Arte Verde

Klaus Enrique è un fotografo che vive e lavora a New York, per la sua espressione creativa si definisce con il termine “Arcimboldist”. Per Enrique il pittore italiano Giuseppe Arcimboldo, e i suoi ritratti, rappresentano il punto di partenza.

I quadri iconici di un pittore, vissuto circa quattrocento anni fa, hanno condizionato la creatività di Enrique per tutta la vita e, quando è riuscito ad avere una comprensione profonda del lavoro del suo predecessore e di cosa ha reso le opere di Arcimboldo così grandi e, ancora oggi, così vive, Enrique ha deciso di dare forma alle sue idee creative attraverso la fotografia e, prima ancora tramite la scultura.
Infatti, se a colpo d’occhio, i suoi ritratti fotografici possono sembrare creati digitalmente, in realtà immortalano delle vere sculture, cui si dedica prima dello scatto.
Con l’uso di frutta, verdura e altri materiali organici, come carne rossa e addirittura un ragno. Realizza i suoi ritratti partendo proprio da Arcimboldo per arrivare a risultati sbalorditivi. Ritratti inquietanti, che danno alla sua arte venature gotiche e horror, ma i suoi soggetti sono anche molto divertenti e poetici.
Il suo lavoro si occupa principalmente di esprimere visivamente la condizione umana e quella del suo contesto storico artistico. Ogni fotografia è scattata in un centesimo di secondo e sarà fruibile per qualche minuto o poche ore, contemporaneamente si riallacciano al lavoro di un pittore vissuto molto tempo prima e ormai morto, ma la cui opera è invece molto viva, così come sono attuali i soggetti dei ritratti di Enrique. Per esempio un Baby Yoda composto con generose foglie di cavolo, rubato a Star Wars e due ritratti di Donald Trump, tanto angoscianti quanto dissacranti soprattutto se visti in sequenza, a causa del processo di decomposizione delle bucce di agrumi utilizzate, con cui quest’Arcimboldista contemporaneo simboleggia e rende quasi tangibile la corruttibilità umana e l’urgenza di trovare una via di salvezza.
Le fotografie di Klaus Enrique sorprendono, divertono, fanno riflettere. L’uso di materiale organico, quindi non duraturo, suggerisce agli esseri umani il loro tempo finito e forse, anche per questo, regalano inquietudine, divertimento e sorpresa.

Arte verde è una rubrica curata da Anne Claire Budin

Fiore per fiore, come facevano i vecchi maestri, questa è la tecnica che Bas Meeuws usa per le sue opere. Questo giovane artista, nato nei Paesi Bassi, vuole portare la bellezza reale e senza tempo nella vita quotidiana. Nel farlo ha ridato nuova linfa al tradizionale genere olandese delle Nature Morte.


Bas Meeuws, fotografo autodidatta, ha rinnovato il filone figurativo delle Nature Morte, sostituendo la fotografia digitale alla tavolozza e ai pennelli, il risultato lo porta al paragone diretto con i grandi esponenti di questo genere in voga dal XVII secolo, cui s’ispira.
Primo fra tutti Ambrosius Bosschaert (1573-1621), di cui ricorda i bouquet, dove ogni singolo fiore è dipinto con una precisione scientifica, oppure la ricchezza di flora ma anche di fauna che si ritrova in un altro rappresentante di questo genere, in altre parole il pittore fiammingo Roelant Savery (1576-1639).
Da molta attenzione alle tecniche che si adoperavano nel XVII secolo, Bas Meeuws vuole evocare nello spettatore moderno (e forse anche in se stesso) lo stesso stupore che persone di quel lontano periodo storico devono aver provato di fronte a quei dipinti. Davanti a fiori esotici, rari, costosi che non avevano mai visto prima, in un insieme di bellezza, lusso e splendore.
D’altra parte questo è il ruolo dei fiori: sedurre farfalle, api e altri insetti ma non solo, i fiori seducono anche noi.
La sua tecnica consiste nel fotografare singolarmente i fiori in diverse fasi della fioritura, al fine di sovrapporre le immagini e creare così qualcosa d’ideale e, nello stesso modo di fermare il tempo, poiché in Natura sarebbe impossibile ammirare a lungo un fiore al culmine del suo splendore.
Per questo possiamo accostare le sue fotografie all’antico genere delle vanitas, nature morte con allusioni alla caducità dell’esistenza.
Per le sue composizioni Bas Meeuws usa i fiori più belli ma anche quelli più comuni, come margherite e fiordalisi, e anche il sedano come elemento verde.
La sua carriera nel mondo della fotografia, iniziata nel 2010, e la sua passione per la botanica l’hanno portato a avere un archivio di oltre 13.000 immagini di singoli fiori, che usa per costruire i suoi bouquet.
Nelle sue fotografie la stratificazione di fiori, la bellezza della natura, la storia e la tecnica si uniscono perfettamente per creare opere di grande impatto visivo, vere e proprie opere d’arte che regalano grande stupore e, sicuramente, seducono.

Arte verde è una rubrica curata da Anne Claire Budin

Fabrice Hyber, l'artista visivo francese più eco-responsabile ha seminato circa 100.000 alberi nella sua città natale, Vendée, creando così una foresta artificiale progettata come "opera d'arte" e spazio creativo per giovani artisti.
“Questa foresta ci sono molte specie di alberi, sequoie che ho seminato quando ero bambino, frassini, salici, pini, acacie, castagni, noccioli, peri selvatici, ciliegi… e anche palme -racconta Hyber-. Ci sono anche querce che hanno trecento anni”
Inizialmente, l'obiettivo era quello di proteggere le terre dei suoi genitori, che erano allevatori, dall'invasione delle colture intensive vicine. Il bosco per lui è diventato un laboratorio, un “luogo di esperienza e di piacere” e alla fine ha deciso di creare proprio lì "aree da sogno per i poeti" e di farne un luogo di scambio e incontro, lanciando lì un "festival mondiale della poesia".
Fabrice Hyber è da anni appassionato del concetto di mutazione. Con Pascale Cossart, riconosciuto specialista in microbiologia cellulare, sta preparando un lavoro scientifico illustrato sui microbi unicellulari. Onnipresente nel suo lavoro è il tema del biotopo, concepito sia come utopia che come progetto di vita. L'artista collabora da dieci anni con l'Istituto Pasteur dove ha realizzato un gigantesco mosaico ceramico in collaborazione con la fabbrica di Sèvres. Nel 2015 ha lanciato il progetto Organoid volto a far dialogare gli scienziati dell'Istituto con vari artisti (Orlan, Hervé Di Rosa, Miguel Chevalier, Barthélémy Toguo, ecc.)
A differenza delle foreste monocolture convenzionali, "che tendono ad esaurire la terra", Hyber ha voluto mescolare le specie. Come il fotografo Sebastiao Salgado, che ha piantato una foresta di 800 ettari in una regione devastata dagli allevamenti di bestiame in Brasile, Fabrice Hyber ha voluto fare della sua foresta una barriera ecologica piantando circa 300.000 semi.
Quando non è nel suo studio parigino di Pantin, è qui a Vendée che disegna, scolpisce, pota, scrutando la sua foresta con stivali di gomma e un piumino smanicato verde petardo. Un verde detto "Hyber" che caratterizza l'installazione del suo "Homme de Bessines", una delle sue prime commissioni pubbliche, nella città di Deux-Sèvres alla fine del gli anni '80.
"Il verde Hyber è il colore che assume il carpino in primavera, il colore più artificiale che ci sia", ride l'artista visivo. Ma per lui “il verde non è un colore freddo, ma energizzante”.
A volte descritto come un artista “iperconcettuale”, Fabrice Hyber è un artista-ricercatore: la sua formazione scientifica lo spinge a voler sempre capire il senso nascosto delle cose", afferma Olivier Schwartz, direttore dell'unità virus e immunità dell'Institut Pasteur che con lui ha stretto una partnership.

Arte verde è una rubrica curata da Anne Claire Budin

Nato nel 1957 nello stato di Washington, Jim Hodges ha sviluppato, dalla fine degli anni '80, lavori radicali e originali in cui il disegno è onnipresente. Tratta la fragilità, la temporalità, l'amore e la morte usando il vocabolario della natura e traendone ispirazione. Il risultato è semplice, bello, espressivo.
Molto contrastante, il lavoro di Hodges può essere minimalista per la spogliatura di alcuni pezzi o barocco per la sua esuberanza, la ricchezza dei materiali utilizzati, i colori sontuosi e scintillanti che usa. L'artista americano esplora sia materiali modesti come carta, pezzetti di colore o fiori di stoffa, sia materiali più sofisticati come la foglia d'oro. Le sue opere, influenzate dalla natura, dalla letteratura ma anche dalla spiritualità, combinano questi materiali con un lavoro meticoloso e preciso di collage, cucito, assemblaggio e taglio.
Che si tratti di sottili ragnatele in una catena d'argento, foto ritagliate, assemblaggi di spartiti musicali, fiori appuntati o specchi rotti che disegnano un'altra immagine della realtà, Jim Hodges esprime la sua visione attraverso il suo lavoro di un mondo segnato tanto dalla bellezza e dalla gioia di vivere come di malattia e di morte.

Arte verde è una rubrica curata da Anne Claire Budin

Philippa Lawrence vive nel Regno Unito a Spike Island ed è docente principale della Cardiff School of Art & Design. L'artista lavora sul campo e questo le dà l'opportunità di connettersi con gli altri.
"Facilito modi di vedere e di essere -afferma Lawrence- coinvolgendo le persone nell'esperienza che stanno vivendo e creando una relazione con il sito".
I suoi processi e le sue scelte sui materiali sono sempre guidati dalla ricerca e dal contesto. Lavora con una varietà di materiali e tecniche diverse: foglia d'oro, vetro soffiato, manufatti industriali, stoffa, inchiostro, fotografia, legno grezzo, lucidatura francese, smaltatura, pergamena di montone, filato, neon, insetti e piante.
Considera l'impegno umano con la terra e le sue risorse, il valore mutevole, la produzione e lo stato dei materiali, dell'arte e dei manufatti ed é coinvolta nella ricerca continua del patrimonio culturale e degli ultimi praticanti dell'artigianato tradizionale.

Arte verde è una rubrica curata da Anne Claire Budin