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Agrinsieme si amplia con l’ingresso di Copagri: ora sei sigle per oltre metà della PLV agricola nazionale. Dino Scanavino, già presidente Cia, succede a Mario Guidi alla guida del coordinamento.

Cambio al vertice per Agrinsieme. Dino Scanavino, già presidente nazionale della Cia-Agricoltori Italiani dal 2014 al 2022, è stato nominato oggi nuovo coordinatore del soggetto interassociativo, succedendo a Mario Guidi. La nomina è stata ufficializzata durante una conferenza stampa a Roma, occasione in cui è stata annunciata anche l’adesione di Copagri al Coordinamento.

“Oggi ho ufficialmente assunto il coordinamento di Agrinsieme e, nel corso della conferenza stampa, abbiamo annunciato l'ingresso di Copagri – ha dichiarato Scanavino –. Salgono così a sei le organizzazioni professionali e le centrali cooperative che compongono Agrinsieme. Insieme rappresentiamo oltre il 50% del valore della produzione agricola nazionale e il 40% dell’agroalimentare italiano. A ottobre, ad Expo, organizzeremo la seconda Conferenza Agrinsieme”. Con l’ingresso di Copagri, il Coordinamento – che già riunisce Cia, Confagricoltura, Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop Agroalimentare – rafforza il proprio peso rappresentativo nel panorama agricolo nazionale ed europeo.

Il presidente di Copagri, Franco Verrascina, ha definito l’ingresso “un passo avanti sostanziale nella storia dell’agricoltura italiana”, reso possibile da una recente revisione statutaria interna, e motivato dalla richiesta di unità che proviene dalle imprese. Positivo il commento di Mario Guidi, che ha sottolineato la capacità inclusiva di Agrinsieme, e di Giorgio Mercuri (Alleanza Cooperative Agroalimentari), che ha ribadito l’importanza di destinare le risorse dei Psr a innovazione e internazionalizzazione.

Confermata anche l’organizzazione, in autunno a Expo, della seconda Conferenza economica di Agrinsieme: sarà l’occasione per rilanciare una visione condivisa sulle grandi sfide del settore primario, dalla semplificazione al credito, dal ricambio generazionale alla sostenibilità, fino alla riforma della PAC. 

La redazione di Floraviva rivolge al nuovo coordinatore Dino Scanavino i migliori auguri di buon lavoro, in un momento cruciale per l’agricoltura italiana.

Andrea Vitali

Scadono il 10 giugno le iscrizioni per la study visit tra Cortale, San Floro e Girifalco, per conoscere la rinascita della tradizione serica calabrese come motore di sviluppo territoriale

Sono aperte fino al 10 giugno le iscrizioni per partecipare alla study visit Il "nuovo triangolo della seta": Cortale, San Floro, Girifalco, che si svolgerà dal 28 al 30 luglio 2025 in Calabria, nel territorio del GAL Serre Calabresi. L’iniziativa, promossa nell’ambito del Living Lab “Costruzione dell’itinerario della seta europea”, si rivolge a tecnici e rappresentanti di GAL italiani ed europei interessati a scoprire come le comunità locali abbiano saputo recuperare, tutelare e valorizzare l’antica tradizione serica calabrese, trasformandola in leva di attrattività turistica e sviluppo economico, pur in un contesto con infrastrutture limitate.

La visita rappresenta un’occasione formativa per approfondire modelli virtuosi di valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale legato alla seta. Il programma sarà attivato con un minimo di 15 e un massimo di 25 partecipanti, provenienti da GAL già aderenti al living lab e da altri territori con tracce significative della filiera serica.

Le adesioni si raccolgono online compilando il form disponibile a questo link: https://forms.gle/qmbazXeY135NDww96.

Per ulteriori informazioni è possibile contattare Silvia Cappellozza (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) e Gabriella Ricciardi (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Approfondimenti sul progetto Living Lab sono disponibili sul sito del GAL Serre Calabresi: https://www.galserrecalabresi.it/i-comuni/cortale/.

Redazione

alberi monumentali

Tra i 95 nuovi iscritti spiccano il doppio filare di 163 robinie a Castelnuovo Don Bosco, il noce del Caucaso di Campiglione Fenile, l’abete bianco di Paularo e l’ippocastano di Prepotto.

Con l’ottavo aggiornamento dell’Elenco ufficiale, pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf), gli Alberi Monumentali d’Italia raggiungono quota 4.749 esemplari. Un patrimonio verde che comprende alberi e sistemi omogenei di alberi selezionati per il loro straordinario valore biologico, ecologico, storico e paesaggistico.
Tra i 95 nuovi alberi riconosciuti nel 2025, si segnalano alcuni esemplari di particolare rilievo: il doppio filare di 163 robinie pressoché unico per sviluppo ed integrità, lungo circa 470 metri, nel Comune di Castelnuovo Don Bosco; il noce del Caucaso nel Comune di Campiglione Fenile (TO), con una circonferenza di 195 cm e un’altezza di circa 26 metri, caratterizzato da un ramo che si protende quasi fino a terra davanti a una villa storica; l’abete bianco di Paularo (UD), che con una circonferenza di 332 cm e oltre 53 metri di altezza è l’albero autoctono più alto d’Italia; e l’ippocastano del Comune di Prepotto (UD), situato nel convento dei frati cappuccini, con un’età stimata di circa 150 anni e una circonferenza di 305 cm.
Le specie più numerose presenti nell’Elenco sono la roverella, con 616 esemplari censiti, e il faggio (251). Per distribuzione geografica, il Friuli Venezia Giulia guida con 543 alberi monumentali, seguito da Lombardia (431) e Sardegna (426). A livello comunale spiccano Napoli (53), Caserta (51), Trieste e Priverno (48 ciascuno).
L’aggiornamento è frutto del lavoro congiunto della Direzione generale delle foreste del Masaf, dei servizi forestali regionali e delle amministrazioni locali. L’Elenco completo è disponibile sul sito istituzionale del Masaf.

Redazione

Secondo la Commissione europea i Piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) aggiornati avvicinano l’UE a -55% emissioni e oltre 42,5% rinnovabili, ma restano lacune da colmare in alcuni Stati membri.


L’
Unione Europea sta facendo passi avanti concreti verso gli obiettivi climatici ed energetici al 2030. Secondo la più recente valutazione dei Piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) pubblicata dalla Commissione europea, gli Stati membri hanno significativamente migliorato i loro piani dopo le raccomandazioni ricevute nel dicembre 2023. Non mancano tuttavia alcune lacune: Belgio, Estonia e Polonia devono ancora presentare i PNEC definitivi, mentre per la Slovacchia la valutazione individuale è in corso.

Il quadro che emerge è incoraggiante: l’UE è ora sulla buona strada per ridurre le emissioni nette di gas serra di circa il 54% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, avvicinandosi così all’obiettivo della riduzione del 55% stabilito dalla legge europea sul clima. Parallelamente, si punta a raggiungere una quota di almeno 42,5% di energia rinnovabile.

Nonostante il complesso contesto geopolitico, la valutazione della Commissione conferma che l’Unione mantiene la rotta, continuando a investire nella transizione verso l’energia pulita e nella competitività industriale, con attenzione anche alla dimensione sociale della transizione.

Strategie come il Clean Industrial Deal e l’Affordable Energy Action Plan integreranno i PNEC, contribuendo a mobilitare investimenti nella decarbonizzazione industriale e nello sviluppo di tecnologie pulite, con l’obiettivo di assicurare energia più accessibile e più stabile.

I Piani aggiornati dimostrano anche la volontà politica degli Stati membri di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili importati, rafforzare la sicurezza energetica e sostenere l’integrazione del mercato interno dell’energia. Particolare attenzione è rivolta a sostenere i soggetti più vulnerabili attraverso investimenti mirati e sviluppo delle competenze.

Guardando oltre il 2030, la valutazione della Commissione fornisce una solida base per il percorso europeo verso la neutralità climatica al 2050, con tappe intermedie al 2040. La prossima fase dovrà ora tradurre i piani in azioni concrete, attraverso un’efficace mobilitazione di risorse pubbliche e private.

Andrea Vitali

urea floraviva

Il presidente di Confagricoltura Lombardia Antonio Boselli critica i tempi del piano governativo che vieterebbe l’urea dal 2027 nella Pianura Padana: «Rischio danni gravi alle imprese agricole».

Il divieto dell’uso dell’urea previsto nella bozza del nuovo “Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria” preoccupa profondamente il mondo agricolo padano. A sollevare la questione è Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia, che pur condividendo l’obiettivo ambientale del piano, ritiene che i tempi e i modi della sua attuazione siano inadeguati e pericolosi per la stabilità del settore.

La proposta governativa, ora al vaglio del Consiglio dei Ministri, punta al bando totale dell’urea a partire dal 1° gennaio 2027 in tutte le regioni del bacino padano. Una misura motivata dalla necessità di ridurre le emissioni di ammoniaca, ma che – secondo Boselli – rischia di lasciare gli agricoltori «privi di strumenti indispensabili prima che siano disponibili le dovute alternative». L’urea, concime azotato ampiamente utilizzato, è tuttora ritenuta fondamentale per le coltivazioni della Pianura Padana e la sua eliminazione repentina metterebbe in crisi l’intero comparto agricolo locale.

Le alternative proposte, tra cui fertilizzanti organici come digestati e reflui zootecnici, così come il biochar, non sarebbero ancora in grado di coprire i fabbisogni attuali del settore in termini di efficacia, disponibilità e costi. A tal proposito, Boselli evidenzia che l’adozione di tali prodotti comporterebbe un aggravio di almeno 150 euro per ettaro, mentre l’urea ha già registrato un incremento del 15% nel costo a inizio anno.

Inoltre, il presidente di Confagricoltura Lombardia chiede chiarimenti sull’effettivo impatto ambientale comparato dei fertilizzanti, contestando la presunta maggiore pericolosità dell’urea rispetto ad altri concimi chimici e sottolineando le criticità derivanti dalla Direttiva Nitrati, che limita l’uso di molte alternative organiche.

Boselli conclude auspicando un confronto aperto con il Governo per stabilire una roadmap realistica, sostenuta da incentivi concreti e misure di compensazione economica chiare, in modo da consentire una transizione graduale e sostenibile per le imprese agricole verso pratiche sempre più green.

Redazione