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L'intervista di ARPAT a Bernardo Gozzini del Consorzio LaMMA per comprendere meglio il fenomeno del surriscaldamento del Mediterraneo con le conseguenze di estati sempre più calde e l'innalzamento delle temperature marine in Europa e Italia.
Quali sono i dati che emergono dal bollettino pubblicato da Copernicus, il servizio di osservazione della Terra dell’Unione europea?
Sono ormai diversi anni che ogni estate commentiamo informazioni e dati sulle temperature registrate, sugli estremi, sugli eventuali record a confermare l’andamento ormai inesorabile di estati sempre più calde in linea con una emergenza climatica in atto.
Attraverso l'Indice Universale di Clima Termico (UTCI), che tiene conto della temperatura, dell'umidità, della velocità del vento, dell'irraggiamento solare e del calore emesso dall'ambiente circostante, nonché della risposta del corpo umano ai diversi ambienti termici, si possono classificare i giorni di stress da caldo rappresentati da una temperatura, in ˚C, “simile a quella percepita”. I dati di Copernicus su UTCI evidenziano un aumento consistente della percentuale dei cosiddetti giorni con forte stress termico (UTCI compreso tra i 38 e i 46 ˚C). Il grafico mostra la percentuale di giorni con forte stress termico in Europa dal 1950 al 2023 nel quale è evidente come questa percentuale sia più che raddoppiata con il 2022 ed il 2023 in testa alla classifica.
Il 2023 si è concluso a livello mondiale con una anomalia superiore a 1 ˚C, il raggiungimento della soglia di 1,5 ˚C del riscaldamento globale - limite concordato nell'ambito della COP di Parigi (2015) - può sembrare una realtà molto lontana, ma potrebbe essere più vicino di quanto si pensi. Secondo Copernicus, se il riscaldamento continuasse al ritmo attuale, sarebbe molto probabile che ciò possa avvenire nel 2033.
Qual è la tendenza in Toscana?
Anche in Toscana le temperature stanno aumentando con un trend molto simile a quello italiano ed europeo e questo aumento è più evidente in estate. Per esempio, considerando i dati di quattro capoluoghi (Firenze, Arezzo, Pisa e Grosseto) sono state calcolate le ondate di calore identificate come un periodo di almeno tre “giorni critici di calore” consecutivi, intendendo per “giorno critico di calore” un giorno con temperatura media giornaliera superiore di una deviazione standard rispetto alla temperatura media giornaliera climatologica (calcolata su 1991-2020). Il grafico mostra un aumento considerevole con un trend significativo indicato dalla linea grigia.
Inoltre, a Firenze sono quasi triplicati i giorni con temperatura massima uguale o superiore a 35 ˚C, una soglia considerata limite al comfort delle persone. Il dato del 2024 è calcolato al 27 agosto con 44 giorni rispetto ai 48 della famosa estate 2003. Considerando la previsione per i prossimi giorno è molto probabile che il 2024 raggiunga il record del 2003 se non addirittura superarlo.
Il cambiamento climatico ormai è in mezzo a noi, detta la nostra agenda sociale e politica con eventi estremi sempre più intensi. Oltre alle ondate di calore abbiamo alluvioni lampo che costringono a rivedere anche la progettazione delle opere idrauliche per il contrasto al dissesto idrogeologico. Il regime pluviometrico cambia, ad anni particolarmente piovosi seguono anni con siccità sempre più persistenti che determinano da una parte le condizioni favorevoli agli incendi boschivi con una vegetazione secca a fare da combustibile dall’altra la necessità di una pianificazione diversa della gestione della risorsa idrica, accumularla quando in abbondanza per poi usarla con parsimonia nelle siccità.
È in atto un fenomeno di surriscaldamento del Mediterraneo: perché le acque del mare stanno diventando sempre più calde?
L’oceano gioca un ruolo fondamentale come regolatore e stabilizzatore del clima; infatti, assorbe quasi il 90% del calore in eccesso nel sistema ed anche un terzo della CO2 emessa ogni anno dalle attività umane. La quantità di calore assorbita ormai è tale da far aumentare la temperatura del mare non solo in superficie ma anche in profondità e questo maggior contenuto di calore riduce anche la capacità di assorbire l’anidride carbonica. Anche il Mediterraneo si sta riscaldando ad un ritmo maggiore rispetto agli oceani, negli ultimi 63 anni l’aumento registrato è di circa 1,1 ˚C su tutto il bacino con un incremento maggiore nella parte Centro Occidentale. Nel grafico sottostante elaborato dal CEAM (Fundació de la Comunitat Valenciana Centro d'Estudis Ambientals del Mediterrani) relativo al periodo dal 1982 al 2023 è evidente come è cambiata la temperatura media del Mediterraneo.
Nella mappa sottostante viene riportata l’anomalia della temperatura superficiale del Mediterraneo nel mese di luglio 2024 dove non si vedono aree con anomalie negative e la zona più calda risulta l’Adriatico dove quest’anno si sono registrati problemi con la mucillagine.
Infine, la temperatura superficiale del Mediterraneo ha appena stabilito un nuovo record di temperatura nei primi giorni di agosto raggiungendo l'incredibile valore di +28,15 ˚C di temperatura media della superficie del mare considerando tutto il bacino.
Ci sono rischi di innalzamento del livello del mare anche nel Mediterraneo? Con quali conseguenze?
Copernicus conferma che a causa di una combinazione di espansione termica dell'acqua marina e di scioglimento dei ghiacci terrestri, negli ultimi trenta anni il livello del mare del Mediterraneo si è innalzato a un ritmo medio di 2,8 mm all'anno. Questo dato segna un aumento del ritmo di innalzamento del livello del mare rispetto alla media del XX° secolo. Entro il 2100, il livello del mare potrebbe essere aumentato di 90 cm rispetto al 2000, con variazioni locali fino a 10 cm.
In generale, l’innalzamento del livello del mare aumenterà il rischio di inondazioni ed erosione costiera, per lo più associato a mareggiate e alte maree. Alcune aree costiere italiane potrebbero correre il rischio di essere sommerse dal mare ed anche alcuni molti siti del patrimonio culturale della regione mediterranea potrebbero essere sono esposti al rischio di inondazioni costiere.
Quali sono previsioni per questo scorcio di stagione estiva?
Al momento le previsioni mensili e stagionali ci dicono che settembre, in linea con quanto avvenuto negli ultimi anni, potrebbe avere anomalie termiche positive vale a dire più caldo rispetto alla norma ma non eccessivo mentre per quanto riguarda le precipitazioni a settembre la circolazione dovrebbe favorire un numero di giorni piovosi inferiore alla norma. L’estate non è ancora finita e sembra prolungarsi fino a tutto settembre.
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Intervista ad Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia, dopo l’incontro del 2 dicembre fra i vivaisti del Distretto pistoiese e il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida insieme al sottosegretario con delega al florovivaismo Patrizio La Pietra. Tomasi: «contento della presenza del ministro, solo le visite nei vivai e l’interlocuzione diretta fanno capire davvero che cosa contraddistingue il vivaismo». Per il sindaco di Pistoia «è bene che ci siano risorse per accompagnare le aziende vivaistiche, che non hanno mai chiesto sussidi a pioggia, sul fronte dello sviluppo tecnologico».
Lorenzo Sandiford
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Alessandro Tomasi, sindaco della capitale italiana del vivaismo ornamentale, intervistato il 22 settembre a Flormart in margine al convegno sul verde e l’attuazione del Pnrr: servono risorse non solo per le forestazioni urbane, ma pure per la gestione del verde, attenzione anche al patrimonio arboreo delle aree interne e bisogna consentire contratti di coltivazione coi vivaisti per la programmazione delle forniture di piante.
Al convegno del 22 settembre mattina alla Fiera di Padova su “Il verde per la qualità della vita: attuazione e prospettive del Pnrr”, organizzato da Fiere di Parma in collaborazione con Anci e Associazione Pubblici Giardini nell’ambito del salone professionale del florovivaismo Flormart – The Green Italy, è intervenuto, come unica voce fra i sindaci italiani, Alessandro Tomasi, primo cittadino di Pistoia, la capitale nazionale del vivaismo ornamentale.
Al termine dell’incontro, che mirava a «fare il punto sui progetti inerenti la foresta urbana, i parchi e giardini storici e le altre misure del Pnrr che hanno finanziato o finanzieranno il verde nelle città» e che è stato moderato dal pistoiese Renato Ferretti, da poco vice presidente del Consiglio dell’ordine nazionale degli agronomi e dei dottori forestali (Conaf), Floraviva ha posto alcune domande al sindaco Tomasi per capire meglio le istanze da lui sollevate nel suo intervento.
Sindaco, lei ha partecipato a questo convegno un po’ nelle vesti di portavoce dei sindaci, in quanto primo cittadino della capitale del vivaismo ornamentale e unico sindaco presente: che cosa mi può dire sull’attuazione del Pnrr in rapporto alle tematiche del verde? Come sta andando? Quali gli aspetti positivi e quelli negativi?
«Il Pnrr è sicuramente dal punto di vista degli investimenti una grande opportunità. È innegabile che siano arrivate tante risorse per fare investimenti: in riforestazione urbana, riqualificazione urbana, ma penso anche a investimenti sull’assetto idrogeologico. Però la necessità dei Comuni è che alla parte degli investimenti corrisponda anche l’arrivo di risorse per la parte corrente. Che vuol dire? Che dopo le riforestazioni e le riqualificazioni urbane serve mantenere quel verde, serve assumere delle professionalità interne che parlino lo stesso linguaggio di chi ha lavorato per riforestare e che possa seguirli. Penso ad agronomi, penso a tecnici, ingegneri, geometri e architetti che possano costituire nelle amministrazioni dei pool [gruppi di lavoro, ndr] che seguano il verde a tutto tondo. Questo è il primo aspetto che ho evidenziato durante l’incontro».
Ecco, un altro punto a cui ha fatto cenno, se ho ben capito, è il fatto che siano poco coperte nel Pnrr le superfici extraurbane: lei ha accennato a delle problematiche in questo senso nel territorio di Pistoia?
«Io ho portato l’esempio del mio Comune. Nel convegno si è parlato di grandi aree metropolitane, no? L’immaginario collettivo si è concentrato sull’idea che Milano, per esempio, o Torino si potessero riforestare dal punto di vista urbano. Loro hanno dimostrato che è molto difficile perché quelle superfici non sono riusciti a trovarle all’interno delle aree urbane e si sono dovuti espandere fuori. Io ho portato però l’esempio di un Comune tipo il mio, che è, come la maggioranza dei Comuni, intorno a 100 mila abitanti e che ha anche caratteristiche tali per cui su 236 km quadrati 215 km non sono urbanizzati. E quindi c’è tutto il tema delle aree interne, delle nostre colline da mantenere (per esempio le coltivazioni di ulivi), ma anche delle nostre montagne, delle foreste, che spesso non sono pubbliche. Già abbiamo un grandissimo patrimonio arboreo, dei luoghi stupendi che vanno mantenuti contro il dissesto idrogeologico, contro l’abbandono dei privati di aree boschive che magari ricevono in eredità e in difesa di coltivazioni che sembrano non rendere, come quella dell’olio, ma che sono caratteristiche del nostro territorio. Quindi all’attenzione delle riforestazioni urbane contro gli aumenti di calore per il cambiamento climatico, per creare zone d’ombra, per abbellire le nostre città e tutto quello di cui si è parlato all’incontro, va aggiunta l’attenzione a mantenere quello che c’è già…».
… e su questo ulteriore aspetto pensa che troverete qualche risposta nel Pnrr?
«No, nel Pnrr secondo me non ne hanno tenuto conto. Ma le risorse che verranno in futuro ci sono e dovranno essere dedicate sempre di più alle aree interne. Ricordo che le aree interne sono degli ecosistemi che danno molto alle città, perché l’acqua arriva da lassù. Noi scappiamo dalle città per andare a rifugiarci nella montagna per trovare ombra. E nella mia città in particolare più della metà della popolazione vive in queste zone in piccole frazioni che hanno dei benefici molto importanti: comunità vive dove non si è solo numeri, comunità che mantengono quei territori, magari facendo l’orto, magari coltivando e magari facendo impresa, e che vanno necessariamente aiutate».
Lei ha poi parlato di un tema che interessa molto ai vivaisti, i contratti di coltivazione, portando l’esempio di una città francese dove c’è più libertà di manovra e possibilità di programmare le forniture di piante. È così?
«L’Italia rischia di morire di burocrazia, anche nel mettere a terra il Pnrr. Sottolineavo che noi siamo costretti a gare al massimo ribasso, e quindi spesso ci accontentiamo di prodotti scadenti o abbiamo lavori che non rispettano tutti i requisiti e dobbiamo tornarci sopra. Ma nelle grandi municipalità degli altri Stati non è così. Facevo l’esempio di Marsiglia, perché me ne ha parlato un nostro vivaista, dove già da 5/6 anni sono venuti qua e hanno programmato (quindi ci sono le leggi e il codice degli appalti francesi che glielo permettono) l’acquisto nei nostri vivai, da qui a 5 anni, di piante che servono loro…».
… quindi hanno già contrattualizzato tutto?
«… hanno già contrattualizzato e controllano ogni anno l’andamento di queste piante, come vengono coltivate, le curano se c’è da curarle, le scartano se c’è da fare delle sostituzioni. Noi arriviamo alla fine del lavoro oppure dell’appalto complessivo e mettiamo l’acquisto delle piante se ci riesce».
Voi non potreste farlo? Che cosa potete fare?
«Noi o mettiamo nella gara direttamente l’acquisto delle piante, quindi chi vince la gara, una ditta edile, alla fine dovrà acquistare le piante oppure, finito il lavoro, dobbiamo fare una nuova gara d’appalto per acquistare le piante. Che poi ci devono essere, devono essere buone…».
… senza una pianificazione.
«Sì. Quindi avere dei contratti di questo genere, delle gare d’appalto e delle regole che ci permettano di andare dai vivaisti e dire loro: noi fra 5 anni vogliamo arrivare a questo. Questo permette a loro di programmare, permette a noi di spendere meno, permette di avere piante di migliore qualità: insomma permette di avere una programmazione aziendale che sarebbe importante. Su questo stiamo spingendo e speriamo che qualcuno ci ascolti».
Nel nuovo Codice degli appalti ciò non è ancora possibile?
«Non c’è stata comunicazione fra il Ministero dell’Agricoltura, che è più sensibile a questi temi, con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha corretto il Codice degli appalti. Ma questo è endemico di questo Paese…».
… quindi quando sarà la prossima finestra per introdurre questa possibilità?
«Sempre perché il Codice degli appalti, come tutte le leggi, può essere modificato. Dunque, bene fare passare questo concetto. Ma ne devono passare anche altri, perché il Codice degli appalti sui lavori pubblici è migliorabile».
Quindi ci sono tante cose da migliorare e c’è sempre la possibilità di farlo?
«Certo, io mi auguro di sì. Da quando sono sindaco l’ho visto revisionare già più volte in questi sei anni».
Lorenzo Sandiford
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Intervista ad Andrea Sandini, presidente dell’Associazione italiana produttori di substrati di coltivazione e ammendanti, dopo il convegno del 21 settembre a Flormart sullo stato del comparto, dove è stato presentato un progetto del Cts Aipsa in collaborazione col Crea OF per la valutazione della qualità di matrici organiche quali le fibre di legno e i compost, che consentano di ridurre la torba. Sandini ha spiegato a che punto siamo nella transizione ecologica e manifestato un certo scetticismo sull’uso dei compost in ambito professionale.
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Breve intervista al prof. Alberto Pardossi dell’Università di Pisa, a margine dell’incontro sulle serre temporanee e il florovivaismo del 16 giugno di Confagricoltura Pistoia, su alcune specificità del controllo biologico a fini antiparassitari in serra e nel vivaismo.
L.S.