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georgofili, assofertilizzanti, floraviva, accordo

La sfida di «fertilizzanti altamente qualitativi» e derivati il più possibile dal «riutilizzo di risorse che vengono impiegate come sostanze nutritive» è fra gli obiettivi del protocollo d’intesa siglato lo scorso 11 luglio dall’Accademia dei Georgofili e da Assofertilizzanti-Federchimica. Si avvicina il nuovo Regolamento europeo dei fertilizzanti.

«Favorire la diffusione delle innovazioni nel settore dell'agricoltura per quanto concerne le tecniche colturali compatibili con i cambiamenti climatici, con la tutela dell'ambiente e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari, in particolare per quanto riguarda la filiera dei fertilizzanti come laboratorio per l’economia circolare».
E’ l’obiettivo principale del protocollo d’intesa tra l’Accademia dei Georgofili e Assofertilizzanti-Federchimica che è stato firmato lo scorso 11 luglio a Firenze dai due rispettivi presidenti, Giampiero Maracchi e Francesco Caterini. La sigla del documento attesta la volontà di fornire una lettura comune del mondo agricolo: le due realtà si impegnano ad attivare iniziative congiunte (convegni, seminari e gruppi di studio) per stimolare il progresso in agricoltura, la tutela ambientale e la discussione attorno alla sicurezza e alla qualità alimentare, con attenzione anche al patrimonio agroalimentare italiano.
«L’Unione europea – si legge nel comunicato dell’Accademia dei Georgofili -  punta al miglioramento della gestione del ciclo produttivo, guardando all’efficienza e alla sostenibilità del sistema. La sfida generale è di puntare alla produzione di fertilizzanti altamente qualitativi, innovando i processi produttivi per ridurre al minimo gli sprechi, trasformando i sottoprodotti da costi a risorse. Questo già avviene ma presenta ancora ampi margini di crescita: oggi alcune tipologie di sottoprodotti vengono riutilizzate per arrivare a ottenere prodotti altamente nutritivi e innovativi per il benessere dei terreni e delle piante. A questo proposito il Parlamento europeo sta finalmente concludendo il suo iter legislativo sul nuovo Regolamento europeo dei fertilizzanti che, oltre a ricomprendere i concimi minerali riconosce anche nuove categorie di prodotti, quali ad esempio i concimi organici, i concimi organo-minerali e i biostimolanti. Ogni singola categoria di fertilizzanti in tutto o in parte deriva dal riutilizzo di risorse che vengono impiegate come sostanze nutritive».
Su questo tema il presidente dell’Accademia dei Georgofili Maracchi evidenzia il problema della riduzione della fertilità dei terreni dovuta al depauperamento dei suoli. «Come è noto – dice - la fertilità richiede il giusto equilibrio tra apporto di sostanza organica e un utilizzo efficiente dei fertilizzanti di sintesi. Allo stesso tempo, il problema dei rifiuti (e in questo caso della componente organica) richiede una riflessione e un intervento che permetta, come indicato dalla Unione Europea nelle sue ultime linee guida di bioeconomia, di riutilizzare al massimo tutte le risorse, diminuendo contemporaneamente l’impatto ambientale e, nel caso specifico, migliorando la qualità dei terreni».
«Questo passo arriva dopo aver intrapreso da tempo un percorso di dialogo proficuo e costante con l’Accademia dei Georgofili, interlocutore prezioso e dalla visione stimolante. – dichiara Francesco Caterini, presidente di Assofertilizzanti-Federchimica, che ha per fine l’elaborazione delle linee tecniche, giuridiche e normative attinenti la produzione e l'impiego di fertilizzanti e la loro promozione –. Oltre a ragionare sullo sviluppo sostenibile del sistema rurale, l’accordo si propone di aprire nuovi spunti di discussione attorno al tema dei fertilizzanti come ambito di applicazione dell’economia circolare».
 
L.S.

orlandini, cia, atc, floraviva

Il presidente Orlandini: l’impasse è iniziata con le pressioni che portarono il presidente facenti funzioni Barbarito alle dimissioni. Ora la via maestra è un rinnovo condiviso delle cariche per iniziare una fase di rifondazione dell’Atc. I risarcimenti completi sono importanti, ma lo è di più la riduzione dei danni con una corretta applicazione della legge obiettivo.

«La fase di impasse in cui versa attualmente l’Ambito territoriale di caccia di Pistoia ha varie motivazioni strutturali, ma è senz’altro iniziata quando, durante una riunione del Comitato di gestione dell’Atc, un rappresentante di Federcaccia pose la questione del rinnovo della presidenza. Fino a quel momento, grazie anche al buon lavoro del presidente facenti funzioni Nicola Barbarito, subentrato al compianto Corsini, il Comitato procedeva regolarmente. Poi quell’ “atto di forza” ha spinto Barbarito alle immediate dimissioni e sono iniziati i problemi, a cui si sono aggiunte in alcune occasioni mie difficoltà personali a presenziare».
E’ quanto dichiara il presidente della Confederazione italiana agricoltori di Pistoia Sandro Orlandini in relazione alle lamentele che si stanno sollevando da più parti a causa dei continui danni da ungulati alle coltivazioni e del momentaneo blocco dei risarcimenti agli agricoltori.
«Per risolvere lo stallo la via maestra è procedere rapidamente a un rinnovo condiviso delle cariche dell’Atc e avviare quella che può essere considerata una vera e propria fase costituente dell’organismo e delle sue attività, in conformità con le normative regionali».
«Sarà sicuramente importante arrivare a risarcimenti per gli agricoltori più adeguati, visto che al momento si fermano in media a poche centinaia di euro e al massimo a circa un 70% dei danni effettivamente periziati. Ma lo scopo principale di un Ambito territoriale di caccia rinnovato sarà la drastica riduzione dei danni alle colture da parte degli ungulati attraverso una corretta applicazione della legge obiettivo regionale e, all’interno di essa, in particolare del prelievo selettivo, che non ha finora funzionato a dovere, come Cia Pistoia ha sostenuto più volte già l’anno scorso».
 
Redazione

riso, made in italy, coldiretti, risicoltura, floraviva

Un pacco di riso su quattro venduto in Italia contiene prodotto straniero all'insaputa dei consumatori. Coldiretti lancia l'allarme per sostenere il pressing del governo italiano sull'Unione europea in difesa del Made in Italy e di diecimila famiglie, che rischiano di perdere il posto di lavoro. Necessaria un'adeguata etichetta con indicazione d'origine.

Coldiretti esprime dunque apprezzamento per la richiesta avanzata dal governo italiano alla Commissione europea per l'applicazione urgente della clausola di salvaguardia per il ripristino dei dazi sulle importazioni di riso lavorato dalla Cambogia, l'autorizzazione a sperimentare in Italia l'introduzione dell'obbligo di indicazione dell'origine in etichetta per il riso e misure straordinarie di sostegno al reddito dei risicoltori e di rilancio di una coltura strategica per l'Unione.
L'Italia, ricorda Coldiretti, è il primo produttore europeo di riso su un territorio di 237 mila ettari coltivato da 4.263 aziende, per una produzione di 1,58 miliardi di chili, con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità occupazionali. Ma «la situazione sta precipitando e a rischio c'è il lavoro di oltre 10 mila famiglie, tra lavoratori dipendenti e imprenditori impegnati nell'intera filiera».
La produzione nazionale di riso, osserva poi Coldiretti, sarebbe più che sufficiente per coprire i consumi interni, ma si preferisce speculare sulle importazioni low cost ad alto rischio, che non fanno altro che affossare le quotazioni del Made in Italy, dato che è possibile spacciare il riso straniero per italiano a causa della mancanza di un adeguato sistema di etichettatura.
Secondo la consultazione online promossa dal ministero delle Politiche agricole, l'81,5% degli italiani vuole conoscere in etichetta l'origine del riso che acquista. Occorre dunque accelerare la procedura avviata con la formale notifica del decreto dai ministri delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, per l'introduzione in Italia dell'obbligo di indicazione della materia prima per il riso.
Sulla vicenda è intervenuta anche la Federazione regionale della Coldiretti, illustrando il peso economico che la risicoltura riveste in particolare in Lombardia, dove si coltiva oltre il 42% di questa coltura in Italia.
«A livello regionale - ha spiegato Coldiretti Lombardia - si coltivano oltre 100mila ettari a riso e la "culla del chicco" si conferma Pavia, prima provincia risicola d'Europa con oltre 84mila ettari. Subito dopo vengono Milano con quasi 14mila ettari e Lodi con più di 2mila ettari, mentre Mantova ne conta circa 1.200. Le aziende che producono riso in Lombardia sono quasi 2mila e Pavia si conferma in testa alla classifica: tra la Lomellina e il Pavese si concentrano 1.515 aziende risicole. Al secondo posto si piazza la provincia di Milano con 300 aziende, seguita da Lodi (69) e Mantova (67).»
 
Redazione

martina, mipaaf, agricoltura, g7, floraviva

In vista del prossimo G7 agricolo, che si terrà a Bergamo ad ottobre, il ministro Martina annuncia che il Mipaaf continuerà a spingere su innovazione e organizzazione, ricordando il via libera da Bruxelles al nuovo regime di aiuti Ismea e il raddoppio del premio qualità per il grano duro.

Il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, nel suo intervento all'assemblea di Confagricoltura, parla di un nuovo modello agricolo italiano, capace di fare leva sulla qualità e di vedere nei nuovi accordi commerciali un'occasione per avanzare. La strategia del governo spinge dunque in questa direzione: sul fronte della Politica agricola comune il ministro ha detto che bisogna cogliere le novità della connessione tra cambiamenti climatici e gestione dei rischi e ha assicurato che sarà sulle assicurazioni che farà pressing a Bruxelles. Il modello per l'Italia è più qualità, meno quantità, più mondo, meno local.
E tra le grandi questioni Martina cita l'Agea, per la quale questo mese è fondamentale per impostare la riforma. A ottobre, al G7 agricolo, che si terrà a Bergamo, si imposteranno poi le scelte strategiche in ambito sovranazionale e sarà in discussione l'agenda Ue.
Martina annuncia inoltre il via libera da Bruxelles al nuovo regime di aiuti dell'Ismea: disponibile un plafond di 300 milioni che consentirà di utilizzare meglio lo strumento ex-Isa sul fronte agricolo.
È stato anche raddoppiato il premio qualità per il grano duro che passa da 100 a 200 euro all'ettaro e che viene assegnato alle produzioni legate ai contratti di filiera. Fino a oggi sono stati coinvolti 70mila ettari.
Nuovi aiuti anche per la zootecnia: il fondo latte per il rimborso degli interessi passivi è salito a 30 milioni. Uno strumento per cui sono state effettuate seimila richieste di utilizzo, motivo per cui si aumenta la dotazione. Il Mipaaf continuerà poi a spingere su innovazione e organizzazione: a giorni sarà pubblicata la circolare per i nuovi contratti di filiera e dal primo novembre i bandi saranno aperti.
 
Redazione

agricoltura sociale, floraviva, cia, europa

Cia ha presentato a Bruxelles “Euro+Med Agri-Social Forum” per fare rete in Europa e nell’Area mediterranea con il Forum Nazionale Agricoltura Sociale e il Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo. Avviato l’iter costitutivo per creare uno spazio politico e culturale di aggregazione e confronto, dove definire nuove politiche di inclusione e cooperazione tra gli Stati e affrontare questioni attuali come l’immigrazione.

Accrescere la diffusione dell’agricoltura sociale in tutti i Paesi europei a partire da quelli dell’Area mediterranea, oggi luogo di cambiamenti epocali, contribuendo a ridefinire politiche di inclusione e di cooperazione tra gli Stati, anche sul fronte immigrazione. Questo l’obiettivo di Cia-Agricoltori Italiani e Forum Nazionale Agricoltura Sociale che, attraverso la costituzione di "Euro+Med Agri-Social Forum", vogliono dar vita a una rete internazionale capace di affrontare in maniera sinergica opportunità e problematiche del Mediterraneo.
Per presentare le finalità e avviare l’iter costitutivo dell’associazione, Cia e Forum Nazionale Agricoltura Sociale -con il sostegno del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici- hanno organizzato un convegno a Bruxelles, alla presenza di David Sassoli, nella doppia veste di vicepresidente dell’Europarlamento e supplente del presidente per la Politica di vicinato, e di Andrea Olivero, viceministro alle Politiche agricole.
L’Italia può fare da apripista per la creazione di uno spazio più ampio per la promozione e la crescita del settore in Europa. La nascita di "Euro+Med Agri-Social Forum" è proprio finalizzata a realizzare uno spazio politico e culturale di discussione e di confronto a livello Ue e della sponda Sud del Mediterraneo, con tutti i soggetti e reti che si occupano di agricoltura sociale. Per questo sono stati già avviati contatti con varie realtà, al fine di favorire lo scambio di conoscenze ed esperienze e sviluppare una comunicazione efficace nei confronti dei cittadini Ue.
«L’agricoltura sociale rappresenta un’esperienza concreta di welfare, prima di tutto nel nostro Paese -ha detto Cinzia Pagni, vicepresidente vicario di Cia e componente del Forum Nazionale Agricoltura Sociale-. L’Italia si colloca ai primi posti dello scenario europeo con oltre 3.000 progetti e pratiche di agricoltura sociale all’attivo, 4 mila addetti su tutto il territorio e un valore della produzione di 200 milioni di euro. Ecco perché ci candidiamo a guidare questo percorso di condivisione e confronto a livello internazionale per la nascita di Euro+Med Agri-Social Forum, un’associazione aperta alle organizzazioni agricole, alla cooperazione sociale, alle organizzazioni del no profit, anche per affrontare la sempre più attuale questione dell’immigrazione».
«L’agricoltura sociale -ha aggiunto Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia- è una delle pratiche che maggiormente può contribuire a conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 come la lotta alla povertà, alle disuguaglianze, il contrasto alla fame nel mondo e ai cambiamenti climatici. Allo scopo di costruire un’economia sociale, solidale e responsabile, dove il settore primario assolve una funzione di servizio al benessere dell’intera comunità, partendo dai più deboli. In questo senso, l’agricoltura sociale può davvero rappresentare un’esperienza concreta, anche simbolica, capace di rilanciare il progetto di un’Europa Unita».
Ai lavori sono intervenuti anche Ilaria Signoriello, portavoce Forum Nazionale Agricoltura Sociale; Georgios Dassis, presidente CESE-Comitato Economico e Sociale Europeo; Paolo De Castro, vicepresidente Commissione Agricoltura Parlamento europeo; Enida Shena del Ministero dell’Agricoltura dell’Albania; Antonio Gaudioso, segretario generale Cittadinanzattiva; Seamus Jeffreson, direttore CONCORD Europe. Presenti le associazioni che si occupano di agricoltura sociale in Libano, Albania, Tunisia e nell’Ue.
 
Redazione