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Presentato a Sanremo il progetto “Antea” per lo sviluppo della filiera dei fiori commestibili in collaborazione con la Francia. Previsto un finanziamento di 1,7 milioni di euro in tre anni, di cui 300 mila della Regione Liguria e il 60% per la parte italiana. Alcuni esempi della responsabile del Crea-of di Sanremo: insalate con begonie e violette, il nasturzio. 

I fiori non solo come elemento decorativo ma come cibi e ingredienti essenziali di piatti da mangiare al ristorante o a casa. E, in relazione a tale obiettivo, una riorganizzazione di una parte della filiera del fiore all’insegna di qualità, sostenibilità, igiene e buona conservazione dei fiori dalla fase produttiva sino al momento del consumo.
E’ il progetto “Antea – attività innovative per lo sviluppo della filiera transfrontaliera del fiore edule” presentato nei giorni scorsi alla stampa ligure presso il Centro di orticoltura e florovivaismo del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea-of) di Sanremo, che ne è il capofila. Un progetto che fa parte del programma comunitario di sviluppo territoriale Interreg Alcotra e a cui partecipano soggetti francesi e italiani, fra cui oltre al Crea-of il Cersaa di Albenga e l’Istituto regionale per la Floricoltura ligure. Il finanziamento è di 1 milione e 700 mila euro in tre anni, di cui 300 mila messi sul piatto dalla Regione Liguria. Il 60% della somma complessiva, come riportato in un articolo di Riviera24, è destinato alla parte italiana del progetto.
Secondo la responsabile del Crea-of di Sanremo Barbara Ruffoni, ormai si sta diffondendo anche in Italia la tendenza a considerare certi fiori non solo come elementi decorativi dei piatti, ma come sostanza degli stessi. Ad esempio, in Piemonte, come riportato in un articolo della Stampa, c’è un ristorante che serve tagliatelle alle primule. Ma gli esempi sono tantissimi. C’è un mercato dunque e può essere sfruttato al meglio con opportune scelte di fiori e innovazioni in grado di creare nuovi sapori. Ruffoni pensa ad esempio a insalate e macedonie con violette oppure begonie, che contengono gli stessi sali minerali delle lattughe e hanno un sapore piacevole, e al nasturzio, che è piccante e ricorda la rucola. Andranno messi a punto i semi e le tecniche di coltivazione più adatti e saranno studiati gli aspetti nutritivi e allergologici, nonché sistemi di tracciabilità e di distribuzione e imballaggio adeguati.
 
Redazione

Burocrazia e ritardi nel pagamento dei fondi provocano un calo stimato dei valori assicurati del 15%. Il sistema delle polizze assicurative è dunque in crisi, non tanto come modello di gestione del rischio in agricoltura (quello italiano è considerato all'avanguardia in Europa), quanto per i gravi ritardi nel pagamento dei contributi statali, per le incertezze normative e gli ostacoli burocratici.

assicurazione, agricoltura, floravivaLa situazione porta dunque ad un conseguente ulteriore calo dei valori assicurati che, quest'anno, a fronte dei circa 6,7 miliardi del 2016, in base alle prime stime dei Consorzi di difesa dovrebbe attestarsi tra il 10 e il 15%.
Ad inizio anno il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, aveva annunciato delle polizze sperimentali sui ricavi del grano: un'innovazione sostenuta da un finanziamento di 10 milioni, che però ancora non decolla.
Intanto, da Nord a Sud Italia, la situazione è critica, in un anno già difficile per l'andamento meteo, ricordiamo infatti le gelate di aprile che hanno gravemente danneggiato molte colture.
La campagna assicurativa 2017 procede a rilento in quanto molti agricoltori si sono stancati di aspettare i contributi per sottoscrivere polizze agevolate e la burocrazia è aumentata. Tanti infatti sembrano aver rinunciato a stipulare le tradizionali «multirischio» con copertura fino al 65% del danno, rivolgendosi in alcuni casi alle compagnie per assicurarsi privatamente.
Una beffa per gli stessi Consorzi, che dopo avere anticipato negli ultimi due anni i fondi per gli agricoltori, ora devono fare i conti anche con un minor numero di agricoltori.
Ad esempio il Codipra Toscano, con tremila associati, 250 milioni di valori assicurati nel 2016 e premi erogati per 11 milioni, quest'anno prevede un calo del 10-15%. Si registrano problemi con frutta, ortaggi, in particolare pomodori, tabacco e uva da vino. Il settore vitivinicolo è proprio quello che sta soffrendo di più, anche perché per il calcolo dei danni sono state fissate rese medie di riferimento che non tengono conto di eventuali malattie che hanno colpito il vigneto.
Un forte calo è registrato anche dal Condifesa di Bologna e Ferrara, il più grande in Italia con valori assicurati nel 2016 per quasi 472 milioni.
 
Redazione

A quasi un anno dalla nuova legge sul caporalato, Cia ha organizzato ieri a Roma un convegno sui suoi effetti nella realtà agricola con i ministri Orlando e Poletti. Per gli agricoltori norme giuste che hanno margini di perfettibilità: nella loro applicazione serve un netto distinguo tra chi recluta e sfrutta i lavoratori e chi sbaglia una procedura amministrativa. Basta clima di caccia alle streghe.

Il fenomeno del caporalato e del lavoro nero è un’odiosa pratica ancora presente nel nostro Paese. C’è, però, intorno al tema, secondo Cia, un difetto di comunicazione, circa la sua proporzione reale negli ambiti in cui viene esercitato. Nell’immaginario collettivo, infatti, il caporalato viene collegato sempre all’agricoltura ma, dati alla mano, per Cia questo non risponde al vero.
A fronte di un numero ridotto di denunce per irregolarità, sono oltre un milione le aziende agricole che operano nella totale trasparenza e nel pieno rispetto delle regole e dei lavoratori. Comparti come l’edilizia e le costruzioni, l’industria e i trasporti appaiono più toccati rispetto al settore primario, con un numero di irregolarità accertate molto più allarmante. A sostenerlo è la Cia-Agricoltori Italiani, che ha promosso ieri a Roma un convegno per analizzare gli effetti della legge 199 del 2016 a quasi un anno dalla sua approvazione, confrontandosi con i ministri Andrea Orlando e Giuliano Poletti.
La Cia da sempre si è spesa per dare il proprio contributo al varo di una legge a tutela dei lavoratori in agricoltura e punitiva verso ogni comportamento di sfruttamento. Tra l’altro, l’organizzazione si è dotata da tempo al suo interno di un Codice etico, il cui mancato rispetto comporta l’espulsione dell’associato. «Anche perché -ha evidenziato la Confederazione- il caporalato, oltre ad essere una pratica disdicevole, crea anche concorrenza sleale nel settore: i costi previdenziali hanno inevitabilmente una ricaduta diretta sulla formazione dei prezzi dei prodotti che l’agricoltore immetterà sul mercato.»
Lo sguardo dal campo dell’iniziativa di ieri, martedì 18 luglio, a Roma è necessario per comprendere meglio come la nuova legge impatta realmente sulla realtà agricola. Il rischio che la Cia intende scongiurare è quello di innescare un clima da caccia alle streghe verso gli imprenditori, generato da eventuali precipitose disposizioni delle Procure, con ordinanze non commisurate al tipo di reato compiuto. Infatti, se c’è un margine di perfettibilità della legge non è sul testo, ma sulla sua interpretazione.
Nel documento normativo in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, per esempio, non si è operata la dovuta distinzione tra reati gravi/gravissimi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione sul lavoro e della contrattazione collettiva. Questo determina una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all’applicazione della legge, in primis gli Ispettori del lavoro e, a un secondo livello, la stessa Magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre. Secondo la Cia, piuttosto, gli aspetti penali dovrebbero concentrarsi sulla figura dell’intermediario, che opera sia come soggetto fittiziamente proprietario di terreni e titolare di imprese oppure come soggetto che gestisce illegalmente il mercato del lavoro. Non si può mettere sullo stesso piano penale chi recluta e sfrutta la manodopera e chi commette un’infrazione amministrativa.
«Abbiamo fortemente voluto questo convegno, per testimoniare come la quasi totalità degli agricoltori opera nella trasparenza, nella piena legalità -ha detto il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino- svolgendo un ruolo produttivo, sociale ed educativo centrale per il sistema Paese nel suo complesso. D’altra parte, siamo anche qui per dimostrare che la rappresentanza degli agricoltori non intende nascondersi dietro un dito, ma è pronta a fare responsabilmente la propria parte affinché siano significativamente ridotti i reati nel settore».
 
Redazione

Dal 4 ottobre 2017 sotto gli orologi delle due grandi aste di fiori olandesi di FloraHolland ad Aalsmeer e Naaldwijk solo immagini digitali di fiori. Royal FloraHolland ai floricoltori e tutti gli operatori della filiera floricola: «espandete il vostro mercato con foto dei prodotti rappresentative».

Dalle aste fisiche con i carrelli di fiori che scorrono sotto gli orologi alle aste d’immagini di fiori, in cui a scorrere saranno soltanto le fotografie digitali dei fiori sullo schermo. Dal 4 ottobre 2017 le grandi aste di fiori olandesi di Royal FloraHolland ad Aalsmeer e Naaldwijk si trasformeranno in «image auctioning of plants» (aste di immagini di piante). Un «ulteriore importante passo verso gli orologi (o aste) virtuali nazionali», anzi una «precondizione» di tale traguardo finale, per usare le parole di un recente comunicato stampa di FloraHolland (6 luglio).
Del resto, si legge nel comunicato, «stiamo evolvendo verso un mondo in cui il digitale è lo standard e l'acquisto a distanza normale». I compratori acquistano «fiori recisi e piante in seguito alla ricezione di informazioni e immagini digitali rappresentative da parte dei produttori» e i «buyer amano usare le foto aggiornate e affidabili nei loro negozi web». Comunque sarà ancora possibile, per i compratori che lo desiderano, vedere i prodotti veri, i fiori, ma non sotto l’orologio durante l’asta.
Questa evoluzione delle aste e di tutto il commercio dei fiori, aggiunge RoyalFloraHolland, «rende essenziale avere a disposizione foto aggiornate in grado di rappresentare in maniera affidabile i prodotti» e tali immagini possono essere un mezzo per rendere ancora più attraente il prodotto e per espanderne il mercato di sbocco. Pertanto la cooperativa olandese leader della floricoltura internazionale consiglia, in un successivo comunicato (13 luglio), ai floricoltori e a tutti gli operatori della filiera floricola: «espandete il vostro mercato con foto dei prodotti che siano rappresentative». «Una foto di scarsa qualità – si legge – può significare che i compratori vi ignoreranno», perché «la foto del prodotto è il fattore guida e l’elemento essenziale nel processo odierno di vendita per i compratori. Un acquirente con una conoscenza media della pianta deve essere in grado di valutarne il valore sulla base della fotografia digitale. Il consumatore finale non deve mai essere deluso: deve ricevere il prodotto che si aspetta in base alle foto che ha visto».
 
L.S.
 

riso, risicoltura, Ue, Italia, floraviva

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica che, per affrontare l’attuale situazione del settore risicolo, l’Italia - insieme a Francia, Spagna, Bulgaria, Grecia, Ungheria, Portogallo e Romania - ha sollecitato un intervento urgente alla Commissione europea per rendere operative misure adeguate a sostegno del comparto.

In particolare, i ministri dell'agricoltura hanno sottoscritto questa mattina a Bruxelles, in occasione del Consiglio dei Ministri UE, un documento strategico con quattro richieste fondamentali:
- attivare la clausola di salvaguardia per le importazioni dai Paesi EBA e valutare la possibilità di rimuovere i vincoli che impediscono l’efficace applicazione delle misure di salvaguardia per le importazioni dai PMA e da altre origini nel Sistema delle Preferenze Generalizzate;
- riconoscere la specificità del settore nella nuova Politica agricola comune;
- potenziare modelli di etichettatura attraverso adeguate iniziative per aumentare il consumo del riso prodotto nell’Unione europea;
- approfondire gli studi per valutare gli effetti che questi sistemi riguardanti i Paesi meno sviluppati e i Sistemi di Preferenze Generalizzate hanno avuto sui diritti sociali e dei lavoratori nei Paesi EBA, come anche le conseguenza ambientali dei sistemi di produzione locali.
«La crisi del settore è a livello europeo - afferma il ministro Maurizio Martina - e come tale va affrontata. La salvaguardia del reddito dei nostri produttori è una priorità e per questo continuiamo la nostra battaglia, insieme ad altri sette Paesi dell’Ue che rappresentano praticamente tutta la produzione risicola europea, chiedendo alla Commissione un intervento concreto e immediato. Non possiamo più permetterci uno squilibrio di mercato come questo, frutto di accordi che mettono in difficoltà i nostri agricoltori oggi e che in prospettiva rischiano di azzerare la produzione europea. È il momento delle risposte per invertire la tendenza, tutelando le produzioni, i paesaggi coinvolti nelle produzioni e garantendo allo stesso tempo sicurezza e trasparenza ai consumatori».
 
I NUMERI DELLA CRISI
Il progressivo aumento delle importazioni di riso dai Paesi EBA sta gravemente danneggiando e svantaggiando gli agricoltori, le industrie ed il mercato dell’UE.
Una recenti analisi del mercato dal 1° settembre 2009, quando è iniziata la completa liberalizzazione delle importazioni dai Paesi Meno Avanzati (PMA), mostra
• Il progressivo aumento delle importazioni totali di riso dell’UE(+65% dalla campagna 2008/2009 alla campagna 2015/2016), raggiungendo il record di 1,34 milioni di tonnellate nella campagna 2015/2016;
• un grande aumento delle importazioni di riso in piccole confezioni dai PMA (+45% dal 2013 al 2016, monitorato dalla Commissione europea per anno civile).
Inoltre, le giacenze europee sono in aumento. Per la campagna 2016/2017, la Commissione europea si aspetta un livello record di giacenze finali di 586.000 tonnellate (equivalenti al 30% della produzione UE).
Secondo queste tendenze, ci sarà un rischio reale che l’UE divenga completamente dipendente dalle importazioni di riso dai Paesi terzi. Inoltre, il conseguente abbandono dei terreni coltivati a riso nell’UE, rischia di provocare un impatto molto grave e negativo in termini di conseguenze ambientali e sociali.
 
Redazione