Filiera olivo-olio
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- Scritto da Andrea Vitali
Le grandi aziende europee che impiegano l'olio di palma agitano la bandierina, ‘RSPO’, nel tentativo di addurre la sostenibilità di una minima parte di questa materia prima, utilizzata nelle industrie alimentari. Ma si tratta di una quantità minima rispetto ai volumi mondiali commercializzati raggiunti nell’ultimo decennio. Dietro a questo business colossale si nasconde la rapina delle terre e della sovranità alimentare per ampliare le aree coltivate a palma.
Il problema legato all'utilizzo dell'olio di palma viene dibattuto molto a livello internazionale dove le grandi aziende europee, che impiegano questa materia prima, agitano la bandierina, ‘RSPO’ (Roundtable for Sustainable Palm Oil production), nel tentativo di addurre la sostenibilità di una minima parte dell'olio di palma utilizzato nelle industrie alimentari. Tentativo che risulta però inutile perché tratta di una quantità minima rispetto ai volumi mondiali commercializzati raggiunti nell’ultimo decennio. Volumi che raggiungono livelli talmente alti da posizionare l'olio di palma al primo posto nella classifica dei grassi alimentari. Il business colossale, concentrato nelle mani di pochi, controlla lottizzazioni e coltivazioni dei terreni. E anche il commercio é appannaggio di una manciata di trader internazionali, da cui dipende il movimento di ogni commodity alimentare. Infatti le prime a beneficiare dell’utilizzo di questo grasso sono proprio le grandi multinazionali del cibo. Continua così la rapina delle terre e della sovranità alimentare per ampliare le aree coltivate a palma. Il "Roundtable for Sustainable Palm Oil production", RSPO, è un ente che tenta di coprire le ingiustizie e le azioni compiute a danno delle popolazioni locali e dell’ambiente. Negli ultimi mesi l'abbiamo conosciuto grazie alla pubblicazione di articoli a favore dell'olio di palma, anche su importanti testate come l'inglese "The Guardian". La rapina delle terre e della sovranità alimentare continua indisturbata: l'acquisizione di enormi appezzamenti di terreni, come se non vi abitassero persone, per ampliare le piantagioni avviene di solito attraverso milizie locali che provvedono allo sgombero. I "contractors" radono al suolo foreste, villaggi e cimiteri, deviano i corsi d’acqua per impiantare mono-colture intensive di palma da olio. Queste situazioni si ripresentano puntualmente in Birmania, nelle Filippine, in Indonesia, in Africa, in Honduras, in Perù e in Brasile. La strategia che tenta di salvare questa indiscriminata demolizione di foreste la giustifica con la creazione di un nuovo parco naturale in un'altra parte del mondo, ma questo ragionamento è antitetico al modello naturale di sviluppo a cui ogni persona interessata alla tutela ambientale dovrebbe ispirarsi. RSPO dimentica di dire a quanto ammonta la percentuale di palma certificato rispetto alla produzione globale: infatti, la percentuale di palma certificato rispetto alla produzione globale è del 17 % e, secondo il Guardian, solo la metà trova un acquirente finale. Tutto ciò succede anche se la domanda del grasso di palma è in aumento, perché trainata dalla produzione di bio-diesel, oltre che di detergenti, prodotti per la casa e cosmetici. Per questo motivo le aree coltivate sono destinate ad aumentare e a causare ulteriori danni, sociali e ambientali.
Redazione Floraviva
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I consuntivi dei raccolti a livello regionale si rilevano addirittura peggiori delle previsioni: in Toscana siamo a meno 80% rispetto al 2013, nel Lazio meno 70% e in Puglia meno 50%. Le stime Ismea parlavano di flessioni non superiori al 45%, ma la realtà riporta uno scenario catastrofico. “Gli attacchi della mosca olearia, inoltre, hanno minato le quantità ma anche penalizzato la qualità, tanto che si immagina che i quantitativi di extravergine made in Italy non andranno oltre le 80mila tonnellate contro una media di 150mila”, così David Granieri, presidente Unaprol.
Si parla dell’annata peggiore per l’olio d’oliva italiano dalla tremenda gelata del 1956: i diffusi attacchi della mosca olearia, favoriti dalle abbondanti precipitazioni e dal mite clima estivo, disegnano uno scenario a dir poco preoccupante. Il Consiglio oleicolo internazionale (Coi) parla di un calo del 19%, rispetto allo scorso anno, per la produzione mondiale 2014-2015, che supererà di poco i 2,5 milioni di tonnellate. Questo conduce anche a un dato del tutto inedito: per la prima volta, dopo molti anni, il volume dei consumi mondiali sarà più elevato dei quantitativi prodotti. Ovviamente queste previsioni hanno immediatamente causato un rialzo dei prezzi: basta guardare all’Italia, dove, a Bari, l’extravergine con bassa acidità ha superato all’ingrosso la cifra dei sette euro. Una grave conseguenza di questo sono i recenti e ripetuti casi di furto di olive nei campi in Puglia. I due principali produttori, Spagna e Italia, sono anche i paesi più colpiti dalla mosca. Mentre in Grecia cresce la produzione con un +122% rispetto allo scorso anno, rimangono stabili Portogallo e Turchia, con un atteso exploit per la Tunisia, dove si prevedono 260 mila tonnellate contro le scarse 70 mila dello scorso anno. Restando in Italia, ci cercano le cause del drastico calo nella produzione. Secondo Giovanni Zucchi, presidente Assitol, l’associazione delle industrie olearie, sono state le condizioni meteo e gli attacchi della mosca a influire pesantemente sul bilancio, ma vero è che tanto poteva essere fatto intervenendo in tempo: “va anche detto che laddove si è intervenuto in maniera tempestiva con i trattamenti fitosanitari il raccolto o è stato salvato oppure i danni sono stati limitati. E questo dovrebbe spingere a riflettere sui ritardi con cui è stato lanciato l’allarme che forse tradiscono una sottovalutazione del problema. È invece imprescindibile mettere in campo una diversa capacità di reazione”. Forse da qui si può ripartire per migliorare davvero, come ricorda Granieri: “Spesso in agricoltura per far migliorare le cose occorre davvero ripartire da zero. In questa ottica penso che questa stagione possa rappresentare per l’olio ciò che il 1986 e la crisi del metanolo hanno rappresentato per il vino”. Si deve allora passare dalla ricerca delle cause del disastro alla ricerca dei rimedi per far ripartire un settore di produzioni di eccellenza e con un importante ruolo ambientale di prevenzione dal dissesto idrogeologico.
Redazione Floraviva
Fonte: Il Sole 24 Ore
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"Andamento climatico e infestazione di mosca olearia: effetti sulla campagna olearia 2014 e considerazioni per il 2015": questo il tema del seminario che si terrà il 19 dicembre a villa Montepaldi di San Casciano Val di Pesa dalle 9,30 per concludersi intorno alle 13.30 . L'iniziativa, rivolta ai tecnici che operano nella filiera olivicola-olearia, è della Regione Toscana ed è organizzata con il contributo del Servizio Fitosanitario Regionale, del Lamma e delle Istituzioni Scientifiche toscane che si occupano di entomologia, agronomia e meccanica agraria, relativamente alla coltivazione dell'olivo. L'obiettivo è quello di fare chiarezza su quanto è successo nell'annata 2014 e di affrontare con rigore scientifico il tema della lotta preventiva e curativa nei confronti della mosca delle olive.

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Questa mattina all'istituto D. Anzilotti di Pescia si e' svolto il tradizionale convegno sull'olio e l'olivicoltura In un momento non facile, la cui gravità è segnata dalla richiesta del riconoscimento dello stato di calamità naturale -come evidenzia il Sindaco Oreste Giurlani-. il Convegno è diventato un importante momento di riflessione per capire come poter intervenire al fine di riportare l'olio italiano alla sua originaria eccellenza
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Con le quotazioni dell’olio di oliva in forte crescita a causa dello scarso raccolto è boom furti nelle campagne, dove i ladri rubano dalle olive ai fusti di extravergine, con centinaia di quintali di prodotto spariti dalle aziende e dagli uliveti. Ad affermarlo è la Coldiretti che lancia l’allarme su un fenomeno che sta creando tensione e paura su tutto il territorio nazionale, con raid di squadre organizzate che in un’ora riescono a raccogliere oltre un quintale di olive, mentre trafugare una cisterna piena di olio può portare un bottino di oltre 200mila euro. Nel giro di pochi giorni - sottolinea la Coldiretti - le forze dell’ordine hanno effettuato decine di arresti ma i tentativi di furti continuano, tanto da aver spinto alcuni agricoltori ad organizzarsi con ronde, mentre altri si sono affidati a istituti di vigilanza, con i camion che trasportano l’extravergine scortati dalla polizia. Olive come diamanti dunque, scortate contro il moltiplicarsi dei tentativi di furti che sono ora all’ordine del giorno dell’analisi dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare promosso dalla Coldiretti anche perché il prodotto sottratto alimenta una filiera illegale che provoca danni economici ma anche rischi per la salute.
Ad essere colpite sono particolarmente le campagne pugliesi dove si concentra la maggioranza della produzione italiana, ma non solo. In provincia di Foggia – rileva la Coldiretti - una banda di bulgari si era organizzata per ripulire gli uliveti della zona di Cerignola, prima di essere fermata dalle forze dell’ordine. Poco distante operavano altre due squadre, travolta composte da rumeni, anch’essi sorpresi a “ripulire” alberi di olive. Stessa dinamica, ma con italiani protagonisti, nei territori di Bari e Barletta, dove sono finiti in manette cinque persone, che in due distinti colpi hanno portato via 5 quintali di olive. Ladri in azione – continua la Coldiretti - anche nel Trapanese, dove otto persone hanno cercato di rubare addirittura all’interno di un terreno confiscato alla mafia ma sono state sorprese dai carabinieri. Ma i furti non hanno risparmiato neppure il resto della Penisola. In Liguria gli agricoltori sono stati costretti a organizzarsi per difendere le preziose olive taggiasche, vanto della Riviera di Ponente, dalle mani dei banditi. E pure nelle Marche, nel Maceratese, due persone sono state arrestate dopo ave rubato oltre cinquanta chili di olio.
Considerata la gravità del fenomeno, Coldiretti ha chiesto alle Prefetture sul territorio un intervento per il pattugliamento delle strade più sensibili, per proteggere il transito di tir con a bordo cisterne di olio extravergine, e una più massiccia presenza di forze dell'ordine nelle campagne. Ma si pensa anche all'installazione di videocamere negli uliveti che in Italia contano su un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno.
Una situazione determinata dall’aumento delle quotazioni che hanno raggiunto la cifra record di 7 euro al chilo alla borsa merci di Bari per effetto del crollo della produzione nazionale di olio di oliva del 35 per cento su un quantitativo - rileva la Coldiretti - di poco superiore alle 300mila tonnellate, mentre anche in Spagna, che è tradizionalmente un fornitore dell’Italia, il raccolto è dimezzato otto il milione di tonnellate. A pesare sul risultato nazionale sono Puglia e Calabria per le quali si attende una produzione decurtata di più di un terzo rispetto allo scorso anno. A mitigare, in parte, tale risultato c’è la Sicilia la cui flessione è attesa al -22 per cento. Ma è in tutto il Sud che si attendono cali a due cifre con punte di -45 per cento per Basilica e Abruzzo e -40 per cento per la Campania. Nel Centro Italia ed in Liguria si attende una produzione quasi dimezzata e anche nelle regioni del Nord si prevedono quantitativi molto al di sotto dello scorso anno. In questo quadro – conclude la Coldiretti - fa eccezione la Sardegna dove si stima un aumento del 30 per cento rispetto ad un 2013 di scarsissima produzione e, anche se con quantitativi estremamente limitati, il Piemonte.
Redazione Floraviva
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