Filiera della canapa
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Cannabis “light”, la Cassazione: «Stop alla vendita, è reato». Il presidente Consorzio nazionale della canapa Stefano Zanda: «Per noi rimane fermo il tetto dello 0,5% di thc».
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno deciso di vietare la commercializzazione dei prodotti derivati dalla cannabis sativa salvo che non siano privi di efficacia drogante.
Il neonato Consorzio nazionale della canapa si aspettava tale sentenza e il presidente Stefano Zanda afferma: «Per noi rimane fermo il tetto stabilito nel 1989 dalla Cassazione, che ha stabilito nello 0,5%, il principio attivo thc, oltre il quale una sostanza diventa stupefacente…, come da consolidata letteratura scientifica e dalla tossicologia forense».
Zanda rassicura sul fatto che tale sentenza si limiterà alla vendita al pubblico lasciando invariati i rapporti B2B e cioè quelli tra aziende agricole e aziende di trasformazione secondo i settori elencati dalla legge 242: alimenti, cosmetici, bioplastiche, florovivaismo, materiale per bioedilizia.
Nonostante che la commercializzazione di derivati della canapa industriale non rientri nell'ambito della legge 242/2016, la Corte afferma chiaramente che sono perseguibili penalmente «le condotte di cessione, vendita e, in genere, commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, della coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti non siano privi di efficacia drogante».
Redazione
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«Per il mercato della canapa industriale, in Europa, si prevede un giro d'affari di 28 miliardi al 2021. Noi possiamo andare a prendercene 6 o 7». Lo ha detto Stefano Zanda, direttore generale del Consorzio nazionale della canapa, presentato oggi alla Camera.
«Siamo sotto assalto di investitori esteri, soprattutto canadesi, che in Italia hanno subodorato grandi opportunità di business e molte società attive nella produzione e nella commercializzazione di prodotti con cannabis pensano alla quotazione». Zanda, che è anche il fondatore di My Joint - il maggior produttore di cannabis legale in Italia con 100 dipendenti e contatti con oltre 2500 tra growshop e tabacchini - alza il velo sul vulnus del settore: la scarsa chiarezza sui contorni di liceità, che spesso rende la canapa industriale vittima di pregiudizi.
«I continui sequestri nei punti vendita mettono in difficoltà chi opera nella liceità e cerca modelli salubri», spiega.
«Occorre un marchio distintivo - prosegue - che renda immediatamente riconoscibile ciò che è serio, ovvero la canapa industriale, da ciò che non lo è: per questo auspichiamo una strettissima collaborazione tra filiera, produttori e forze dell'ordine».
Più di 1700 nuove imprese nate sulla scia del boom della canapa e una normativa nuova di zecca, che sconta ancora una serie di lacune.Da gennaio 2017, mese in cui è entrata in vigore la legge numero 242 del 2016, il mercato è esploso e il quadro di regolamentazione non riesce a stare al passo. Il Consorzio nazionale nasce con l'obiettivo di superare il gap normativo e organizzativo, indicando alle imprese la via della legalità. «Il Consorzio - spiega il vice-presidente Davide Galvagno - vuole garantire l'approvvigionamento di varietà certificate a tutte le aziende agricole, cercando le varietà alla fonte». Altre criticità con cui dovranno vedersela gli operatori sono l'eterogeneità delle varietà certificate e l'assenza di un protocollo di analisi: «Promuoveremo - prosegue Galvagni - un'attività di sensibilizzazione nei confronti del Crea e dell'Unione europea, per favorire una riproduzione del prodotto di tipo gamico».
Ma l'asso nella manica di questa strategia della legalità sarà l'introduzione di un numero seriale, che renderà più immediata la tracciabilità. «Tutta la documentazione sarà messa a disposizione delle forze dell'ordine, per rendere più fluidi i controlli», conclude Galvagno.
Redazione
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Stimato un giro d’affari da oltre 2 miliardi di $ per l’effetto della liberalizzazione grazie al Farm Bill (sostegno pubblico all’agricoltura). La legge definitivamente firmata dal presidente Donald Trump autorizza la coltivazione a scopi commeciali per le specie con Thc allo 0,3%. I settori d’impiego sono: cosmetica, farmaceutica, abbigliamento e edilizia. Con il sostegno pubblico all’agricoltura il coltivatore potrà assicurare il raccolto con polizze agevolate alla stregua di grano, mais e soia.
Un divieto durato 50 anni che è stato sbloccato dall’amministrazione Trump per coltivazione industriale della canapa a scopi commerciali. La presenza massima consentita di Thc (il principio piscoattivo della marijuana) è fissata a 0,3 per cento. L’autorizzazione è contenuta nel testo del Farm Bill - la legge che regola il sostegno pubblico all'agricoltura - firmato nei giorni scorsi dal presidente, Donald Trump. In precedenza, la canapa industriale era inserita nella lista delle colture controllate e i singoli Stati avevano solo la possibilità di consentire la realizzazione di “progetti pilota” con finalità scientifiche. La novità inserita dal Farm Bill è stata esaminata durante un seminario che si è svolto nei giorni scorsi nell’ambito dell’annuale congresso della American Farm Bureau Federation (Nfu), la più importanti tra le organizzazioni degli agricoltori.
Dal seminario è venuto fuori che ci vorrà non meno di un anno, prima di assistere alla diffusione della coltura, considerato che la legalizzazione stabilita a livello federale deve essere completata con i regolamenti operativi dei singoli Stati. Le prospettive, comunque, sono di assoluto rilievo.
La canapa industriale può essere destinata a molteplici usi che spaziano dalla cosmetica, ai prodotti farmaceutici, all’abbigliamento fino all’edilizia per l'isolamento termico delle costruzione. È stato stimato che il giro d’affari potrebbe superare i 2 miliardi di dollari entro il 2022. Dal seminario è emerso che, sotto il profilo agronomico, la coltura ha costi di produzione più elevati della media. Agli agricoltori è stato consigliato di inserire la canapa industriale nelle rotazioni colturali, piuttosto che come coltura unica.
Grazie alla legalizzazione disposta con il Farm Bill, i produttori potranno assicurare i raccolti con le polizze agevolate dai fondi del dipartimento di Stato all’agricoltura (Usda). Senza differenze, in pratica, rispetto al mais, al grano e alla soia.
Redazione
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Intervista a Niccolò Mazzoni, fondatore di Widora e creatore della fiera-mercato “Firenze canapa”, a cui sono accorsi almeno 3 mila visitatori tra il 10 e l’11 novembre. Mazzoni «in un anno hanno iniziato a coltivare canapa altre 700 aziende agricole, ma c’è spazio per ulteriori coltivazioni, perché la domanda e alta e la canapa può sostituire la plastica in tutto». Tra le curiosità in rampa di lancio, una cannabis wedding planner.
Tra il 10 e l’11 novembre alla Fortezza da Basso fiorentina si è svolta la fiera “Firenze canapa”, prima manifestazione in città dedicata alla filiera delle piante di cannabis legali: dalla coltivazione fino ai molteplici prodotti che se ne ricavano. Alla fiera, hanno fatto sapere alla stampa gli organizzatori, sono accorsi oltre 3 mila visitatori, attratti dalle infiorescenze, dai cosmetici, dai prodotti alimentari, fra cui olio e pasta, e anche dai capi di abbigliamento a base di canapa. In tutto una cinquantina di stand di espositori provenienti da varie parti d’Italia e specializzati in differenti comparti della filiera, ciascuno con peculiari strategie di commercializzazione, a volte anche ingegnose. Come nel caso di un’azienda milanese con coltivazioni in Piemonte che sfrutta le sinestesie percettive per vendere infiorescenze di cannabis legali, abbinando a ciascuna varietà di erba una specifica canzone.
Ecco che cosa ha detto a Floraviva Niccolò Mazzoni, fondatore di Widora e creatore di “Firenze canapa”, durante la prima giornata della manifestazione.
Un’introduzione a questa fiera: che cosa esponete?
«Abbiamo deciso di concentrare l’attenzione del sistema canapa e del mercato sul prodotto italiano. Infatti qua in fiera si trovano solo prodotti coltivati e fatti in Italia. Quindi abbiamo cercato di valorizzare tutto ciò che è il made in Italy correlato alla canapa: dal biotessile, alle farine…».
...tutta la filiera?
«Tutta la filiera… e i vari altri estratti, ovvero oli, semi, vino, birra e chi più ne ha più ne metta. Abbiamo anche esponenti al nostro stand che stanno facendo dei lavori molto interessanti con pazienti con varie patologie con estratti di cannabinoidi…».
…si tratta solo di piante con basso contenuto di Thc, per le quali si possono commercializzare le infiorescenze, solo di queste stiamo parlando?
«Al momento qua non c’è cannabis ad uso terapeutico, abbiamo solo la sativa, ovvero quella che rientra…».
…quella terapeutica chi la tratta?
«Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare [di Firenze]. Comunque qui abbiamo tutti derivati di piante entro lo 0,2 di Thc, che è il parametro vigente adesso, con varie percentuali di Cbd, che è questo cannabinoide che dà rilassatezza, essendo un miorilassante, ovvero non è psicoattivo, non dà assuefazione, ma dà solo un effetto rilassante ai muscoli. Quindi i suoi estratti, ad esempio l’olio, viene usato dagli sportivi dopo l’attività fisica per recuperare l’acido lattico».
Quale è l’obiettivo della fiera?
«Volevamo fare un focus a Firenze per informare la cittadinanza, ma anche a livello nazionale, che di questa pianta non si muore, sostanzialmente. I nostri nonni l’hanno coltivata fino al 1944 facendo di tutto e di più. Visto che l’America è stata il Paese che ce l’ha negata rendendola illegale e adesso la sta legalizzando, speriamo che anche noi riusciamo ad aprire gli occhi».
Dal suo punto di vista privilegiato mi può dire se è vero che c’è bisogno di più produzioni di canapa, che c’è una domanda e che gli ettari coltivati a canapa non sono ancora sufficienti?
«Teniamo conto che quest’anno Coldiretti ha registrato 700 iscritti in più, cioè 700 nuove aziende agricole atte alla produzione di canapa: 700 in un anno. Quindi le proiezioni da ora a 5/6 anni sono numeri che possono solamente crescere, perché se torneremo ad essere esportatori come lo sono stati i nostri nonni, quando dopo la Russia eravamo noi a esportare canapa nel mondo, avremo la possibilità di rilanciare un bel settore, un bell’indotto economico e fare un bel business».
E, al di là della produzione, a livello commerciale c’è spazio per nuovi negozi nelle varie filiere di sottoprodotti della canapa?
«Sulle varie filiere assolutamente sì. Stanno nascendo tanti negozi che rivendono infiorescenze ed estratti. Ma nulla vieta di aprire un ristorante che faccia interamente uso di prodotti con Cbd o farine di canapa o altri nuovi sistemi basati sulla canapa. Tra gli espositori c’è un’azienda che fa solo esclusivamente tessile in canapa. C’è una signora che partirà con le prime nozze di canapa, cioè una wedding planner che farà dall’invito al vestito al cibo solo interamente a base di canapa».
Perché parlate di “nuovo rinascimento”, solo perché siete a Firenze, culla rinascimentale?
«Perché ci dobbiamo basare su questa pianta per andare avanti a livello globale. Tutta la plastica ormai ci sta invadendo: oceani, spiagge, terreni. La canapa risolve tutto…».
…sostituirà la plastica in molte cose?
«Può sostituire tutto».
Qualche esempio di prodotti plastica che potrebbero essere sostituiti da prodotti derivati dalla canapa?
«Stampaggi plastici: bicchierini, posate. Tutto ciò che è stampato in plastica si può stampare in Emp, che è il tritato … ed è tutto biodegradabile».
Questo è molto d’attualità perché la plastica sarà gradualmente eliminata, almeno in Europa…
«…la plastica usa e getta non ci sarà più, per fortuna. Ma, ripeto, le lobby del petrolio hanno imposto che la plastica la facesse da padrone decenni. Adesso basta».
Quindi la canapa è ecologica?
«E’ il nuovo rinascimento».
Storicamente la Toscana era un grande produttore di canapa…
«… anche adesso…».
…quanto ha pesato ciò nelle sue scelte?
«Ho avuto un forte riscontro da tutte quelle imprese agricole che in Toscana si sono ritrovate un evento sotto casa. Tantissimi agricoltori o ragazzi che avevano i campi del nonno hanno adibito il campo adesso a coltivazioni di canapa. Diciamo che le regioni che hanno dato una risposta maggiore sono state Lazio, Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia».
Quindi non solo aziende toscane.
«Sì, però della Toscana abbiamo 4 o 5 rappresentanti».
Redazione Floraviva
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Diana Theodoli Pallini presenta, al Canapa Forum di Milano, il marchio di qualità “Fiore di canapa italiano” quale depositario del disciplinare di produzione delle infiorescenze di canapa. Ricorda che c’è ancora molto da fare in termini di valorizzazione della filiera e di uno sviluppo equilibrato. Per questo -continua Diana Theodoli Pallini- serve lavorare su tre aspetti: “organizzare ed aggregare la filiera attraverso la riattivazione del tavolo di filiera della canapa istituito dal Mipaaft, definire un piano di settore; nonché inserire la cannabis sativa L. nell’elenco delle piante officinali che dovrà essere definito a breve in attuazione del D.LGS. 75/2018 e dare certezza alle aziende agricole che hanno intrapreso la coltivazione di canapa su tutte le nuove filiere che si stanno sviluppando”.
«La canapa è una coltura che si coniuga pienamente con i nuovi concetti di bioeconomia circolare e alto valore ambientale; è funzionale alla lotta al consumo di suolo ed alla perdita di biodiversità e offre all’agricoltore una valida alternativa produttiva, soprattutto in alcuni territori del nostro Paese, a partire dalle aree del Centro-Sud Italia. Dagli alimenti ai cosmetici fino al florovivaismo, dai semilavorati per le industrie e le attività artigianali alle fibre naturali destinate alla bioingegneria e alla bioedilizia, dal materiale per la fitodepurazione alla bonifica di siti inquinati». Lo ha detto Diana Theodoli Pallini, componente della giunta di Confagricoltura, intervenendo il 27 ottobre al Canapa Forum 2018 di Milano, organizzato da Federcanapa. «Il nuovo e crescente interesse per questa coltura - ha sottolineato la dirigente di Confagricoltura - è dovuto fondamentalmente all’aumento della richiesta di alimenti caratterizzati da proprietà salutistiche, che possano fornire sostanze nutritive. La canapa risponde pienamente alle nuove esigenze dei consumatori in tema di salute e benessere, con il suo alto valore nutraceutico con riferimento ai semi (oli, farine e trasformati) e ai fiori. «Crediamo che nei semi e nei fiori di canapa ci sia un capitale ancora tutto da valorizzare. Per questo - ha proseguito la dirigente di Confagricoltura - abbiamo lavorato in questi mesi per mettere a disposizione delle imprese "Il disciplinare di produzione delle infiorescenze di canapa" di cui oggi, con soddisfazione, presentiamo il marchio "Fiore di canapa italiano" che identificherà la produzione italiana; un marchio che mette al centro la qualità e la tracciabilità del prodotto nell'interesse del consumatore e della filiera di produzione e trasformazione». Continua poi Diana Theodoli Pallini «Riteniamo che questi risultati importanti siano stati possibili grazie alla L. 242 del dicembre 2016, che seppur con alcuni limiti, ha saputo dare nuovo impulso alla canapa. C'è sicuramente ancora molto da fare per arrivare ad uno sviluppo equilibrato e dalle basi solide della coltura. Riteniamo fondamentale lavorare su tre aspetti: organizzare ed aggregare la filiera attraverso la riattivazione del tavolo di filiera della canapa istituito dal Mipaaft, definire un piano di settore; nonché inserire la cannabis sativa L. nell’elenco delle piante officinali che dovrà essere definito a breve in attuazione del D.LGS. 75/2018. Il nostro obiettivo rimane quello di dare certezza alle aziende agricole che hanno intrapreso la coltivazione di canapa su tutte le nuove filiere che si stanno sviluppando». «E su quest’ultimo aspetto – ha concluso la componente della giunta di Confagricoltura - è sempre più urgente un intervento coordinato tra le varie amministrazioni interessate alla materia, al fine di fornire indicazioni omogenee e rispondenti il più possibile agli obiettivi della legge, che siano in grado da una parte di regolamentare il mercato delle infiorescenze di canapa, inquadrandole in una cornice giuridica definita e rispettosa delle esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della salute del consumatore, e dall’altra di non creare inutili ostacoli ad un settore che ha forti potenzialità».
La redazione
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Nonostante l'aumento dei terreni coltivati (che nel giro degli ultimi cinque anni sono decuplicati) e il moltiplicarsi delle esperienze innovative nel settore, la canapa rischia di vedersi chiudere molte porte a causa della grave carenza di sementi e la stretta dipendenza dalle aziende sementiere estere.
Nel giro degli ultimi cinque anni il settore della canapa ha visto aumentare di dieci volte i terreni coltivati, passando dai 400 ettari del 2013 ai 4.000 stimati per il 2018. Ma se nelle campagne si moltiplicano le esperienze innovative, con centinaia di nuove aziende agricole che hanno avviato nel 2018 la coltivazione di canapa (dato Coldiretti) indirizzate soprattutto al settore della cannabis light (vedi nostro articolo), resta ancora il problema della carenza di sementi.
A informarci è proprio il resoconto dell’ultima assemblea dei soci di Federcanapa: l'eccessiva dipendenza dalle ditte sementiere estere, soprattutto francesi, riduce drasticamente il numero di sementi disponibili. Chi resiste sono soltanto le piccole filiere con i prodotti trasformati direttamente in azienda.
Ad esempio varietà tradizionali come Carmagnola, Eletta Campana e Fibranova, della cui qualità si fa molto vanto, risultano in realtà poco disponibili poiché cedute in esclusiva solo ad alcune aziende, come ribadiscono da Federcanapa. Sono ormai anni che la federazione si batte contro questi monopoli, richiedendo l'affidamento della riproduzione ad aziende supportate da Università o enti di ricerca, senza il profitto di concessioni in esclusiva.
Così, al Governo appena insediatosi, Federcanapa vuole proporre un vincolo di quantità nei contratti, che subordini l’esclusiva alla cessione di una piccola quota di sementi destinata alla moltiplicazione.
Redazione