Filiera della canapa
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Su questo tema il 21 ottobre mattina ad Eima 2021 convegno organizzato da Chimica Verde Bionet, capofila del progetto Cobraf finanziato nel Psr della Regione Toscana, in collaborazione con Federcanapa. Il pomeriggio un convegno su “Tecniche di estrazione di oli e principi attivi delle piante” con riferimento alle colture innovative di Cobraf: camelina, canapa, cartamo e lino. Il programma completo della giornata.
La canapa in primo piano in due convegni in programma giovedì 21 ottobre nel contesto di Eima International 2021 a Bologna. Li organizza, in collaborazione con Federcanapa, Chimica Verde Bionet, l’associazione capofila del progetto Cobraf (Coprodotti da Bioraffinerie): un progetto finanziato dalla misura 16.2 del Programma di Sviluppo Rurale della Regione Toscana 2014-2020 per lo sviluppo di filiere agroindustriali da quattro colture oleaginose: canapa, camelina, cartamo e lino. Con l’obiettivo di arrivare a «un sistema articolato di bioraffinerie che permetta la massima valorizzazione della biomassa di colture oleaginose utilizzabili in rotazione, e di conseguenza il miglior reddito per le aziende agricole e per le imprese utilizzatrici e un’ampia flessibilità nelle destinazioni di mercato». Ciò attraverso «l’utilizzo di varie parti della biomassa e residui di produzione per lo sviluppo di bioprodotti innovativi e più sostenibili per almeno 6 settori dell’industria toscana: alimentare, cosmesi, farmaceutica, edilizia, legno, automotive (camper)».
1) “Meccanizzazione della raccolta e della prima trasformazione della canapa” (ore 10-13)
2) “Tecniche di estrazione di oli e principi attivi dalle piante” (ore 15-17,30)
Per ulteriori informazioni consultare il sito web dell’Associazione Chimica Verde Bionet.
Redazione
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L’associazione Canapa Sativa Italia (CSI) e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici (IZSM) hanno avviato a luglio il più vasto studio comparativo nazionale sulla stabilità del contenuto di cannabinoidi su gruppi di piante di Cannabis sativa ‘Tiborszallasi’ da seme o da talea (provenienti dalla stessa pianta madre certificata) coltivati in differenti condizioni pedoclimatiche: 12 aziende distribuite fra nord, centro e sud Italia. Il presidente di CSI Massimo Cossu: «un’ipotesi teorica da verificare è che le piante di canapa da talea permettano di avere dei valori di cannabinoidi (e quindi anche del THC) più stabili»; «è fondamentale che ogni singolo fiore abbia un valore di THC al di sotto dell’0,5%» (e non sia pertanto drogante). Il responsabile progetto dell’IZSM Augusto Siciliano: «la particolarità di questo studio è il numero considerevole di repliche e la vasta territorialità: ci consentirà di avere un gran numero di dati specifici su circa 800 piante. E il confronto fra seme e talea darà risultati interessanti sia per il mondo scientifico che per quello produttivo». [In foto le piante in vaso oggetto di sperimentazione presso l'azienda della socia di CSI Lisa Bonelli]
La valutazione, tramite analisi effettuate su campioni a fine fioritura, di «come l’ambiente incida sulla produzione di cannabinoidi» di piante di Cannabis sativa non solo della stessa varietà (per la precisione della varietà ungherese ‘Tiborszallasi’) ma derivanti proprio dalla stessa pianta madre certificata e, allo stesso tempo, della «stabilità produttiva di cannabinoidi, sia in piante germinate (quindi provenienti da semi) che in piante derivanti da replicazioni agamiche (cloni di varietà certificate)».
Massimo Cossu: «Sono state coinvolte 12 aziende associate a Canapa Sativa Italia per la realizzazione del progetto - oltre ad avere a disposizione uno spazio outdoor, il know how e la disponibilità dei ricercatori dell’IZSM - per coprire una porzione di territorio che fosse più ampia possibile, considerando le differenze pedologiche. Ogni azienda ha ricevuto un pacchetto di semi certificati e 40 talee, poi vasi, terriccio specifico e fertilizzanti. Il progetto, grazie allo sponsor Advanced Nutrients, ha potuto aggiungere un ulteriore grado di complessità: i due gruppi di piante vengono infatti fertilizzati con 3 linee distinte di concimazione a parametri controllati, permettendo così di raccogliere i dati relativi ai cannabinoidi anche in funzione della nutrizione delle piante. Per questo motivo si è scelto di coltivare in vasi e non direttamente in suolo, così da valutare l’incidenza della concimazione sui cannabinoidi, partendo tutti dallo stesso substrato di coltivazione. La coltivazione delle piante avrà termine con il taglio della parte apicale dell’infiorescenza, che verrà codificata tramite codice alfanumerico specifico per ogni singola pianta e spedito all’IZSM, che si occuperà della gestione ed essiccazione dei campioni in un luogo adibito appositamente al progetto. Dopo l’essiccazione ogni campione verrà analizzato singolarmente e ne verranno calcolati i contenuti di cannabinoidi; a seguito degli esiti analitici i ricercatori dell’IZSM successivamente provvederanno all’elaborazione dei dati emersi che verranno pubblicati e resi disponibili».
primi giorni di luglio, coordinando tempestivamente il trapianto per le talee e la semina in plateau per i semi. Da poco le piante stanno iniziando la fase di pre-fioritura. Ci aspettiamo di raccogliere nella prima decade di ottobre, valuteremo la data precisa in base alla maturazione delle infiorescenze per ogni singola azienda».
Augusto Siciliano: «Il nostro è stato il primo laboratorio pubblico accreditato nella rete IZS per la determinazione dei cannabinoidi nei prodotti derivanti dalla canapa. L’esperienza dell’IZSM maturata negli anni nasce da un interesse iniziale di conoscenze legate allo sviluppo di nuove filiere agroalimentari di prodotti a base di semi di canapa, a seguito dell'emanazione della Circolare del 22 maggio 2009 del Ministero della Salute che ammette gli usi alimentari del seme di canapa e derivati sulla base delle indicazioni dell’Istituto Superiore della Sanità. L'IZSM ha subito intuito lo sviluppo di questo nuovo settore agricolo, avviando una serie di attività di studio e di progetti sperimentali. A seguito dell'emanazione della legge 242/16, il settore della canapa industriale ha visto una crescita esponenziale in brevissimo tempo, inoltre un “vizio interpretativo” della norma ha dato un ulteriore slancio di crescita esponenziale al settore data dalla produzione e commercializzazione della cannabis light. Nell’autunno 2016 l’IZSM ha supportato, tramite l’attività analitica, le Forze dell’Ordine per il controllo e la verifica di conformità su infiorescenze e prodotti alimentari, inoltre il Ministero della Salute ha istituito un Gruppo di Lavoro in cui ha coinvolto l’IZSM nella definizione dei limiti sul Delta-9-tetraidrocannabinolo negli alimenti».
L.S.
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“Tavolo tecnico di filiera al Mipaaf – report dai rappresentanti” è il titolo di stasera del “Salotto della Canapa”: l’appuntamento settimanale di divulgazione organizzato da Canapa Sativa Italia (CSI), associazione non profit di produttori agricoli, ricercatori, imprenditori e trasformatori dal seme al prodotto finito nati grazie alla Legge 242/16 che consente la coltivazione della canapa industriale (a basso tenore di THC).
Si tratta di una speciale diretta multicanale Facebook e Telegram che si svolgerà dalle ore 21 alle ore 22 e avrà come protagoniste le associazioni che insieme a CSI sono state elette a partecipare al primo tavolo tecnico sulla filiera della canapa, che ci aggiorneranno sulla situazione del tavolo e anche su come è andata la riunione dell’1 luglio scorso.
Saranno presenti, moderati da Marta Lispi di CSI, Emanuela Nurzia, presidente di “La Canapa ci Unisce”, Piero Manzanares, presidente di Sardinia Cannabis, Francesco Vitabile, presidente di “Resilienza Italia Onlus”.
I Salotti della Canapa sono disponibili in podcast su richiesta.
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Redazione
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Intervista a Beppe Croce, presidente di Federcanapa, a poche ore dal tavolo di filiera della canapa industriale, dopo che nei giorni scorsi la bozza del decreto interministeriale sulle piante officinali trasmesso dal Mipaaf alla Conferenza Stato Regioni ha sollevato le contestazioni di tanti soggetti protagonisti del comparto.
«Ribadisco il messaggio lanciato in una recente audizione alla commissione Agricoltura del Senato. Per tagliare alla radice il problema sollevato dallo schema di decreto interministeriale sulle piante officinali dell’1 giugno che il Ministero delle politiche agricole ha trasmesso alla Conferenza Stato Regioni, basterebbe una piccola specificazione aggiuntiva nella legge n. 242 del 2016 sulla filiera agroindustriale della canapa in cui si espliciti che sono utilizzabili tutte le parti della pianta, anche i fiori e le foglie, per le destinazioni d’uso consentite dalla medesima legge. Concetto su cui peraltro si era espressa favorevolmente già nel novembre 2019 la Commissione Agricoltura della Camera con una risoluzione unitaria».
E’ quanto ci ha risposto ieri sera il presidente di Federcanapa Beppe Croce, alla vigilia della seduta del tavolo tecnico di filiera di oggi in cui non potrà non essere affrontata la questione del decreto con l’elenco delle piante officinali che avrebbe dovuto essere approvato nell’ultima Conferenza Stato Regioni, ma che poi è stato rinviato perché ha sollevato le proteste di gran parte dei soggetti che fanno parte della filiera della canapa industriale. In particolare per il passo in cui, come ha scritto Federcanapa nel comunicato stampa del 15 giugno scorso, «in maniera del tutto arbitraria, fa riferimento alla canapa con una pretesa distinzione tra semi e derivati (leciti, in quanto rientrerebbero nelle previsioni della L. n. 242/2016) e fiori e foglie, che secondo lo schema di decreto rientrerebbero tout court nelle previsioni del DPR 309/1990 in materia di stupefacenti, e la cui coltivazione pertanto “eÌ vietata senza l’autorizzazione del Ministero della Salute”».
«Al Ministero delle politiche agricole – aggiunge ora Beppe Croce - direi di adeguarsi alla risoluzione della Camera del 2019, perché non è più possibile continuare con questi impedimenti che ostacolano la competitività delle nostre aziende del settore senza alcun valido motivo. Una simile integrazione significherebbe soltanto riconoscere la possibilità di usare la canapa sativa, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 242 e con il Thc sotto le soglie stabilite dalla normativa (0,2%), come pianta officinale quale è, ossia per tutte le destinazioni d’uso delle piante officinali senza la spada di damocle dell’autorizzazione del Ministero della salute».
Infatti, spiega Croce riprendendo i punti esplicitati nel comunicato del 15 giugno, il testo interministeriale sulle piante officinali, «se fosse adottato in via definitiva, sancirebbe una ingiustificata ed anacronistica limitazione per gli agricoltori che si vedrebbero costretti – con riferimento alla destinazione officinale – a dover “selezionare” una pianta rinunciando alle parti con le maggiori proprietaÌ medicali».
Una limitazione che in «evidente contrasto con il diritto comunitario, soprattutto alla luce delle interpretazioni fornite dalla recente sentenza della Corte di Giustizia Europea nel cd. caso “Kanavape” che ha condannato la Francia proprio per le limitazioni legislative all’uso dell’intera pianta di canapa sativa, e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi (art.78 della sentenza)». Tant’è che Federcanapa è pronta a «impugnare il provvedimento nelle sedi competenti, non potendo accettare una simile restrizione che determinerebbe un grave ed ingiustificato pregiudizio per gli agricoltori italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei».
Del resto, come ricorda Croce, «proprio nei giorni scorsi la Francia ha annunciato di ritenere lecita la produzione dell’intera pianta di canapa (fiori e foglie comprese) per l’ottenimento di preparazioni industriali» e «l’Europa sta effettuando una puntuale opera di allineamento tra diritto comunitario e la sopra citata sentenza».
L.S.
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I suggerimenti di Canapa Sativa Italia (CSI) ai senatori della IX Commissione durante l’audizione del 26 maggio insieme a Federcanapa e “#lacanapaciunisce”. Il segretario di CSI Cusani: «la Commissione Europea (CE) ha ammesso che il CBD non è uno stupefacente», ne vanno tratte le conseguenze; e CBD e CBG sono inseriti come ingredienti nel registro CosIng (la banca dati europea sui cosmetici). Tra le proposte, inserimento chiaro delle infiorescenze tra le parti della pianta di canapa utilizzabili, l’equiparazione di coltivazione a pieno campo con quella in serra, uniformazione dei controlli delle forze dell’ordine.
Il 26 maggio si è svolta in video conferenza un’audizione di associazioni ed esperti della filiera della canapa presso la IX Commissione (Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato della Repubblica. Argomento di discussione la legge di riferimento per questa filiera: la n. 242 del 2 dicembre 2016, “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, di cui sono in discussione tre proposte di legge di modifica d’iniziativa parlamentare (540,1321 e 1324).
Per Canapa Sativa Italia (CSI), associazione non profit che raggruppa produttori, ricercatori, trasformatori dal seme al prodotto finito di tutte le regioni italiane, è intervenuto il segretario generale Mattia Cusani, che siede anche al Tavolo tecnico insediatosi questo febbraio al Ministero delle politica agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
«Abbiamo avuto a disposizione 15 minuti in video-conferenza per portare le nostre proposte correttive del comparto, che sono state prima condivise con tutti i nostri soci e con le altre associazioni di settore – ha spiegato Cusani in una successiva nota alla stampa -. La legge 242/2016 si poneva lo scopo di rilanciare la filiera della canapa industriale compromessa da decenni di anacronistiche politiche proibizionistiche. A seguito dell’approvazione della legge, nonostante la vendita delle infiorescenze e dei loro derivati non fosse espressamente prevista, in Italia hanno aperto più di 3.000 partite IVA che includono anche i «canapa shop», negozi che vendono la cosiddetta «cannabis light» ovvero fiori di canapa industriale con percentuale di tetraidrocannabinolo (THC) molto bassa, inferiore allo 0,6 per cento, e quindi del tutto priva di effetto psicoattivo. La nostra associazione si sta impegnando fin dalla sua costituzione per far sì che questo settore riesca a svilupparsi nel rispetto delle regole. Abbiamo bisogno di una normativa che ci consenta di lavorare».
Che cosa ha detto Cusani ai senatori della IX Commissione?
Innanzi tutto ha fatto il punto della situazione ricordando che «durante la pandemia, molti ed importanti nodi legislativi sono stati sciolti: le Nazioni Unite hanno riconosciuto ufficialmente le proprietà medicinali della cannabis in un voto espresso a Vienna dagli Stati Membri nel corso della Commissione Droghe delle Nazioni Unite (CND), l'organo esecutivo per la politica sulle droghe. La cannabis viene quindi tolta dalla Tabella 4, quelle delle sostanze ritenute più pericolose in virtù dei suoi impieghi terapeutici ed inserita nella Tabella 1 (sostanze non dannose)».
Mentre sul tema “novel food” ha fatto presente che «la Commissione europea, il 3.12.20, ha ammesso che il CBD non è uno stupefacente. Una decisione inevitabile dopo che la Corte di Giustizia UE ha statuito l’illegittimità di qualsivoglia divieto a commercializzare il cannabidiolo come previsto dalla sentenza del 19 novembre 2020 nella causa 663/18 della Corte di Giustizia Europea». Per cui «l’eventuale rifiuto, da parte di una giurisdizione nazionale, di tener conto di una sentenza della Corte di Giustizia può implicare l’apertura di una procedura di infrazione e la presentazione da parte della Commissione del ricorso di inadempimento di cui all’art. 258 TFUE». Così l’«EFSA (European Food Safety Authority) può riprendere a valutare le richieste di autorizzazione del CBD come novel food» e svaniscono «gli ostacoli del controllo internazionale, imposti dal 1961 dalla Convenzione Unica sulle sostanze narcotiche, alla produzione della cannabis per fini medico-scientifici».
Inoltre Mattia Cusani ha riferito di aver «sottolineato che il ‘Cannabidiolo (CBD) (Cannabidiolo – derivato da estratto o tintura o resina di cannabis)’ e di recente anche il Cannabigerolo sono le nuove voci introdotte nel registro CosIng. Il CBD naturale e il CBG vengono così definitivamente ammessi quale ingredienti dei cosmetici prodotti o comunque immessi nel mercato unico europeo. La banca dati CosIng non ha un valore legale formale. Essa tuttavia rappresenta un atto di indirizzo dell’Esecutivo europeo, in vista della piena armonizzazione del mercato interno nel settore della cosmetica».
Infine, «sulla coltivazione di piante di canapa da sementi certificate per destinazione farmaceutica - come fatto anche dall’associazione #lacanapaciunisce - ci è parso importante sottolineare che proprio il 24 maggio, sul sito del Ministero della Salute, è stato pubblicato l’iter autorizzativo per la produzione di canapa ai fini del conferimento ad officina farmaceutica, che coinvolge per adesso soltanto 2 o 3 operatori del settore».
«Vorremmo – ha affermato Cusani passando alla fase propositiva - che venisse chiarito in maniera univoca come tale autorizzazione non sia condizione necessaria alla produzione di canapa di per sé, per evitare, inequivocabilmente, il rischio di confondere la necessità di autorizzazione per questa specifica destinazione d’uso con la libera coltivazione prevista dalla legge 242/2016 portando ad ulteriori incertezze, che vanno ad aggiungersi a quelle evidenziate dall’esperienza di questi ultimi 5 anni».
Cusani ha poi sottolineato che «la corretta impostazione di una filiera della canapa per l’Italia costituisce già modello di economia circolare. Grazie alla varietà dei metodi di produzione e la poliedricità propria del prodotto canapa anche nell’utilizzo dei suoi scarti - dando seguito alle sperimentazioni in corso, al lavoro del tavolo tecnico di filiera e sciogliendo i “nodi normativi” ancora presenti - si potrebbe finalmente attuare un processo di sviluppo completo». Per cui «dobbiamo dare la possibilità alle migliaia di lavoratori del settore, età media 25-40, la più vessata dalle recenti crisi, di esprimere appieno le proprie potenzialità attivando un processo che porterebbe benefici per tutte le tipologie di capitale: umano, materiale e finanziario di cui un sistema economico necessità per funzionare».
Canapa Sativa Italia ha quindi sottoscritto una serie di proposte correttive ai progetti di modifica della L. 242/16 in discussione in Commissione. In particolare, insieme alle altre associazioni presenti, «l’inserimento chiaro e letterale delle infiorescenze tra le parti della pianta di canapa utilizzabili, l’equiparazione di coltivazione a pieno campo con quella in ambiente protetto (serra)». Così come è stata rimarcata «l’importanza di uniformare i controlli da parte delle forze di Polizia per evitare duplicazioni e vessazioni sollecitando il Mipaaf ad approvare un decreto Ministeriale che li armonizzi (entro sei mesi) e che contenga anche chiare e specifiche metodiche di campionamento del prodotto in caso di controlli».
Redazione
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Intervista a Vito Cannillo, imprenditore pugliese della filiera canapicola socio di Canapa Sativa Italia, che parla delle sue attività nel settore in America e dice che cosa servirebbe ai canapicoltori italiani. Quali mosse si attende dal Tavolo della canapa del Mipaaf come prioritarie? «Certezze sul fronte dei parametri da rispettare a livello produttivo», soprattutto «per far lavorare in “sicurezza” i medio-piccoli imprenditori», e una certificazione simile alla Global G.A.P. con «passaporto di qualità spendibile sul mercato».
Alla vigilia dell’importante webinar dell’Accademia dei Georgofili – sezione Centro Ovest e della Fondazione Istituto Scienze della Salute sul tema “La canapa: l’attualità di una pianta di grande tradizione colturale”, in cui si farà il punto della situazione del comparto in Italia (vedi), Floraviva ospita l’intervista con un attore della filiera canapicola che è socio di Canapa Sativa Italia (CSI) e conosce molto bene anche quanto succede oltreoceano, in America. Si chiama Vito Cannillo ed è un imprenditore under 40 che lavora a Corato (Bari), che qui ci parla anche della sua esperienza in Forza Vitale, azienda fondata da suo padre, e delle nuove start-up da lui fondate in Giamaica per partecipare all’espansione del mercato nord-americano.
La sua esperienza è interessante anche perché ha avviato e sostiene molti progetti oltreoceano (in Giamaica) dove insieme ad università, agricoltori e altri partner di comunità fate produzione e lavorazione estrattiva di infiorescenze di cannabis a basso tenore di THC o CBD. Che cosa manca alle regioni italiane per avviare simili attività?
In generale che futuro vede per la cosmesi legata alla canapa?
Redazione





