«L’olivicoltura punti sulla qualità delle sue cultivar. Sì all’intensivo, no al super intensivo»
- Andrea Vitali
Pietro Barachini, titolare di Spo, sul modello di filiera olivicola su cui puntare in Italia. Per lui la qualità dell’olivicoltura è compatibile con gli impianti di olivi intensivi (da 400 a 600 piante ad ettaro), ma non con gli oliveti super intensivi (da 1300 per ha) che comportano sistemi di subirrigazione tali da ridurre il contenuto di polifenoli dell’olio. Ogni regione dovrà avere i suoi olivi autoctoni e gli oli prodotti dovranno essere certificati e ben riconoscibili in bottiglia.
«L’Italia ha un milione di ettari a oliveto. Circa il 40% di questa superficie è abbandonato. A livello quantitativo delle produzioni non possiamo competere con gli altri Paesi leader dell’olivicoltura. Per cui non esisteremmo a livello di settore dell’olio d’oliva se non avessimo il patrimonio varietale che abbiamo, unico al mondo. Il nostro patrimonio varietale di 586 cultivar offre un contenuto qualitativo dal punto di vista organolettico e dei polifenoli che lo rendono il migliore in assoluto. Quindi l’opportunità è quella».