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La siccità avanza, ma pare che le piante abbiano un nuovo allegato per fare fronte a questa emergenza. I ricercatori giapponesi del Riken Institute hanno pubblicato uno studio sulla rivista Nature Plants che dimostra come le piante possano diventare più tolleranti alla siccità se cresciute a contatto con l’aceto.

La ricerca è stata condotta su Arabidopsis, una pianta usata come organismo modello per le scienze vegetali, con una mutazione in un enzima, l’Hda6. I ricercatori hanno cercato di capire come questa mutazione aiutasse le piante a crescere normalmente in condizioni di grave siccità; in questo modo hanno scoperto che l’applicazione esterna di aceto può aumentare la resistenza non solo in Arabidopsis, ma anche in altre specie vegetali comunemente coltivate quali riso, mais e grano.
L’enzima sopracitato si comporta come un interruttore in grado di attivare una certa via metabolica piuttosto che un’altra: in condizioni normali le piante ricavano energia dalla scissione degli zuccheri, mentre in condizioni di siccità utilizzano l’acetato. In definitiva, un maggiore livello di acetato all’interno dei tessuti vegetali aiuta la pianta a sopravvivere in periodi di scarsità di acqua. 
 
Redazione

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Per Cia, in posizione nettamente opposta a Coldiretti, l'accordo commerciale di libero scambio con il Canada (CETA) è una preziosa opportunità per il sistema agroalimentare Made in Italy. Per l'associazione di categoria si conferma così la volonta di apertura politica, sociale e commerciale a favore di nuovi sbocchi commerciali e maggiori spazi per investimenti.

Cia-Agricoltori Italiani ribadisce la sua posizione, anche nel corso dell'audizione informale nell'ambito dell'esame del disegno di legge n. 2849 (ratifica Accordi UE-Canada partenariato strategico economico e commerciale presso la Commissione Affari esteri del Senato). «L'inclusione nel capitolo relativo alla proprietà intellettuale, del riconoscimento di una lista di indicazioni geografiche, ancorché limitata, rappresenta un principio innovativo, rispetto all'approccio tradizionale del mercato internazionale, che potrà garantire standard di tutela delle produzioni di qualità maggiori rispetto allo status attuale».
Per Cia è inoltre degna di nota la modifica del sistema giudiziario nella risoluzione delle controversie per la protezione degli investimenti. Inoltre, l'accordo conferma ed enfatizza il principio di liberalizzazione del commercio internazionale mediante l'eliminazione reciproca dei dazi doganali su quasi tutte le merci.
«Attualmente - aggiunge Cia - il CETA acquisisce un ulteriore valore poiché conferma la volontà di apertura politica, sociale e commerciale un momento nel quale si registrano sempre più azioni volte a enfatizzare politiche commerciali di stampo protezionistico che certamente non sono di sostegno al comparto agroalimentare italiano ed europeo che necessita di nuovi sbocchi commerciali anche a fronte di una domanda interna che diminuisce e di mercati strategici instabili per ora non accessibili (si veda il caso dell'embargo russo).»
Per Cia l'accordo porta ad una maggiore competitività dell imprese europee sul mercato canadese e a maggiori spazi per gli investimenti. I vantaggi secondo l'associazione sono: più tutele, diritti e opportunità di lavoro in Canada; il mercato canadese dei servizi più aperto alle imprese UE; benefici per i consumatori (OGM, divieto di commercializzare carne bovina trattata con ormoni) e ambiente (impegni reciproci sullo sviluppo sostenibile); maggiore tutela per le produzioni di qualità (sistema delle indicazioni geografiche); 41 prodotti DOP/IGP Made in Italy finalmente protetti dalle imitazioni.
Per Cia dopo oltre venti anni di divieti e sentenze, le denominazioni “Prosciutto di Parma” e “Prosciutto San Daniele” potranno essere utilizzate in Canada; in più, 32.000 tonnellate di formaggi europei saranno esportati in Canada a dazio zero, di cui 16.800 di formaggi ad alta qualità. «Le importazioni di carne canadese dovranno essere limitate nelle quantità e conformi alla regolamentazione UE (non trattate con ormoni). La carne bovina canadese che verrà liberalizzata (gradualmente), vale lo 0,6% dei consumi UE, quella suina lo 0,4%. Il grano canadese (duro e tenero di alta qualità) continueranno, come accade oggi, ad essere importati a dazio zero.
Le importazioni in Europa di mais canadese a dazio zero saranno graduali e raggiungeranno, a regime, 8000 tonnellate annue. Saranno rimosse importanti barriere commerciali che, ad oggi, penalizzano le esportazioni europee di prodotti alcolici e di vini. Saranno ridotte ed eliminate tariffe sulle esportazioni di importanti prodotti agroalimentari europei (prodotti a base di cereali come pasta, e biscotti, preparati di frutta e verdura, ecc..).»
La Cia-Agricoltori italiani da sempre ha espresso una posizione tendenzialmente favorevole ai negoziati bilaterali tra UE e Paesi terzi, laddove il bilanciamento degli interessi difensivi ed offensivi risulti equilibrato e basati su concetti e principi di reciprocità, considerato anche l'evolvere estremamente lento e frammentario della trattativa multilaterale in ambito WTO.
 
Redazione

coldiretti, ceta, europa, canada, floraviva

Coldiretti lancia l'allarme: «Per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele.» 

Coldiretti parla così di un precedente disastroso a livello internazionale in occasione della mobilitazione di migliaia di agricoltori che hanno lasciato le campagne per invadere la Capitale, in Piazza Montecitorio davanti al Parlamento, dove ieri era in corso la discussione per la ratifica del Trattato di libero scambio con il Canada. Un accordo che colpisce anche il formaggio italiano più esportato nel mondo, il Parmigiano Reggiano, che potrà essere liberamente prodotto e commercializzato dal Canada con la traduzione di Parmesan.
L’iniziativa #stopCETA è condivisa con un'inedita ed importante alleanza con altre organizzazioni: Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, che chiedono tutte assieme di fermare un trattato sbagliato e pericoloso per l’Italia.
«La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma - sottolinea la Coldiretti - è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati così a chiedere le stesse concessioni.»
Per denunciare il pericoloso “cavallo di troia” è stato esposto per la prima volta su un banco della Coldiretti il “maxipacco” dono del falso Made in Italy con le imitazioni delle specialità nazionali più prestigiose, dai formaggi ai salumi, realizzate in Canada e che il paese nordamericano sarà di fatto autorizzato a produrre e vendere ai consumatori di tutto il mondo con la ratifica del trattato, sottolinea Coldiretti.
«Casi eclatanti di sfruttamento delle denominazioni per prodotti che nulla hanno a che fare con quelli originali, di cui rappresentano di fatto delle caricature come il Romano che scimmiotta il pecorino romano ma è fatto con latte di mucca invece che con quello di pecora.» Secondo il Dossier della Coldiretti, ben 250 denominazioni di origine (Dop/Igp) italiane riconosciute dall’Unione Europea non godranno di alcuna tutela sul territorio canadese.
Peraltro il trattato dà il via libera all’uso di libere traduzioni dei nomi dei prodotti tricolori (un esempio è il parmesan) mentre per alcuni prodotti (asiago, fontina e gorgonzola) è consentito in Canada l’uso degli stessi termini accompagnato con “genere”, “tipo”, “stile”, e da una indicazione visibile e leggibile dell’origine del prodotto. Ma se sono stati immessi sul mercato prima del 18/10/2013 possono essere addirittura commercializzati senza alcuna indicazione.
«La tutela delle indicazioni geografiche riconosciute – rileva Coldiretti - non impedisce l’uso in Canada di indicazioni analoghe per coloro che abbiano già registrato o usato commercialmente tale indicazione (sono compresi nell’eccezione formaggi, carni fresche e congelate e carni stagionate). In sostanza si potrà continuare a produrre e vendere “prosciutto di Parma” canadesi in coesistenza con quello Dop ma anche “Daniele Prosciutto” locale. È anche riconosciuta la possibilità di utilizzare parti di una denominazione di una varietà vegetale o di una razza animale (come ad esempio la chianina).»
«La presunzione canadese di chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori» ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo.
«L’Italia, che è leader in Europa nella qualità alimentare con 291 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, non puo’ accettare passivamente la banalizzazione del proprio patrimonio conservato da generazioni e deve invece - conclude Moncalvo - farsi promotrice in Europa di una politica commerciale contro l’omologazione e più attenta alle distintività.»
 
Redazione

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A cura dell’Istituto Regionale per la Floricoltura di Sanremo le principali avvertenze colturali e fitosanitarie fino a metà luglio per le produzioni in vaso e da reciso. Da segnalare i pericoli per le coltivazioni rappresentati dai parassiti animali e dalle malattie fungine, che, nelle attuali condizioni climatiche, trovano terreno per espandersi.

Il clima di questo luglio è caldo e la siccità colpisce molte zone dell'Italia, con giorni caratterizzati da elevati tassi di umidità. I parassiti animali, soprattutto tripidi, cicaline, lepidotteri, mosca bianca e cocciniglie, continuano così a rappresentare il principale pericolo per le coltivazioni. Inoltre, alcune malattie fungine stanno iniziando a causare danni significativi anche nei nuovi impianti, ad esempio di crisantemi, ciclamini e aromi. 
Qui le problematiche di particolare rilievo per Asparagus spp, aromatiche, bosso, ciclamino, crisantemo, dipladenia e lantana, Eucalyptus, ginestra, girasole, Limonium sinuatum, margherita (piante madri), ortensia, peperoncino ornamentale, pittosporino, viburno e altre fronde, rosa e ruscus (fonte: Bollettino di informazione per la floricoltura a cura del Centro Servizi per la Floricoltura della Regione Liguria di Sanremo).
 
Redazione
 

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È stata indetta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una selezione nazionale per il finanziamento di progetti innovativi finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze alimentari. Il bando prevede lo stanziamento di 500 mila euro. Per ciascun progetto è previsto un finanziamento massimo di 50 mila euro.

Il bando, previsto dalla legge contro gli sprechi alimentari, finanzierà i progetti innovativi che potranno essere presentati entro il 21 luglio 2017.
«La legge contro gli sprechi alimentari approvata lo scorso anno - ha commentato il Ministro Maurizio Martina -  ha reso più semplici le donazioni permettendoci di recuperare sempre più cibo a favore degli indigenti. L’Italia ha lavorato tanto in questa direzione introducendo novità importanti come ad esempio il tavolo antisprechi che riunisce operativamente istituzioni, imprese e enti caritativi. Ma c’è ancora molto da fare e questo bando pubblico è uno strumento fondamentale per trovare soluzioni innovative e sostenere la diffusione di buone pratiche. Ci aspettiamo un contributo importante di idee soprattutto dai giovani».
L'oggetto dei progetti dovrà riguardare:
- la prevenzione o la diminuzione delle eccedenze attraverso il miglioramento del processo produttivo, di raccolta dei prodotti agricoli, o di distribuzione;
- progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico sull’aumento della durata dei prodotti agroalimentari attraverso l’uso di prassi, prodotti, macchinari, tecnologie o l’uso di imballaggi innovativi per aumentare la shelf life degli alimenti;
- la realizzazione di software per l’uso intelligente del magazzino industriale, per la limitazione degli sprechi e il recupero delle eccedenze nella ristorazione o a livello domestico;
- il recupero e il riutilizzo di prodotti agroalimentari di seconda scelta che attualmente non hanno mercato o hanno mercati residuali;
- il recupero e il riutilizzo di sottoprodotti o di residui derivanti dalla raccolta, dalla lavorazione principale o dalla preparazione degli alimenti;
- il recupero degli alimenti invenduti e destinati a mercati rivolti alle fasce meno abbienti;
- il recupero degli alimenti da destinare agli indigenti anche attraverso l’utilizzo del servizio civile nazionale.
Chi può presentare i progetti: enti pubblici, università, organismi di diritto pubblico e soggetti a prevalente partecipazione pubblica; associazioni, fondazioni, consorzi, società, anche in forma cooperativa e imprese individuali; soggetti iscritti all’Albo nazionale ed agli Albi delle Regioni e delle Province autonome dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.
 
Redazione