Filiera olivo-olio

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È il Ministero dell'Agricoltura spagnolo a pubblicare i dati del mercato oleario riferito al 30 aprile scorso: mentre le esportazioni risultano in forte crescita (+29%), si attesta una riduzione dell'8% della produzione rispetto a quella dell'anno precedente. La campagna 2016/17 non supera così quota 1,2 milioni di tonnellate.

Elaborando i dati Aica relativi alla situazione dello scorso 30 aprile, il Ministero dell'Agricoltura in Spagna ha pubblicato un outlook sul mercato oleario nazionale. I dati mettono così in evidenza una flessione dei livelli di trading nel corso del mese di aprile, dovuta alla contemporanea riduzione dei livelli di consumo interno e di quelli delle esportazioni. 
L'ampia disponibilità di prodotto, nonostante il buon andamento della commercializzazione a livello globale, ha portato a chiudere l'anno con un livello di scorte del 12% superiore a quello dello scorso anno e del 10% superiore alla media degli ultimi anni. 
La produzione complessiva della campagna 2016/17 si attesta a 1.279.500 tonnellate, ovvero un -8% rispetto alla produzione dell'anno precedente (comunque superiore dell'11% rispetto alla media delle ultime quattro campagne). La raccolta delle olive nel dettaglio ammonta a 6,4 milioni di tonnellate, che però hanno reso in olio il 19,72% di media. 
L'export relativo ad aprile registra 573.100 tonnellate, con un incremento del 29% rispetto all'anno precedente; l'import invece registra, sempre per aprile, 63.600 tonnellate. I consumi interni sono in calo del 10% rispetto alla scorsa stagione e del 5% rispetto alle quattro campagne precedenti. La frenata del mercato interno mette così le ali alle scorte. Le importazioni sono poi diminuite notevolmente secondo il Ministero dell'Agricoltura iberico. 
 
Redazione

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Un piano per difendere le colture, in particolare oliveti e vivai, dal rischio Xylella. Lo ha approvato la giunta regionale toscana su proposta dell'assessore regionale all'agricoltura Marco Remaschi. Il piano dà continuità alle azioni intraprese negli ultimi anni dopo l'infestazione del batterio Xylella fastidiosa agli oliveti del Salento e ad altre piante in Corsica e alle isole Baleari.

«La Xylella fastidiosa – ha evidenziato l'assessore regionale Marco Remaschi - non è presente in Toscana e stiamo facendo tutto il possibile per evitare che questo pericolo non si presenti anche in futuro. Nel corso del 2016 gli oltre 4.000 campioni analizzati hanno dato risultato negativo. Speriamo di continuare così.»
«Il piano approvato – prosegue l'assessore - mette insieme tutte le azioni per prevenire il pericolo, in particolare attraverso azioni di sorveglianza e monitoraggio nei punti considerati più a rischio, ma anche le azioni necessarie a fronteggiarlo, nella malaugurata ipotesi che dovesse manifestarsi. E' un piano estremamente dettagliato: bisogna tenere la guardia molto alta perchè le possibili conseguenze economiche e paesaggistiche sul nostro territorio di una infezione sarebbero gravissime.»
Nel documento approvato dalla giunta sono tracciate le indicazioni per lo svolgimento di un costante monitoraggio del territorio e per una sorveglianza presso i punti cruciali da dove si può diffondere la malattia. Tale attività è a carico del servizio fitosanitario regionale che ha già attivato i principali organismi scientifici operanti in Toscana, per avere un valido supporto scientifico nelle operazioni di monitoraggio e sorveglianza.
Il piano approvato dalla Regione ha quindi il compito di continuare questa azione preventiva alimentandola anche con iniziative di comunicazione: per esempio sono previste campagne di informazione nei punti di ingresso in Toscana (porti ed aeroporti); inoltre con le pagine fitosanitarie del sito della Regione Toscana viene svolta una informazione capillare per consentire ai cittadini ed ai visitatori di essere consapevoli e segnalare eventualmente casi sospetti da approfondire con controlli specifici. Inoltre, per far fronte al pericolo, è stato predisposto anche piano di emergenza da mettere in atto immediatamente nel caso che fosse riconosciuto un focolaio dell'infezione sul territorio regionale.
I risultati del monitoraggio nel 2016 aiutano a comprendere l'entità delle azioni che vengono messe in atto, attività che hanno consentito di dichiarare la Toscana "area indenne da Xylella fastidiosa". Nel corso di un anno sono stati effettuati 1204 sopralluoghi di cui 516 in vivai e garden e 688 in "altri siti" (ben 301 in oliveti). Sono stati prelevati e analizzati 3633 campioni da 54 specie vegetali che possono essere interessate all'infezione del batterio, fra le quali l'olivo ma anche l'oleandro, la ginestra, la polygala. Inoltre è stato effettuato un monitoraggio su insetti vettori con un prelievo totale di 649 campioni. Complessivamente il numero dei campioni prelevati e analizzati sul territorio regionale, nel corso dell'anno 2016, è stato di 4312 (3663 vegetali + 649 insetti). Tutti i campioni hanno dato risultato negativo.
 
Redazione

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Arriva la certificazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per le bottiglie di olio extra vergine di oliva garantite dal marchio di tracciabilità 100% qualità italiana di Unaprol, che sottolinea l'importanza di questo accordo storico.

Si tratta della prima certificazione di prodotto in Italia che scaturisce tra un'Agenzia pubblica ed il più grande consorzio privato di olivicoltori europeo. L’accordo storico è stato illustrato ieri, lunedì 8 maggio, alla stampa ed ai buyer, a Milano, nel corso della serata dedicata da Unaprol e "Tuttofood" con la collaborazione di Agenzia ICE alla biodiversità dell’olio extra vergine di oliva italiano.
L’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato rafforza con questa certificazione di garanzia la tutela del vero olio I.O.O.% qualità italiana di Unaprol in tutto il mondo.
 
Redazione

Intervista al microbiologo Domenico Prisa sul suo approccio ecosostenibile all’olivicoltura e all’agricoltura in generale, per cui ha coniato il termine “micronaturale”. Quali vantaggi? «miglioramento della qualità del terreno e della pianta, della resa e della protezione, della tutela dell’ambiente e delle persone».

Venerdì 6 maggio all’Istituto tecnico agrario Anzilotti di Pescia ha tenuto, di fronte a una sala conferenze affollata, un seminario intitolato “Agricoltura micronaturale nell’oliveto”. Un incontro organizzato da Cia Pistoia e Strada dell’olio borghi e castelli della Valdinievole in collaborazione con Collegio interprovinciale dei periti agrari di Lucca, Pisa, Pistoia, Livorno e Massa Carrara e Ordine degli agronomi della Provincia di Pistoia.
Stiamo parlando di Domenico Prisa, un giovane e pluripremiato ricercatore di Biotecnologie vegetali e microbiche che si è formato nelle università di Pisa e adesso collabora con vari centri di ricerca - fra cui il Crea-of (Centro di ricerca per l’ortoflorovivaismo) di Pescia (ex Cra-viv) – oltre a svolgere attività di consulenza e di formazione, come l’appuntamento di venerdì scorso. 
Floraviva lo ha voluto intervistare, in seguito al seminario all'Anzilotti, per capire meglio le ragioni e i principi del suo approccio ecosostenibile all’olivicoltura, chiarendo così anche il significato del termine “micronaturale”, ancora relativamente sconosciuto a molti agricoltori e non solo.
Può descriverci sinteticamente il suo metodo a partire dalla definizione di “micronaturale”?
«”Micronaturale” è un termine coniato come alternativa a biologico. “Biologico” è una parola che fa pensare a chi la utilizza che non fa male, in realtà non è così. Io ho quindi scelto il termine “micronaturale”, con “micro” che deriva da microrganismi, i quali hanno un’azione di stimolazione delle piante e di induzione di resistenza delle difese naturali, e “naturale” che si riferisce a quelle sostanze, praticamente estratti naturali delle piante e rocce vulcaniche, che hanno un effetto sia di barriera contro gli insetti sia di induzione delle difese».
Un aspetto del suo approccio, messo in evidenza nella sua relazione, è l’attenzione all’apparato radicale, su cui il meccanismo della colonizzazione dei microrganismi agisce…
«Sì, l’apparato radicale è fondamentale per l’assorbimento di acqua e nutrienti, quindi quando la pianta assorbe bene acqua e nutrienti è più vigorosa a livello fisiologico, e poi i microrganismi sono fondamentali per la stimolazione del sistema di difesa. I microrganismi che colonizzano la radice permettono una maggiore efficienza della pianta. Agire a livello radicale è poi fondamentale perché quando tu vai a trapiantare le piante, il fatto di avere una radice più efficiente gli permette di superare meglio gli stress idrici e di temperatura. Per quanto riguarda la colonizzazione del terreno, quando io vado a inoculare un determinato ceppo [di microrganimi, ndr], se mi colonizza quella zona dove io lo vado a mettere, gli altri ceppi che sono presenti nel suolo non riescono ad andare in quell’ambiente lì. Quindi crei una sorta di barriera dove tutte le sostanze che sono all’interno di quel settore lì arrivano alla pianta, cosa che normalmente non succederebbe».
E qual è la funzione degli estratti vegetali e minerali nel suo metodo?
«Gli estratti vegetali hanno sia un’azione diretta di repellenza e semi antibiotica nei confronti degli insetti e funghi sia un’azione indiretta sulla pianta, perché la pianta li percepisce come un possibile patogeno e mette in atto la produzione di una serie di sostanze simili ai nostri anticorpi, che poi quando arriva realmente il patogeno, le permette di difendersi».
Creano una difesa immunitaria…
«Incrementano il sistema immunitario delle piante. I microrganismi e gli estratti naturali hanno un’azione di stimolazione del sistema immunitario e un incremento dei metaboliti secondari, le zeoliti invece creano una barriera sulle foglie, una barriera meccanica che ti fa da repellente quando l’insetto vuole aderire alla foglia o la spora del fungo vuole germinare. Solitamente vengono utilizzati in associazione».
Il suo metodo è compatibile con le tecniche convenzionali?
«Questa tecnica, che io ho definito micronaturale, si può utilizzare in combinazione con quello che un coltivatore fa normalmente, prendendo alcuni aspetti di essa, oppure adottandola in alcuni momenti. Ad esempio, si può adottare questa strategia e fare ricorso ai prodotti chimici di sintesi solo nell’eventuale momento del bisogno. Ma si possono anche utilizzare questi metodi micronaturali solo in certe fasi della coltivazione normale».
Passando ai risultati, ha illustrato alcuni test fatti negli oliveti con queste tecniche: come sono andati?
«Sono diversi anni ormai che ci lavoriamo in sud Italia e nel centro Italia, in particolare qui in Toscana, ma anche nel nord Italia, e su varie specie di piante. Oggi abbiamo parlato dell’olivo, però si lavora sul melo, sulla vite ecc…». 
Restando all’olivo.
«Sull’olivo si è riscontrato, ad esempio, un minore attacco o nessun attacco da parte della mosca…». 
In che cosa consistevano i trattamenti contro la mosca?
«Solitamente il protocollo prevede una miscela di microrganismi, di zeoliti e di estratti, realizzata in base alla tipologia di problema. E una volta ogni 20 giorni queste miscele vanno spruzzate sia sull’apparato fogliare che sul terreno. Si hanno tutti gli effetti prima descritti. Nei confronti della mosca la zeolite e gli estratti naturali fanno da repellente sia come meccanismo meccanico ma anche a livello olfattivo».
I risultati?
«Solitamente si hanno effetti pari ai prodotti sintetici oppure in alcuni casi anche migliori. Dipende dall’ambiente in cui lavori. Il vantaggio principale di queste tecniche è che non vai ad uccidere: queste tecniche qui hanno il compito di creare repellenza senza uccidere i patogeni, così non si generano poi delle forme più pericolose e resistenti dei patogeni».
Un altro aspetto importante del suo metodo sono i substrati innovativi per gli oliveti.
«Attualmente sto collaborando anche con dei coltivatori di Pescia, però sono diversi anni che lavoro con aziende di Livorno e Volterra. L’obiettivo è sempre stato recuperare materiali di scarto, come compost verdi, compost misti, scarti delle centrali a biogas, e fare delle miscele con le zeoliti e i microrganismi per ridurre la torba, perché è un materiale che andrà ad esaurirsi e poi il prelievo di torba è un danno all’ambiente. Quindi facendo queste miscele si ottengono substrati a zero torba e recuperando anche dei materiali di scarto »
Oltre a sostituire la torba, hanno altri vantaggi questi substrati alternativi?
«I substrati alternativi permettono anche di recuperare gli scarti e quindi di creare un substrato praticamente a costo zero. Ad esempio prendi i materiali di scarto delle potature, dell’erba e li fai compostare per tre quattro mesi e crei un substrato simile a quello della torba. E poi fai delle miscele a varie percentuali e crei una matrice che può essere utilizzata per la coltivazione delle piante».
Ha parlato anche di corridoi di biodiversità, cioè dell’uso di altre piante all’interno degli uliveti: di che si tratta?
«In generale, quando si lavora sulla monocoltura, quando tu fai la difesa, se tu uccidi un insetto, poi l’insetto si specializza su quella specie lì. Cosa diversa se invece all’interno dell’appezzamento metti differenti tipi di coltivazioni. Maggiore biodiversità c’è sul terreno, maggiore è il controllo degli insetti, perché su determinate specie di piante si sviluppano gli antagonisti dei patogeni».
E tutto ciò non è a svantaggio della produttività?
«No, è a favore della produttività, perché solitamente queste piante rilasciano nel terreno degli essudati che permettono di stimolare lo sviluppo delle piante che stanno accanto. E addirittura rilasciano sostanze che fanno controllo biologico dei patogeni tellurici, quelli del terreno che vanno ad attaccare le radici»
Nel seminario ha fatto un esempio di protocollo per la coltivazione dell’olivo. Chiaramente va adattato alle differenti situazioni, però come può essere sinteticamente spiegato?
«Solitamente quando si fa un protocollo bisogna lavorare molto sulla sostanza organica, sulla concimazione organica del terreno, visto che solitamente i terreni hanno come problematiche: 1) il ph che tende a salire, e questo fa sì che la pianta non assorba gran parte dei nutrienti; 2) l’eccessiva salinità, cioè quando aumenta la conducibilità elettrica, gli apparati radicali vanno in stress; 3) la mancanza di microfauna. Quindi quando tu vai a fare le letamazioni e dai sostanza organica hai un vantaggio, perché le letamazioni acidificano il terreno ti danno la sostanza organica e in un certo modo ti danno anche i microrganismi che sono utili per il trasferimento delle sostanze nutritive alla pianta. Per cui generalmente la concimazione organica la fai due o tre volte l’anno. E poi pensi al discorso difesa, che fai con dei trattamenti per spruzzatura di miscele di zeoliti ed estratti delle piante e microrganismi, lavorando alternativamente sui patogeni fungini e patogeni da insetti, modificando gli estratti e le quantità in base al patogeno che vuoi colpire. Però più o meno la miscela è sempre la stessa e la applichi mensilmente. Lavorando magari anche in periodi in cui normalmente un coltivatore, viste le temperature, non lavora, ma lo fai per dare prima le spore sul terreno. Dal momento che si lavora sulla competizione fra microorganismi, bisogna che la lotta fra patogeni e antagonisti parta alla pari. Quindi si rilasciano i microrganismi quando i patogeni sono fermi, così poi quando le temperature si alzano, partono tutti insieme e la lotta è pari e si ha un controllo migliore».
La massima attenzione è sempre sul terreno…
«La maggior parte delle malattie delle piante sono dovute allo stress di tipo radicale e se si fanno delle valutazioni delle piante, si vede che le malattie si manifestano a livello radicale due mesi prima rispetto alle manifestazioni fogliari. Quindi per me la radice è come il nostro intestino, perché quando lì l’equilibrio microbico è a posto tutto il sistema degli anticorpi e il sistema immunitario è al cento per cento. Lo stesso per le radici. Quindi meno alteri gli ambienti meglio è. Il professionista è colui che riesce a produrre adattandosi alle esigenze delle piante, senza forzarle o alterarle».
Ultimo punto: lei ha detto che con questi metodi di coltivazione aumentano anche i polifenoli dell’olio prodotto. Perché?
«Quando lavori con determinati ceppi di microrganismi, quando vanno a colonizzare gli apparati radicali delle piante si ha un incremento di alcuni metaboliti secondari, che sono solitamente le sostanze utilizzate dalla pianta per la difesa, fra cui i polifenoli, gli antociani, i carotenoli… Quindi se tu vai a farle colonizzare da un microrganismo che è un mancato patogeno, perché noi sappiamo che sono microrganismi simbionti ma la pianta all’inizio li vede come un attacco, le piante per potersi difendere aumentano la produzione di queste sostanze, che poi vanno a finire nel prodotto finale. Quindi sull’olivo, sulla vite, sulle aromatiche. Sui fiori, ad esempio, aumentano gli antociani e quindi aumentano le colorazioni».
Concludendo, come riassumerebbe in una frase i vantaggi dell’olivicoltura micronaturale?
«I vantaggi sono il miglioramento della qualità a livello del terreno, della qualità della pianta, della resa e della difesa delle piante, e, secondo me la più importante, della tutela dell’ambiente e delle persone».
 
Lorenzo Sandiford

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Sono 23 gli oli extravergini di oliva che rappresentano l'eccellenza in Toscana e che da ieri sono ambasciatori della produzione olearia nelle iniziative promozionali in Italia e all'estero. I 23 oli sono stati scelti fra i campioni presentati alla "Selezione regionale degli oli extravergini di oliva 2017".

Ieri, mercoledì 3 maggio, a Firenze la selezione è stata ufficialmente presentata nel corso di una conferenza stampa cui è seguita una degustazione di quegli oli (12 in tutto), che oltre a essere stati inseriti nella selezione, hanno ricevuto anche una menzione speciale dimostrandosi eccellenze tra le eccellenze.
«Questa iniziativa – ha sottolineato l'assessore regionale all'agricoltura Marco Remaschi in un messaggio trasmesso ai premiati e a tutti i presenti (l'assessore non era presente per un impegno istituzionale sopraggiunto all'ultim'ora) – ha lo scopo da una parte di individuare quegli oli che per le loro caratteristiche possono rappresentare al massimo livello tutta la nostra produzione e dall'altra, di stimolare lo sforzo delle imprese olivicole al continuo miglioramento della qualità del prodotto.» «Inoltre la selezione, che è riservata agli oli certificati DOP e IGP, vuol incentivare l'uso di questi strumenti di valorizzazione che garantiscono il consumatore quanto a qualità e legame col territorio.»
Alla selezione, bandita nel Febbraio 2017, hanno potuto partecipare tutti i produttori toscani di oli extravergini di oliva certificati in una delle 5 Dop e Igp registrate per la Toscana, presentando campioni di olio facenti parte di un lotto unico ed omogeneo di almeno 10 quintali. Ogni impresa aveva la possibilità di partecipare con un massimo di 3 oli. Per effettuare l'analisi sensoriale sui campioni, necessaria alla realizzazione della selezione, è stata costituita un'apposita Commissione regionale di assaggio che ha valutato gli oli.
I 23 oli selezionati, anche se non numerosi (anche perché nella campagna 2016/2017 la produzione complessiva regionale è risultata particolarmente scarsa), rappresentano dunque il meglio della produzione regionale per l'ultima campagna olearia, ottenuta attraverso una particolare attenzione dedicata dalle aziende alle fasi di coltivazione, raccolta, trasformazione, conservazione e confezionamento del prodotto.
Tra i primi strumenti per la diffusione delle selezione oggi è stato presentato il catalogo bilingue (italiano e inglese) che diventerà uno strumento per la promozione in Italia ed all'estero della produzione olearia di qualità della Toscana. L'esordio internazionale della selezione è previsto alla Fiera "Tuttofood", che si svolgerà a Rho-Milano dall'8 all'11 maggio prossimi.
In Toscana sono oltre 50.000 le aziende che hanno al loro interno una produzione di olio  su una superficie di 91.707 ettari. Dagli oltre 15 milioni di piante viene estratta una produzione media di 180.000 quintali annui con forti variazioni da un anno all'altro (circa il 3% della produzione regionale). Il valore complessivo della produzione (tenuto conto di queste oscillazioni) è di circa 132 milioni di euro (4,9% della produzione agricola regionale).
Tra i numeri del mondo olivicolo toscano occorre ricordare anche i frantoi in attività (sono circa 350), gli assaggiatori d'olio (oltre 700) e il vivaismo olivicolo (quest'ultimo, concentrato prevalentemente a Pescia, rappresenta una quota rilevante della produzione nazionale. Consistente anche la quota di olio biologico: circa 7.000 quintali prodotti da 1.860 aziende su una superficie di 8.338 ettari.
 
Redazione

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L’iniziativa dello scorso giovedì, 27 aprile, per i quarant'anni di Cia al Parlamento Ue ha voluto ricordare anche lo storico presidente della Confederazione e il suo apporto alle politiche europee e mediterranee di settore. Tanti gli ospiti, da Sassoli a Castiglione a Cozzolino. Il presidente Scanavino: «Più Europa dei Popoli, ora è il tempo della responsabilità.»

Un’Europa unita e un Mediterraneo coeso e integrato anche grazie all’agricoltura. Giuseppe Avolio, storico presidente della Confederazione, ne era convinto già 25 anni fa ma il suo pensiero oggi risuona ancora più attuale. Perché, in una fase difficile come quella che sta attraversando l’Unione, tra Brexit e correnti anti-euro, c’è bisogno di un nuovo sogno europeo al cui interno il settore primario rappresenti un elemento di coesione e di crescita. Per questo la Cia-Agricoltori Italiani ha deciso di cominciare le celebrazioni ufficiali per i suoi quarant’anni a Bruxelles, con un’iniziativa al Parlamento Ue dedicata ad Avolio e l’Europa.
Un’occasione per guardare al passato e creare le basi per un futuro stabile e solido, commemorando Avolio che, prima da parlamentare e poi da presidente della Cic (divenuta poi Cia), si è impegnato con forza per la costruzione di un’Europa unita e democratica, che «può veramente costituire una cerniera di relazioni commerciali più regolari e meno distorsive -affermava nel 1988- e concorrere a creare le condizioni necessarie di un nuovo ordine tra gli Stati e tra i popoli della terra».
Particolarmente attento alle evoluzioni dell’area mediterranea, Avolio propose la costituzione del Comitato mediterraneo in seno alla Fipa e nel 1992 ne diventò presidente, intravedendo in quel bacino una zona strategica di sviluppo e non una minaccia. L’agricoltura e il cibo hanno assunto in quel contesto il ruolo chiave di strumento diplomatico per la costruzione di relazioni pacifiche e per la progettazione di una nuova politica, favorendo anche il dialogo tra agricoltori palestinesi e israeliani. «E’ economicamente più vantaggioso per tutti sviluppare e mantenere buone relazioni tra gli Stati dell’area mediterranea che mettere in piedi barriere di protezione che potranno sempre essere scavalcate -era l’idea di Avolio, com’è stato ricordato durante l’iniziativa-. Sulla via della collaborazione si potrà camminare più speditamente, utilizzando l’agricoltura come punto d’appoggio per altre, più globali, intese».
Proprio questo pensiero, la necessità di creare le condizioni di una progressiva integrazione, limitando gli approcci nazionalistici, contrattando consensualmente gli spazi di mercato, è quello che serve oggi per rilanciare il progetto europeo e le politiche per il Mediterraneo. Anche rispetto ai flussi migratori. «Ora è il tempo della responsabilità -ha detto il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Serve più Europa e più Europa dei popoli».   
Hanno partecipato ai lavori il vicepresidente del Parlamento europeo David Sassoli; l’europarlamentare Andrea Cozzolino; il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe Castiglione e il segretario generale di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso. Presentate le relazioni di Emanuele Berardi “Avolio per una politica agricola europea e mediterranea” e di Francesco Serra Caracciolo “Il rapporto di Cia con le organizzazioni agricole europee e mondiali”. Completano la tavola dei relatori i vicepresidenti nazionali della Cia Cinzia Pagni, Alessandro Mastrocinque e Antonio Dosi.   
 
Redazione