Mati contro le speculazioni estere sulla Xylella e il caos fitosanitario in Ue
-
in Vis-à-vis
Dal salone del florovivaismo di Padova il presidente del Distretto vivaistico di Pistoia Francesco Mati contrattacca le speculazioni estere anti-italiane sulla Xylella («olandesi che acquistano a sconto le nostre piante boicottate dagli inglesi e gliele vendono») e punta il dito sui paradossi delle politiche fitosanitarie europee, fra eccessivo carico burocratico da un lato e inefficacia nel prevenire le fitopatie dall’altro.
Il peso ogni giorno più asfissiante della burocrazia di matrice europea per prevenire le nuove fitopatie, ma poi controlli alle dogane che fanno acqua da tutte le parti (in Italia anche per via di un numero spropositato di punti d’accesso commerciali). Come testimoniato dal caso della «presenza di Xylella fastidiosa conclamata in un’azienda spagnola che produce Polygala myrtifolia», con la conseguenza da un lato che la «Spagna non è più Xylella-free» e dall’altro l’emanazione, pochi giorni fa, di una normativa europea che appesantisce ulteriormente gli adempimenti burocratici aziendali: «tutte le piante di Poligala che vengono vendute devono essere accompagnate da un certificato fitosanitario effettuato a campione sul lotto prodotto».
Il più arrabbiato dei relatori al convegno-tavola rotonda d’apertura di Flormart 2018, “Le nuove prospettive nazionali e internazionali del florovivaismo italiano oggi”, ieri alla Fiera di Padova, era Francesco Mati, presidente del Distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, ma intervenuto nell’occasione soprattutto in qualità di responsabile nazionale “florovivaismo” di Confagricoltura. Nelle sue parole, sia durante la tavola rotonda che subito dopo al microfono del cronista di Floraviva, non sono mancate le punte polemiche e in più direzioni.
Sempre a proposito di quello che non è poi così eccessivo definire il caos fitosanitario europeo, visto il paradosso di appesantimenti burocratici senza fine che rendono dura la vita soprattutto alle piccole aziende vivaistiche e che però non riescono a impedire il diffondersi delle fitopatie, Mati ha segnalato il fenomeno speculativo generato dalle campagne comunicative contro le piante dei vivai italiani lanciate quest’anno in Gran Bretagna con la scusa della Xylella trovata in una ormai nota zona della Puglia. Ebbene, ha riferito Mati a Floraviva, «alcuni vivaisti associati mi dicono che le piante che erano destinate ai mercati inglesi vengono comprate con forti sconti (anche del 30%) da società olandesi che poi le vendono in Inghilterra come se non fossero piante italiane. Gli olandesi sono commercianti nati, molto molto bravi in questo, ma a volte anche troppo. Perché in momenti di vacche grasse magari può anche far sorridere, ma in un momento come questo, che non è certamente roseo per il settore florovivaistico, queste cose fanno arrabbiare».
Ma i problemi con cui ha a che fare il vivaismo italiano, per Mati, non riguardano soltanto la concorrenza (più o meno sleale) estera, ma anche «lo scarso ascolto politico». Molti ancora guardano al settore come se si trattasse di attività a fini puramente decorativi: mettere «dei fiorellini sul balcone o qualche pianta in un parco». E invece, come dimostrato da vari studi, fra cui quelli presentati al convegno di Padova dal prof. Francesco Ferrini, presidente della Scuola di Agraria e docente di arboricoltura all’Università di Firenze, i benefici delle piante prodotte dai vivaisti e messe a dimora dagli operatori professionali della filiera del verde, specialmente in ambiente urbano, vanno ben al di là del piano estetico e riguardano la riduzione dell’inquinamento, la mitigazione dei danni dei cambiamenti climatici, il benessere psicofisico e persino certe forme di disagio sociale. E’ anche a causa di una non completa consapevolezza di questi aspetti, afferma Mati, se alcuni politici «snobbano il bonus verde, senza prendere sul serio il fatto che esso è anche una forma di contrasto ad attività lavorative in nero».
Non solo, per Mati un maggiore ascolto della politica potrebbe in parte evitare «le fake news, tipo quelle per cui siccome usiamo i cosiddetti pesticidi, che in realtà sono agrofarmaci con tanto di marchio Cee, allora siamo gli inquinatori dell’ambiente». Anche se, però, in un territorio come quello pistoiese, dove il distretto ornamentale concentra 1500 aziende vivaistiche «se andiamo a vedere le principali cause di mortalità, si nota che si muore soprattutto di infarto per sovrappeso e cattiva alimentazione», non certo per la presenza di veleni, come invece succede in altre zone industriali d’Italia. «Questo non significa dire – puntualizza Mati – che il distretto pistoiese non sia interessato e non stia lavorando a migliorare la sostenibilità ambientale dei vivai di produzione, tutt’altro».
Infine, una maggiore attenzione da parte del livello politico consentirebbe di evitare, a parere del responsabile florovivaismo di Confagricoltura, di avere per anni un piano di settore dove sono indicate molte delle azioni da intraprendere, ad esempio a proposito del verde urbano, «ma il piano poi resta nel cassetto» (cioè non viene finanziato se non in minima parte, ndr). «Ogni giorno – conclude Mati – cade un albero su un’auto o una persona. E questo succede perché da noi la gran parte delle alberature risalgono ai primi del ‘900, mentre in molti altri paesi europei la sostituzione degli alberi è molto più frequente».
Lorenzo Sandiford