali, che hanno risentito delle alte temperature di giugno e luglio.

Il particolare andamento climatico dei mesi di giugno e luglio ha influenzato negativamente le produzioni floricole locali, che nel mese di luglio hanno visto diminuire le quantità commercializzate nel Mercato dei Fiori della Toscana.
Lo scorso mese di luglio è stato caratterizzato da un andamento climatico molto simile a quello verificatosi nei corrispondenti mesi del 2015 e del 2016: le temperature sono state infatti di molto superiori alla media mensile mentre le precipitazioni sono risultate inferiori rispetto alle medie mensili.
Ma a differenza degli anni precedenti, quando le colture floricole locali, a causa di un andamento climatico così estremo, subirono uno stress che favorì un anticipo delle fioriture e di conseguenza un aumento delle produzioni concentrate in breve tempo, quest’anno le stesse, nonostante il verificarsi di un identico andamento climatico, hanno visto ridurre in maniera significativa le fioriture e le produzioni. La ragione di questo evento sembra possa attribuirsi al diverso andamento climatico del mese di giugno negli anni presi in considerazione, molto simile nei primi due anni, diverso nel 2017. Nelle prime due decadi del giugno 2015 e 2016 le temperature furono inferiori alle medie stagionali e le precipitazioni in linea o leggermente superiori rispetto alle medie. Ciò ha avuto come conseguenza da una parte una grande disponibilità di specie primaverili e dall’altra un ritardo nella fioritura di specie locali tipicamente estive come ad es. Achillea, Agapanthus, Carthamus, Limonium e Ipericum. A questo si può aggiungere che le produzioni di Statice Sinuata e Gypsophila non erano ancora in piena fioritura. Di conseguenza per le specie floricole locali tipicamente estive, nel mese successivo di luglio si è verificata una esplosione delle fioriture e delle quantità prodotte, quale conseguenza del forte aumento delle temperature e dell’insolazione.
Quest’anno al contrario la prima ondata di alte temperature si è verificata all’inizio del mese di giugno, con un solo modesto rallentamento di pochi giorni a metà mese, per poi ripartire, senza fermarsi fino alla fine di luglio. Pertanto specie floricole locali estive quali Statice Sinuata e Gypsophila, hanno iniziato la produzione con discreto anticipo rispetto ai due anni precedenti, con una contrazione notevole della produzione nel mese di luglio, con le piante ormai “scariche”.
Nel corrente anno, la scarsità delle precipitazioni nel periodo invernale-primaverile e la loro totale assenza nell’inizio dell’estate, ha contribuito ad inibire fioriture e raccolte delle specie locali tipiche estive, con una diminuzione sensibile delle quantità affluite al mercato. Le produzioni delle specie floricole in coltura protetta con irrigazione proveniente da laghetti artificiali o pozzi freatici od artesiani (i quali hanno subito a causa della siccità un abbassamento dei livelli idrici, ma non al punto di esaurirsi), non sono state così negativamente influenzate.
Per quanto concerne la domanda, considerata normalmente piuttosto statica nel periodo estivo, nel luglio 2015 e 2016 è risultata buona, così la grande offerta di prodotto ha trovato una collocazione sul mercato, per quanto a prezzi ridotti. Lo stesso non è avvenuto nel 2017 a conferma della staticità abituale del momento.
Variazioni delle quantità affluite al mercato nel mese di luglio 2017 rispetto al mese di luglio 2016: 
1) Statice sinuata 77.500 steli in meno; 
2) Gypsophila 1.250 Kg in meno; 
3) Achillea 57.500 steli in meno; 
4) Agapanthus 4.900 steli in meno; 
5) Carthamus 65.000 steli in meno; 
6) Limonium 253.000 steli in meno; 
7) Ipericum 1.000 steli in meno. 
 
Il Direttore
Dott. Fabrizio Salvadorini

 

La lettera aperta della Confederazione a pochi giorni dalla chiusura della Campagna 2017. Continuano i problemi amministrativi e i malfunzionamenti informatici. Serve un cambio di rotta radicale.

Una lettera aperta alle istituzioni per una revisione totale del sistema. A pochi giorni dalla fine della Campagna Pac 2017, la terza consecutiva in regime di proroga, la Cia-Agricoltori Italiani chiede un cambio di passo. Anche quest'anno, garantire agli agricoltori la presentazione nei tempi delle domande uniche e di quelle dei PSR (Piani di Sviluppo Rurale) è stato difficile e impegnativo, a causa dei malfunzionamenti del sistema amministrativo e informatico ormai assolutamente inadeguato.
Per le aziende agricole l'accesso agli aiuti comunitari e nazionali costituisce, infatti, una risorsa economica essenziale, soprattutto in periodi di crisi caratterizzati da eventi climatici avversi e dalla competizione di un mercato sempre più forte. La Campagna Pac che si sta concludendo, invece, rischia di ingrossare le fila delle aziende agricole che non riceveranno gli aiuti senza averne alcuna responsabilità. "Non può essere accettato -si legge nella lettera della Cia- che le evidenti mancanze tecniche e le inadeguate o tardive decisioni amministrative ricadano sugli agricoltori e sui CAA – Centri di Assistenza Agricola, loro strumenti".
In particolare, il Ministero delle Politiche agricole e Agea non hanno valutato a pieno le prevedibili complessità derivanti dalla transizione al modello di domanda grafica, in un Paese come il nostro che già presenta numerose specificità territoriali e produttive e che genera circa 900.000 domande uniche di aiuto e oltre 200.000 domande di PSR. Con il modello di domanda grafica la mole di informazioni richiesta, infatti, aumenta e questo, da un lato, è un beneficio, perché consente di predisporre domande Pac più precise, ma dall'altro comporta lo svantaggio di rallentare l'iter burocratico. Solo un impegno straordinario dei tecnici, infatti, ha reso possibile il raggiungimento dell'obiettivo del 75% di superficie agricola gestita in modalità grafica.
La lettera sottolinea, inoltre, il rischio che l'apparato Agea, che ha gestito questo 2017, possa non essere lo stesso che si occuperà della fase di verifica e delle istruttorie che presiedono ai pagamenti. Si potrebbe quindi assistere al mancato assolvimento degli impegni presi e degli accordi tecnici conclusi.
Di fronte a queste inefficienze, è evidente che occorre cambiare il modello di Agea e procedere a un radicale cambio di rotta, in modo che non si scarichino ancora sui soggetti più deboli "le responsabilità di un sistema che ha generato danni, di cui non è ancora neanche possibile valutare a pieno gli effetti".
 
Confederazione Italiana Agricoltori