Durante un accertamento del CorpoforestaledelloStato, nell’ambitodeicontrolliatti al contrastoalladiffusione del batterioXylellafastidiosa, un vivaistadiOstuni (Ss) èstatosanzionato e denunciato: esponeva in venditapiante non accompagnatedall'obbligatoriopassaporto.
Il vivaista, durante un mercatino, avevaesposto per la vendita, quarantacinquepiante (dicuiquindicidiulivo, oltre ad oleandri, ciliegi, amarena e rosmarino), non accompagnatedalprescritto“passaporto”, obbligatorio per le specie potenzialiportatricidipatogenidainfezione. Il rivenditore non poteva in realtàottenereilrilasciodisuddettopassaporto, in quanto non iscrittoqualeesercente per l’attivitàvivaisticapresso la RegionePuglia. Per questo, oltre ad esseresanzionato al pagamentodiunasommadi 5.000 euro, èstatodenunciatoallaProcuradellaRepubblicadiBrindisi per diffusionecolposadimalattiedellepiante (art. 500 del codicepenale).
Si ètenutaieri, mercoledì 11 gennaio, la conferenzastampa per fare ilpuntosullasituazioneolivicolatoscana, allapresenzadell’AssessoreRegionaleall’agricoltura, Marco Remaschi, e del Co.Ri.Pro., Consorzio per la certificazionevolontariadellepiantediolivo, per cuièintervenutoilportavoceGiulianoIncerpi. L’olivicolturatoscana, da tempo attentaaicontrollinecessari per garantire la sua nota qualità, affrontaogginuovesfidefrainnovazione e storia.
La sfidadell'oliod'olivadiqualitàpassa per i vivaidiPescia: qui, daoltreduecentoanni, siproduconogliolivichehannodato e dannoun'improntainconfondibileall'olivicolturamoderna in tuttoilmondo. Bastipensareche a Pesciasiproduconotremilionidipianteall’anno e che circa un terzodellaproduzioneitalianaprovienedaquesta area, cheesporta per un terzoall’estero, per un terzosulterritorioregionale e per un altroterzo in Italia, frasud e nord. Co.Ri.Pro. informainoltreche, diquestaproduzionepesciatina, il 60% èdelle sue aziende: da tale datosembradunquecheilrestante 40% appartengaalleaziendeaderentiall'AssociazioneVivaistiPesciatini.
Regione Toscana segue dasemprel’evoluzione del vivaismopesciatino e più in generalediquelloitaliano, promuovendoiniziative e progettianche in collaborazione con il Co.Ri.Pro., Consorzio per la certificazionevolontariadellepiantediolivo.
Per l’assessore Marco Remaschisitrattadiunacollaborazionefondamentale per conoscere la realtàolivicolatoscana e capire come aiutarla a svilupparsi. Il lavoroche la Regionestafacendovaproprio verso unavalorizzazione del prodotto olio e più in generaledell’olivicoltura. Oltre ad essereunodei focus del Piano diSviluppoRurale 2014/2020, l’olio, ricordaRemaschi, possiede un pregiointernazionale e a livellostorico-paesaggistico.
Per manteneredunqueunaproduzionediqualità e non rinunciareall’identitàtoscana la Regionemette a supportodelleAzienderisorsespecifiche e «un’ottimaorganizzazione con controllocapillare: la nostraRegioneèinfatti leader per i controlliqualità» come ha ricordatoRemaschi.
Il Co.Ri.Pro., consorziovolontario no-profit, chesidichiaragiàoperante sotto altronome fin dagliannisettanta a Pescia, siinserisce in questo scenario per la produzionedipiantediolivo, in particolaredicinquevarietà: Frantoio, Leccino, Moraiolo, Maurino e Pendolino, chesonoanchegarantite “Virus Esente”, ovvero certificate esentida tutti i virus conosciuti. Questapregiatacaratteristicaè per Co.Ri.Pro. unagaranziadellasanitàdellapianta, ma anche del suovaloreidentitario, collegatoall’originevarietale. Nel 2014, inoltre, ilConsorzio ha registrato un marchio, “OlividiPescia”, a cuièstatocollegato un regolamentocheimpegna i vivaistiassociati a garantire la tracciabilità.
Oltre a questopercorsogiàaffermatoda circa quattroanni, il Co.Ri.Pro., ricordaGiulianoIncerpi, suoportavoce: «Si staponendodifrontenuovesfide: verificandonuovepratichediproduzione, testandol’impiegodisubstratidiversidallatorba, un sistemadimarcatura e la tecnicadellamicropropagazione utile per velocizzare la produzione e ridurre i costi.»
Interessante, in particolare, la sperimentazione in collaborazione con ilCNRdi compost provenientidarifiutidipotatura, in sostituzionedellatorba, e la ricerca per sostituire la pomice (ilsubstratousato a Pesciaèfatto per metàdatorba e per l’altrametàdapomice) con ilbiochar, carbonebiologico, chepossiedeunamaggiorecapacitàditrattenereacqua.
Non solo dunqueun’anticatradizione per ilvivaismoolivicolotoscano, ma ancheunosguardoattento al futuro, soprattuttonell’otticadirecuperare le superficiabbandonate, come ha ricordatoRemaschi, cherappresentanooggioltreil 25% del territorio. Innovazione e storiasonodunqueilfioreall’occhiellodiquellochel’assessorestessodefinisce «un prodottodigrandissimaqualità, spessoancheduplicato, checipermettediessereconosciuti in tuttoilmondo».
CosìilpresidentediFederolio, Francesco Tabano, fa emergere la necessitàdiallargareiltavolodifilieraancheairappresentantidellagrandedistribuzione. Èimpensabile per Tabanomettere in piediqualsiasistrategiadirilanciodell'oliod'olivasenzacoinvolgere la Gdocheveicolaoltreil 70% dellevendite del comparto in Italia.
Francesco Tabano, direttoredella business unit “olio” della De Cecco e dapochimesianchenuovopresidentedellaFederazionedelleindustrie e del commerciooleario, commental'ottimorisultatodellanascitadell'associazioneinterprofessionale, spiegando come poter dare adessocontenuto a questonuovoorganismo.
Per usciredalcomplessorapportofraGdo e produttoridi olio d'oliva, Tabano propone un accordo verso un prezzomedio stabile o con pocheoscillazioni.
Oggioltrel'80% dellevendite in Gdo (cherappresentail 70% del totale del comparto) è in promozione: ilrisultatoèduplice, con prezzi a scaffaletroppoalti e, allostesso tempo, prezzi in promozionetroppobassi. Questa forte divaricazionedeiprezziportailconsumatore ad esseredisorientato, anche a causadiunamancatacomunicazionediretta. Per Tabanoinfattisidevecomunicaredipiù e megliocolconsumatore finale, spiegando le differenzefra le diverse categorie e i differentiusi.
Alcuniproduttoridovrebbero poi cominciare ad accettarel'ideadiessereestromessidaqualchecatena per evitareilclassicosovraffollamentonegliscaffalid'oliod'oliva, rifiutandocosì la logicadellapromozione ad ognicosto. Tabanoaffronta poi anchel'annosaquestionedellaquantità: l'olioitalianoè un ottimoprodotto, ma chepresenta un enormedifetto, non basta al fabbisogno. La soluzioneèinvestirenegliimpiantidinuovagenerazione, intensivi, chesecondomoltericerchepossonoadattarsiallevarietàitaliane. Per Tabanosideveanchelavorare per recuperarequellaproduzioneolivicolacheoggirealizza olio lampante, ma chepotrebbebenissimo fare extravergine.
Il presidente di Federolio si dichiara infine disponibile a riconoscere ai produttori una premialità per l'olio Made in Italy, ma questi devono impegnarsi a investirla nel miglioramento quantitativo e qualitativo delle proprie produzioni.
Si chiamaFooi la societàconsortilecheaggregaproduttoriolivicoli, industria, commercio e frantoi: dopoilvaro del Piano OlivicoloNazionale, attesodaanni, e le aperture del mondoagricoloai blend cadecosì un altrotabù. Èstatainfattirecentementeistituital'Associazioneinterprofessionaledell'oliod'oliva.
La nuovasocietàconsortileFooi(Filieraolivicolaoleariaitaliana) rappresenta un decisivopassochefinora era statoimpossibilerealizzare per le divisionitramondodell'industria e produttoriolivicoli, e traquestiultimi. Il nuovoorganismorappresenteràdunque le istanze del compartopressotutte le istituzioninazionali, europeeedintergovernative.
FooièformatadaiproduttoridiAipo, Cno, Unapol, Unaprol e Unasco, dall'associazionedell'industriaoleariaAssitol, dallafederazionenazionale del commercioolearioFederolio e daifrantoianidiAifo e Assofrantoi. In altripaesi e in altreproduzioniagricolel'associazioneinterprofessionaleèstataedèstrumentochiave, in Italia inveceilgiocodisquadratraproduttori, trasformatori e industriafinorasi era registrato solo per singoleproduzioni, spesso a Denominazioned'origine. Solo nell'ortofrutta e per i comparticereali e latte sisonocreatiaccordidiquestotipo.
La societàconsortilepuòinvecesvolgerecompitidirilievo, come definirecontrattitipo (ad esempio per ciòcheriguarda la cessionedellamateria prima dagliagricoltoriall'industria), migliorare la commercializzazione, promuovere la trasparenza e la conoscenza del mercato.
Per Assitolquestoimportanteaccordopuòcontribuire al miglioramento del settore, offrendoancheuna chance in più per rilanciareil Piano OlivicoloNazionale verso un aumentodellequantitàprodotteneiprossimicinqueanni.
Per ilministro Martinasitrattadi un passodecisivo per ilfuturo del settore, un vero e propriorisultatostoricochepuòportare ad un realesviluppodellaproduzione e deimercatidiunadelleeccellenze del Paese.
L'olio spagnolo supera quello italiano e registra un picco di vendite sul mercato Usa, con un aumento di circa il 40%. Ma il primato nei valori è ancora italiano, la Spagna infatti non ha mai sorpassato l'Italia in questo senso. Resta da riflettere dunque sulla necessità di una politica di valorizzazione del nostro olio più attenta e innovativa sul versante dei contenuti identitari, legati al Made in Italy.
Un vero e proprio boom degli oli spagnoli negli Usa con vendite aumentate di circa il 40%, anche se il primato nei valori resta ancora italiano. Il dato è stato certificato nei giorni scorsi dal Consiglio oleicolo internazionale che ha anche rilevato come la Spagna lo scorso anno abbia registrato progressi a doppia cifra in quasi tutti gli sbocchi commerciali. Il sorpasso spagnolo si era comunque già verificato anche nel 2014.
Tra ottobre 2015 e agosto scorso le spedizioni di oli di oliva spagnoli sul mercato Usa hanno registrato un progresso del 43% in un anno (fonte Coi). L'ufficio statistico americano nei suoi prospetti da gennaio a settembre 2016 riporta un incremento di quasi il 60% delle importazioni Usa di oli di oliva spagnoli, rispetto ai primi nove mesi dell'anno precedente. In termini assoluti si è arrivati a un quantitativo di 110mila tonnellate abbondanti, che si confronta con un volume di importazioni di oli italiani di poco più di 100mila tonnellate (+5%) su base annua.
Agli extravergini italiani non è però stato strappato dalla Spagna il primato in valuta: sarebbe dunque da riflettere sulla necessità di una politica di valorizzazione più efficace. Per quanto attiene ai flussi monetari, i dati dell'UsCensus Bureau attestano infatti a poco meno di 430 milioni di dollari (+8%) la spesa per le importazioni di oli di oliva italiani; mentre per i prodotti spagnoli è risultata inferiore ai 420 milioni a tutto il mese di settembre (importo comunque lievitato in un anno di quasi il 70%).
La Spagna può vantare i suoi successi anche nel resto dei mercati extra-Ue: nel complesso ha infatti spedito un quantitativo di oli di oliva superiore del 20% rispetto a quello della precedente campagna, realizzando ottimi risultati anche in Cina con un +30%. Qui anche l'Italia è cresciuta, anche se a un passo più lento, con circa un +5%.
Alla tavola rotonda dello scorso sabato 19 novembre, tenutasi a Firenze in occasione della Giornata nazionale degli Alberi e che aveva come tema l'olio e la sua valorizzazione, sono emerse le criticità del comparto, fra cui l'incapacità di rispondere al fabbisogno nazionale da parte della produzione italiana di olio. I giovani degli Istituti Tecnici Agrari presenti hanno chiesto come recuperare gli oliveti abbandonati e come utilizzare al meglio marketing e nuove tecnologie.
“Un giorno dedicato all'olivo, all'olio e al suo territorio. Dalla Toscana, la valorizzazione nazionale dei prodotti” questo il titolo scelto per le riflessioni, moderate dalla giornalista TG5CesaraBuonamici, e che si sono sviluppate lo scorso sabato 19 novembre al Palagio dei Capitani di parte Guelfa, in Piazza della Parte Guelfa a Firenze. Alla giornata hanno deciso di partecipare anche i soci produttori dell'Associazione FlorovivaistiPesciatini con le loro piante di olivo, che hanno allestito non solo la sala della tavola rotonda, ma anche l'ingresso del Palagio.
L'olio è per tutti i partecipanti una delle grandi eccellenze italiane, oltre che toscane, ma è rappresenta anche un settore pieno di criticità: si è allora parlato con Luca Sani, presidente Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, del Piano Olivicolo Nazionale, che intende sviluppare il settore puntando su due aspetti principali: aumento della produzione nazionale e crescita delle reti d'impresa. «Partendo dall'arrivo di Xylella che sta devastando la produzione pugliese e dal dato drammatico della produzione 2014 intendiamo rispondere alla crisi del settore che coinvolge in generale tutto l'agroalimentare». Sani ricorda che la produzione italiana non basta a soddisfare il fabbisogno nazionale: produciamo annualmente 400 mila tonnellate di olio extravergine di oliva, ma ne consumiamo circa 600 mila tonnellate e ne importiamo 700 mila. «Mancano all'appello circa 900 mila tonnellate. Non è allora possibile pensare che l'Italia da sola possa rispondere alla sua domanda. Dovremmo triplicare la produzione. Si deve puntare su una fascia di prodotto che non è tutto il fabbisogno nazionale» sostiene Sani. Oltre all'investimento di 32 milioni di euro, più i piani di sviluppo rurale nelle Regioni, il governo intende stimolare l'aggregazione delle produzioni.
Giovanni Bettarini, assessore alle attività produttive del Comune di Firenze, ha ribadito che si sta parlando di un «patrimonio superlativo con cultivar articolate e storiche, ognuna delle quali risponde a un territorio, a un'idea». Si parte dunque da qui, cercando di capire come un Comune possa dare il suo contributo affinché questo patrimonio sia valorizzato, non solo dal lato promozionale. Firenze, ad esempio, è stato il primo Comune ad introdurre un regolamento per ristoranti e alimentari del centro storico, patrimonio Unesco, che disciplini la scelta di prodotti di qualità.
Leonardo Torrini, fiduciario della Condotta Slow Food Firenze, ha ricordato come all'olio dovrebbe spettare la stessa “fama” che oggi possiede il vino, passaggio che non è ancora avvenuto a causa dell'ignoranza legata a questo prodotto. «Come ci informiamo quando acquistiamo uno smartphone, altrettanto dovremmo fare con l'olio». L'impegno di Slow Food va allora proprio in questa direzione: informare ed educare i consumatori. Ma non solo Slow Food, anche da parte dei periti agrari c'è una forte sensibilità verso l'olivicoltura, come ha ribadito Filippo Ninci, del Consiglio Nazionale dei Periti Agrari, che sta attuando una formazione itinerante e nazionale ad hoc per tutti i tecnici sul tema olivo ed olio.
Oltre a formazione ed informazione, deve essere messa in campo una politica per il comparto. Francesco Ferrini, Accademia dei Georgofili, ha sostenuto con forza questo punto: «Gli olivicoltori all'estero sono più tutelati. L'Italia non ha mai fatto molto in questo senso.»
Si sono ricordate anche le grandi virtù dell'olio, ovvero le sue proprietà salutistiche rappresentate dalla dieta mediterranea, l'unica riconosciuta dall'Unesco e sostenuta da una vera e propria ricerca scientifica. «30 gr di olio extravergine al giorno fanno bene alla salute, per i giovani si può arrivare anche a 60 gr al giorno. Queste proprietà salutari sono oggi sancite da studi scientifici importanti» ha sottolineato Giacomo Trallori, medico gastroenterologo. Il valore salutare dell'olio sembra a volte non troppo apprezzato o conosciuto dal consumatore, che chiede spesso una giustificazione del prezzo della bottiglia di olio che intende acquistare. «Il prezzo è un falso problema. Chi chiede un giustificativo del prezzo allo smartphone o alla macchina? Il vero problema è che l'olio non è di moda.» dice Alberto Grimelli, direttore di Teatro Naturale, che prosegue affermando che ancora il consumatore non ha chiara la differenza fra l'olio primo prezzo e quello più alto. Bisogna insegnare allora come si utilizza un prodotto di qualità.
Una soluzione potrebbe essere andare direttamente dai produttori per comprare l'olio, come sostiene Sonia Donati, coordinatrice Toscana Guida EVO Slow Food, al fine di comprendere appieno il lavoro che parte dalla pianta per poi arrivare all'imbottigliamento dell'olio extravergine.
Altro grande ostacolo per le produzioni italiane sono le contraffazioni, Giuseppe Vadalà, Comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato, ricorda infatti che ancora c'è molto da fare in questo senso, per la tutela con certificazioni e per non creare sfiducia nel mercato, conseguenza inevitabile delle frodi. «La legalità paga e va fatto un gioco di squadra nazionale.»
Tale gioco di squadra si trova davanti una grande sfida, ovvero far ripartire un comparto e far sì che questo crei reddito e che i consumatori ne possano apprezzare l'eccellenza. Anche gli studenti dell'Istituto Agrario di Firenze e di quello di Siena hanno manifestato la volontà di far ripartire il settore: Tobia di Siena ha chiesto come poter recuperare gli oliveti abbandonati. A lui rispondono il presidente Sanie Cesare Buonamici, fratello della giornalista Cesara e Guardia Forestale: bisogna prima di tutto capire se si può riscattare l'oliveto non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche produttivo. Poi andare sul sito di Regione Toscana e cercare la “legge 39/2000” e studiare le modalità di richiesta per il riscatto.
Tommaso, sempre dell'Istituto Agrario di Siena, domanda se per incrementare la produzione si possa far uso delle varietà spagnole, anche al fine di innovare. Il perito agrario Nincirisponde che bisogna sperimentare: si possono provare anche sistemi spagnoli di meccanizzazione sulle nostre cultivar. Per Grimelliinvece l'innovazione non passa solo dalla riduzione dei costi, ma deve portare anche un valore aggiunto: per il direttore di Teatro Naturale si deve puntare ad una fascia di qualità. Infine, dall'Istituto Agrario di Firenze arriva la domanda sull'utilizzo intelligente del marketing al fine di uscire dalla crisi del settore. Per Grimelli la comunicazione a livello nazionale non si è dimostrata troppo efficace e si deve dunque puntare su una tarata sulle aziende, cercando di comprendere ancora una volta a chi il produttore intende rivolgersi, a quale consumatore.
La mattinata si conclude con l'affermazione di tre parole chiave utili per far ripartire e sviluppare ulteriormente tutta la filiera: tracciabilità, tutela e qualità.