Filiera olivo-olio
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- Scritto da Andrea Vitali
Seminario organizzato da Cia, Camera di Commercio, Ordine degli agronomi di Pistoia e Strada dell’Olio borghi e castelli della Valdinievole. Nell’annata 2014-2015 la produzione d’olio a Pistoia è crollata, peggio della media regionale. E l’olio certificato Igp toscano, nella provincia pistoiese, è stato addirittura annientato: da 2600 a 24 quintali. Ma le risposte ci sono e in gran parte ecocompatibili, purché ci si muova per tempo e il controllo duri tutto l’anno. Per Emilio Guerrieri i dati climatici di Pistoia sono quelli ideali per la mosca olearia, ci vuole quindi un complesso integrato di azioni fra cui anche: smuovere il terreno in inverno per esporre al freddo le larve, la «cattura massale» della prima generazione di mosche e, se necessario, insetticidi biologici che non uccidano i nemici naturali della mosca.
«Come è tristemente noto, la mosca olearia non è l’unico problema dell’olivicoltura, qui da noi ad esempio c’è anche quello degli ungulati che distruggono le piante giovani. Ma senz’altro è stato il più pesante in quest’ultima annata olearia, perché l’infestazione di questa mosca è stata talmente grave da far sì che per molte aziende pistoiesi la raccolta sia stata tendente allo zero. Alcune sono riuscite a tirar fuori qualcosa, ma altre hanno rinunciato. E’ stata una vera calamità e quest’anno dobbiamo fare tutti gli sforzi per evitare che si ripeta. Questo incontro che come Cia Pistoia abbiamo organizzato insieme a Camera di commercio, Ordine degli agronomi e Strada dell’olio borghi e castelli della Valdinievole è stato pensato per verificare con due esperti di alto valore scientifico quali il prof. Emilio Guerrieri e il prof. Raffaele Sacchi quali siano le soluzioni, meglio se con metodi ecocompatibili, per tenere sotto controllo la mosca olearia. Il cambiamento climatico è ormai un dato di fatto e bisogna tenerne conto giocando d’anticipo».
Così Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia, si è espresso a margine del seminario «Controllo eco-compatibile della mosca olearia ed ottimizzazione della qualità dell’olio» tenutosi ieri nella sede della Camera di commercio di Pistoia. Incontro che, come dice il titolo, ha offerto con il secondo dei relatori, Raffaele Sacchi, docente di Industrie agrarie all’Università di Napoli Federico II, spunti utili anche sul fronte dell’obiettivo qualità del prodotto.
Ma il tema centrale è stato come impedire il ripetersi di infestazioni della mosca olearia. «Una tragedia – ha detto Franco Pasquini, agronomo e capo panel del Comitato assaggio olio vergine di oliva della Camera di commercio di Pistoia -, per cui, per non arrivare impreparati alla prossima raccolta, come è ormai entrato nella testa di tutti, bisogna intervenire molto prima. Quindi bisogna già iniziare il campionamento a fine giugno-luglio» e seguire metodi come quelli indicati dai professori Guerrieri e Sacchi. «I produttori – ha concluso - non possono far conto che la mosca non ci sia e perdere l’annata, in qualunque momento devono essere pronti a intervenire». Del resto alcuni dei dati da lui presentati in apertura del seminario sono scioccanti: la Toscana, con una riduzione pari a -77%, è stata una delle regioni italiane che hanno subito cali più pesanti nella produzione di olio tra il 2013-2014 e il 2014-2015. Peggio ancora è andata a Pistoia, dove è stato impressionante in particolare il crollo dell’olio extravergine certificato Igp toscano, praticamente annientato: da 2600 a 24 quintali.
Cosa fare dunque? La sintesi della risposta è nel titolo della relazione di Emilio Guerrieri, responsabile tecnico-scientifico dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr di Portici (Napoli): “Il clima cambia. Il controllo della mosca? Anche!”. Bisogna dunque cambiare il modo di controllare la mosca olearia. Come ha spiegato infatti Guerrieri in margine all’incontro, «l’olivicoltura moderna, anche nella difesa dalle mosche delle olive, deve adeguarsi al cambiamento climatico. Noi vediamo un’aggressività maggiore di tutti gli insetti e anche delle patologie delle piante coltivate che deriva proprio da una diversa distribuzione delle acque e soprattutto da un diverso andamento termico nella nostra nazione. I dati climatici dell’anno scorso nella Provincia di Pistoia, che ho raccolto da Internet, dimostrano come queste condizioni, paragonate alle condizioni ottimali per lo sviluppo della mosca, coincidano perfettamente. Quindi non possiamo più affrontare il controllo della mosca, come si faceva tradizionalmente, con una serie di trattamenti durante la lavorazione delle olive, ma dobbiamo cominciare a pensare alla mosca ben prima».
La risposta concreta è dunque attivarsi subito e procedere con un complesso integrato «di diversi accorgimenti sia di natura agronomica che di natura colturale che di natura biologica». Quindi «tenere presente molto bene la prima generazione della mosca delle olive cercando di abbatterla quanto più è possibile con metodi anche ecologici quindi con una cattura massale degli adulti» e ricordarsi che «qualche lavorazione superficiale fatta durante l’inverno favorisce una diminuzione della popolazione svernante perché gli stadi svernanti vengono posti all’esterno e quindi soffrono di più il freddo… si tratta di smuovere il terreno in maniera superficiale in modo da esporre gli stadi svernanti che di solito si trovano nei primi centimetri di terreno». E poi bisogna «favorire il controllo biologico e ove mai le soglie di intervento venissero superate anche in queste condizioni di prediligere insetticidi, anche di natura “biologica”, che possano disturbare il meno possibile quei nemici naturali della mosca che nel nostro oliveto ci sono sicuramente e che noi dobbiamo anche cercare di proteggere per farci dare una mano».
Sul tema della mosca olearia, Raffaele Sacchi, la cui relazione era intitolata “Qualità è quantità?” e affrontava altri temi quali le buone pratiche di produzione per ottenere quella qualità sensoriale, quegli aromi e profumi che sono così importanti anche per il nostro benessere, ha messo in evidenza come «alcuni studi che stiamo facendo dimostrano che la mosca, la sua presenza con la puntura che può fare sull’oliva, questa piccola agopuntura (quando è presente ovviamente in piccole quantità, in un ecosistema sostenibile), può far sì che quell’annata le olive producano più sostanze aromatiche e quindi gli oli siano paradossalmente più profumati. Quindi in un’ottica ampia di controllo di questo insetto, e non di distruzione, bisogna tener conto che mantenere la biodiversità, mantenere il controllo di ecosistemi naturali può far sì che effettivamente il prodotto tipico possa beneficiare delle interazioni tra pianta e stress biotici come la mosca o abiotici quali quelli climatici». Insomma non c’è bisogno e non è nemmeno auspicabile eliminare del tutto la mosca olearia, che c’è sempre stata del resto, ma di ridurne drasticamente la presenza, riportandola ai livelli bassi di un tempo.
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Dal 3 al 6 maggio torna Tuttofood, il Salone Agroalimentare di Fiera Milano, in concomitanza con la prima settimana di EXPO. Senza dubbio, Unaprol si presenta come una delle associazioni che più hanno contribuito all’affermazione della manifestazione. 700 filiere tracciate con oltre 7000 aziende per “rilanciare l’immagine e l’offerta del vero prodotto italiano di qualità”, come riferisce David Granieri, presidente del Consorzio Olivicolo Italiano. Il messaggio è chiaro: l’olio di alta qualità tracciata non teme il bilancio in rosso del 2014.
Ben 1500 metri quadrati rappresentano l’area in cui Unaprol accoglierà i visitatori di Tuttofood, con lo slogan “cuore dell’alta qualità italiana”. Nel padiglione multiprodotto numero 6 di Fiera Milano sarà presentata la più grande rete di filiere tracciate dell’olio extravergine di oliva d’Europa. Si tratta di una rete di 7000 aziende che raggruppa il più ampio campione italiano di imprese inserite in un programma di monitoraggio nell’ambito dei Regolamenti UE 611-615/2014. “E’ una sfida che cogliamo per rilanciare l’immagine e l’offerta del vero prodotto italiano di qualità proprio nell’anno in cui l’Italia ha prodotto appena 200 tonnellate di prodotto importandone 666 mila tonnellate dall’estero”, ha affermato David Granieri. Ed infatti l’osservatorio economico di Unaprol sull’andamento dell’annata olearia 2014/2015, elaborato da Ismea sugli ultimi dati Istat, mette in luce una maggiore spesa per l’importazione: +23,3 % rispetto al 2013 per un totale di circa un miliardo e mezzo di euro. Aumentano ovviamente anche i volumi del prodotto importato (+38%). Diminuisce però l’export, che si attesta a 411 mila tonnellate, anche se segna un +6% rispetto al 2013. I mercati esteri di sbocco più interessanti per l’Italia restano gli Stati Uniti (+5,6% in quantità) e il Canada, dove si è registrata una progressione sia in volume (+30%) sia in valuta (+15,5%). Dati positivi anche per l'export in Giappone (+5,9% le quantità) e in Russia (+30%). “Ad alcuni di questi mercati, dopo esperienza positiva registrata al Sol di Verona con un seminario dedicato a come esportare Olio e Food a Taiwan, saranno dedicati focus Paese che realizzeremo nel corso di Tuttofood con la collaborazione di Agenzia ICE”, ha commentato Pietro Sandali direttore generale di Unaprol. Sempre durante i giorni di Tuttofood sarà attiva la “Scuola di Extra Vergine” di Unaprol: un’area attrezzata per degustazioni guidate e incontri di approfondimento come quello, dedicato ai buyer, sulla qualità degli oli extravergine di oliva italiani. È necessario conoscere molto bene il mercato dunque e lo dimostrano le mutate preferenze dei consumatori, che spingono sempre di più verso un processo di differenziazione per accaparrarsi nuovi segmenti di mercato, tra i quali Dop, Igp, Bio, monovarietale e 100% italiano.
Redazione Floraviva
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Il presidente della Cia, Dino Scanavino, commenta così il decreto del ministero dell’Agricoltura francese su 102 specie vegetali a rischio Xylella. “Ora più che mai bisogna tenere alta l’attenzione per evitare possibili reazioni a catena e ingiustificati allarmismi nei confronti delle spedizioni pugliesi di altri prodotti oltre alle piante già inserite nel provvedimento del ministro Le Foll. Anche perché l’export della Puglia verso la Francia di uva, agrumi, alberi da frutto, pomodori, piante aromatiche, frutta tropicale vale circa 40 milioni di euro e rappresenta il 14% del totale nazionale. Se poi si aggiungono anche le colture agricole non permanenti (inclusi i cereali) e le piante vive, il valore supera i 60 milioni di euro.”
Secondo Scanavino sono necessari interventi urgenti a livello nazionale e comunitario per scongiurare la situazione e indennizzare gli agricoltori colpiti. Il patrimonio agricolo, definito dal presidente Cia come “strategico”, deve essere difeso nelle sedi opportune: “È urgente quindi -sottolinea Scanavino- che le istituzioni ora intraprendano tutte le iniziative nei confronti delle autorità francesi e comunitarie, per evitare di aggravare un’emergenza sanitaria di proporzioni senza precedenti. Inoltre, è altrettanto urgente l’adozione di misure di sostegno, in ambito nazionale ed europeo, per gli agricoltori che con sacrificio stanno rispettando gli impegni del Piano del commissario Silletti per contrastare il dilagare dell’emergenza e non compromettere la sostenibilità economica delle loro aziende.” La Puglia ha fatto dell’agricoltura e dell’olivicoltura la principale leva di sviluppo della sua economia e questo embargo mette a rischio non solo questo elemento, ma anche il valore paesaggistico legato alla presenza di ulivi secolari dal valore ambientale inestimabile. Secondo Scanavino a questa “decisione presa unilateralmente da uno Stato Membro al limite delle regole comunitarie” si deve rispondere con una strategia comune che permetta agli agricoltori di minimizzare l’esposizione al rischio cui sono soggetti. Diventa adesso necessario un progetto di riforma degli strumenti di prevenzione e gestione delle crisi. “Le crisi nel settore agroalimentare, siano esse sanitarie, climatiche o di natura commerciale -conclude Scanavino- sono diventate sempre più frequenti e diffuse e le conseguenze sono spesso drammatiche per l’economia di interi territori.”
ESPORTAZIONI PER ANNO DELLA PUGLIA VERSO LE FRANCIA (VALORE)
Export (euro) | Incidenza puglia/Italia (%) | |
Prodotti di colture agricole non permanenti | 20.992.023 | 12% |
Prodotti di colture permanenti | 39.132.272 | 14% |
Piante vive | 704.841 | 1% |
Fonte: elaborazione Cia su dati Istat
Redazione Floraviva
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La CIA, confederaIone italiana agricoltori, per voce del suo presidente Scanavino: “C’è urgenza di stanziare risorse economiche mirate alla ricerca e al sostegno dei produttori danneggiati, esentandoli anche dagli oneri fiscali. Alle Istituzioni preposte chiedo che l’eradicazione degli ulivi colpiti dal batterio avvenga selettivamente e che l’esecuzione dei trattamenti con prodotti fitosanitari, per colpire il vettore, avvenga prioritariamente con sistemi di lotta integrata e biologica. Questo intervento di manutenzione dovrebbe essere affidato direttamente agli agricoltori”.
Oggi a Lecce, presso la Camera di Commercio, si è tenuta una riunione congiunta tra la Cia nazionale, la Cia regionale pugliese e le Cia delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, per affrontare l’emergenza Xylella alla luce anche del nuovo piano di interventi stilato dal Commissario delegato. La riunione è stata presieduta dal presidente nazionale della Cia Dino Scanavino con la partecipazione del presidente della Cia Puglia Raffaele Carrabba, della giunta regionale della Cia, dei presidenti delle Cia di Lecce (Giulio Sparascio), Brindisi (Giannicola D’Amico) del vice presidente di Taranto (Piero De Padova), delle giunte provinciali Cia delle tre aree interessate. Alla riunione ha preso parte il direttore “area politiche sviluppo rurale” Gabriele Papa Pagliardini e il presidente della provincia di Lecce, Antonio Maria Gabellone, oltre alla dottoressa Marina Barba del CRA.
Al termine dell’incontro la Cia ha convocato una conferenza stampa in cui il presidente nazionale Dino Scanavino ha avanzato quelle richieste che per l’organizzazione hanno carattere di priorità: “Il grave problema della Xylella fastidiosa -ha dichiarato- deve necessariamente investire appieno la Comunità europea e il Governo nazionale, stanziando adeguate risorse economiche. Queste dovranno essere mirate: alla ricerca scientifica per potenziare la lotta al vettore e per limitare l’espandersi del batterio; alla ricerca scientifica per selezionare varietà resistenti al batterio; alle aziende agricole per lavori straordinari agli oliveti da attuare nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto al fine di abbattere la proliferazione del vettore; al risarcimento dei danni diretti subiti sino a oggi dalle aziende agricole pugliesi e che saranno subiti in futuro; al risarcimento dei danni indiretti rappresentati dai mancati redditi subiti sino ad oggi dalle aziende agricole pugliesi e che saranno subiti in futuro; a misure a sostegno della integrazione del reddito degli olivicoltori; ad azioni di divulgazione per far conoscere il ciclo biologico del batterio e del vettore e le relative azioni di contenimento”.
“Alle Istituzioni -ha aggiunto il presidente nazionale della Cia- segnaliamo delle nostre ulteriori proposte, indicando che l’eradicazione degli ulivi colpiti dal batterio avvenga selettivamente e interessi il minor numero possibile di piante. E' importante -ha continuato Scanavino- ragionare anche sulla possibilità di rivedere in extremis i programmi di sostegno previsti dall’Ocm olio (Organizzazione comune di mercato) già approvati aumentando il sostegno agli olivicoltori colpiti. Tra l’altro, l’attività prevista di manutenzione di interesse collettivo dovrebbe essere affidata direttamente agli agricoltori ai sensi del D. Lgs 228/2001 (Legge di Orientamento). In più -ha evidenziato il presidente della Cia- le aziende agricole delle province di Lecce, Brindisi e Taranto dovrebbero essere esentate dal pagamento dell’Imu agricola e dal pagamento per gli anni 2015 e 2016 (previo proroga ulteriore) dei contributi previdenziali”.
Infine, ha chiosato Scanavino, “sarebbe opportuno intervenire anche sulle ripercussioni drammatiche al mondo vivaistico e consentire una tutela della produzione biologica ormai elemento caratterizzante della produzione nazionale”.
La Cia-Confederazione italiana agricoltori, nel sostenere tutte le attività e le azioni previste e proposte dagli enti scientifici preposti, sottolinea come sia necessario, comunque, salvaguardare gli alberi di ulivo, che rappresentano un patrimonio dal valore inestimabile per la Puglia, per l’Italia, l’Europa e il Mondo intero.
Redazione Floraviva
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“In un anno difficile per l’olivicoltura, gli italiani hanno saputo dare il meglio di se stessi producendo oli extra vergine di oliva che ora possono essere apprezzati dal mercato mondiale”. Lo afferma, a SOL&Agrifood di Verona, David Granieri, presidente di Unaprol in occasione della presentazione della guida oli 2015 di Gambero Rosso e Unaprol. “La guida – ha poi aggiunto - è un concentrato di biodiversità, vero punto di forza del nostro made in Italy olivicolo. Questa guida contiene le risposte giuste per affrontare un mercato globale dove la rete non è solo un mezzo di comunicazione, ma diventa lo strumento per catturare l’origine certa del prodotto”.
Dietro il lavoro di squadra del team editoriale e di assaggiatori di questa guida, si percepisce il rispetto dell’olivicoltura e dell’economia reale di questo Paese. Dal sostegno al reddito delle imprese, alla difesa del valore idrogeologico dell’olivicoltura, alla sua potenzialità turistico ambientale legata al turismo oleogastronomico dei territori e al sostegno dei livelli occupazionali in zone notoriamente disagiate. “Si tratta – ha poi riferito al termine Granieri - di tasselli di un mosaico che concorrono a formare un’opportunità per il sistema di imprese olivicole di qualità e che consente loro di riaccendere l’economia dei territori d’Italia e di raggiungere le tavole dei consumatori di tutto il mondo in prima classe con una Guida che racconta il meglio dell’olio italiano nel mondo”.
Redazione Floraviva
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Come coniugare la posizione italiana di leader mondiale sul mercato estero dell'olivicoltura e la produzione vivaistica delle piante di olivo in grave difficoltà? Marketing e comunicazione, uniti a garanzia e politiche di qualità dell'olio e delle piante, possono giocare un ruolo determinante, come suggeriscono i dati sintetizzati da Unaprol.
"Anno difficile per l’olivicoltura italiana il 2014, ma nel mondo la domanda del vero made in Italy è in aumento”, così si è espresso David Granieri, presidente Unaprol, alla conferenza stampa di presentazione di Vinitaly e Sol&Agrifood.
Se infatti la produzione olivicola 2014/2015 non supera al momento le 235 mila tonnellate (fonte Ismea), gli scambi sono invece cresciuti nel periodo gennaio-ottobre 2014. Alcuni dati esemplificativi: l'import ha raggiunto le 528 mila tonnellate per un valore pari a 1,121 milioni di euro, mentre l’export ammonta a 349 mila tonnellate e sviluppa un valore pari a 1,145 milioni di euro. Segno positivo poi sulla bilancia commerciale con l’olio extra vergine e vergine che segnano un +13% in volume e un +2% in valore. L’Italia detiene una posizione leader di mercato in molti Paesi (vedi grafico) soprattutto dove ha svolto campagne di promozione dell’alta qualità italiana.
Il modello utilizzato dall'olio dovrebbe dunque essere esteso anche alle piante, soprattutto quelle toscane. Si dovrebbe lavorare su una strategia di marketing, che utilizzi le leve della qualità e della formazione sull'uso della pianta, e, lavorando sul prodotto finito, sviluppare una comunicazione che per il mercato estero inneschi un dialogo con il consumer. Oggi molti produttori di piante mi chiedono soluzioni per migliorare e tornare ad essere leader nel settore. In Toscana, soprattutto nella valle del Pescia, le tradizioni antiche e la grande qualità non hanno comunque retto ai cambiamenti sul fronte tecnologico e dei consumi proposto dagli spagnoli. Il sistema intensivo iberico ha centrato i punti di forza e quelli di debolezza della struttura della domanda e dell'offerta, scardinando il sistema produttivo italiano, in particolare quello toscano, che reggeva da secoli. Basti pensare che nell'area della valle del Pescia, solo pochi anni fa, si producevano oltre 10.000.000 pezzi, divenuti oggi appena 3.500.000. Un calo di 2/3 che alcuni produttori sono ancora lì a cercare di comprendere. Ecco perché si deve sviluppare un sapiente blend di qualità in cui la pianta d'olivo parte dall'olio.
Andrea Vitali