Filiera olivo-olio

olioscaffale

Così il presidente di Federolio, Francesco Tabano, fa emergere la necessità di allargare il tavolo di filiera anche ai rappresentanti della grande distribuzione. È impensabile per Tabano mettere in piedi qualsiasi strategia di rilancio dell'olio d'oliva senza coinvolgere la Gdo che veicola oltre il 70% delle vendite del comparto in Italia.

Francesco Tabano, direttore della business unit “olio” della De Cecco e da pochi mesi anche nuovo presidente della Federazione delle industrie e del commercio oleario, commenta l'ottimo risultato della nascita dell'associazione interprofessionale, spiegando come poter dare adesso contenuto a questo nuovo organismo.
Per uscire dal complesso rapporto fra Gdo e produttori di olio d'oliva, Tabano propone un accordo verso un prezzo medio stabile o con poche oscillazioni
Oggi oltre l'80% delle vendite in Gdo (che rappresenta il 70% del totale del comparto) è in promozione: il risultato è duplice, con prezzi a scaffale troppo alti e, allo stesso tempo, prezzi in promozione troppo bassi. Questa forte divaricazione dei prezzi porta il consumatore ad essere disorientato, anche a causa di una mancata comunicazione diretta. Per Tabano infatti si deve comunicare di più e meglio col consumatore finale, spiegando le differenze fra le diverse categorie e i differenti usi
Alcuni produttori dovrebbero poi cominciare ad accettare l'idea di essere estromessi da qualche catena per evitare il classico sovraffollamento negli scaffali d'olio d'oliva, rifiutando così la logica della promozione ad ogni costo. Tabano affronta poi anche l'annosa questione della quantità: l'olio italiano è un ottimo prodotto, ma che presenta un enorme difetto, non basta al fabbisogno. La soluzione è investire negli impianti di nuova generazione, intensivi, che secondo molte ricerche possono adattarsi alle varietà italiane. Per Tabano si deve anche lavorare per recuperare quella produzione olivicola che oggi realizza olio lampante, ma che potrebbe benissimo fare extravergine
Il presidente di Federolio si dichiara infine disponibile a riconoscere ai produttori una premialità per l'olio Made in Italy, ma questi devono impegnarsi a investirla nel miglioramento quantitativo e qualitativo delle proprie produzioni. 
 
Redazione

oliveto

Si chiama Fooi la società consortile che aggrega produttori olivicoli, industria, commercio e frantoi: dopo il varo del Piano Olivicolo Nazionale, atteso da anni, e le aperture del mondo agricolo ai blend cade così un altro tabù. È stata infatti recentemente istituita l'Associazione interprofessionale dell'olio d'oliva.

La nuova società consortile Fooi (Filiera olivicola olearia italiana) rappresenta un decisivo passo che finora era stato impossibile realizzare per le divisioni tra mondo dell'industria e produttori olivicoli, e tra questi ultimi. Il nuovo organismo rappresenterà dunque le istanze del comparto presso tutte le istituzioni nazionali, europee ed intergovernative
Fooi è formata dai produttori di Aipo, Cno, Unapol, Unaprol e Unasco, dall'associazione dell'industria olearia Assitol, dalla federazione nazionale del commercio oleario Federolio e dai frantoiani di Aifo e Assofrantoi.  In altri paesi e in altre produzioni agricole l'associazione interprofessionale è stata ed è strumento chiave, in Italia invece il gioco di squadra tra produttori, trasformatori e industria finora si era registrato solo per singole produzioni, spesso a Denominazione d'origine. Solo nell'ortofrutta e per i comparti cereali e latte si sono creati accordi di questo tipo.
La società consortile può invece svolgere compiti di rilievo, come definire contratti tipo (ad esempio per ciò che riguarda la cessione della materia prima dagli agricoltori all'industria), migliorare la commercializzazione, promuovere la trasparenza e la conoscenza del mercato.
Per Assitol questo importante accordo può contribuire al miglioramento del settore, offrendo anche una chance in più per rilanciare il Piano Olivicolo Nazionale verso un aumento delle quantità prodotte nei prossimi cinque anni
Per il ministro Martina si tratta di un passo decisivo per il futuro del settore, un vero e proprio risultato storico che può portare ad un reale sviluppo della produzione e dei mercati di una delle eccellenze del Paese.
 
Redazione

olio

L'olio spagnolo supera quello italiano e registra un picco di vendite sul mercato Usa, con un aumento di circa il 40%. Ma il primato nei valori è ancora italiano, la Spagna infatti non ha mai sorpassato l'Italia in questo senso. Resta da riflettere dunque sulla necessità di una politica di valorizzazione del nostro olio più attenta e innovativa sul versante dei contenuti identitari, legati al Made in Italy. 

Un vero e proprio boom degli oli spagnoli negli Usa con vendite aumentate di circa il 40%, anche se il primato nei valori resta ancora italiano. Il dato è stato certificato nei giorni scorsi dal Consiglio oleicolo internazionale che ha anche rilevato come la Spagna lo scorso anno abbia registrato progressi a doppia cifra in quasi tutti gli sbocchi commerciali. Il sorpasso spagnolo si era comunque già verificato anche nel 2014.
Tra ottobre 2015 e agosto scorso le spedizioni di oli di oliva spagnoli sul mercato Usa hanno registrato un progresso del 43% in un anno (fonte Coi). L'ufficio statistico americano nei suoi prospetti da gennaio a settembre 2016 riporta un incremento di quasi il 60% delle importazioni Usa di oli di oliva spagnoli, rispetto ai primi nove mesi dell'anno precedente. In termini assoluti si è arrivati a un quantitativo di 110mila tonnellate abbondanti, che si confronta con un volume di importazioni di oli italiani di poco più di 100mila tonnellate (+5%) su base annua.
Agli extravergini italiani non è però stato strappato dalla Spagna il primato in valuta: sarebbe dunque da riflettere sulla necessità di una politica di valorizzazione più efficace. Per quanto attiene ai flussi monetari, i dati dell'Us Census Bureau attestano infatti a poco meno di 430 milioni di dollari (+8%) la spesa per le importazioni di oli di oliva italiani; mentre per i prodotti spagnoli è risultata inferiore ai 420 milioni a tutto il mese di settembre (importo comunque lievitato in un anno di quasi il 70%).
La Spagna può vantare i suoi successi anche nel resto dei mercati extra-Ue: nel complesso ha infatti spedito un quantitativo di oli di oliva superiore del 20% rispetto a quello della precedente campagna, realizzando ottimi risultati anche in Cina con un +30%. Qui anche l'Italia è cresciuta, anche se a un passo più lento, con circa un +5%. 
 
Redazione

firenzeolio

Alla tavola rotonda dello scorso sabato 19 novembre, tenutasi a Firenze in occasione della Giornata nazionale degli Alberi e che aveva come tema l'olio e la sua valorizzazione, sono emerse le criticità del comparto, fra cui l'incapacità di rispondere al fabbisogno nazionale da parte della produzione italiana di olio. I giovani degli Istituti Tecnici Agrari presenti hanno chiesto come recuperare gli oliveti abbandonati e come utilizzare al meglio marketing e nuove tecnologie. 

“Un giorno dedicato all'olivo, all'olio e al suo territorio. Dalla Toscana, la valorizzazione nazionale dei prodotti” questo il titolo scelto per le riflessioni, moderate dalla giornalista TG5 Cesara Buonamici, e che si sono sviluppate lo scorso sabato 19 novembre al Palagio dei Capitani di parte Guelfa, in Piazza della Parte Guelfa a Firenze. Alla giornata hanno deciso di partecipare anche i soci produttori dell'Associazione Florovivaisti Pesciatini con le loro piante di olivo, che hanno allestito non solo la sala della tavola rotonda, ma anche l'ingresso del Palagio
vivaistipesciatiniolivoL'olio è per tutti i partecipanti una delle grandi eccellenze italiane, oltre che toscane, ma è rappresenta anche un settore pieno di criticità: si è allora parlato con Luca Sani, presidente Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, del Piano Olivicolo Nazionale, che intende sviluppare il settore puntando su due aspetti principali: aumento della produzione nazionale e crescita delle reti d'impresa. «Partendo dall'arrivo di Xylella che sta devastando la produzione pugliese e dal dato drammatico della produzione 2014 intendiamo rispondere alla crisi del settore che coinvolge in generale tutto l'agroalimentare». Sani ricorda che la produzione italiana non basta a soddisfare il fabbisogno nazionale: produciamo annualmente 400 mila tonnellate di olio extravergine di oliva, ma ne consumiamo circa 600 mila tonnellate e ne importiamo 700 mila. «Mancano all'appello circa 900 mila tonnellate. Non è allora possibile pensare che l'Italia da sola possa rispondere alla sua domanda. Dovremmo triplicare la produzione. Si deve puntare su una fascia di prodotto che non è tutto il fabbisogno nazionale» sostiene Sani. Oltre all'investimento di 32 milioni di euro, più i piani di sviluppo rurale nelle Regioni, il governo intende stimolare l'aggregazione delle produzioni. 
Giovanni Bettarini, assessore alle attività produttive del Comune di Firenze, ha ribadito che si sta parlando di un «patrimonio superlativo con cultivar articolate e storiche, ognuna delle quali risponde a un territorio, a un'idea». Si parte dunque da qui, cercando di capire come un Comune possa dare il suo contributo affinché questo patrimonio sia valorizzato, non solo dal lato promozionale. Firenze, ad esempio, è stato il primo Comune ad introdurre un regolamento per ristoranti e alimentari del centro storico, patrimonio Unesco, che disciplini la scelta di prodotti di qualità.
Leonardo Torrini, fiduciario della Condotta Slow Food Firenze, ha ricordato come all'olio dovrebbe spettare la stessa “fama” che oggi possiede il vino, passaggio che non è ancora avvenuto a causa dell'ignoranza legata a questo prodotto. «Come ci informiamo quando acquistiamo uno smartphone, altrettanto dovremmo fare con l'olio». L'impegno di Slow Food va allora proprio in questa direzione: informare ed educare i consumatori. Ma non solo Slow Food, anche da parte dei periti agrari c'è una forte sensibilità verso l'olivicoltura, come ha ribadito Filippo Ninci, del Consiglio Nazionale dei Periti Agrari, che sta attuando una formazione itinerante e nazionale ad hoc per tutti i tecnici sul tema olivo ed olio.
Oltre a formazione ed informazione, deve essere messa in campo una politica per il comparto. Francesco Ferrini, Accademia dei Georgofili, ha sostenuto con forza questo punto: «Gli olivicoltori all'estero sono più tutelati. L'Italia non ha mai fatto molto in questo senso.»
Si sono ricordate anche le grandi virtù dell'olio, ovvero le sue proprietà salutistiche rappresentate dalla dieta mediterranea, l'unica riconosciuta dall'Unesco e sostenuta da una vera e propria ricerca scientifica. «30 gr di olio extravergine al giorno fanno bene alla salute, per i giovani si può arrivare anche a 60 gr al giorno. Queste proprietà salutari sono oggi sancite da studi scientifici importanti» ha sottolineato Giacomo Trallori, medico gastroenterologo. Il valore salutare dell'olio sembra a volte non troppo apprezzato o conosciuto dal consumatore, che chiede spesso una giustificazione del prezzo della bottiglia di olio che intende acquistare. «Il prezzo è un falso problema. Chi chiede un giustificativo del prezzo allo smartphone o alla macchina? Il vero problema è che l'olio non è di moda.» dice Alberto Grimelli, direttore di Teatro Naturale, che prosegue affermando che ancora il consumatore non ha chiara la differenza fra l'olio primo prezzo e quello più alto. Bisogna insegnare allora come si utilizza un prodotto di qualità. 
Una soluzione potrebbe essere andare direttamente dai produttori per comprare l'olio, come sostiene Sonia Donati, coordinatrice Toscana Guida EVO Slow Food, al fine di comprendere appieno il lavoro che parte dalla pianta per poi arrivare all'imbottigliamento dell'olio extravergine. 
Altro grande ostacolo per le produzioni italiane sono le contraffazioni, Giuseppe Vadalà, Comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato, ricorda infatti che ancora c'è molto da fare in questo senso, per la tutela con certificazioni e per non creare sfiducia nel mercato, conseguenza inevitabile delle frodi. «La legalità paga e va fatto un gioco di squadra nazionale.» 
Tale gioco di squadra si trova davanti una grande sfida, ovvero far ripartire un comparto e far sì che questo crei reddito e che i consumatori ne possano apprezzare l'eccellenza. Anche gli studenti dell'Istituto Agrario di Firenze e di quello di Siena hanno manifestato la volontà di far ripartire il settore: Tobia di Siena ha chiesto come poter recuperare gli oliveti abbandonati. A lui rispondono il presidente Sani e Cesare Buonamici, fratello della giornalista Cesara e Guardia Forestale: bisogna prima di tutto capire se si può riscattare l'oliveto non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche produttivo. Poi andare sul sito di Regione Toscana e cercare la “legge 39/2000” e studiare le modalità di richiesta per il riscatto.
Tommaso, sempre dell'Istituto Agrario di Siena, domanda se per incrementare la produzione si possa far uso delle varietà spagnole, anche al fine di innovare. Il perito agrario Ninci risponde che bisogna sperimentare: si possono provare anche sistemi spagnoli di meccanizzazione sulle nostre cultivar. Per Grimelli invece l'innovazione non passa solo dalla riduzione dei costi, ma deve portare anche un valore aggiunto: per il direttore di Teatro Naturale si deve puntare ad una fascia di qualità. Infine, dall'Istituto Agrario di Firenze arriva la domanda sull'utilizzo intelligente del marketing al fine di uscire dalla crisi del settore. Per Grimelli la comunicazione a livello nazionale non si è dimostrata troppo efficace e si deve dunque puntare su una tarata sulle aziende, cercando di comprendere ancora una volta a chi il produttore intende rivolgersi, a quale consumatore. 
La mattinata si conclude con l'affermazione di tre parole chiave utili per far ripartire e sviluppare ulteriormente tutta la filiera: tracciabilità, tutela e qualità. 
 
Redazione

olio

Le previsioni produttive si attestano su 243.000 tonnellate, con un calo del 50% al Sud e del 40% al Centro rispetto al 2015, in controtendenza il Nord, per un calo totale nazionale del 49%. Tendenze al rialzo per i prezzi, con gli extravergine che già in ottobre avevano abbondantemente superato i 4 euro al chilo, per arrivare rapidamente ai 5,52 euro al chilo di metà novembre.

Con i frantoi in piena attività si concretizzano le aspettative negative degli operatori rispetto alla produzione di olio 2016. Ismea e Unaprol hanno, infatti, ridotto ulteriormente le previsioni produttive 2016 che, secondo i dati più recenti, si attestano a 243 mila tonnellate, circa la metà rispetto al dato dello scorso anno (474.620 tonnellate la produzione del 2015).
All’annata di “scarica”, strutturale dopo l’ottima produzione dello scorso anno che in alcune aree del Sud ha toccato livelli record, si sono purtroppo sommati gli effetti negativi di un clima decisamente avverso con bizzarre alternanze di caldo e freddo e piogge spesso inopportune.
Male il Sud, dove il -50% stimato ad oggi potrebbe risultare anche ottimistico: pesantemente in rosso tutti i bacini più importanti, come Puglia (-50%), Calabria (-53%) e Sicilia (-52%). Al Centro la flessione è di poco superiore al 40% (Toscana -35%, Umbria -38%).
In controtendenza il Nord, pur nelle limitate dimensioni della sua produzione, che mostra invece una progressione rispetto allo scorso anno sia perché le condizioni climatiche non sono apparse tanto sfavorevoli quanto al Sud, sia perché avendo dei bacini produttivi più contenuti è stato più semplice il controllo e la difesa dalle malattie. Male, invece, la Liguria (-50%).
La reazione dei mercati non si è fatta attendere con tendenze rialziste dei prezzi che hanno portato in media gli extravergine a 5,52 euro al chilo a metà novembre, ma con la piazza di Bari già oltre i 5,70 euro al chilo, quando a settembre le trattative si sono chiuse su valori attorno a 3,80 euro al chilo.
 
Redazione

olivetotoscano.jpg

Sabato 19 novembre a Firenze si parlerà dell'olivo e della sua valorizzazione nel convegno dal titolo: "Un giorno dedicato all'olivo, all'olio e al suo territorio. Dalla Toscana, la valorizzazione nazionale dei prodotti". L'appuntamento è per le ore 10.00 al Palagio dei Capitani di parte Guelfa, in Piazza della Parte Guelfa a Firenze con importanti interventi e l'esposizione delle piante di olivo dell'Associazione Florovivaisti di Pescia.

Il 19 novembre prossimo ricorre la “Giornata Nazionale degli Alberi” con l’obbiettivo, attraverso la valorizzazione e la tutela dell’ambiente e del patrimonio arboreo e dei boschi, di promuovere politiche di riduzione delle emissioni, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la protezione del suolo, il miglioramento della qualità dell’aria, la valorizzazione delle tradizioni legate all'albero nella cultura italiana e la vivibilità degli insediamenti urbani.
Proprio l'olivo è la pianta arborea simbolo dell'Italia ed è parte integrante e qualificante del paesaggio agrario italiano. Oggi più che mai rappresenta un patrimonio da difendere: non è possibile abbandonare le olivete collinari o pedemontane, che difendono l'Italia dal dissesto idrogeologico e proteggono i nostri suoli. 
Il convegno, organizzato dal Comune di Firenze, dal Corpo Forestale dello Stato e da Slow Food Firenze, sarà moderato da Cesara Buonamici, giornalista TG 5, parteciperanno poi: Giovanni Bettarini, Assessore Attività Produttive Comune di Firenze, Eugenio Giani, Presidente del Consiglio Regionale della Regione Toscana, Luca Sani, Presidente Commissione Agricoltura Camera dei Deputati, Giuseppe Vadalà, Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato, Raffaello Giannini, Accademia dei Georgofili, Sonia Donati, Coordinatrice Toscana Guida agli oli extra vergini di oliva Slow Food, Filippo Ninci, Consiglio Nazionale dei Periti Agrari, Giacomo Trallori, Medico gastroenterologo e Alberto Grimelli, Direttore di Teatro Naturale.
Ad allestire la sala del convegno gli olivi dell'Associazione Florovivaisti di Pescia.
 
Redazione