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urea floraviva

Il presidente di Confagricoltura Lombardia Antonio Boselli critica i tempi del piano governativo che vieterebbe l’urea dal 2027 nella Pianura Padana: «Rischio danni gravi alle imprese agricole».

Il divieto dell’uso dell’urea previsto nella bozza del nuovo “Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria” preoccupa profondamente il mondo agricolo padano. A sollevare la questione è Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia, che pur condividendo l’obiettivo ambientale del piano, ritiene che i tempi e i modi della sua attuazione siano inadeguati e pericolosi per la stabilità del settore.

La proposta governativa, ora al vaglio del Consiglio dei Ministri, punta al bando totale dell’urea a partire dal 1° gennaio 2027 in tutte le regioni del bacino padano. Una misura motivata dalla necessità di ridurre le emissioni di ammoniaca, ma che – secondo Boselli – rischia di lasciare gli agricoltori «privi di strumenti indispensabili prima che siano disponibili le dovute alternative». L’urea, concime azotato ampiamente utilizzato, è tuttora ritenuta fondamentale per le coltivazioni della Pianura Padana e la sua eliminazione repentina metterebbe in crisi l’intero comparto agricolo locale.

Le alternative proposte, tra cui fertilizzanti organici come digestati e reflui zootecnici, così come il biochar, non sarebbero ancora in grado di coprire i fabbisogni attuali del settore in termini di efficacia, disponibilità e costi. A tal proposito, Boselli evidenzia che l’adozione di tali prodotti comporterebbe un aggravio di almeno 150 euro per ettaro, mentre l’urea ha già registrato un incremento del 15% nel costo a inizio anno.

Inoltre, il presidente di Confagricoltura Lombardia chiede chiarimenti sull’effettivo impatto ambientale comparato dei fertilizzanti, contestando la presunta maggiore pericolosità dell’urea rispetto ad altri concimi chimici e sottolineando le criticità derivanti dalla Direttiva Nitrati, che limita l’uso di molte alternative organiche.

Boselli conclude auspicando un confronto aperto con il Governo per stabilire una roadmap realistica, sostenuta da incentivi concreti e misure di compensazione economica chiare, in modo da consentire una transizione graduale e sostenibile per le imprese agricole verso pratiche sempre più green.

Redazione

 
 
contratti a termine

Dubbi sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto europeo: attesa una pronuncia che potrebbe cambiare le tutele per il lavoro agricolo stagionale.

Con l’ordinanza n. 12572/2025 del 12 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha sollevato una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla compatibilità della normativa italiana in materia di lavoro agricolo a termine con il diritto comunitario. La vicenda prende spunto da due operai agricoli, impiegati per anni nella stessa azienda con numerosi contratti a tempo determinato per le medesime mansioni, la cui richiesta di trasformazione del rapporto in tempo indeterminato è stata respinta in appello, sulla base delle previsioni del CCNL agricolo.

Il contratto collettivo nazionale prevede infatti che il lavoratore agricolo possa chiedere la trasformazione del contratto solo al superamento delle 180 giornate effettive di lavoro in 12 mesi, da esercitare entro sei mesi. Tuttavia, la Cassazione ha sollevato dubbi sull’efficacia di tale strumento rispetto alla clausola 5 dell’accordo quadro europeo allegato alla direttiva 1999/70/CE, che impone agli Stati membri misure idonee a prevenire abusi nei contratti a termine.

I giudici italiani chiedono alla Corte di Giustizia se questa esclusione dalla normativa generale sui contratti a termine e la tutela affidata unicamente alla contrattazione collettiva possano considerarsi conformi al diritto europeo, soprattutto in un comparto ad alta incidenza di stagionalità come quello agricolo.

Il rinvio alla Corte UE pone in evidenza un nodo strutturale del lavoro agricolo in Italia: l’equilibrio tra la flessibilità necessaria alle imprese per rispondere ai cicli produttivi e la tutela effettiva dei lavoratori. La decisione attesa da Lussemburgo potrebbe ridefinire il quadro normativo per l’impiego a termine in agricoltura, settore strategico e al contempo tra i più esposti a dinamiche occupazionali precarie.

Redazione

 

stop fossile start rinnovabile

Lo denunciano i giovani di Legambinete dall’Oasi dunale campana un messaggio forte contro la crisi climatica e per una transizione energetica giusta. Sono 110 gli eventi estremi in Italia nei primi 5 mesi del 2025.

l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, che nel weekend ha promosso la settima edizione dello Youth Climate Meeting presso l’Oasi Dunale di Paestum (SA). Qui oltre 300 giovani attivisti hanno formato una catena umana sulla spiaggia per lanciare un appello: “Per contrastare la crisi climatica, ridurre le bollette e creare nuovi posti di lavoro green, serve una risposta immediata. Stop fossili, Start rinnovabili”.

L’iniziativa è stata accompagnata dall’annuncio di due nuove mobilitazioni: il 14 giugno con lo slogan #StopFossiliStartRinnovabili in diverse località italiane, e il 15 novembre a Roma con il Climate Pride durante la COP30 in Brasile. Obiettivo: spingere le istituzioni nazionali e regionali ad accelerare sulla transizione ecologica, rimuovendo ostacoli normativi e promuovendo l’innovazione e la pianificazione energetica partecipata.

Durante i quattro giorni di evento, oltre 350 giovani e decine di associazioni hanno animato oltre 20 appuntamenti su temi come giustizia climatica, ecoansia, migrazioni, attivismo, transizione alimentare, pace e conflitti. “Per i giovani – ha dichiarato il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani – la transizione energetica è chiave per autonomia, sviluppo e diritti. Ora tocca alla politica agire”. Anche Mattia Lolli, responsabile volontariato, ha sottolineato l’importanza delle mobilitazioni giovanili in un anno cruciale per il futuro climatico dell’Europa.

Redazione



Firmato a Roma il protocollo tra CREA e Re.N.Is.A, alla presenza del ministro Lollobrigida: “Ricerca e giovani per il futuro dell’agricoltura”. Rocchi (CREA): “Hub ponte tra scuola, ricerca e impresa”

ROMA – Un accordo per un’agricoltura sempre più giovane, innovativa e sostenibile: è quanto siglato il 20 maggio tra il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) e Re.N.Is.A. (Rete Nazionale degli Istituti Agrari), in occasione dell’inaugurazione del primo “Agrifood Innovation Hub” presso la sede centrale del CREA a Roma, alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Il nuovo protocollo punta a rafforzare la sinergia tra il mondo della ricerca e quello dell’istruzione agraria, coinvolgendo direttamente oltre 280 istituti tecnici e professionali italiani in percorsi di formazione e innovazione applicata. Gli “hub” che nasceranno nelle sedi CREA saranno spazi operativi per attività pratiche, sperimentazioni, partecipazione a bandi, incontri e percorsi educativi mirati, a stretto contatto con i ricercatori.

“Mettere a sistema competenze, innovazione e formazione è fondamentale per sostenere i nostri giovani in questo settore strategico – ha dichiarato il ministro Lollobrigida – Ricerca, tradizione e sviluppo locale passano dal ricambio generazionale e da politiche di reddito efficaci”.

La presidente di Re.N.Is.A., Patrizia Marini, ha parlato di “giornata storica per gli istituti agrari italiani”, mentre il presidente del CREA Andrea Rocchi ha sottolineato come “investire sui giovani significhi costruire il futuro dell’agricoltura, coniugando sapere, saper fare e far sapere in un ecosistema formativo che lega scuola, ricerca e impresa”.

Un’iniziativa strategica che intercetta le sfide del cambiamento climatico, della digitalizzazione e della sostenibilità, valorizzando le competenze tecniche e scientifiche delle nuove generazioni in un settore chiave per l’economia e l’ambiente del Paese.

Redazione

 
 

Dal 1° luglio 2025 scattano i dazi aggiuntivi decisi da Bruxelles. Copa Cogeca commenta: senza alternative per gli agricoltori, si mina la sostenibilità del settore agricolo europeo.

Con il voto del Parlamento europeo, è stata approvata in via definitiva la proposta della Commissione UE che introduce dazi aggiuntivi sulle importazioni di fertilizzanti da Russia e Bielorussia, con applicazione a partire dal 1° luglio 2025. La misura, che mira a rafforzare le sanzioni economiche nel contesto geopolitico attuale, ha però sollevato forti critiche da parte del Copa e della Cogeca, le due principali organizzazioni rappresentative degli agricoltori e delle cooperative agricole europee.

Pur riconoscendo la legittimità degli obiettivi di politica estera, Copa e Cogeca denunciano la totale assenza di una valutazione d’impatto e l’assenza di strategie di approvvigionamento alternative, elementi che rendono la misura un potenziale fattore di squilibrio per la competitività e la sostenibilità delle aziende agricole dell’UE.

“Serve una visione strategica – sottolineano – che includa soluzioni di economia circolare, come il ricorso a nutrienti riciclati da digestati e materiali RENURE, e deroghe strutturali alla direttiva nitrati per l’uso di effluenti zootecnici, in modo da ridurre la dipendenza dai fertilizzanti fossili”.

Le organizzazioni agricole europee chiedono inoltre di eliminare le sovrapposizioni normative tra CBAM, direttiva nitrati e limiti sul cadmio, per evitare di penalizzare gli agricoltori più virtuosi. Invocano anche l’abolizione dei dazi su fertilizzanti provenienti da Paesi affidabili e la creazione di uno strumento europeo di gestione del rischio per l’intera filiera dei fertilizzanti, unitamente alla pubblicazione mensile dei prezzi in tutti gli Stati membri.

Per Copa e Cogeca, infine, resta irrisolta la questione di fondo: “Senza una credibile strategia di diversificazione, la proposta rischia di compromettere la sicurezza alimentare e la redditività economica dell’agricoltura europea”.

Andrea Vitali