Un rapporto scioccante del World Wildlife Fund (WWF) ha trovato che il 52% degli animali di tutto il mondo sono scomparsi in 40 anni
La metà degli animali del mondo sono scomparsi dal 1970 a causa di un'incontrollabile espansione umana.
Un rapporto del World Wildlife Fund (WWF) ha scoperto che le popolazioni di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci sono diminuiti in media del 52% negli ultimi 40 anni.
E per le creature d'acqua dolce la situazione è ancora più tetra, con un crollo della popolazione di più di tre quarti rispetto allo stesso periodo.
Quasi l'intero declino è dovuto alle attività umane, attraverso la perdita di habitat, la deforestazione, i cambiamenti climatici, la pesca e la caccia.
Chiunque sia nato nel 1970, o prima, sarebbe vissuto in un mondo brulicante di animali rispetto alla vita di oggi.
In Gran Bretagna, la tortora è diminuita del 95%, mentre foche, rospi, scoiattoli rossi, falene, ghiri, ricci e lepri sono in diminuzione.
Il WWF ha detto che la relazione è stata una 'sveglia' e ha esortato la gente a ridurre i consumi.
"E' certamente molto preoccupante", ha dichiarato Mike Barrett, direttore di Scienza e Politica presso il WWF, "E se si svolge al ritmo attuale, si continueranno a perdere ancora più animali.
"La gente in Gran Bretagna ha bisogno di rendersi conto che non sono solo loro che incidono sul proprio paese. L'impronta delle società occidentali è visibile in ogni altra parte del mondo.
"Ma noi non siamo disperati, perché siamo in grado di dire perché stiamo perdendo questi animali; stiamo assistendo a una perdita dei loro habitat. Sappiamo qual'è il problema e siamo perfettamente in grado di sistemarlo.
"Abbiamo bisogno di un accordo politico globale sul clima e di politiche che tengano conto del capitale naturale. E dobbiamo cominciare a pensare ai nostri consumi."
Living PlanetReport del WWF ha esaminato 10.380 popolazioni di 3.038 specie di tutto il mondo.
La situazione è peggiore nei paesi a basso reddito, dove le popolazioni della fauna selvatica sono diminuite del 58% in media tra il 1970 e il 2010. L'America Latina ha il più grande declino, con l'83% degli animali persi in 40 anni.
Esempi di fauna selvatica che soffrono il grave crollo della popolazione includono gli elefanti della foresta in Africa, che si trovano ad affrontare la perdita di habitat e il bracconaggio per l'avorio e potrebbero estinguersi entro la nostra vita, e le tartarughe marine, che hanno visto un 80% di calo nei numeri.
Gli uccelli del Regno Unito sono stati duramente colpiti dal degrado dell'habitat, con i maggiori cali in specie come strillozzi e starne. Tuttavia ci sono notizie migliori per il nibbio reale e lontre, che hanno aumentano la loro popolazione grazie agli sforzi di conservazione, dicono gli esperti.
Il Living PlanetReport ha anche avvertito che le attività umana stanno superando le risorse che la Terra può fornire: deforestazione fuori controllo, pesca eccessiva, aumento dell'emizzione di anidride carbonica rispetto a quella che il pianeta può assorbire, stanno portando a cambiamenti climatici.
Si stima la Terra dovrebbe essere di 1,5 volte più grande per assorbire i danni causati dall'uomo.
Il professor Ken Norris, direttore scientifico della Zoological Society di Londra, che aggiorna il database delle specie, ha dichiarato: "La perdita di biodiversità e i danni agli ecosistemi stessi che sono essenziali per la nostra esistenza è allarmante.
"Questo danno non è inevitabile, ma è una conseguenza del modo in cui scegliamo di vivere. Sebbene il rapporto mostra che la situazione è critica, c'è ancora speranza. Per proteggere la natura c'è bisogno di un'azione mirata di conservazione, la volontà politica e il sostegno da parte delle imprese.
"Abbiamo bisogno di spiegare al pubblico che quello che fa è la causa diretta di ciò che stiamo vedendo.
"C'è un enorme differenza tra andare al supermercato e mettere il carburante per l'auto e le statistiche globali di cui stiamo parlando qui.."
La relazione invita i consumatori a cambiare le abitudini di shopping e di acquistare solo prodotti sostenibili come il pesce con certificazione Marine StewardshipCouncil (MSC) e legname con certificazione ForestStewardshipCouncil (FSC).
Il WWF consiglia anche l'abbandono dell'auto in favore del trasporto pubblico, l'aumento del riciclaggio e la riduzione del consumo di carne e latticini per ridurre la quantità di terra da disboscare in favore dell'agricoltura.
Sono necessarie anche l'espansione delle aree protette, l'aumento di produzione di energia rinnovabile, la deviazione di investimenti da attività dannose a modelli di consumo più sostenibili - tanto più necessario in quanto la popolazione umana cresce.
David Nussbaum, direttore generale del WWF nel Regno Unito, ha detto: "La scala di distruzione evidenziata in questo rapporto dovrebbe essere un campanello d'allarme per tutti noi.
"Noi tutti, i politici, le imprese e le persone, abbiamo un interesse e una responsabilità, agire per garantire protezione a tutto ciò che per noi ha valore: un futuro sano per le persone e la natura."
Il professor JonathanBaillie, direttore dei programmi di conservazione a ZSL, ha detto che la gente dovrebbe pensare a tutto quello che fa, dal riciclaggio fino a mettere sotto pressione leader politici e industriali, incoraggiare le imprese sostenibili e avvicinare i propri figli alla natura. _________________________________________________________________________________
Ieri l’assessore regionale all’ambiente Anna Rita Bramerini e il presidente di Legambiente Toscana Fausto Ferruzza, hanno dunque premiato i comuni di: Calcinaia, Casciana T.-Lari, Castelfranco di Sotto, Crespina-Lorenzana, Firenze, Manciano, Palaia, Piombino, Reggello, Vicopisano. Lo stesso attestato è stato conferito all’azienda gestore dell’Ato Sud Sei Toscana.
Questo premio è per i 10 comuni virtuosi che si sono distinti per l’acquisto di prodotti realizzati con le plastiche miste delle raccolte differenziate toscane (e riciclate in Toscana). E spiega ancora la Bramerini: «Premi come quello di oggi ci confermano che la strada intrapresa è giusta - ha dichiarato l'assessore regionale all'ambiente e energia Anna Rita Bramerini - Siamo soddisfatti del risultato che abbiamo ottenuto insieme a Revet e ci auguriamo che ciò funzioni da incentivo e da stimolo per tutti i Comuni toscani affinché investano un sempre maggiore impegno nella raccolta differenziata e al contempo nel riciclo effettivo dei materiali. Per questo la Regione è intervenuta con finanziamenti consistenti sia per promuovere le attività sia per supportare la gestione di impianti di trattamento destinati a questo fine. Solo nel 2013 in Toscana sono state selezionate e trattate150.000 tonnellate di multimateriale, cioè vetro, plastiche, acciaio, alluminio, poliaccoppiati come Tetra pak. Numeri significativi ma che ci auguriamo crescano ancora. La scommessa è tripla: ridurre la produzione di rifiuti, aumentare la raccolta differenziata e incentivare le filiere del riciclo, il che apre nuove opportunità di lavoro, un aspetto che ci sta molto a cuore nell'attuale situazione di crescente disoccupazione».
Dieci comuni toscani e un gestore del servizio integrato di gestione dei rifiuti hanno ricevuto oggi l’attestato di ente virtuoso, che Legambiente e Regione Toscana assegnano a chi ha dato un senso alle raccolte differenziate, ri-acquistando nel 2014 prodotti realizzati con il materiale riciclato delle raccolte differenziate toscane.
Dal 2011 infatti una parte dei proventi dell’ecotassa viene destinata dalla Regione Toscana a incentivare gli acquisti verdi ovvero i prodotti realizzati in materiale riciclato, in particolare con le plastiche eterogenee (vaschette, retine, shopper, piatti e bicchieri usa e getta…) delle raccolte differenziate regionali, altrimenti e altrove destinate al recupero energetico.
«E’ con piacere che anche quest’anno premiamo i comuni toscani più virtuosi in fatto di Acquisti Verdi e in riciclo della materia – dichiara Fausto Ferruzza, Presidente di Legambiente Toscana – Siamo profondamente convinti, infatti, che solo divulgando le immagini degli elementi di arredo dei nostri spazi pubblici, realizzati con la materia ricavata dal riciclo delle plastiche eterogenee della nostra differenziata, riusciamo a dare un senso e una coerenza a tutta una filiera, che ha e dovrebbe avere sempre di più una dimensione industriale. In questo senso, è stato davvero molto importante il ruolo catalizzatore della Regione Toscana, che ha fortemente e meritoriamente creduto negli incentivi sul GPP».
L’obiettivo del premio è quello di evidenziare che la raccolta differenziata e il riciclo non sono sinonimi: la raccolta differenziata infatti viene valorizzata se poi il materiale viene effettivamente riciclato e se questo materiale riciclato poi si trasforma in prodotti che qualcuno compra. Come nel caso degli arredi urbani acquistati dai comuni di Calcinaia, Firenze, Manciano, Piombino, Reggello, Vicopisano e dal gestore Sei Toscana. E come nel caso delle compostiere acquistate e distribuite ai propri cittadini dai comuni di Casciana Terme-Lari, Castelfranco di Sotto, Crespina-Lorenzana, Palaia.
«Il nuovo piano industriale di Revet è orientato al massimo riciclaggio diei materiali raccolti– ha detto il presidente di Revet Valerio Caramassi - e se per i metalli, i poliaccoppiati e il vetro il riciclo è sempre stato garantito, così come per le frazioni nobili delle plastiche (il PET delle bottiglie di acqua, l'HDPE dei flaconi dei prodotti igienizzanti), sono invece determinanti gli sforzi di ricerca e industriali fatti recentemente da Revet per arrivare ai Ri-prodotti in Toscana, che sono i nuovi manufatti o parti di prodotti realizzati dai partner Revet partendo dalle plastiche eterogenee, la frazione più difficile da riciclare, che infatti altrove continua ad essere destinata a recupero energetico o a smaltimento. Ringraziamo la Regione perché unica in Italia ha predisposto un sistema di incentivazione – ha concluso Caramassi – per far decollare la filiera del riciclo anche nei settori critici: con il riciclo è necessario operare in modo simile a come si è operato per le rinnovabili».
L’amministratore delegato di Quadrifoglio Livio Giannotti ha ricordato che le cinque aziende dell’ATO Toscana Centro (AER, ASM, CIS, Publiambiente e Quadrifoglio) nei primi 8 mesi dell’anno hanno inviato agli impianti di selezione e riciclo di Revet 16.966 tonnellate di imballaggi in plastica, con capofila Quadrifoglio che ha avviato agli impianti di Pontedera oltre 7800 tonnellate di imballaggi costituiti da polimeri riciclabili. «Il premio di oggi – ha detto Giannotti - che ha visto tra i protagonisti una città complessa come Firenze, deve stimolare tutte le amministrazioni del nostro ATO a fare di più nella pratica degli “acquisti verdi”, in questo caso con manufatti provenienti dai processi di selezione e riciclo delle plastiche eterogenee. Come gestori il nostro impegno è facilitare ai cittadini le operazioni di conferimento dei loro rifiuti differenziati e farlo ad un costo di servizio - e quindi di tariffa finale - che sia sostenibile, omogeneo, confrontabile».
Al Climate Summit del 23 Settembre, organizzatodalleNazioni Unite, Peter Kendall PresidenteWFOdetta le lineeguida per ilfuturodell’agricoltura e dellacoltivazionedainserire in un progettodisviluppochecoinvolgasistemaalimentare e lottaallapovertà
Al Climate Summit, tenutosiil 23 settembre e coordinatodalleNazioni Unite (United Nations) nellafigura del segretarioGenerale Ban Ki-moon, Peter Kendall, Presidentedell’OrganizzazioneMondialedegliAgricoltori (WFO), ha unitopiùdi 120 CapidiStato e Governonellacreazionediunavolontàpoliticageneralechepassidaicoltivatori e dall’agricoltura in un accordouniversale e significativosulclimanel 2015. L’azionedovràdunqueesserediretta verso la riduzionedelleemissioninell’atmosfera in mododalimitarel’impatto del cambiamentoclimaticosullecomunitàagricole. “I coltivatorisononella prima lineadell’agenda del cambiamentoclimatico. I coltivatori non sonosoltantodirettamenteinteressatidall’impatto del cambiamentoclimatico, ma sonoanchevitalinell’implementare le soluzionidicuiabbiamobisogno per adattamento e mitigazione. I coltivatori, specialmente le donne, hannoun’interazionequotidiana con l’ambiente. Questicoltivatorisono la chiaveguidanellosviluppodellepratichediagricolturasostenibilecheprovvedono al cibo e aimaterialirinnovabili per supportare i mezzidisussistenza. Noidobbiamoriposizionare i coltivatori al centro del settoreagricolo per diventaremaggiormenteflessibili verso i rischiclimatici”, così ha chiarito Peter Kendall. Insomma, i coltivatorirappresentanooggidegliattoriindipendentiallaguida del sistemaalimentare, mantenendoattive le comunitàrurali e proteggendo le risorsenaturalimondiali. Un forte settoreagricoloèormaiindispensabile per garantireunarispostaconcretaall’aumentodipopolazione, continuando a garantire lo sviluppodellaqualitànellecomunitàrurali. Proprio per questomotivo Peter Kendall ha denunciato la scarsaconsiderazioneriservataaicoltivatoriall’internodeidialoghipoliticiglobali: “Agricoltura, clima, sicurezza del cibo, e riduzionedellapovertàsonointrinsecamenteconnesse. I coltivatori, soprattuttonellosviluppodeipaesi, necessitano del supportodeicentridiricerca per diventaremaggiormenteflessibilinell’adattamento al cambiamentoclimatico, e nelgarantiresemprepiù la resadellecolture. […] La comunitàdeicoltivatoriWFOconfidanell’innovazionequale base per lo sviluppo. Senzaricerca e innovazione, i coltivatori non potrebberopiùprodurrecampicoltivati o cibodialtaqualità, o rafforzare lo sviluppofuturonelmondodellacoltivazione per giovaniuomini e donne.” Un approccioinnovativochepossaindirizzarel’agricoltura verso un maggioradattamento al cambiamentoclimaticoèallorarappresentatoda Climate-Smart Agricolture: praticheagricolebasatesull’usodienergierinnovabili, al serviziodi tutti i coltivatori e agricoltori, dallepiccoleallegrandiproduzioni.
Valutaretutte le misureche le istituzionimettono in campo in casodicalamità, per evitareincertezza e diversitàditrattamentoneisingolicasi: èquesto in sintesiilcontenutodellaletteracheilpresidentedellaRegioneEnrico Rossi ha inviatooggi al presidente del ConsiglioMatteoRenzi.
Nelsuomessaggio Rossi auspicacheilgovernoapprovi la richiestadiriconoscimentodellostatodiemergenzanazionaleavanzatadallaToscana per l'eventometeorologicoassolutamenteeccezionaleche ha colpitoneigiorniscorsiFirenze e ilsuoterritorio (la dichiarazionediemergenzaregionaleèstatagiàapprovatail 22 settembre) edavanzaalcunepropostedicaratterepiùgenerale.
"L'evento del 19 e 20 settembre - scrive Rossi - ripropone con urgenza la necessità di valutare le misure che le istituzioni sono in grado di attivare a seguito di un evento calamitoso, sia per ripristinare gli edifici o infrastrutture pubbliche, sia per dare una risposta alla collettività colpita dall'evento. Gli attuali strumenti normativi non consentono infatti se non interventi minimali e necessitano pertanto di un adeguamento reso ancora più urgente dall'attuale contesto economico-finanziario che grava su cittadini ed amministrazioni. Sulla base delle esperienze che come Toscana abbiamo già avuto modo di sperimentare in contesti emergenziali pregressi, sottopongo ad una tua valutazione alcune proposte che consentirebbero, ove inserite nel contesto normativo attuale, di migliorare la complessiva risposta del "sistema di protezione civile" così valido ed apprezzato durante la fase del soccorso, ma sicuramente non del tutto soddisfacente nelle successive fasi di ricostruzione e ripristino". "In primo luogo sottopongo alla tua attenzione la situazione creatasi a seguito delle modifiche da ultimo apportate alla legge di protezione civile (L. 225/1992). L'attuale quadro normativo assegna al commissario delegato, nominato a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, il compito di effettuare la ricognizione del fabbisogno per il patrimonio pubblico, privato e delle attività produttive (escluse quelle agricole): tale fabbisogno viene trasmesso al Dipartimento Protezione Civile; eventuali risorse per il ripristino del patrimonio pubblico e privato, - al di fuori di quelle assai limitate finalizzate a coprire le prime spese di soccorso e di somma urgenza, che vengono stanziate a seguito della deliberazione dello stato di emergenza - possono essere assegnate solo con specifica legge statale successiva alla ricognizione del commissario. Per queste attività quindi, il commissario può finanziare interventi solo in un secondo momento rispetto al verificarsi dell'emergenza, sulla base di apposita legge e con l'assegnazione di specifiche ulteriori risorse".
"Tale quadro normativo evidenzia alcune carenze importanti: 1) il ripristino delle strutture/infrastrutture pubbliche danneggiate; 2) il sostegno ai cittadini per i danni subiti a seguito dell'evento. Per quanto riguarda il primo aspetto, si tratterebbe di ampliare l'ambito di operatività del commissario delegato, accompagnandolo da un adeguato stanziamento finanziario per la realizzazione degli interventi di ripristino del patrimonio pubblico (edifici e infrastrutture). A tal fine sarebbe necessaria la creazione di un fondo dedicato nel bilancio statale, con una disponibilità che viene determinata di anno in anno. Per quanto riguarda invece i privati e le attività produttive, occorre fare una valutazione più ampia. Il sistema attuale di ricognizione del fabbisogno e di eventuale successiva assegnazione di risorse, ha una prima criticità evidente: la realizzazione estremamente dilatata nel tempo. Ciò ovviamente impedisce di concretizzare un intervento a sostegno del privato o dell'impresa che sia di effettiva utilità per il danneggiato, che si vede costretto ad attivarsi autonomamente per ripristinare il danno alla propria abitazione o impresa, senza avere certezze sui tempi e le modalità del contributo statale". "La seconda criticità è conseguenza diretta del meccanismo stesso della contribuzione di protezione civile: i contributi sono erogabili solo su rendicontazione delle spese sostenute e questo costringe il privato ad anticipare in proprio. Ciò finisce per scoraggiare i cittadini più danneggiati, che sono di solito anche i meno abbienti, impedendo loro di poter usufruire di un contributo soltanto per mancanza di capacità di spesa. La terza e non meno importante criticità è data proprio dalla già accennata ipoteticità del contributo: a fronte della ricognizione del fabbisogno come effettuata dal Commissario delegato, non ci sono certezze sulla successiva assegnazione di risorse per attivare le procedure di contributo". "Sulla base di questi elementi, oltre che del mutato quadro delle risorse pubbliche disponibili, sarebbe certamente più efficace per il cittadino un meccanismo predefinito e certo negli importi e nei tempi, quale quello che potrebbe essere realizzato mediante la sottoscrizione di polizze assicurative obbligatorie per coloro che hanno l'abitazione o l'impresa in una zona ad elevato rischio, idrogeologico o sismico. Argomento questo già dibattuto in passato e poi accantonato. Per agevolare il cittadino che deve affrontare la spesa della copertura assicurativa obbligatoria dovrebbe essere prevista la deducibilità/detraibilità a livello fiscale in percentuali diversificate a seconda del livello di rischio del territorio di residenza, in modo da coinvolgere anche coloro che non hanno l'abitazione o l'impresa in una zona a rischio".
"In ultimo pongo alla tua attenzione una considerazione di carattere generale, legata all'incidenza delle risorse occorrenti per gli interventi a seguito di calamità naturali rispetto ai limiti derivanti dal Patto di Stabilità. Ove si accettasse una più ampia idea di intervento di protezione civile, comprendente non solo il soccorso e la somma urgenza, ma anche il ripristino e la mitigazione del rischio, occorrerebbe modificare l'attuale normativa in materia di Patto di stabilità per poter impiegare nel modo migliore le risorse assegnate e garantirne l'immediata spendibilità. In sintesi, tutte le risorse, e non solo quelle statali, dovrebbero essere oggetto di esclusione dal Patto sia per gli enti locali che per le regioni. Solo in tal modo - conclude il presidente Rossi - si potrebbe assicurare una maggiore capacità di spesa da parte degli enti regionali e locali così da garantire che i fondi assegnati siano effettivamente spesi nei programmi di ripristino infrastrutturale e di difesa del suolo".
All’aperturadellakermessesulmondoruraletoscanoalleCascinediFirenze, promossadallaRegionepensandoquest’annoancheall’Expo 2015, ilpresidente Rossi e l’assessoreall’agricolturaSalvadorihannosostenuto la centralitàdi un modellodiagricolturacapacedicresceresenzadanneggiarel’ambiente e Rossi ha ricordatol’esplosione del numerodeigiovanichestudianomaterieagrarie. Sul piano del paesaggio, Salvadorisposa “le sceltedelleimpreseagricole, perchéfattenelrispettoassolutodelleleggi e ditutta la tutelaambientale”, mentre Rossi ha ribadito la necessità del piano in relazioneancheagliindirizzi e finanziamentidellaUe e ha ribattutoalle caricature circolateneigiorniscorsi, ma sièdimostratoapertoallemodifichepropostedagliagricoltori (a differenzadicerterichiesteprovenientidalle cave dimarmo).
Sotto ilsegnodello slogan “coltivare la memoria, nutrireilfuturo”sièapertaoggi a Firenze, nelparcodelleCascine, la quartaedizionedi Expo RuraleToscana. Unagrandemanifestazioneche per quattrogiorni, daoggi a domenica, trasforma le Cascine in unospaccato del mondoruraletoscano, quellacampagnacheciètantoinvidiata in tuttoilmondo. Non solo per la bellezza del paesaggio, ma anche per lo stile di vita ad essaassociato: il“buonvivere”, con al centroilbuonmangiare e ilbuonberechesonoilfruttodifiliereagroalimentaribasatesullaqualità, a cui la RegioneToscana ha affidatoilruoloditrattoidentitarioregionaleall’Expo 2015 di Milano.
Nelle quattro giornate il parco sarà teatro di animazioni dal vivo, di esposizioni e vendite di prodotti locali, di aree dedicate a Dop e Igp, corsi, degustazioni, laboratori e incontri. Su 65mila metri quadrati di superficie, agricoltori, allevatori, vignaioli, pescatori, artigiani, cuochi e tutti gli amanti della campagna saranno i protagonisti. Dieci le filiere rappresentate: vitivinicoltura, olivicoltura, cerealicoltura, florovivaismo, zootecnia, caccia, pesca e acquacoltura, foresta e legno, multifunzionalità, volti e tradizioni. Per un totale di 170 laboratori, 65 degustazioni, 104 tra seminari, lezioni e conferenze, 85 esibizioni e spettacoli. Gli espositori sono 230, dei quali 160 produttori del mercato contadino.
«Questa è una bellissima occasione – ha dichiarato l’assessore all’agricoltura Gianni Salvadori aprendo la manifestazione - non solo perché siamo alla quarta edizione di Expo Rurale e la ruralità torna protagonista in questo splendido parco di Firenze, ma perché da qui vogliamo lanciare un messaggio forte: che l'agricoltura è un nuovo motore di crescita, di sviluppo sostenibile», in grado di tener conto «dell’ambiente, del paesaggio e di tutto quanto consente di continuare a portare la Toscana nel mondo».
«Vogliamo – ha proseguito Salvadori - continuare a portare la Toscana nel mondo, vogliamo lanciare un nuovo umanesimo, che parla di rispetto, della natura ma anche della persona umana, con l'esercizio della responsabilità che gli agricoltori praticano in maniera diretta. L'agricoltura non è più marginale – ha ribadito – lo è stata per molto tempo, ma oggi non lo è più, sia come conseguenza della crisi, sia per la consapevolezza che nel mondo ci saranno 9 miliardi di persone da sfamare».
Sollecitato sui rapporti fra turismo sostenibile e agricoltura, Salvadori ha sottolineato che «oltre il 30 per cento dei visitatori vengono in Toscana per ragioni enogastronomiche, altri vengono per visitare i luoghi bellissimi che abbiamo: noi dobbiamo avere la forza di lanciare questa idea del buon vivere, che somma una pluralità di fattori (e ne parleremo in funzione di Expo 2015) che vedono sempre l’agricoltura al centro; ma insieme ai beni culturali, alla grande storia che abbiamo, all’ambiente, al paesaggio. Insomma in fondo dobbiamo lanciare un’idea di felicità. La Toscana può essere attraente anche per questo».
E a domanda dei giornalisti sulle polemiche fra agricoltori e assessore alla pianificazione territoriale Anna Marson intorno al suo piano del paesaggio, Salvadori ha detto: «ho risposto il 26 agosto in maniera inequivocabile: l’assessore all’agricoltura sposa in pieno le scelte delle imprese, perché fatte nel rispetto assoluto delle leggi e di tutta la tutela ambientale. Credo che però oggi non sia più l’occasione delle polemiche. La settimana prossima, come è stato annunciato, faremo un incontro e io lavorerò per risolvere, come sempre, le questioni. Per il bene della Toscana, non di un assessore o dell’altro. Noi alla fine dobbiamo avere in mente una sola cosa: crescita, sviluppo e bene della Toscana o delle Toscane, perché se non facciamo questo la politica non svolge bene il proprio mestiere».
E quali sono i punti del piano del paesaggio che gli agricoltori riusciranno a cambiare? «Ne parleranno i rappresentanti del mondo agricolo, più che gli assessori. Poi chiaramente diremo la nostra, ma sarà il mondo agricolo a dirci quali sono i cambiamenti che sono maturi all’interno del loro dibattito. E su quello discuteremo serenamente e tenteremo di fare le sintesi politiche adeguatamente».
Sulla stessa linea d’onda il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, che ha esordito sottolineando che «l’agricoltura è per la Regione Toscana un settore fondamentale» e dicendosi fiducioso sulla partecipazione all’Expo 2015: «Io credo che siamo pronti. C’è stato un grosso lavoro da parte dell’assessorato, delle associazioni di categoria e delle camere di commercio. Come ha detto anche il sindaco di Firenze Nardella, il problema è andare a Milano per riportare poi persone in Toscana. Non solo per venire a visitarci, ma anche per verificare cosa è dal vivo la capacità di questa regione di conciliare agricoltura, paesaggio, buon vivere, buona alimentazione, qualità dei prodotti e lavoro».
Enrico Rossi ha poi dichiarato che «la cifra vera dell’Expo di quest’anno è rappresentata da una notizia bellissima per il futuro della regione, alla quale abbiamo lavorato anche noi con i bandi per i giovani e con la banca della terra: c’è un’esplosione della domanda di formazione da parte dei giovani nel settore agricoltura, sia di carattere universitario che negli istituti tecnici. Noi abbiamo il compito, il dovere, morale prima ancora che politico ed economico, di garantire a questi giovani di diventare imprenditori agricoli per il bene della Regione Toscana, perché abbiano un lavoro, perché possano produrre ricchezza e coltivare l’identità di questa regione che nasce dal lavoro agricolo».
Riguardo invece alla querelle sul piano del paesaggio e all’imminente incontro con gli agricoltori, Rossi si è dilungato con più dovizia di spiegazioni: «facciamo un incontro e l’esposizione del piano del paesaggio apposta perché si facciano le osservazioni, noi pensiamo che non sarà difficile trovare un punto di incontro seduti insieme. Poi comunque è giusto far sapere che i compiti di regolazione spettano alla Regione e che i finanziamenti a livello europeo sono aumentati, e ne abbiamo portati a casa anche in funzione della tutela del paesaggio e della riduzione dei cambiamenti climatici. Ma non sarà di questo che litigheremo. Per altre vicende, però, siamo intenzionati anche a tenere un po’ il punto. Penso alle Apuane, dove il taglio delle creste e delle vette secondo noi non deve esser fatto perché c’è la legge Galasso».
A ulteriore domanda di un giornalista, Rossi ha risposto che non è vero che il piano sia di 3 mila pagine. «C’è una prima parte – ha spiegato - che traduce i vincoli ministeriali e quindi chiarisce ad esempio le edizioni letterarie con cui D’Annunzio quando vide la pineta di Viareggio scrisse la poesia “La pioggia del pineto” e poi con una lettera al ministero vincolarono la tenuta della pineta di Viareggio. E così tante altre situazioni. Questo rappresenta il 17% del territorio della Toscana, che nel rapporto con il ministero è stato chiarito, perimetrato e tradotto da un linguaggio poetico in un linguaggio tecnico che toglie discrezionalità alle sovrintendenze e dà certezze agli operatori su qualcosa come il 17% del territorio della Toscana, che non è poco».
«Poi – ha continuato Rossi - c’è l’applicazione della legge Galasso, è il secondo capitolo, che riguarda i boschi con il vincolo, che noi abbiamo ridotto sia riutilizzando le vecchie aree protette della legge Bartolini e sia adesso stabilendo di ritornare alla perimetrazione dei boschi precedente all’abbandono dell’agricoltura, dando la possibilità di riutilizzare 250 mila ettari del territorio toscano (che è tanta roba) che sono invasi da arbusteti e che potranno, se si vorrà, tornare all’agricoltura. Poi c’è una terza parte che riguarda l’analisi dei 20 bacini, non è una parte ordinativa, è una parte fatta di indirizzi. Su questa si sono appuntate alcune critiche, noi siamo ben disposti a rivederle. E così, se ci sono anche obiezioni o proposte di modifica sulla prima o sulla seconda parte, ben vengano e le discuteremo».
«Quello che non ci può essere chiesto – ha però aggiunto - è di non fare il piano del paesaggio, perché lo si deve fare per legge. Perché poi sapete come succede: il paesaggio va distrutto, poi ci sarà qualcuno che tra un po’ dirà: “eh, non hanno fatto il piano del paesaggio, la politica ecc. ecc.”. Noi pensiamo che in Toscana paesaggio, lavoro e ambiente si debbano tenere insieme perché questa è la nostra forza e la nostra ricchezza. Mi pare che una parte del mondo agricolo sa bene che se noi andiamo ad assomigliare alla Catalogna oppure, se si vuole, anche al Piemonte, i prodotti agricoli perdono il loro valore, la loro verità. Sono tali perché stanno inseriti in un determinato contesto.
Questo non significa che si debba ritornare alla mezzadria. Ecco, siccome io la conosco e sono di provenienza agricola e so di cosa si tratta, non voglio tornare alla mezzadria. Ne parleremo serenamente. Bisogna abbassare i toni. Persino Anna Marson si è dichiarata disponibile a rivedere alcune enunciazioni. Faremo senz’altro una cosa bellissima e unica».
«Un imprenditore di Santa Croce – ha concluso Rossi - mi ha detto così a proposito delle concerie: se non si fosse fatta la battaglia per imporre i depuratori, non ci sarebbe stata quella riqualificazione che consente ora di produrre la pelle più bella, più fine e più delicata e più costosa nel mondo. Allora, la Toscana può competere sulla qualità, lo sanno bene gli imprenditori e penso che se la regione prova a difendere un bellissimo patrimonio paesaggistico come quello che abbiamo finiremo per difendere meglio anche l’agricoltura. Se la nostra agricoltura assomiglia a quella di Montevideo, io temo che alla lunga anche i nostri prodotti perderanno la loro forza. Ciò detto, sono un uomo che ha una formazione politico-amministrativa e si sapranno raggiungere i punti di incontro. Non vogliamo danneggiare assolutamente nessuno. Anzi, come dicevo, ci sono notizie confortanti su questo punto e bisogna preparare una nuova generazione all’ingresso nel lavoro in agricoltura. Questa mi pare la notizia più bella tanti giovani intendono ritornare all’agricoltura in Toscana. E’ una notizia che per chi come me dalla terra viene, dal Padule di Bientina, la zona di bonifica leopoldina, accoglie molto volentieri e rappresenta anche una svolta sulle idee di sviluppo».
Dati sul settore agricolo toscano
Secondo il rapporto Irpet 2013 il sistema rurale della Toscana ha assunto negli ultimi anni un ruolo nuovo: da elemento "residuale" del sistema economico regionale si è trasformato in uno dei motori di sviluppo più solidi. Le risorse vincenti sono state quelle del territorio, sia naturali che professionali, e l'immagine del suo paesaggio costruito con il lavoro dell'uomo, che ha un grande valore sul mercato internazionale.
Sono circa 260 le imprese d'eccellenza nel settore agroalimentare, caratterizzate da un forte processo di espansione pur in periodo di crisi, alle quali si possono aggiungere numerose piccole imprese che stanno intraprendendo percorsi di sviluppo innovativi (per esempio nella filiera corta, nei servizi connessi all'agricoltura ed altro ancora).
Le esportazioni dei prodotti agricoli e agroalimentari toscani nel 2013 hanno superato la soglia dei 2 miliardi di euro, migliorando rispetto al 2012 e facendo incrementare il surplus positivo della bilancia agroalimentare della Toscana (+121 milioni di euro) che in passato segnava regolarmente segno negativo.
Tra i prodotti più affermati troviamo: il vino, con 770 milioni di esportazioni nel 2013, l'olio (543), piante (216), prodotti da forno (141).
Il valore aggiunto del settore primario è rimasto stabile (1.836 milioni di euro a prezzi correnti).
La Toscana ospita un terzo delle presenze agrituristiche italiane, con oltre 3 milioni di presenze di turisti.
Il 5% circa della superficie agricola è interessato da produzioni biologiche, mentre le produzioni con denominazione di origine interessano circa il 10% del totale, con un aumento delle aziende interessate di circa 5.000 unità. Queste aziende rappresentano il 9% delle imprese italiane con denominazione di origine e circa il 20% del totale delle aziende agricole toscane, pari a 14.700 unità.
Attraverso il Programma di Sviluppo Rurale vigente sono state finanziate fino ad oggi circa 15.500 imprese al fine di promuovere processi di ristrutturazione e di miglioramento produttivo e ad oggi sono stati finanziati ben 1157 giovani toscani che si sono insediati per la prima volta in aziende agricole, facendone una scelta di vita.