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Firmato a Myplant l’accordo quadro fra l’ente terzo Certiquality e l’Associazione Nazionale di Tutela del Marchio Vivaifiori, a cui hanno aderito Anve Difloal e Florveneto con 45 aziende, per l’avvio delle certificazioni. Il costo è di circa 300 euro l’anno. Roberto Magni «le più strutturate sono già pronte e alle piccole sarà dato il tempo di adeguarsi». Per Alberto Manzo «quando usciranno prodotti col marchio Vivaifiori ci sarà interesse da parte dei consumatori» ed eventuali marchi territoriali più circoscritti, magari legati a specifici prodotti florovivaistici, che si affianchino alla certificazione nazionale Vivaifiori, possono andare, «purché dietro ci siano persone che fanno le cose come si deve».
Un ulteriore, cruciale tassello per iniziare concretamente le certificazioni delle aziende che vorranno e potranno fregiarsi sul mercato del marchio Vivaifiori. Con i potenziali vantaggi competitivi associati alla garanzia del rispetto di un disciplinare per la qualità e sostenibilità del processo produttivo. Mercoledì 20 febbraio alla Fiera di Milano, durante la prima giornata di Myplant & Garden – International Green Expo, il presidente dell’Associazione nazionale di tutela del marchio Vivaifiori Roberto Magni e Massimo Cacciotti, responsabile Lombardia di Certiquality, ente terzo specializzato nella certificazione dei sistemi di gestione aziendale per la qualità, l’ambiente e la sicurezza, hanno firmato l’accordo quadro di riferimento per la certificazione volontaria Vivaifiori, che è diventata operativa attraverso un percorso iniziato nel 2011 in seno al Piano di settore e all'attività del Tavolo di Filiera Florovivaistico del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (Mipaaft), con il contributo progettuale anche di Ismea. L’intesa è stata siglata anche dalle tre organizzazioni di settore: Associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve), Distretto florovivaistico alto lombardo (Difloal) e Florveneto, che hanno già raccolto la richiesta di certificazione di 45 fra le aziende ad esse associate. Erano presenti alla firma anche Isabella D’Adda, manager di Certiquality, e Alberto Manzo, responsabile del tavolo tecnico di filiera presso il Mipaaft.
A breve inizieranno quindi le verifiche (gli audit) di Certiquality su un campione delle aziende aderenti. La certificazione Vivaifiori è «composta da un disciplinare di qualità di processo produttivo e da un marchio registrato che viene rilasciato alle organizzazioni florovivaistiche di produttori del settore e alle aziende aderenti, dichiarate conformi» dall’ente terzo di certificazione. «Per gli aderenti – si legge - esistono vantaggi di tipo pratico ed economico. Il disciplinare è stato elaborato per renderlo paragonabile alle performance di altri sistemi di certificazione di processo già noti a livello europeo, mantenendo però la prerogativa di possedere requisiti di accessibilità adatti alla gran parte delle aziende italiane; quanto detto vale anche per i costi». E, come ci ha spiegato il presidente Magni, il costo di adesione per ciascuna azienda, al netto di qualche differenziazione in base a siti produttivi e gruppi omogenei di prodotti, si aggirerà attorno a 300 euro.
Ma in concreto quali saranno le conseguenze dell’adesione al marchio Vivaifiori per un’azienda? «Il cosiddetto audit in azienda – ci ha risposto Roberto Magni - comporta intanto una verifica documentale iniziale per verificare se l’azienda ha propriamente i requisiti di base per poter accedere alla certificazione. In secondo luogo, in base al disciplinare, ci sarà l’analisi abbastanza precisa sulla gestione dei processi di produzione e in particolare su determinati aspetti, come possono essere quelli legati alla sostenibilità ambientale, e soprattutto alla salvaguardia della normativa negli ambiti del rispetto della sicurezza e sul lavoro». Ma, pensando a come lavorano oggi le aziende florovivaistiche italiane, pur consapevoli del fatto che si tratta di generalizzazioni che nascondono profonde differenze fra azienda e azienda, saranno necessari cambiamenti produttivi? «E’ chiaro che oggi le aziende più strutturate, quindi molto più attente a determinati aspetti, rispondono quasi in maniera immediata e con estrema facilità all’accessibilità al marchio, non dovranno fare adattamenti. Le aziende meno strutturate potranno avere la necessità di adeguarsi su certi aspetti, ma avranno il tempo per farlo senza per questo essere escluse dalla certificazione, ovviamente andando a correggere gli elementi che non dovessero risultare conformi al disciplinare».
Ad Alberto Manzo, sentito al termine della conferenza stampa, abbiamo chiesto innanzi tutto che impatto potrebbe avere Vivaifiori sul settore florovivaistico. «Io sono sempre ottimista per natura – ha risposto - e dico che l’impatto sarà sicuramente positivo e da quello che mi hanno detto, oltre alle 45 aziende che hanno già sottoscritto, ce ne sono altre molto interessate. Diciamo che ci deve essere un effetto operativo sul mercato. Nel senso che quando si incominceranno a vedere dei prodotti col marchio Vivaifiori che caratterizzano la produzione italiana, che vanno nella grande distribuzione organizzata e nei circuiti commerciali e con questo marchio il consumatore riconosce un prodotto italiano, credo che l’interesse ci sarà. Ed è stato creato proprio a tal fine il marchio: per attrarre il consumatore e dirgli “guarda che questo è un prodotto nazionale”».
E per le aziende più piccole potrebbero esserci problemi nell’adeguamento al disciplinare?
«No, io non credo ci siano particolari problemi. Si devono adattare a delle regole che ha il disciplinare, che però le porteranno, ovviamente dopo un primo momento di abitudine e di acquisizione di diversi meccanismi nella produzione, ad alzare il livello, quindi si alzerà l’asticella in tutte le aziende. Questo non può che far bene al mercato e ai consumatori. Ricordando poi che Vivaifiori si allineerà ai vari marchi internazionali di qualità. Meglio di così credo che non si possa..»
...e poi le aziende saranno aiutate in questo percorso dalle associazioni di riferimento, Anve, Distretto florovivaistico Alto-lombardo, Florveneto ecc., vero?
«Assolutamente, perché le associazioni faranno un po’ da ombrello alle aziende. Però io credo che ci sarà uno spirito emulativo anche da parte di altre. Se veramente, come spero, e c’è un’attenzione da parte del Ministero, in particolare del sottosegretario Manzato, che vuole alzare il livello di questo settore. In aggiunta a un settore già affermato come quello agroalimentare».
Ultima domanda. Sulla base di questo avvio dopo tanti anni di Vivaifiori e del fatto che è stato accantonato il marchio Piante e fiori d’Italia in seguito alla chiusura dell’omonima associazione nazionale, e tenendo conto che in alcuni territori italiani si stanno muovendo, per esempio in Piemonte, con dei marchi di aree produttive florovivaistiche più circoscritte geograficamente, si può dire che si va verso uno scenario in cui Vivaifiori diventa il marchio nazionale di riferimento, a cui però magari alcuni territori potranno decidere di affiancare qualcosa di più specifico? E se è così, lo ritiene positivo?
«Secondo me sì. Certo un marchio nazionale è ovviamente un marchio distintivo. Però anche quelli di area, che possono andare anche all’estero, sono distintivi e caratterizzano, che so, dei distretti florovivaistici particolari, con delle produzioni specifiche. Va bene tutto. L’importante è che il consumatore sia informato. E che dietro ci sia un percorso virtuoso: delle persone che ci lavorano e che fanno le cose come si deve».
Per ulteriori informazioni: www.vivaifiori.com.
Lorenzo Sandiford
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Il 16 febbraio a Firenze al convegno abbinato all’assemblea annuale di Aipv (Associazione italiana professionisti del verde) il presidente del distretto vivaistico di Pistoia Mati ha presentato 6 «piante d’arredo urbano» adatte alle mutate condizioni anche climatiche delle nostre città. Fra queste il Pyrus calleryana “Chanticleer”, il cui odore particolare è «solo a fine fioritura, per 2 giorni». Il presidente di Aipv Cipolla: «c’è un maggiore interesse per il verde soprattutto in ambito urbano, perché purtroppo siamo in una situazione critica. E’ arrivato il momento di riprogettare il verde». Il delegato toscano Aipv Borselli: «la presenza del distretto pistoiese è per noi un vantaggio, perché ha bisogno di professionisti che capiscano la qualità».
L’Acer campestre (tostello) “Elsrijk”, il Carpinus betulus (carpino bianco) “Pyramidalis”, il Corylus colurna (colurno o nocciolo di Costantinopoli), il Platanus (platano) Platanor® “Vallis Clausa”, il Pyrus calleryana (pero d’origine cinese o vietnamita) “Chanticleer” e l’Alnus cordata (ontano napoletano).
Sono le sei specie di alberi, in alcuni casi con l’indicazione anche della cultivar preferita, selezionate e illustrate come piante idonee all’arredo urbano da Francesco Mati, presidente del Distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, sabato 16 febbraio alla Certosa di Firenze al convegno abbinato all’assemblea nazionale dell’Associazione italiana professionisti del verde (Aipv), a cui è intervenuto anche Roberto Taddei del vivaio Borgioli Taddei con una relazione sull’impiego nei nostri giardini delle differenti specie di ortensie (hydrangee), arbusti adatti a contesti molto vari. Aipv è un’associazione nata due anni fa a Milano per rappresentare e valorizzare tutti gli operatori della filiera del verde («le persone fisiche e le aziende che, a vario titolo, si occupano professionalmente della realizzazione e cura del verde ornamentale e del paesaggio sia pubblico che privato») e che si sta allargando sul territorio nazionale attraverso una rete di delegazioni regionali (al 31 dicembre 2018 erano 159 fra soci ordinari e soci sostenitori).
Francesco Mati, nel suo intervento intitolato “La qualità vivaistica delle piante e la scelta delle specie arboree rispetto alla resistenza ai cambiamenti climatici”, dopo avere spiegato alla platea di operatori - «al 70% manutentori e costruttori del verde» come ci ha detto il presidente di Aipv Cesare Cipolla - le caratteristiche che contraddistinguono i prodotti vivaistici di qualità, è passato a suggerire e illustrare alcune specie di alberi particolarmente indicate per le nostre città oggigiorno da vari punti di vista, quali l’adattabilità a condizioni difficili del suolo, la resistenza agli agenti patogeni e all’inquinamento, la facilità di potatura o reattività alla stessa e le punte di calore ormai altissime che si raggiungono nei centri urbani d’estate (a Firenze si possono raggiungere anche 48 gradi di calore, ha ricordato Mati). Le specie e/o cultivar su cui si è soffermato sono quelle citate sopra e fra queste spicca la presenza del Pyrus calleryana “Chanticleer”, che nei mesi scorsi è stato oggetto di animate polemiche a Firenze in relazione a certe sostituzioni di alberi perché ritenuto maleodorante. Ebbene, Mati ha difeso tale cultivar di pianta, ribadendo al termine dell’incontro a colui che scrive che tale odore «dura molto poco: a fine fioritura, un paio di giorni. E non è un odore così fastidioso». Ma, come ha ricordato Mati verso il termine della relazione, ci sono anche altre specie di piante molto interessanti per i contesti urbani delle varie aree d’Italia e un’ampia schedatura di queste si trova nello studio di Qualiviva promosso e coordinato dal tavolo tecnico sul florovivaismo del Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo (Mipaaft).
Infine, alla domanda del cronista se esistano piante più resistenti ai cicloni e tempeste di vento, Mati ha così risposto: «cicloni e i tornado si riescono a controllare con un’alberatura rinnovata. Cioè quando noi abbiamo nel verde pubblico piante messe a dimora nel ‘900, che hanno raggiunto 30/35 metri di altezza è logico che abbiano una leva estrema. Poi una città che ha una massa di verde sostanziosa, difficilmente ha dei fenomeni estremi di temporali, che si manifestano perché si caricano le particelle elettrostaticamente e si mescolano con l’umidità atmosferica dando luogo a dei temporali violenti. Nelle città dove la massa di vegetazione e alberature è molto fresca e in continua crescita questi fenomeni sono più rari e vanno a incidere in maniera assai inferiore sulla caduta delle alberature».
Il presidente di Aipv Cesare Cipolla ci ha detto che la sua associazione è aperta a tutte le figure professionali del verde e annovera fra i suoi soci, oltre a quel 70% di manutentori e costruttori del verde (fra cui rientrano i giardinieri), arboricoltori, dottori agronomi e forestali, vivaisti e pure architetti del paesaggio, grazie anche alla compatibilità con altre appartenenze professionali. «Per quanto ci riguarda - ha detto - il verde va seguito nell’intera filiera. All’interno della filiera c’è chi produce la pianta, chi la commercializza, che la mette a dimora, chi se ne prende cura, chi fa il progetto, chi lo realizza. Per cui non avrebbe senso un’associazione che vuole far riconoscere il professionista che si richiuda in se stessa soltanto sul manutentore. Anche perché dalla sinergia di queste diverse figure possono nascere sempre più opportunità». Per questo Aipv, ha spiegato Cipolla, oltre a sedere al tavolo tecnico del Mipaaft, vanta diverse collaborazioni: è consociato ad esempio con Anve (Associazione nazionale vivaisti esportatori), con Anafa (Associazione nazionale arboricoltori su fune), collabora con Vivaifiori, con Assoverde (Associazione italiana costruttori del verde)…» e partecipa a fiere quali Myplant & Garden (dal 20 al 22 febbraio a Milano).
Alla domanda se ritiene che stia crescendo l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica per il verde, Cipolla ha risposto così: «c’è un maggiore interesse per il verde soprattutto in ambito urbano, perché purtroppo siamo in una situazione critica: da una parte i cambiamenti climatici e la mancanza di verde nelle città ci obbliga a intervenire in qualche modo per riempirle di verde perché ne abbiamo proprio bisogno. D’altra parte le nostre città hanno delle alberate ormai vetuste, che hanno più costi di manutenzione rispetto ai benefici che danno. Per cui è arrivato il momento di riprogettare il verde in città altrimenti ci troveremo nel giro di pochi anni a non averne più». E la manutenzione? «Va fatta in maniera razionale. Il problema è che negli ultimi 40 anni le manutenzioni sono state fatte con dei criteri errati, nel senso che erano votate al massimo ribasso, anche perché con il patto di stabilità i Comuni non avevano fondi …». Nascono da qui anche le famigerate capitozzature? «Le capitozzature hanno un costo minore nell’atto dell’intervento, però pregiudicano la vita degli alberi e ci costringono ad interventi sempre più ravvicinati. E’ un po’ come prendere i soldi a strozzo: è facile averli, poi venirne fuori è impossibile».
Al responsabile della delegazione regionale toscana di Aipv, Alessio Borselli, abbiamo chiesto fra l’altro se la sua attività nella nostra regione è agevolata o resa più difficile dalla presenza sul territorio del maggiore distretto vivaistico ornamentale d’Italia. «No, sarà sicuramente più facile secondo me, perché il Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia ha bisogno di professionisti che capiscano il livello di qualità raggiunto, se no…». Quindi nessun tipo di concorrenza? «No, assolutamente».
Lorenzo Sandiford
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Alla “Serata del vivaismo” dell’Associazione vivaisti italiani gli ultimi dati sull’export del distretto pistoiese (+2,1% nel 1° semestre del 2018, dopo un 2017 col picco di 235 milioni di euro) e sul suo ruolo nazionale. Pareri discordanti sull’aggregazione delle imprese vivaistiche; si confida nella continuazione del bonus verde. Illustrati alcuni trend del florovivaismo a livello internazionale. Ma il giorno dopo l’incontro, Cia Toscana Centro segnala le difficoltà di molti piccoli vivaisti del distretto, anche a seguito del caso Bruschi-Tesi che ha messo in crisi un centinaio di fornitori che vantano crediti per un totale di quasi 10 milioni di euro, e chiede il sostegno della Regione Toscana.
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Dalle associazioni di categoria presenti alla tavola rotonda inaugurale di Flormart sulle prospettive del florovivaismo italiano la richiesta al Governo di rifinanziare l’agevolazione fiscale sulle aree verdi private e di considerare le piante come parte centrale della pianificazione territoriale. Proposta provocatoria di Scanavino (Cia): facciamo le mitigazioni ambientali prima delle costruzioni edili. Odorizzi (Coldiretti): il florovivaismo per competere deve capire meglio il mercato scegliendo le varietà giuste da lanciare, magari partendo da quelle locali. Mattioli (Confartigianato Imprese del Verde): in Italia le vere ditte di manutenzione del verde o giardinieri sono 19 mila, assai meno di chi opera nel comparto, il bonus verde ha dato spazio ai regolari.
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Reportage di Floraviva in Olanda fra le maggiori aziende del florovivaismo mondiale che hanno presentato agli operatori della filiera del verde fiorito dal 12 al 15 giugno, in occasione dei Flower Trials 2018, le nuove piante o innovazioni varietali in catalogo. Da Florensis, che ha iniziato a costruire un altro sito produttivo da 17 ettari, nuove serie di Osteospermum e Dianthus. Selecta presenta due nuove cultivar di Dianthus, la Petunia “colore dell’anno 2018” e il progetto sulle piante fiorite amiche delle api. Dümmen Orange segnala una Impatiens New Guinea, nuove varietà sia tra le sue Begonie ibride che nella serie dei Crisantemi recisi. Prudac ha proposto nuove piantine molto produttive e facili da coltivare di Pomodorini e Peperoncini, fra le seconde pure una da coltivare a 18 gradi. Presso Dhmi due nuove Mandeville, una delle quali premiata come migliore innovazione nel 2016, e una pianta di Abutilon che debutta in Europa. Syngenta propone una nuova generazione di Impatiens walleriana resistenti alla Peronospora e un Helianthus interspecifico molto durevole già uscito negli Usa.
Anche quest’anno i Flower Trials, che si sono svolti dal 12 al 15 giugno nei territori olandesi di Aalsmeer e Westland e in quello tedesco di Rheinland Westfalen, sono stati l’occasione per vedere da vicino le nuove piante e tutte le innovazioni varietali e di marketing introdotte nei cataloghi delle imprese più avanzate della floricoltura internazionale. Sessanta aziende, fra ibridatori di piante fiorite in vaso e da aiuola in primis, ma anche produttori di piante nonché ibridatori di fiori recisi.
Il tour di Floraviva si è sviluppato tutto all’interno della regione Westland. La prima tappa si è svolta presso Florensis dove ad accoglierci e guidarci, così come l’anno scorso (vedi nostro articolo), è stato Raul Moras, responsabile vendite Southern Europe di Florensis Italia. Il quale, dopo aver ricordato che Florensis è composta attualmente dalla sede con sito di produzione di giovani piante di 11 ettari e mezzo lì nella Westland (Hendrik-Ido-Ambacht), da un centro di ricerca in Germania e da siti di produzione di piante madri in Africa e in Portogallo per le Solanaceae (che non possono essere importate da fuori Europa), ci ha informato che hanno iniziato a costruire una nuova sede aggiuntiva a 20 km dall’attuale e che il primo blocco di 5 ettari e mezzo «sarà in produzione per l’estate 2019». Alla fine, nella nuova sede ci sarà «la potenzialità di arrivare a 17 ettari di produzione». Altra novità aziendale comunicataci da Moras è che hanno acquisito «la genetica Osteospermum “Dalina” (dall’azienda danese Dalina Genetics, ndr), che è una serie completa e si adatta molto bene all’utilizzo nei climi del sud, come classica coltivazione autunno-inverno-primavera. La serie si compone di moltissimi colori». In questo modo «da quest’anno ampliamo di molto l’assortimento» delle dimorfoteche. Un’ulteriore novità del catalogo di Florensis segnalata da Moras è «una serie di garofanini (Dianthus chinensis) da seme adatti per l’uso anche nel periodo estivo, per vendite praticamente in questo periodo, da maggio e giugno in poi, finita la stagione delle classiche annuali primaverili. E’ una serie che si chiama “Corona” e si compone di 8 colori, fra cui un rosso molto brillante e carico e una serie di bicolori».
La seconda visita è stata nell’area espositiva ai Flower Trials del gruppo Selecta one, che con le sue undici unità fra siti produttivi e società di distribuzione serve tutti i mercati rilevanti, come era sottolineato nella presentazione web della manifestazione, e che quest’anno ha vinto il premio FleuroStar (organizzato da Fleuroselect in concomitanza coi Trials) per la pianta fiorita dal più alto “wow factor” con il suo Osteospermum ecklonis “Purple Sun”, pensato per «i luoghi assolati sia in aiuola che in balcone» (vedi nostro articolo). Qui abbiamo incontrato Giorgio Mucci, area manager Italia, che ci ha indicato e illustrato alcune novità, fra cui le seguenti. Il garofanino “Peach Party” è una cultivar di Dianthus «che abbiamo presentato a Ipm Essen del gennaio scorso», ha spiegato Mucci, che ha poi aggiunto: «l’abbiamo presentata nel catalogo dei garofanini pubblicato lo scorso marzo, per cui siamo in piena campagna di vendita di questo prodotto. Ad essa va ad aggiungersi un’altra che si chiama “Purple Wedding” ed è un garofanino simile come portamento e come tempi di fioritura all’altro, ma è molto più scuro come colore e abbinato a un altro concetto di marketing…». Le fioriture di queste due nuove cultivar di Dianthus, è stato spiegato, si pilotano molto bene e si possono avere da marzo a luglio. Giorgio Mucci ci ha poi mostrato la nuova petunia “Color of the year 2018”, vale a dire la AlpeTunia® GlacierSky, e ha accennato al progetto “Pollinator-friendly plants” (piante amiche degli insetti impollinatori), a cui era dedicato uno spazio dell’esposizione di Selecta e il cui scopo è incoraggiare le persone a utilizzare nei giardini una serie di piante (identificate da uno studio dello scorso anno) che più attirano api e farfalle, fra cui ad esempio certe varietà di Dahlia e Lavandula.
Poi è stata la volta della visita, a Naaldwijk, a Dümmen Orange, altro big della floricoltura mondiale focalizzato sulla ibridazione e produzione di giovani piante in vaso, piante da aiuola, perenni, tropicali, fiori recisi e bulbi. A presentarci le novità, Mario Nederpelt, junior marketing specialist dell’azienda olandese, che ha puntato in primo luogo su “Sunstanding”, «la nostra nuova Impatiens New Guinea», «che abbiamo già testato in Italia ed è andata piuttosto bene»: un ibrido di Impatiens hawkeri dalla forte adattabilità a sole, caldo e umidità, dallo sviluppo compatto e la fioritura precoce, disponibile in otto colori nel mercato europeo. Fra i quali, come ricordato da Nederpelt, «viola, arancione, rosso rubino, rosa e bianco». La seconda nuova introduzione che ci ha presentato è la Begonia ibrida “I’conia Portofino Yellow”: «avevamo già l’I’conia – ha detto Nederpelt – ma abbiamo aggiunto la nuova varietà “Portofino Yellow”», che è caratterizzata da grandi e vivaci fiori gialli e robuste foglie scure, e si adatta sia al sole che all’ombra. Mario Nederpelt ha spiegato inoltre la funzione della ricca parte espositiva dedicata ai bouquet: «questa è la nostra area punto vendita, dove mostriamo che cosa si può fare con i nostri fiori, le nostre piante in vaso, le nostre tropicali ecc. ecc.», «un’area espositiva per offrire ispirazioni» ai fiorai e ai garden centre su come fare bouquets e mettere in evidenza i fiori. Infine, per il comparto fiore reciso, ha segnalato fra l’altro i crisantemi recisi “Cut Mum ‘Pina Colada Yellow’”, molto brillante e decorativo, oltre che di qualità e resistente (dura almeno 2 settimane).
La quarta tappa è stata l’esposizione dell’azienda Prudac a Maasdijk. Prudac, che sta per Produzione & ricerca per la decorazione e il consumo urbani, è un’azienda focalizzata sull’ibridazione e produzione di giovani piante innovative e libere da ogm, al servizio degli operatori e del mercato hobbistico con le proprie piante facili da coltivare e al tempo stesso commestibili ed ornamentali. «Siamo nati nel 2010 e la nostra sede è in Olanda a Enkhuizen – ci ha spiegato il titolare Ard Ammerlaan -. Abbiamo 4 programmi produttivi chiave: pomodori, peperoni, cavolfiori e aglio». Una delle novità che ha scelto di illustrarci è “Catch Red” della serie Pillar Tomato, «una serie di piantine di pomodoro facili da coltivare: basta piantarle nel vaso e annaffiarle, ed è tutto». Catch Red è pensata per vasi da 12 a 15 cm. Ard Ammerlaan ci ha segnalato anche un’altra nuova pianta da vaso 12/15 cm: Pillar Pepper F1 “Mimi Red”, una piantina di peperoncino (specie Capsicum annum) da tavolo di cucina e tollerante alla siccità, che è produttiva per 15/16 settimane e arriva a un’altezza massima di 30 cm. «Come può vedere – ha osservato il titolare – producono entrambe molti frutti». Infine, sempre fra le nuove piante di peperoncini, ci ha mostrato Rocket Pepper F1 “Red Mamba”, che dà frutti neri e rossi, è produttiva per 16/18 settimane, sta in vasi 14/17 e arriva a un massimo di 40 cm di altezza. «Il fattore critico più interessante di essa – ha osservato Ammerlaan - è che cresce a basse temperature. Mentre le piante di peperoncini normalmente crescono a 22 gradi, questa può essere coltivata a 18 gradi. Perché è interessante? Perché anche per le piante di pomodoro ci vogliono 18 gradi. Per cui si possono coltivare nello stesso luogo e salvando energia».
Nello stesso spazio espositivo di Maasdijk abbiamo incontrato Erick Ciraud, marketing e business development del gruppo francese Lannes, qui presente in particolare con i prodotti della sua unità di ricerca e sviluppo D.H.M. Innovation, specializzata nell’ibridazione e produzione di giovani piante di Mandevilla e Hibiscus, ma attiva pure come veicolo per il mercato europeo di piante di aziende extra-europee. «La nostra sede – ha precisato Erick Ciraud – è in una piccola città a nord di Tolosa, per cui siamo nel sud est della Francia, inoltre abbiamo un sito in Spagna, in Andalusia, vicino a Malaga». Ciraud ha poi spiegato che «la caratteristica principale del loro programma di produzione di Mandevilla è offrire la gamma più vasta possibile di colori e di comportamenti vegetali» e, passando alle Mandeville al debutto quest’anno, ha indicato la Diamantina (il brand di tutte le mandeville di Dhmi) Tourmaline “Rose Splash”, «una nuova varietà della linea produttiva Tourmaline a cui lavorano da anni»: una pianta fiorita con fiori e foglie extra large, tinte rosa, e dal portamento compatto, pronta per la decorazione dei giardini. Ciroud ci ha mostrato anche la mandevilla Diamantina Opale “Orange Coral”, premiata nel 2016 come migliore innovazione e di cui ora stanno per essere rilasciate sul mercato le prime talee. «Ci vuole sempre un paio di anni – ha spiegato – fra il momento della nuova introduzione e il momento di costruire lo stock di piante madri» necessario alla commercializzazione. Oltre a presentarci le mandeville/dipladenie e le varietà di hibiscus, Ciroud ha citato una pianta di un'altra azienda d’ibridazione extra-europea che Dhmi vende per la prima volta in Europa: Mappleia, una nuova generazione di Abutilon con fiori più larghi e che stanno sopra il fogliame, nei colori giallo, arancione e rosso.
Il viaggio di Floraviva nei Flower Trials 2018 si è concluso con la visita allo spazio di Syngenta FloriPro Services, la divisione distributiva di Syngenta Prati e Giardini che serve l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente. Qui, come l’anno scorso, a farci da Cicerone è stato il campaign manager Alexander Ern. «Una delle nostre principali novità di quest’anno – ha esordito Ern – è Imara, una nuova generazione di Impatiens walleriana che sono resistenti alla Peronospora. E’ qualcosa di veramente nuovo e arriva nel mercato continentale quest’anno. E’ partita prima in Gran Bretagna (dove è già venduta quest’anno) perché lì c’è un enorme mercato della Impatiens walleriana. Mentre nel resto d’Europa abbiamo già fatto delle sperimentazioni e immetteremo quantità maggiori di prodotti nella prossima stagione». Ma quale è il fatto nuovo e perché la Imara viene presentata come pianta preferita dei giardinieri? «La ragione – risponde Alexander Ern – è che nel 2010 la Impatiens walleriana era una delle piante più vendute in assoluto nei garden center, tutti la volevano. Poi però è stata colpita dalla Peronospora e le piante morivano velocemente, al punto che questa specie uscì dal mercato. Adesso può ritornare sul mercato». C’è stata qualche scoperta genetica? «Sì nel 2011 abbiamo trovato in un nostro campo di prova una varietà che sopravviveva alla Peronospora e a partire da essa abbiamo in alcuni anni sviluppato la linea Imara, composta da 6 nuove varietà resistenti». Sei varietà per sei differenti colori. «Non siamo ancora ai 20 colori di una volta – osserva Ern – ma è un buon punto di partenza e ora il consumatore potrà di nuovo divertirsi con queste piante capaci di fiorire fino a quando gela». Un’altra nuova introduzione di quest’anno si trovava nella “Garden Center” area dell’esposizione di Syngenta, lo spazio dedicato, come spiega Ern, a mostrare ai clienti dei garden e degli altri canali di vendita come possono essere presentate al meglio nei punti vendita le loro piante, in particolare le nuove. La novità, per il mercato europeo, è Sunfinity (che è negli Stati Uniti da 3 anni e sta avendo grande successo commerciale, ci ha detto Ern): «un Helianthus interspecifico che è debuttante da noi. Una pianta di Helianthus capace di continuare a fiorire fino a quando gela: i primi fiori dureranno 4 settimane e poi in seguito avrete nuovi fiori un po’ più piccoli che durano 2 settimane. Alla fine d’estate, se non ci sono condizioni climatiche particolari, in ciascuna pianta avrete avuto 40 fiori».
Lorenzo Sandiford