Filiera olivo-olio

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che oggi, nella riunione del Comitato Fitosanitario Permanente di Bruxelles, è stato approvato il testo di modifica delle misure europee di emergenza per la gestione delle aree contaminate dalla Xylella fastidiosa: arriva così l’ok definitivo al reimpianto olivi.

Le nuove disposizioni introdotte tengono conto delle richieste avanzate dall’Italia e prevedono: la possibilità di reimpianto delle specie ospiti nella zona infetta (ad esclusione degli ultimi 20 km più a nord); la possibilità di non abbattere le piante monumentali risultate non contaminate che si trovano nei 100 metri da una pianta infetta, a patto che venga protetta dal vettore e ispezionata periodicamente; la libera movimentazione dalla zona demarcata delle tre varietà di vite risultate non suscettibili (Negramaro, Primitivo e Cabernet Souvignon).
«Si tratta di un risultato importante – afferma il ministro Maurizio Martina - ottenuto grazie al costante lavoro diplomatico fatto in queste settimane a Bruxelles. Ora dobbiamo ripartire, guardando al futuro dell’olivicoltura e dell’agricoltura salentina. Bene anche le misure di protezione rispetto alle importazioni dall’estero che danno più garanzie di sicurezza».
Stabilito il rafforzamento delle ispezioni nei siti di produzione europei che coltivano sei specie, tra cui olivo, oleandro e mandorlo, identificate come ad alto rischio a causa dell’elevata sensibilità al batterio.

Redazione

Si terrà a Pisa dal 18 al 20 ottobre 2017 il IV convegno Nazionale dell'Olivo e dell'Olio, organizzato nell'ambito del gruppo di lavoro SOI dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università degli Studi di Pisa e dall'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa con il contributo del Gruppo di Lavoro Olivo e Olio della SOI.

Il convegno è patrocinato dall’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio di Spoleto, dall'Accademia dei Georgofili e da Regione Toscana. Durante la tre giorni tecnici, ricercatori, imprenditori ed amministratori presenteranno i risultati del proprio lavoro e discuteranno su importanti temi della filiera olivicola-olearia: biologia e biotecnologie, vivaismo, tecnica colturale, meccanizzazione, difesa, tecnologie estrattive e di conservazione, mercato e valorizzazione dei prodotti e dei sottoprodotti.
Il programma del Convegno si articolerà in relazioni ad invito, comunicazioni orali e poster selezionati dal Comitato Scientifico, e visite di interesse tecnico-scientifico.
Qui la scheda di iscrizione da scaricare e compilare per partecipare al Convegno.

Redazione
La campagna 2016-2017 del settore dell’olio di oliva si archivia come la peggiore degli ultimi decenni. Secondo la stima Ismea su dati Agea la produzione si è attestata a 182 mila tonnellate, con un calo del 62% rispetto all’annata precedente. Un dato ben peggiore delle già basse stime realizzate in corso di campagna.
La scarsa produzione ha condizionato notevolmente sia il mercato interno, con prezzi all’origine dell’extravergine che, in alcuni periodi, hanno superato i 6 euro/kg, come media nazionale, sia gli scambi con l’estero, che nei primi quattro mesi del 2017 hanno registrato una flessione del 19% dei volumi esportati e un contemporaneo incremento del 20% degli acquisti, soprattutto di olio di provenienza spagnola.
La campagna di raccolta 2017/18 si prospetta più abbondante di quella precedente ma risentirà certamente degli effetti di un inverno particolarmente rigido, seguito da gelate primaverili e siccità estiva.
 
Redazione
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ll Consorzio nazionale degli olivicoltori (Cno) e l’Unione nazionale produttori olivicoli (Unasco), due delle maggiori organizzazioni italiane di olivicoltori, hanno avviato le procedure per arrivare alla fusione. Nascerà quella che l’Ansa ha definito «una maxi unione di coltivatori e produttori olivicoli»: la più grande in Italia. Pari a oltre 300 mila olivicoltori per una superficie di oliveti di quasi 390 mila ettari. 
L’annuncio dell’imminente fusione è stato dato nei giorni scorsi, a margine dell’incontro organizzato da Unasco a Telese Terme (Benevento) sul tema “Storia dell’olivicoltura di domani. Tracciamo insieme il nostro futuro”, dai presidenti di Unasco Luigi Canino e di Cno Gennaro Sicolo, che hanno ricevuto mandato a tal fine dalle assemblee delle rispettive organizzazioni. La decisione, che rafforza la voce dei produttori di olio extravergine di oliva, contribuisce a dare un forte impulso di convergenza verso un sistema Italia per l'EVO made in Italy, di cui è espressione la Filiera olivicola olearia italiana (Fooi), l’organizzazione interprofessionale dell’olio d’oliva e delle olive da tavola costituita verso la fine del 2016 dalle sigle del tavolo di filiera: Aipo, Cno, Unapol, Unasco e Unaprol per le associazioni di organizzazioni di produttori, Federolio per la federazione nazionale del commercio oleario, Assitol per l’associazione italiana dell’industria olearia, Aifo e Assofrantoi per il settore della prima trasformazione.
«Abbiamo ricevuto mandato nelle rispettive sedute assembleari di sviluppare tramite i cda il percorso di unificazione delle nostre organizzazioni – hanno sottolineato Luigi Canino e Gennaro Sicolo - perché siamo convinti che sullo scenario internazionale e ai tavoli istituzionali governativi, solo una compiuta visione strategica condivisa possa determinare il rilancio di un settore che connota l'agricoltura italiana, e con essa il nostro territorio, la nostra tradizione, la nostra capacità come Paese di essere attrattivi verso i flussi turistici internazionali, sempre più esigenti e concentrati sulla qualità».
 
L.S.

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Le autorità spagnole hanno confermato il primo rilevamento del batterio Xylella fastidiosa nella penisola iberica, in una piantagione di mandorli nel comune di Guadalest, a circa due ore di macchina da Valencia. Nessun olivo infetto però: analisi su campioni prelevati nelle vicinanze dei mandorli hanno dato esito negativo.

Finora, in Spagna la Xylella era stata rilevata solo nell'isola di Maiorca. Ma le autorità hanno riscontrato un primo rilevamento del batterio in una piantagione di mandorli nel comune di Guadalest, a circa due ore da Valencia.
Le autorità locali applicheranno le misure di eradicazione Ue, con la distruzione delle piante infette e di quelle suscettibili di infezione nel raggio di cento metri.
Si sono effettuate inoltre analisi su campioni prelevati da olivi, poco distanti dai mandorli colpiti dal batterio, e hanno dato esito negativo. A livello europeo, una modifica della decisione con le misure di contrasto al batterio è attesa non prima di settembre.
 
Redazione

Pietro Barachini, titolare di Spo, sul modello di filiera olivicola su cui puntare in Italia. Per lui la qualità dell’olivicoltura è compatibile con gli impianti di olivi intensivi (da 400 a 600 piante ad ettaro), ma non con gli oliveti super intensivi (da 1300 per ha) che comportano sistemi di subirrigazione tali da ridurre il contenuto di polifenoli dell’olio. Ogni regione dovrà avere i suoi olivi autoctoni e gli oli prodotti dovranno essere certificati e ben riconoscibili in bottiglia.

iolive, spo, pescia, olivicoltura«L’Italia ha un milione di ettari a oliveto. Circa il 40% di questa superficie è abbandonato. A livello quantitativo delle produzioni non possiamo competere con gli altri Paesi leader dell’olivicoltura. Per cui non esisteremmo a livello di settore dell’olio d’oliva se non avessimo il patrimonio varietale che abbiamo, unico al mondo. Il nostro patrimonio varietale di 586 cultivar offre un contenuto qualitativo dal punto di vista organolettico e dei polifenoli che lo rendono il migliore in assoluto. Quindi l’opportunità è quella».
E’ quanto affermato da Pietro Barachini, titolare di Spo, la Società pesciatina di orticoltura, una delle realtà che fanno parte del Coripro, il 7 luglio al Crea-of di Pescia a latere dell’incontro “Il vivaismo olivicolo tra norme e qualità: innovazione, qualificazione e competitività della filiera olivicola” (vedi nostro servizio). Durante il suo intervento (non programmato) all’incontro aveva evidenziato che «l’Italia ha bisogno di ricostruire la base produttiva» e che «in Puglia andrà portato un milione di piante, speriamo di qualità».
Il vivaismo olivicolo ce la farà a fornire tutte queste buone piante di olivo alla Puglia? E come rispondere ai cali produttivi di olio extravergine di oliva in Italia dovuti alle superfici di oliveti abbandonate?
«L’importante – dice Barachini - è gettare le basi per ricostruire il materiale vegetale autoctono della Puglia o di altre regioni con un sistema di certificazione collaudato o anche innovazioni. Chiaramente, sul fronte produttivo, si tratta anche di restringere il sesto, arrivare a 500, 600 piante a ettaro, ma non certo arrivare a 1300 o 1400».
Ma questo modello da 500 o 600 piante a ettaro non lo definirebbe intensivo o almeno più intensivo?
«Il modello intensivo è stato già classificato. Da non confondere con il super intensivo. Un modello intensivo va da 400 a 600 piante a ettaro, è meccanizzabile e a risparmio idrico».
Dunque questo modello di olivicoltura le sta bene?
«Certo, l’importante è mantenere il panorama olivicolo italiano unico al mondo creando reddito. Ricordiamoci che un impianto a intensità maggiore comporta una fertirrigazione ed una subirrigazione. E ciò a sua volta comporta un livello di attenzione elevato con rischi altissimi di mancata produzione e, se non controllato, si avrà una discesa drastica di livello dei polifenoli dell’olio prodotto, indipendentemente dalla cultivar, perché con quei sistemi di irrigazione si va a dilavare il contenuto dei polifenoli..»
..invece con quel modello intensivo..
«..con quel modello si riesce a mantenere l’autenticità e il livello salutistico dell’olio extravergine».
Su quali cultivar converrebbe puntare in tale ottica?
«Sto portando avanti anche quel discorso lì. Ora è il momento di ricostruire le cultivar. Il progetto per cui ci stiamo adoperando, anche con il Ministero delle politiche agricole, è quello di ridonare ad ogni regione olivicola le proprie cultivar autoctone e in qualche modo tenerle lì dentro».
Ma non mancano le piante madri per farlo?
«Le piante madri ci sono. Ci sono più di 1000 cloni».
Ma con ricostruire che cosa intende? Si riferisce alla necessità di fare ordine di cui ha parlato Tommaso Ganino (vedi nostro servizio)?
«C’è bisogno di fare ordine. Il punto di partenza è fitosanitario. C’è bisogno di lavorare insieme (con il Cnr, i campi di ricerca e campi-collezione) a una certificazione di filiera che riguarderà la pianta e anche l’olio. Per ricostruire quel patrimonio vegetale che poi, spero, andremo a ridonare ad ogni regione. Si immagini che in questo modo potremo poi andare in qualsiasi regione italiana e trovarci davvero un vero olio autoctono..».
..comunque ricostruire vuol dire fare ordine e far sì che nei campi di piante madri, tipo quello del Coripro, ci siano ancora più piante e classificate meglio? o sbaglio?
«Sì, però questo lavoro va fatto tutti insieme».
Ma voi qui in Toscana con il Coripro siete già a buon punto?
«Siamo già a buonissimo punto..»
..ne avete 5 di cultivar già a posto con la certificazione virus esente?
«Sì, 5 cultivar già certificate virus esenti e ne stanno arrivando altre 8…»
…al momento sono ancora nel campo di premoltiplicazione queste otto?
«Sì, certo. Ma più che altro vorremmo dare l’input, speriamo tutti assieme, perché siamo aperti a tutti, di costruire un modello di certificazione, perché abbiamo scoperto che lo stesso modello di certificazione che vale per la pianta può essere applicato anche all’olio. E questo con vantaggi di sicurezza sia a livello agronomico sia a livello salutistico del consumatore».
Questo è un passo successivo..
«..partire da un modello esistente di certificazione è importante perché poi dopo lo possiamo abbinare a un modello successivo e creare una tracciabilità di filiera, perché il consumatore deve poter capire che cosa ha davanti dalla bottiglia: non siamo purtroppo tutti esperti, non capiamo ancora la qualità dell’olio, e c’è quindi bisogno di fornire conoscenze in proposito, dobbiamo comunicarla e certificarla la qualità».
 
Redazione