Filiera della canapa

filiera della canapa da fibra: protocollo in Toscana

Siglato un protocollo di collaborazione tra Coldiretti Toscana e la start-up CanapaFiliera. Muove i primi passi un nuovo percorso agro-industriale lungo la filiera della canapa da fibra made in Italy fra Lucca e Pistoia, all’insegna della sostenibilità. Fabrizio Filippi: «tra gli obiettivi ridurre la dipendenza dai Paesi oggi produttori; individueremo un numero consistente di aree da destinare fin da subito alla coltivazione della canapa sativa». I titolari Vitiello: «scelta la zona tra Pisa e Lucca per il Lago di Massaciuccoli, dove un tempo già si coltivava canapa, candidandolo a diventare il primo polo in Italia. Possiamo produrre un filato di canapa al 100% da economia circolare, così come altri materiali per la bioedilizia ed altri settori».

 
«Mille ettari per far partire, o meglio ri-partire, la filiera della canapa da fibra in Toscana assicurando così una prima risposta strutturata alla crescente richiesta di materie prime naturali alternative, sostenibili e di qualità, da parte di settori chiave del Paese come l’industria cartaria, l’abbigliamento e la bioedilizia». Viene riassunto in questi termini, in una nota diffusa ieri alla stampa, l’obiettivo del protocollo di collaborazione fra Coldiretti Toscana e CanapaFiliera Srl sottoscritto a Lucca in occasione dell’incontro, sia in presenza che da remoto, tenutosi ieri presso Lucense, organismo di ricerca che gestisce il Distretto Tecnologico Cartario di Regione Toscana.
CanapaFiliera è una start-up con sede a Vecchiano (in provincia di Pisa) che è pronta ad attivare un «innovativo impianto per la lavorazione della canapa ad economia circolare attraverso il quale intende produrre fibra di qualità», recuperando un’antica tradizione, visto che la canapa veniva prodotta in grande quantità in Toscana fino agli anni ’30-’40, prima di essere sostituita progressivamente da altre coltivazioni. 
Tra i punti chiave del protocollo: i sementi saranno forniti da CanapaFiliera, mentre la coltivazione sarà a cura dell’azienda agricola; il riconoscimento di un pagamento del quantitativo prodotto al prezzo convenuto nel contratto, anche prevedendo garanzie finanziarie a tutela del produttore. Nel corso dell’iniziativa è stato aperto al pubblico il “Salone della Canapa Green” con l’esposizione delle molte applicazioni della canapa.
«Con i presupposti giusti, che sono quelli di un contratto di filiera con regole chiare che assicurino una adeguata remunerazione alle imprese agricole al di là degli aiuti della Politica Agricola Comunitaria, – ha precisato il Presidente di Coldiretti Toscana Fabrizio Filippi - l’agricoltura può sicuramente diventare protagonista di questa nuova filiera che si pone tra gli obiettivi anche quello di ridurre progressivamente la dipendenza nei confronti dei Paesi oggi produttori. Da parte nostra ci sarà il massimo impegno nel diffondere tra i nostri associati ed individuare  un numero consistente di aree da destinare fin da subito alla coltivazione della canapa sativa. In Toscana può nascere qualcosa di veramente importante, sostenibile e a lungo termine. Oggi, con la sottoscrizione del protocollo, abbiamo fatto un primo passo verso questi obiettivi green». 
Inserita tra le pratiche colturali ammesse dalla Politica agricola comune (la cosiddetta Pac), tra marzo e luglio, mese in cui viene raccolta, la canapa è una perfetta coltura rotativa per reintegrare il terreno di sostanze preziose e in alcuni casi anche a bonificarlo, e può rappresentare una interessante forma di integrazione al reddito agricolo. 
Ad illustrare le caratteristiche e le fasi di lavorazione della canapa del nuovo impianto, ancora in fase di collaudo ma prossimo a partire, sono stati Giuseppe Vitiello e Domenico Vitiello, titolari di CanapaFiliera Srl: «l’impianto nasce dall’esperienza italiana ed è stato concepito per colmare il vuoto che esiste oggi nel nostro paese. La domanda di canapa da fibra c’è, ed è in crescita, manca la materia prima. Abbiamo scelto la zona tra Pisa e Lucca per l’esistenza del Lago di Massaciuccoli, dove un tempo già si coltivava canapa, con la sua grande estensione candidandosi a diventare il primo polo in Italia. La ricerca e gli studi di Lucense oggi ci dicono inoltre che possiamo produrre un filato di canapa 100% da economia circolare senza quindi sprecare nulla così come altri materiali per la bioedilizia ed altri settori. Ci sono nuove frontiere davanti a noi». 
L’iniziativa è finanziata nell’ambito della sottomisura 1.2 del Bando PIF AGRO 2017 del Psr 2014-2022 della Regione Toscana
 

Redazione

Per Agrinsieme il decreto sulle piante officinali è un passo in avanti, ma l’assenza di una previsione specifica sull’uso officinale dell’infiorescenza di canapa è un’occasione persa di cui rammaricarsi. La canapicoltura è «una coltura che può dare un grande contributo allo sviluppo della bioeconomia circolare» e Agrinsieme auspica chiarimento a breve «sugli usi dell’infiorescenza di canapa industriale per dare certezza agli operatori del settore».

Tutto bene tranne che su un punto: la mancanza di chiarezza sulla filiera della canapa industriale. Per Agrinsieme: «lo schema di decreto interministeriale che recepisce quanto disposto dagli artt.1 e 3 del decreto legislativo n.75/2018 - Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali – [vedi] è un passo importante per il settore delle erbe officinali che attendeva da tempo il completamento del percorso normativo dedicato. Tuttavia, come Coordinamento, esprimiamo rammarico per il fatto che il Testo non preveda in modo specifico l’uso officinale dell’infiorescenza di canapa industriale».
Il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari non ha quindi perso tempo e oggi, a poche ore dall’intesa raggiunta ieri pomeriggio nella Conferenza Stato – Regioni e Province autonome, ha reso pubblico il suo punto di vista sul decreto riguardante le piante officinali.
Nonostante «la nostra sollecitazione ad una modifica del decreto volta a valorizzare pienamente le piante di Cannabis Sativa L. a basso THC in ambito officinale, il testo approvato ieri non recepisce tali indicazioni», si legge nella nota odierna di Agrinsieme, e «si è quindi persa l’occasione di fare chiarezza sul piano normativo e di dare una spinta propulsiva a un comparto che ha tutte le potenzialità, a livello agricolo e di trasformazione, di attrarre risorse e investimenti, creando occupazione, specie giovanile. Si tratta, peraltro, di una coltura che può dare un grande contributo allo sviluppo della bioeconomia circolare».
«Auspichiamo – conclude il Coordinamento - che in tempi brevi ci sia la volontà di fare chiarezza sugli usi dell’infiorescenza di canapa industriale, per dare certezza agli operatori del settore». 

Redazione

Tre milioni di euro a sostegno della filiera della canapa. E’ quanto stabilito nel decreto di ripartizione delle risorse del “Fondo per la tutela e il rilancio delle filiere apistica, brassicola, della canapa e della frutta a guscio” firmato nei giorni scorsi dal ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.
Istituito dalla legge di bilancio 2021, il Fondo ha una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2021 ed è utilizzato per concedere, fra l’altro, «aiuti alle aziende agricole nel rispetto di specifiche procedure di presentazione delle domande e di verifica dei requisiti».
Il decreto, firmato da Patuanelli dopo l'intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, «stabilisce i criteri per la concessione di aiuti, nel rispetto del limite massimo consentito, agli imprenditori delle filiere minori, nonché per investimenti in ricerca e promozione». 
Gli importi a disposizione sono così distribuiti: 3,5 milioni di euro per la filiera brassicola, 3 milioni di euro ciascuna per la filiera canapicola e quella della frutta a guscio, 500.000 euro per l’apicoltura.

Redazione

rivalutazione olistica della canapa

Il 3 dicembre mattina convegno conclusivo del progetto pilota per la “Rivalutazione olistica della canapa oltre il Pil” coordinato dal Crea – Centro di Cerealicoltura e Colture Industriali di Caserta e finanziato dalla Regione Campania nell’ambito di una legge per favorire la coltura della Cannabis sativa L. e le relative filiere.  


Un progetto che si è posto come obiettivo principale la creazione di una filiera locale della canapa industriale tramite la valutazione scientifica e la promozione di strategie per la produzione di alimenti con alto valore aggiunto a base di canapa, per il recupero e riciclo di scarti della lavorazione, per applicazioni in campo nutraceutico e/o cosmoceutico e in quello dei biomateriali. 
Queste le finalità di PROHEMPIL, il “Progetto per la rivalutazione olistica della canapa oltre il Pil” coordinato da Francesco Raimo, ricercatore del Crea – Centro di Cerealicoltura e Colture Industriali di Caserta, che è stato finanziato dalla Regione Campania nell’ambito della Legge regionale n. 5 del 20 gennaio 2017 (Interventi per favorire la coltura della canapa (Cannabis sativa L.) e le relative filiere produttive) e condotto dal suddetto Centro Crea di Caserta in collaborazione con Politiche e Bio-economia, il CNR con quattro istituti (ISAFoM, ISA, IPCB, IRET) e l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
Domani mattina, venerdì 3 dicembre, dalle ore 9,30 fino alle 13,15, si svolgerà il convegno conclusivo di questo progetto pilota che tali enti di ricerca hanno sviluppato insieme a quattro aziende agricole del territorio. Durante il convegno saranno presentati anche alcuni risultati dei primi due anni di svolgimento del progetto. E saranno fatte alcune considerazioni scientifiche sulle condizioni per un ritorno diffuso della coltivazione della canapa in Campania.
E’ possibile partecipare all’evento in presenza e in modalità on line previa iscrizione a questa pagina e seguire la diretta streaming a questo link.  Segreteria organizzativa: T. Enotrio, L. del Piano, M. Sicignano. Telefono: +390823256235.
Molto ricco il programma, che sarà moderato dal giornalista Mimmo Pelagalli e si aprirà con un saluto di Luigi Morra, referente del laboratorio di Caserta del Centro Cerealicoltura e Colture Industriali, e di Nicola Caputo, assessore regionale dell’agricoltura della Campania. Seguirà la presentazione del progetto a cura del responsabile tecnico scientifico Francesco Raimo, che interverrà alle 10,10 con una relazione intitolata “Primi risultati di un biennio di prove agronomiche sulla canapa in Campania”.
Fra i vari altri interventi, segnaliamo alle 10,50, la relazione “Impatto dei parametri agronomici sulle caratteristiche chimico-qualitative di semi di canapa (Cannabis sativa L.) di Maria Grazia Volpe del Cnr – Isa Istituto di Scienze dell’Alimentazione. Poi alle 11,30 “Canapa industriale e sostenibilità alimentare: nuove prospettive da PROHEMPIL” di Severina Pacifico della Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Mentre alle 12 Francesco La Cara ed Elena Ionata del Cnr – Iret Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri interverranno su “I mille usi della canapa industriale: valorizzazione degli scarti per la produzione di biocarburanti e biochemicals”. Il CREA-Politiche e Bio-economia relazionerà invece alle 12,10 su “La sostenibilità della canapa industriale e la necessità di un piano di innovazione” con Raffaella Pergamo. Mentre un intervento su innovazione in agricoltura con particolare riferimento alla nuova programmazione sarà curato da Concetta Menna, operante nella sede di Napoli.
Alle 13 le conclusioni di Flora Della Valle, dirigente della Regione Campania.
 

L.S.

Cobraf - Chimica Verde Bionet - Federcanapa

Su questo tema il 21 ottobre mattina ad Eima 2021 convegno organizzato da Chimica Verde Bionet, capofila del progetto Cobraf finanziato nel Psr della Regione Toscana, in collaborazione con Federcanapa. Il pomeriggio un convegno su “Tecniche di estrazione di oli e principi attivi delle piante” con riferimento alle colture innovative di Cobraf: camelina, canapa, cartamo e lino. Il programma completo della giornata.


La canapa in primo piano in due convegni in programma giovedì 21 ottobre nel contesto di Eima International 2021 a Bologna. Li organizza, in collaborazione con Federcanapa, Chimica Verde Bionet, l’associazione capofila del progetto Cobraf (Coprodotti da Bioraffinerie): un progetto finanziato dalla misura 16.2 del Programma di Sviluppo Rurale della Regione Toscana 2014-2020 per lo sviluppo di filiere agroindustriali da quattro colture oleaginose: canapa, camelina, cartamo e lino. Con l’obiettivo di arrivare a «un sistema articolato di bioraffinerie che permetta la massima valorizzazione della biomassa di colture oleaginose utilizzabili in rotazione, e di conseguenza il miglior reddito per le aziende agricole e per le imprese utilizzatrici e un’ampia flessibilità nelle destinazioni di mercato». Ciò attraverso «l’utilizzo di varie parti della biomassa e residui di produzione per lo sviluppo di bioprodotti innovativi e più sostenibili per almeno 6 settori dell’industria toscana: alimentare, cosmesi, farmaceutica, edilizia, legno, automotive (camper)».
La mattina, dalle ore 10 alle 13, sarà dedicata al convegno “Meccanizzazione della raccolta e della prima trasformazione della canapa”, coordinato da Beppe Croce, presidente di Federcanapa e direttore di Chimica Verde Bionet. Come viene illustrato nell’introduzione al programma dell’evento, «un nuovo impianto per la produzione di fibra di qualità sta sorgendo in Toscana e sono in corso diversi progetti sulla canapa industriale in altre Regioni italiane». Federcanapa, in collaborazione col Gruppo Operativo del progetto Cobraf, con questo appuntamento vuole presentare «una panoramica delle attuali soluzioni per la raccolta congiunta di steli e cime di canapa e per le successive fasi di stigliatura e macerazione della fibra».
Nel pomeriggio, dalle ore 15 alle 17,30, si svolgerà il secondo convegno “Tecniche di estrazione di oli e principi attivi dalle piante”. L’argomento dell’evento è così introdotto: «le colture innovative del progetto Cobraf - camelina, canapa, cartamo e lino - sono una fonte di acidi grassi Omega3 e Omega6 e di molti altri princìpi attivi, che trovano crescente interesse di mercato in nutraceutica, cosmesi e mangimistica». Nell’incontro saranno passate in rassegna le principali tecnologie di estrazione e i rispettivi costi e benefici economici e salutistici, con l’illustrazione di alcune esperienze italiane.
                                                                   
Programma 

1) “Meccanizzazione della raccolta e della prima trasformazione della canapa” (ore 10-13)
• 10.00 Introduzione ai lavori
• 10.10 Panoramica europea sulla meccanizzazione della canapa industriale - Stefano Amaducci, Università
Cattolica del Sacro Cuore Piacenza
• 10.30 Tecnologie innovative per la raccolta - Vincenzo Alfano, CREA Ingegneria e Trasformazioni
Agroalimentari
• 10.45 Raccolta e stigliatura: un quadro delle soluzioni esistenti - Cesare Tofani, Naturfibre
• 11.00 Macchine e metodi per la lavorazione della canapa - Valerio Zucchini
• 11.15 Le macchine di Assocanapa per la raccolta combinata e la prima lavorazione degli steli - Cesare
Quaglia, Assocanapa
• 11.30 Il progetto CATERPILLAR in Emilia Romagna - Marco Errani, Azienda Sperimentale Stuard di Parma
• 11.45 Il progetto RETE CANAPA nella Marche - Antonio Trionfi Honorati
• 12.00 Un nuovo impianto in Toscana per la produzione di fibra di qualità - Domenico e Giuseppe Vitiello,
Canapafiliera
• 12.30 Dibattito

2) “Tecniche di estrazione di oli e principi attivi dalle piante” (ore 15-17,30)
• 15.00 Acidi grassi e altri princìpi attivi delle colture Cobraf - Beppe Croce, Chimica Verde Bionet
• 15.20 Strumenti e norme per gli oli spremuti a freddo - Tullia Gallina Toschi, Università di Bologna
• 15.40 Vantaggi e criticità dell’estrazione meccanica a freddo - Peppe Sammartino, Molino
• Crisafulli
• 16.00 Estrazione di princìpi attivi con solvente: il caso dei cannabinoidi - Luana Vagnoli
• 16.15 Esperienze di impiego della CO2 supercritica - Alvaro Garro, Canapalife
• 16.30 Una soluzione innovativa ed ecologica per l’estrazione di princìpi attivi - Giovanni Venturini
• del Greco, Herbolea
• 16.45 L’impiego industriale di ultrasuoni, solventi e altre tecnologie - Eusphera Nutraceuticals
• 17.00 Dibattito.

Per ulteriori informazioni consultare il sito web dell’Associazione Chimica Verde Bionet.

Redazione

Cannabis sativa ‘Tiborszallasi’

L’associazione Canapa Sativa Italia (CSI) e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici (IZSM) hanno avviato a luglio il più vasto studio comparativo nazionale sulla stabilità del contenuto di cannabinoidi su gruppi di piante di Cannabis sativa ‘Tiborszallasi’ da seme o da talea (provenienti dalla stessa pianta madre certificata) coltivati in differenti condizioni pedoclimatiche: 12 aziende distribuite fra nord, centro e sud Italia. Il presidente di CSI Massimo Cossu: «un’ipotesi teorica da verificare è che le piante di canapa da talea permettano di avere dei valori di cannabinoidi (e quindi anche del THC) più stabili»; «è fondamentale che ogni singolo fiore abbia un valore di THC al di sotto dell’0,5%» (e non sia pertanto drogante). Il responsabile progetto dell’IZSM Augusto Siciliano: «la particolarità di questo studio è il numero considerevole di repliche e la vasta territorialità: ci consentirà di avere un gran numero di dati specifici su circa 800 piante. E il confronto fra seme e talea darà risultati interessanti sia per il mondo scientifico che per quello produttivo». [In foto le piante in vaso oggetto di sperimentazione presso l'azienda della socia di CSI Lisa Bonelli]


La valutazione, tramite analisi effettuate su campioni a fine fioritura, di «come l’ambiente incida sulla produzione di cannabinoidi» di piante di Cannabis sativa non solo della stessa varietà (per la precisione della varietà ungherese ‘Tiborszallasi’) ma derivanti proprio dalla stessa pianta madre certificata e, allo stesso tempo, della «stabilità produttiva di cannabinoidi, sia in piante germinate (quindi provenienti da semi) che in piante derivanti da replicazioni agamiche (cloni di varietà certificate)».
Questo è il doppio obiettivo del progetto di cui è stato annunciato l’avvio nei giorni scorsi da Canapa Sativa Italia (CSI) - associazione che raggruppa un centinaio di soci, fra produttori, trasformatori e ricercatori della filiera canapicola italiana e siede al Tavolo tecnico di filiera presso il Ministero delle Politiche Agricole - insieme al partner Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici (Napoli) (IZSM), che è stato il primo laboratorio pubblico in Italia ad essere accreditato nella rete IZS per la determinazione dei cannabinoidi nei prodotti derivanti dalla canapa ed è ad oggi l’unico ad avere l’autorizzazione del Ministero della salute alla coltivazione indoor di Cannabis con tenore di THC non noto a fini sperimentali.
Un progetto, intitolato “Evaluation of cannabinoid stability: comparison between seed plants and clone plants in different Italian regions”, che deve colmare, come spiega il comunicato, un gap gravissimo: la ridotta presenza di dati e pubblicazioni scientifiche italiane riguardanti la ricerca e l’agronomia sulla intera pianta di Cannabis light. Come? Coltivando 400 piante ottenute da seme e 400 da talee, derivanti dalla stessa pianta madre di una varietà certificata e ammessa alla coltivazione secondo le leggi ed i regolamenti vigenti in materia, che sono state distribuite con terriccio, concimi specifici e vasi di tessuto ad hoc a 12 aziende situate in parti eguali al nord, centro e sud del nostro Paese. Un numero di piante e una distribuzione geografica che garantiscono «uno studio esaustivo del comportamento delle stesse piante per areale e condizione, permettendo un’analisi ecotipica oltre che di stabilità varietale».
Per capire qualcosa di più sulle ragioni, le finalità e le modalità organizzative di tale progetto, Floraviva ha intervistato il presidente di CSI Massimo Cossu, che ha risposto alle nostre domande insieme a Francesco Scopelliti, socio di CSI sin dagli esordi che ha avuto un ruolo molto importante in questa iniziativa. E ha posto poi qualche domanda di ulteriore chiarimento anche al responsabile del progetto in seno all’IZSM, Augusto Siciliano.
 
Presidente Cossu, in che cosa consiste esattamente questo progetto lanciato in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno (IZSM)?
Massimo Cossu: «Abbiamo ideato questo progetto con l’IZSM con la finalità di avviare un rapporto di collaborazione di ricerca scientifica con un ente che potesse darci gli strumenti per portare alla ricerca italiana risultati significativi per il nostro settore. Nello specifico il progetto ha la finalità di valutare la stabilità dei cannabinoidi nelle differenti regioni italiane con condizioni pedoclimatiche differenti. Il confronto, al di là delle condizioni differenti, include anche la valutazione comparativa della coltivazione di canapa da seme rispetto alla coltivazione da clone (partendo da un’unica pianta madre certificata di partenza)».
Come mai?
Francesco Scopelliti: «Ad oggi il settore ha un vincolo normativo che impone la coltivazione ai fini produttivi partendo da semi di varietà certificate, condizione diversa si presenta per la coltivazione di piante ornamentali non destinate ad un’ulteriore finalità produttiva. La riproduzione per via agamica è ben nota in agronomia come tecnica di riproduzione per poter replicare accuratamente la pianta d’origine ed ecco che il progetto ideato ha questa finalità: studiare la stabilità dei cannabinoidi, delle due modalità di riproduzione di Cannabis sativa L. su differenti areali, con l’obiettivo di portare questo dato e poterlo usare in sede istituzionale per proporre modifiche normative con fondamento scientifico».
Quali soggetti sono coinvolti nel progetto, oltre a voi di Canapa Sativa Italia (CSI) e all’IZSM, e come è strutturata la sperimentazione?
Massimo Cossu: «Sono state coinvolte 12 aziende associate a Canapa Sativa Italia per la realizzazione del progetto - oltre ad avere a disposizione uno spazio outdoor, il know how e la disponibilità dei ricercatori dell’IZSM - per coprire una porzione di territorio che fosse più ampia possibile, considerando le differenze pedologiche. Ogni azienda ha ricevuto un pacchetto di semi certificati e 40 talee, poi vasi, terriccio specifico e fertilizzanti. Il progetto, grazie allo sponsor Advanced Nutrients, ha potuto aggiungere un ulteriore grado di complessità: i due gruppi di piante vengono infatti fertilizzati con 3 linee distinte di concimazione a parametri controllati, permettendo così di raccogliere i dati relativi ai cannabinoidi anche in funzione della nutrizione delle piante. Per questo motivo si è scelto di coltivare in vasi e non direttamente in suolo, così da valutare l’incidenza della concimazione sui cannabinoidi, partendo tutti dallo stesso substrato di coltivazione. La coltivazione delle piante avrà termine con il taglio della parte apicale dell’infiorescenza, che verrà codificata tramite codice alfanumerico specifico per ogni singola pianta e spedito all’IZSM, che si occuperà della gestione ed essiccazione dei campioni in un luogo adibito appositamente al progetto. Dopo l’essiccazione ogni campione verrà analizzato singolarmente e ne verranno calcolati i contenuti di cannabinoidi; a seguito degli esiti analitici i ricercatori dell’IZSM successivamente provvederanno all’elaborazione dei dati emersi che verranno pubblicati e resi disponibili».
Che cosa si vuole sapere dalle ricerche precisamente? Ad esempio in relazione alla questione dell’efficacia drogante a seconda del contenuto di THC della varietà?
Massimo Cossu: «L’analisi che ci si propone di fare non è tanto a livello tossicologico. Quindi non interessa direttamente l’efficacia drogante del THC, quanto piuttosto uno studio sulla produzione dei valori dei cannabinoidi nei gruppi di piante riprodotti distintamente su diversi areali nazionali».
E che cosa si intende esattamente nel comunicato per «valutazione della “stabilità produttiva di cannabinoidi”»?
Massimo Cossu: «La teoria che ci ha spinti a realizzare questo progetto è che le piante di canapa coltivate da seme hanno una notevole variabilità nell’espressione di cannabinoidi, a differenza delle talee, che ci permettono di avere dei valori di cannabinoidi potenzialmente più stabili e quindi di conseguenza anche del THC, in virtù delle diverse condizioni ambientali. Con l’esplosione del reparto florovivaistico nel settore canapa, è fondamentale che non sia solo la media della campionatura sulla biomassa a rispettare il limite imposto dalle normative vigenti, bensì ogni singolo fiore dovrà avere un valore di THC al di sotto dello 0,5%. Quindi cosa succede con le genetiche certificate? Una popolazione di semi sarà, per intenderci, come una cucciolata di un cane o un gatto, per cui avremo dei fratelli che sono tutti diversi fra loro, e non avremo garanzie del colore del loro pelo e le loro dimensioni. Una popolazione di semi può contenere al suo interno una variabilità che può costare cara all’agricoltore che vuole vendere i fiori al dettaglio oppure procedere alla vendita per estrazione. Potrà infatti trovare dei valori di THC ben oltre quelli previsti dalla normativa e rischiare quindi di mettere in commercio (o anche solo conservare in magazzino) della sostanza vegetale con capacità drogante. Non sarebbe pensabile per l’agricoltore analizzare ogni singola pianta del suo campo, in quanto non risulterebbe economicamente sostenibile. Nella fase conclusiva di questo progetto verranno analizzate singolarmente tutte le parti apicali di ogni pianta, per mettere in luce questa problematica e avere fra le mani un risultato che ci permetta di apportare informazioni utili al settore canapicolo».
Qual è la tempistica del progetto? Quando è iniziato e quando terminerà?
Massimo Cossu: «Abbiamo proposto all’IZSM questa collaborazione all’inizio del 2021, da lì è stato necessario definire il progetto: in prima battuta da parte del direttore del Comitato Tecnico Scientifico di CSI Samuele Paganelli, e in seconda da parte di Augusto Siciliano, ricercatore dell’IZSM, e di Francesco Scopelliti, tecnico biologo specializzato in produzione di cannabis terapeutica e cannabusiness e, in Oregon, in coltivazione organica e ripresa di suoli poveri, che ho avuto il piacere di coordinare in questa occasione. È stato fondamentale selezionare le aziende in base alla posizione sul territorio nazionale, alle loro capacità di coltivazione, di strumentazione e ovviamente alla loro disponibilità. Coordinare la logistica per le attrezzature e le piantine è stato senz’altro la parte più complessa da gestire per la nostra associazione, che riesce ad andare avanti prevalentemente grazie al lavoro di soci volontari. (siamo tutti operatori del settore e dedicare tanto tempo a un progetto gratuito in piena stagione agricola è un impegno oneroso). In questa corsa contro il tempo siamo riusciti a mettere a dimora le piantine i primi giorni di luglio, coordinando tempestivamente il trapianto per le talee e la semina in plateau per i semi. Da poco le piante stanno iniziando la fase di pre-fioritura. Ci aspettiamo di raccogliere nella prima decade di ottobre, valuteremo la data precisa in base alla maturazione delle infiorescenze per ogni singola azienda».
Dove si trovano esattamente le 12 aziende coinvolte nelle coltivazioni sperimentali?
Massimo Cossu: «Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per il nord, Toscana, Lazio e Abruzzo per il centro, Campania, Puglia e Calabria per il sud e Sardegna, che nel panorama della canapa italiana rappresenta un caso paradossale: incredibile eccellenza produttiva (in qualità e quantità di ettari coltivati a fiore) ma allo stesso tempo di grandissima incertezza normativa a causa di interpretazioni delle norme in materia dalle Procure locali a sfavore dell’agricoltore». 
Quanto è stato messo sul piatto per finanziare il progetto? 
Francesco Scopelliti: «Il progetto è ambizioso e i costi sono ingenti: sono destinate ad esso diverse decine di migliaia di euro ma potremo essere più precisi alla fine del lavoro».
 
Dott. Siciliano, questo con CSI è il primo progetto di ricerca pubblica sull’intera pianta Canapa sativa tout court o è il primo così approfondito e sistematico?
Augusto Siciliano: «Al momento ci sono differenti progetti in corso sul territorio nazionale in merito alla pianta di Cannabis nei suoi differenti settori di appartenenza. Anche in passato altri enti pubblici come il CREA-CIN di Rovigo hanno svolto importanti attività di ricerca sulla Cannabis. Ma la particolarità di questo progetto è il numero considerevole di repliche e la vasta territorialità che ricopre. Questo ci consentirà di avere un gran numero di dati relativamente all’attività analitica specifica su circa 800 piante e in particolare questo tipo di confronto fra seme e talea potrà contribuire ad un risultato interessante sia per il mondo scientifico che per quello produttivo apportando un valore aggiunto a tutta la filiera canapicola».
Nel comunicato si specifica che l’IZSM di Portici è l’unico ente pubblico del Ssn a detenere l'autorizzazione per la coltivazione di Cannabis a THC non noto ai fini sperimentali: siete la punta di diamante fra i dieci istituti zooprofilattici italiani?
Augusto Siciliano: «Il nostro è stato il primo laboratorio pubblico accreditato nella rete IZS per la determinazione dei cannabinoidi nei prodotti derivanti dalla canapa. L’esperienza dell’IZSM maturata negli anni nasce da un interesse iniziale di conoscenze legate allo sviluppo di nuove filiere agroalimentari di prodotti a base di semi di canapa, a seguito dell'emanazione della Circolare del 22 maggio 2009 del Ministero della Salute che ammette gli usi alimentari del seme di canapa e derivati sulla base delle indicazioni dell’Istituto Superiore della Sanità. L'IZSM ha subito intuito lo sviluppo di questo nuovo settore agricolo, avviando una serie di attività di studio e di progetti sperimentali. A seguito dell'emanazione della legge 242/16, il settore della canapa industriale ha visto una crescita esponenziale in brevissimo tempo, inoltre un “vizio interpretativo” della norma ha dato un ulteriore slancio di crescita esponenziale al settore data dalla produzione e commercializzazione della cannabis light. Nell’autunno 2016 l’IZSM ha supportato, tramite l’attività analitica, le Forze dell’Ordine per il controllo e la verifica di conformità su infiorescenze e prodotti alimentari, inoltre il Ministero della Salute ha istituito un Gruppo di Lavoro in cui ha coinvolto l’IZSM nella definizione dei limiti sul Delta-9-tetraidrocannabinolo negli alimenti».
Quale è stato l’effetto del boom produttivo di cannabis light?
Augusto Siciliano: «Con la crescente presenza sul territorio nazionale di prodotti cannabis light, gli organi di controllo hanno inviato ai nostri laboratori innumerevoli campioni di infiorescenze e di prodotti alimentari a base di canapa, sequestrati presso punti vendita, per verificare il contenuto di cannabinoidi. Il boom legato alla vendita di cannabis light, ha interessato prevalentemente attività legate alla produzione di infiorescenze, in questo ultimi anni, infatti, l’IZSM ha stipulato numerose convenzioni con aziende private, effettuando innumerevoli determinazioni analitiche, per la gran parte su infiorescenze. Inoltre ha supportato le Forze dell’Ordine nelle attività di sopralluogo e campionamento. Oggi, l'IZSM vanta una notevole expertise analitica e di conoscenza del settore e, oltre alla determinazione dei cannabinoidi, ha implementato attività di ricerca utili all’approfondimento dei differenti settori e a rappresentare un supporto istituzionale per un più chiaro orientamento normativo e legislativo. Nell’ambito delle attività svolte e nell’ottica di ampliare le attività di ricerca del settore Cannabis, sono stati allestiti dei locali adibiti alla coltivazione sperimentale indoor di Cannabis con tenore di THC non noto, autorizzata in data 01/08/2019 dal Ministero della Salute, e ad oggi siamo l’unico ente del SSN ad avere questa autorizzazione».


L.S.