Vis-à-vis
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L.S.
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Intervista al segretario generale dell’International Association of Horticultural Producers (Aiph), l’associazione internazionale dei produttori di piante ornamentali, in occasione del convegno di Flormart 2019 “Novità normative per la gestione fitosanitaria dell’attività vivaistica e del verde pubblico”. Tim Briercliffe: positivi l’uso pervasivo dei passaporti delle piante con più sicurezza ai confini e il maggior peso dato alla competenza degli operatori professionali (che però va definita meglio); sì, ci saranno più costi burocratici, ma costano di più i danni conseguenti a controlli insufficienti; e per ricreare fiducia potrebbero esser utili certificazioni (attinenti al Regolamento) riconosciute internazionalmente dalle imprese. Infine la sua opinione sui danni d’immagine al florovivaismo italiano del caso Xylella: sono stati molti, per la percezione che il problema non fosse affrontato abbastanza velocemente e decisamente; è proprio sull’immagine all’estero che ora l’Italia deve lavorare, perché le decisioni vengono prese in base alle percezioni e non necessariamente sui fatti.
Si avvicina l’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo 2016/2031 relativo alle misure di protezione dagli organismi nocivi per le piante, in calendario il 14 dicembre 2019, e si susseguono gli incontri tecnici e di aggiornamento sul tema. Fra questi anche l’incontro organizzato da Confagricoltura Pistoia il 21 ottobre scorso sui problemi fitosanitari del vivaismo con particolare attenzione all’export, che aveva fra gli argomenti all’ordine del giorno proprio il Regolamento 2016/2031 (vedi nostro articolo).
E’ quindi ancora di grande attualità l’intervista di Floraviva a Tim Briercliffe, segretario generale dell’AIPH (International Association of Horticultural Producers) - che è la maggiore associazione internazionale di produttori di piante ornamentali - raccolta a margine del convegno organizzato da ANVE (Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori), AIDTPG (Associazione Italiana Direttori e Tecnici Pubblici di Giardini), ASPROFLOR (Associazione Produttori Florovivaisti) e AICG (Associazione Italiana Centri di Giardinaggio) nella giornata inaugurale di Flormart 2019, il 26 settembre scorso. Il convegno, intitolato “Novità normative per la gestione fitosanitaria dell’attività vivaistica e del verde pubblico”, affrontava infatti i seguenti due temi principali: a) il nuovo Regolamento 2016/2031 e b) il nuovo PAN – Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.
Tim Briercliffe era uno dei relatori, insieme ai presidenti delle associazioni sopra citate, fra cui in particolare il presidente di Anve Leonardo Capitanio, che ha svolto (con grande abilità) anche la mansione di interprete dell’intervento in inglese del segretario generale di AIPH. Il cronista di Floraviva ha posto alcune domande a Briercliffe subito dopo il suo intervento. Riportiamo qui le domande solo in italiano (in versione un po’ più sintetica dell’originale) mentre delle risposte lasciamo anche la versione originale in inglese (così da consentire all’intervistato di controllare eventuali nostri fraintendimenti nella traduzione).
Quali sono a suo avviso i cambiamenti più positivi del Regolamento 2016/2031?
«Penso che il fatto che adesso siano necessari passaporti delle piante per l’ingresso nell'Ue di qualunque cosa sia un passo davvero positivo. E aiuterà a stringere davvero i margini allentati attraverso cui le cose potrebbero entrare, perché molte cose arrivano non solo sulle piante, ma arrivano sulla terra e sui mezzi. Quindi, disponendoli su tutte le piante, i lotti di piante, allora ogni cosa sarà sottoposta allo stesso tipo di controlli e ciò che è ad alto rischio non potrà assolutamente entrare, a meno che non vi sia una valutazione del rischio molto specifica che sia stata condotta dal Paese che lo vuole portare e che sia stata approvata dall’Ue. Quindi stiamo cercando di rafforzare i confini in termini di protezione dalle malattie, che è una buona cosa. Esso evidenzia inoltre l'importanza di avere persone professionali e competenti nel nostro settore. Non definisce ciò in modo molto specifico, ma ne incoraggia comunque l’impiego, il che dovrebbe significare che abbiamo l'opportunità di raggiungere un approccio più coerente ed essere in grado di gestire la salute delle piante. Uno dei problemi di prima era che ogni Paese è stato così diverso nel modo di affrontare le questioni e questo regolamento dovrebbe ridurre tali differenze, così che abbiamo più fiducia e ciò di cui abbiamo bisogno per facilitare un commercio migliore è proprio più fiducia nella filiera: che si può acquistare da un altro Paese senza doversi preoccupare se i criteri saranno soddisfatti o meno».
(«I think the fact that we now have to have plant passports so that anything can come into the EU is a really positive step. And it will help to really tighten up the loose edges where things could come in, because a lot of things come in not just on the plants of course but they come in on the soil and the media. So by having it on all plants, batches of plants, then everything is coming under the same kind of controls and the really high risk ones they cannot come in at all, unless there is a very specific risk analysis which has been conducted by the country wanting to bring them in and is approved by EU. So we are trying to strenghten the borders in terms of protecting ourselves from diseases, which is a good thing. It also emphasizes the importance of professional competent people within our industry. It doesn’t define it very specifically but it does still encourage the use of that, which should mean that we have the opportunity to get a more consistent approach of being able to manage plant health. One of the problems before was that each country has been so different in how has handled the issues and this should reduce those differences, so we have more confidence and what we need to facilitate better trade is more confidence in the supply chain, that you can buy from one country confidently, without having to worry is it meeting the criteria or not».)
E qualche difetto c’è nel Regolamento 2016/2031? Per esempio in Italia alcuni temono che possa comportare costi aggiuntivi per il maggior peso burocratico, specialmente in un Paese come il nostro in cui spesso la burocrazia è più complessa e farraginosa che nel nord Europa.
«Beh, dipende da come scegli di attuare i regolamenti. Questo è qualcosa che l'Ue ha sempre sofferto, che i Paesi attuano le cose in un modo leggermente diverso. Ma sì, quasi sicuramente ci saranno più costi, ma poi devi anche considerare il costo del non farlo e penso che i Paesi, inclusa l'Italia, ne abbiano sofferto e l'alternativa è la mancanza di fiducia e che quindi si smette di comprare da altri Paesi e si chiudono i confini e il commercio si riduce. Quindi sì, c'è un costo, ma c'è un costo maggiore a non adottarlo».
(«Well it does depend on how you choose to implement the regulations. This is something that EU has always suffered, that countries implement things in a slightly different way. But yes there will almost certainly be more costs, but then you also have to consider the cost of not doing it and I think that countries, including Italy, have felt the pain of that and the alternative is that there is not the confidence and so people stop buying from other countries and they close their own borders so much and trade is reduced. So yes there is a cost, but there is a bigger cost of not doing it».)
E qualche altro aspetto negativo o almeno da migliorare nel Regolamento c’è?
«Penso che una parte in cui si potrebbe fare di meglio è la definizione di che cosa sia un operatore professionale. I regolamenti affermano che ci devono essere operatori professionali all'interno delle imprese, che devono essere competenti, sapere che cosa fanno, ma da nessuna parte si definisce che cosa sia [un operatore professionale, ndr]. E quindi che tipo di formazione sia richiesta, che tipo di livello di abilità dovrebbero avere, ecc. Ma questo può essere qualcosa su cui il comparto può lavorare insieme, tra Paesi, per definirlo più chiaramente, perché non è di alcuna utilità se una persona competente in una Paese è considerata non competente in un altro. Quindi penso che il comparto potrebbe lavorare di più su questo, perché i regolamenti non riescono a definirlo».
(«I think one part that could do better on is defining what is a professional operator. The regulations say that there have to be professional operators within businesses, that they have to be competent, to know what they are doing, but it nowhere defines what that is. So what kind of training is required, what kind of skill level should someone have, etc. But this may be something the industry can work together on between countries to define it more clearly, because it is of no use if a competent person in one country is considered not competent in another. So I think the industry could work more on that, because the regulations fall short of it on defining it».)
Pensa che riusciremo a raggiungere una fiducia reciproca fra differenti Paesi?
«Sì. Dobbiamo farlo, il comparto deve fare qualcosa, non può essere solo il governo, perché in fin dei conti sono le aziende che acquistano dalle aziende, non i governi dai governi. Quindi se manca la fiducia, il comparto [florovivaistico] deve ristabilirla».
(«Yes, we have to, because the industry needs to do something, not just government, because at the end of the day it’s companies who buy from companies, not governments from governments, so if the trust is not there, then the industry has to make that happen too».)
Con un accordo in seno all’Aiph o come?
«Sì, possiamo aiutare a facilitare questo, sicuramente le associazioni e organizzazioni di diversi Paesi devono lavorare insieme, in modo che ci sia una vera fiducia in esso. Può essere, ad esempio, con certificazioni su cui tutti concordiamo collettivamente. Questo è il tipo di cosa di cui abbiamo bisogno: apertura, trasparenza, essere molto chiari su tutto ciò che è permesso e ciò che non lo è».
(«Yes, we can help facilitate that, certainly the associations and organizations in different countries need to work toghether, so that there is a real trust on it. May be with certifications that we all agree collectively. That is the kind of thing we need: an openeness, transaparency. To be very clear about all the things that we do allow and the things that we don’t allow».)
Infine le chiedo una opinione sintetica sui danni d’immagine all’estero subiti dal florovivaismo italiano in seguito al caso Xylella. Alcune associazioni italiane del comparto vivaistico ornamentale (vedi nostro articolo) si sono lamentate che esso sta rendendo loro la vita più dura anche se non hanno alcun problema di Xylella.
«Penso che abbia causato molti danni d’immagine in altri Paesi, a causa della percezione che il problema non fosse affrontato abbastanza rapidamente e abbastanza decisamente. Sarò onesto con te, penso che sia sull’immagine che ora l’Italia debba fare ancora di più, andare oltre, per dimostrare che ha affrontato il problema ed è pulita. Non si tratta necessariamente di fatti, ma di percezione e immagine. Che conta assai di più, perché è ciò che fa prendere decisioni alle persone. Quindi l'Italia deve lavorare su questo».
(«I think it did a lot of damage to the image in other countries, because of the perception that the problem was not dealt with quickly enough or harshly enough. I will be honest with you, I think it is on the image that now Italy has to do even more, go beyond to show that it has dealt with the issue and it is clean. It’not necessarily about the facts, it’s about the perception and the image. It counts far more because that is what makes people make decisions. So Italy has to work on that».)
L.S.
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Breve intervista a Luca Veronesi, neo direttore generale di Fiera di Padova, sulla 70^ edizione e soprattutto sulle strategie future del Salone internazionale del florovivaismo, architettura del paesaggio e infrastrutture verdi, a margine dell’inaugurazione del 26 settembre.
Si è aperta ieri nel segno dei benefici delle piante alla salute e al benessere sociale la 70esima edizione di Flormart, lo storico Salone internazionale del florovivaismo, architettura del paesaggio e infrastrutture verdi organizzato dalla Fiera di Padova.
Dopo il convegno inaugurale «Verde è il colore del futuro», che è stato animato da tre ragazze del movimento «Fridays for future» salite sul palco per annunciare la manifestazione di oggi e nel corso del quale il docente di arboricoltura dell’Università di Firenze Francesco Ferrini ha dichiarato che si potrebbero risparmiare 6 miliardi di euro all’anno se migliorassimo del 5% la condizione di benessere degli italiani (misurata con gli indicatori Ocse di benessere fisico e psichico), si è svolta la presentazione ufficiale del salone.
Nell’occasione Floraviva ha chiesto una breve intervista a Luca Veronesi, il nuovo direttore generale della Fiera di Padova, sulle principali novità di Flormart 2019 e soprattutto su come ha in mente di farla evolvere in futuro. Ecco che cosa ci ha detto.
Quali sono i primi elementi di novità che siete riusciti a introdurre nella manifestazione in così poco tempo dall’insediamento?
«In realtà, ha detto bene: il tempo a disposizione è stato poco. La nuova gestione è divenuta operativa soltanto da luglio quando la macchina organizzativa era già avviata. Quello che abbiamo fatto è stato focalizzare l’attenzione su avere dei contenuti assolutamente aggiornati con quelle che sono le esigenze del mercato del verde oggi. Quindi non solo florovivaismo, ma anche applicazioni del verde: dalle pareti verticali al verde urbano. E una grande attenzione alle startup, che sono quelle aziende che un domani consentiranno alle nostre aziende di fare la differenza in un mercato in particolare evoluzione».
Tra le principali novità che ho visto c’è l’Erbale Forum, che mi può dire in proposito?
«Certo, qui c’è una grande attenzione al tema delle piante officinali, che stanno prendendo sempre più piede e abbiamo ovviamente dato ampio spazio a questo argomento, che io stesso devo ancora approfondire essendo entrato nel mondo di Flormart solo da poche settimane».
E’ vero, allora le chiedo un’anticipazione sintetica sui piani a lungo termine che avete in mente per Flormart.
«Due parole: innovazione e internazionalizzazione. Quindi il format di manifestazione sarà costantemente aggiornato e punteremo molto sulle innovazioni, non tanto quelle che già si conoscono ma quelle che si dovranno ancora conoscere. Stiamo guardando due passi avanti».
E sull’internazionalizzazione?
«Per quanto riguarda invece l’internazionalizzazione faremo un profondo lavoro di comprensione delle esigenze delle aziende per andare a individuare quelle nicchie di mercati locali o anche internazionali, dove le aziende da sole non sono ancora in grado di andare, in particolare le piccole aziende. Allora con la forza della fiera e con il supporto di enti e istituzioni saremo in grado di consentire alle piccole e medie aziende di entrare in questi nuovi mercati, in queste nuove nicchie».
L.S.
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Intervista all’assessore all’ambiente della Toscana sui rapporti sempre più stretti e molteplici fra politiche ambientali e vivaismo, con un occhio particolare al Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia e al rinascimento verde delle vicine Firenze e Prato. Per Federica Fratoni da un lato una produzione vivaistica più «eco-friendly» favorisce gli affari, dall’altro la risposta ai cambiamenti climatici con le nuove «porzioni di verde» nelle città è «una frontiera nella quale il vivaismo pistoiese può cimentarsi portando non solo un contributo per la qualità delle produzioni, ma soprattutto per la conoscenza sviluppata in generazioni di produttori illuminati». Il km 0 negli appalti a verde? «Viene da sé, perché i costi di trasporto incidono», «non solo riqualificazioni di parchi, ma anche pianificazione di infrastrutture verdi», ad esempio per mitigare sul piano idraulico gli effetti di piogge estreme.
E’ stata una giornata interamente dedicata al vivaismo pistoiese il 20 settembre scorso per l’assessore all’ambiente della Regione Toscana Federica Fratoni. La mattina il convegno al Centro Mati 1909, dove è stato presentato lo studio “Sostenibilità nei Vivai Mati 1909” del Cesaf di Pistoia, che ha mostrato che il bilancio CO2 è positivo nel campione di 30 ettari di vivaio analizzati, e quindi verosimilmente in tutto il Distretto vivaistico ornamentale pistoiese, e che comunque il vivaismo è una delle attività produttive di gran lunga meno inquinanti, in grado anzi di impattare positivamente sull’aria (vedi). La sera l’incontro organizzato presso l’Antico Convento Park Hotel et Bellevue di Pistoia dall’Associazione Vivaisti Italiani sul tema “Cambiamenti climatici e funzioni delle piante”, da cui sono venuti fuori vari messaggi incoraggianti per un settore come quello vivaistico ornamentale, indebolito da diverso tempo sul fronte della domanda interna: dall’utilità del verde per contrastare il cambiamento climatico e mitigarne gli effetti all’attivismo sul fronte della forestazione urbana di città limitrofe quali Firenze e Prato (vedi). Floraviva l’ha intervistata a margine di questo secondo incontro.
Che bilancio a fine giornata? Stamani abbiamo visto che i vivai inquinano molto molto meno di altre attività e anzi hanno effetti positivi sull’aria che respiriamo. La sera abbiamo visto quanto è importante il verde nella pianificazione urbanistica per contrastare i cambiamenti climatici nelle città. Il quadro che emerge può essere considerato positivo o almeno incoraggiante per il distretto vivaistico pistoiese?
«L’attività vivaistica costituisce ancora oggi una fortissima opportunità. Anzi forse oggi più di ieri, sia per il territorio pistoiese che per la Toscana tutta. Non c’è dubbio che come ogni attività dell’uomo abbia un impatto, sarebbe sciocco negarlo. Ma da un lato stiamo lavorando per contenere il più possibile questo impatto, perché comunque una produzione che sia sostenibile, quindi eco-friendly come usa dire oggi, è sicuramente un valore, non solo sotto il profilo ambientale, ma anche sotto il profilo del business, del marketing. E quindi c’è un’attenzione che non è soltanto delle pubbliche amministrazioni, ma prima di tutto delle imprese. E poi ci sono le opportunità che oggi offre la lotta ai cambiamenti climatici, che è diventata la priorità in tutte le agende politiche del mondo. Sappiamo che la leva principale per poter operare un contrasto serio è quello di riconvertire le nostre produzioni verso la sostenibilità e di preservare, valorizzare e possibilmente reintrodurre porzioni di verde nelle nostre città, nelle quali nei decenni passati è stata operata una cementificazione spesso selvaggia. Credo che sia una frontiera nella quale il vivaismo pistoiese può cimentarsi portando non solo un contributo per la qualità delle produzioni, ma soprattutto per la conoscenza sviluppata in generazioni di produttori e di imprenditori illuminati».
E in veste di assessore regionale come vede città quali Firenze e Prato così attive sul verde urbano?
«Firenze e Prato sono attivissime sotto tanti punti di vista, non solo sul verde, ma anche sui temi dell’economia circolare, su una riconversione ecologica della mobilità. Pistoia in questo parte in qualche modo avvantaggiata per le condizioni date, anche perché il vivaismo è stato per noi anche una modalità attraverso la quale abbiamo preservato ettari di territorio dalla cementificazione, che invece ha riguardato Prato con i suoi capannoni ma anche Firenze con tutta l’urbanizzazione. Quindi da questo punto di vista abbiamo i nostri cugini che sono molto dinamici, che stanno mettendo in campo delle progettualità molto importanti, io penso che anche essere parte di un’area metropolitana portando in dote un distretto come è il nostro possa farci recuperare forse tempo fin qui un po’ perso e riconnetterci…».
… ma avranno bisogno di interloquire con i produttori di piante.
«Assolutamente, ci sono già sinergie importanti. Tra l’altro la Regione Toscana sta finanziando il cosiddetto Parco agricolo della piana in tutti i comuni della cintura fiorentina, quindi ci sono anche risorse. Le aziende stanno già collaborando e lavorando con le amministrazioni. Credo che questa relazione debba stringersi ulteriormente».
A livello normativo è percorribile la strada qualche volta indicata dal mondo vivaistico di privilegiare piante e verde a filiera corta o km 0 che dir si voglia?
«Il km 0 viene da sé nel senso che quando si fa una gara generalmente il costo del trasporto incide. Per cui le nostre aziende sono competitive e possono stare certamente in questi percorsi. E’ importante adottare politiche. Non solo destinare risorse alla riqualificazione dei parchi pubblici, ma proprio interpretare in termini di strumenti di pianificazione il verde come una infrastruttura al pari di una strada, di una scuola, con un piano di manutenzione, con approfondimenti, con una formazione del personale dipendente all’interno dei comuni. E tutto questo favorisce opportunità per il distretto vivaistico».
Stamani ha fatto un cenno a un tipo di infrastruttura che secondo lei è molto importante, cioè sul fronte della mitigazione del rischio idraulico.
«Una delle opportunità per il distretto vivaistico è costituita anche dalle nuove “infrastrutture verdi”, l’Europa le chiama così. Sono di fatto opere idrauliche, casse di espansione o aree di esondazione naturale, le quali sempre di più non si immaginano come aree sottratte allo sviluppo del territorio, ma aree che integrano lo sviluppo del territorio in termini ambientali, perché, soprattutto nei periodi di “pace” in cui non ci sono allerte meteo particolari, sono parchi pubblici, sono luoghi in cui si sviluppa una certa socialità (basa vedere ad esempio “La Querciola” a Quarrata), sono oasi naturalistiche (il “Parco del Mensola” a Firenze che è ancora in fase di completamento ma sta registrando una partecipazione enorme da parte della cittadinanza. Siccome sempre di più si lavora su due fronti, quello del contrasto ai cambiamenti climatici, ma anche quello della mitigazione e quindi della dotazione infrastrutturale delle nostre città, anche quelle realizzazioni (penso a Pistoia al parco intorno all’ospedale, dove dovrà sorgere una cassa di espansione sull’Ombrone) rappresenteranno un importante banco di prova per il nostro distretto, dove poter contribuire, gareggiando al pari di altri imprenditori, ma sicuramente portando fattori di competitività assoluta, su cui non ho dubbi».
L.S.
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Il memorial Vannucci con il forum sulle grandi imprese familiari del 14 settembre presso il Pistoia Nursery Park, condotto da Luca Telese, è stato l’occasione per verificare vis-à-vis i sentimenti del fondatore di Eataly e dell’amministratore delegato del Gruppo Abete per il verde e i fiori. Farinetti: «nella mia azienda Fontanafredda il re Vittorio Emanuele II ci aveva piantato alberi bellissimi di tutte le parti del mondo e me li godo» e aderirò alla campagna “Un albero in più”. Abete, che acquista le piante direttamente nei vivai e i fiori recisi dai fiorai, dice: «il vivaismo è un fiore all’occhiello della realtà economica e ambientale italiana».
Una conferenza del 7 giugno 2012 presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze fu l’occasione per scoprire l’amore per le piante e i fiori di un celebre esponente dell’imprenditoria familiare italiana, il compianto patron di Esselunga Bernardo Caprotti, allora quasi 87enne (vedi nostro servizio).
Ieri l’altro, il Memorial di Vannucci Piante presso il suo Pistoia Nursery Park prevedeva il 6° Forum sulle grandi imprese familiari italiane condotto dal giornalista Luca Telese e la premiazione, fra gli altri, di due importanti imprenditori quali il vice presidente del gruppo Rinascente Vittorio Radice e il fondatore della catena Eataly Oscar Farinetti, e del commissario tecnico della nazionale italiana di calcio Roberto Mancini, accompagnato dall’ex presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Giancarlo Abete, amministratore delegato del Gruppo Abete, che è stato parlamentare per ben tre legislature dal 1979 al 1992.
Dopo un esordio non incoraggiante con Luca Telese che, camminando di fretta verso la nuova Biblioteca botanica intitolata a Franca Michelini Vannucci in cui doveva intervenire, ci ha confessato col volto ironico il suo «pollice nero», Floraviva è riuscita ad avvicinare due degli importanti imprenditori presenti all’evento e verificare, intervistandoli faccia a faccia in momenti separati, i loro sentimenti per il mondo delle piante e dei fiori.
Il primo è stato Oscar Farinetti, al quale abbiamo chiesto che rapporto ha con le piante: se le ama, le compra e dove. «Ho un rapporto obbligato – ha risposto - perché mia moglie non ha il pollice verde, ha tutte le mani verdi, è appassionata da matti. Quindi abbiamo diversi giardini in tutte le nostre case, dove lei compra piante, le mette, se ne occupa moltissimo. Le piacciono i fiori, le piacciono le piante. Quindi chiaramente mi ha contagiato. Io vivo in mezzo alle piante, perché ho avuto la fortuna di nascere in campagna…».
…e come canali quali sceglie per l’acquisto, oltre a Fico naturalmente, perché so che le vendete anche lì le piante. Però, diciamo, quali sono i canali, un po’ tutti oppure…
«… mia moglie va da tutti i vivaisti del territorio, ad Alba nelle Langhe, dove abitiamo, ma anche a Saint Tropez, dove abbiamo una casa. E quindi va a comprare dai vivaisti per fare il giardino. Poi abbiamo scoperto che tutti questi vivaisti comprano da Vannucci [con un sorriso dei suoi, ndr]. Adesso che abbiamo conosciuto Vannucci andremo direttamente da lui».
Senta, e i fiori, vi piacciono anche i fiori recisi?
«Ah sì! Mia moglie è appassionatissima di rose, che non siano rosse. Sempre tutte rosa e bianche. E rose gialle. E quindi lei è fortissima coi fiori».
Quindi insomma mi sembra che…
«… io li subisco un po’, ma nel frattempo mi sono piaciuti molto. Chissà, come dicevo prima, nessuno di noi decide dove nasce, e chi nasce al centro di una metropoli ha un rapporto diverso con le piante, deve andare nel parco ecc. Chi come me nasce in campagna ci vive sotto le piante. Io vivo nella mia azienda agricola dove abbiamo piante. E ho avuto la fortuna che la mia azienda agricola, Fontanafredda, l’ha fondata il re Vittorio Emanuele II, che tra il 1858 e il 1870 ci ha piantato i più begli alberi arrivati da tutto il mondo».
Però non avete produzioni vivaistiche…
«… lì abbiamo una sequoia. Avere una sequoia in langa è raro, è l’unica sequoia di tutta la langa, piantata nel 1870. Un faggio rosso incredibile. Un abete greco straordinario. Diciamo che ci sono 13 ettari di piante antiche e rare di tutto il mondo. E ho scoperto che una volta i ricchi facevano a gara nei loro giardini a chi aveva le piante più esotiche e più rare. E quindi me le godo ogni giorno quando vado là».
Quindi, entrando in una questione più politica del settore del verde immagino che sarà favorevole alla campagna per piantare più alberi e piante in città…
«Ma si figuri. Sa che cosa ho fatto io? Nel 1999 ho aperto l’Unieuro di Roma. Nel 2000 è stata distrutta da un incendio metà della pineta di Ostia. Io feci una grande campagna pubblicitaria in cui per gli elettrodomestici che venivano comprati ci impegnavamo a piantare un albero. Ne abbiamo piantati tantissimi. E stiamo parlando di 20 anni fa. Si figuri se non sono d’accordo».
… quindi è un antesignano…
«Adesso, ieri l’altro, ho visto su Repubblica è stata lanciata una grande campagna [“Un albero in più” delle comunità Laudato si’ ispirate all’enciclica di Papa Francesco, ndr] da Carlin Petrini di Slow Food, Stefano Mancuso che è uno scienziato delle piante e dal vescovo di Rieti in cui si invita ogni italiano a piantare un albero. Se ogni italiano pianta un albero, sono 60 milioni di piante. E quindi è una roba carina. Io sarò uno di questi».
Dopo è stata la volta di Giancarlo Abete, che poco prima dell’inizio del forum, ci ha confessato di amare le piante: «Mi piacciono molto. E’ una dimensione che mi piace: giardini ne ho, attenzione alle piante c’è. E naturalmente è uno dei settori fondamentali non solo da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista di valorizzazione ambientale. Quindi è uno sforzo che va fatto. D’altro canto la realtà di Pistoia è una realtà nota, così come l’importanza di Vannino Vannucci in questo settore. E quindi è un fiore all’occhiello della realtà economica ed ambientale italiana».
Visto che ha anche giardini, quali…
«… e poi, guardi, non lo dovrei dire io (ridendo) ma io ho una connotazione nel cognome che in qualche modo determina..».
…eh, in effetti ha ragione, “Abete”…
«una dimensione di vicinanza che è fisiologica. Quindi, magari, anche se si è più collegati al Natale che ad altri periodi, e poi noi sappiamo che ce ne sono di tutti i tipi…».
…mi permetta un’altra domanda, visto anche il tipo di lettori che abbiamo, lei quali canali usa per comprare le piante: vari o solo alcuni, va direttamente dai vivaisti o presso i garden center…
«Sempre a livello di vivai. Perché se uno ha un rifornitore di fiducia, è tutto più facile. Poi bisogna vedere quale è la struttura di funzionamento dei vivai, che poi opera spesso attraverso grossisti, agenti ecc.».
E ama e compra anche i fiori recisi?
«Sì, certo. Nelle ricorrenze soprattutto».
E dove?
«Dal fioraio. Lì acquisto le rose e altri fiori per gli anniversari familiari».
Lorenzo Sandiford