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La petizione promossa da Assoverde con il sostegno dell’Associazione Italiana Giardinieri Professionisti per il ripristino delle attività di “Cura e manutenzione del paesaggio” (codice Ateco 81.30) è stata inviata a ministri e presidenti di regione il 3 aprile. Per Confagricoltura il comparto interessa circa 40 mila addetti per 1,8 miliardi di euro annui di giro d’affari. I manutentori del verde operano a distanze superiori ai minimi anti contagio da Coronavirus e applicherebbero senza sforzo le regole del Protocollo del 14 marzo contro la diffusione di Covid-19 nei luoghi di lavoro. Hanno poi funzioni di presidio del territorio e stanno subendo invasioni di campo da altre categorie d’impresa in relazione agli interventi d’emergenza.


Sono 700 i sottoscrittori della petizione inviata il 3 aprile da Assoverde, l’associazione italiana dei costruttori del verde, a vari ministri e ai presidenti delle regioni per chiedere di far ripartire le attività di manutenzione del verde. Ma dietro a ogni firma sono rappresentati molti più addetti, visto che si parla anche di imprese da 2/3 fino a 30/40 dipendenti. Difficile una stima precisa, ma si va dai 4 mila ai 6 mila addetti impegnati in attività comprese nel codice Ateco 81.30: “Cura e manutenzione del paesaggio (inclusi parchi, giardini e aiuole)”. 
E se si allarga lo sguardo anche a chi non ha firmato, cioè a tutto questo segmento della filiera del verde che comprende la cura e manutenzione di parchi, giardini, verde pubblico, impianti sportivi, riforestazioni, infrastrutture verdi, interventi di ingegneria naturalistica ecc., si tratta di 40 mila addetti su base nazionale per un giro d’affari annuo intorno a 1,8 miliardi di euro, secondo le stime di Confagricoltura. Il che vuol dire che ogni mese di sospensione rappresenta in media non meno di 150 milioni di euro persi; una cifra sottostimata se si considera che in questi mesi primaverili l’attività è decisamente superiore (vedi).
La petizione, promossa da Assoverde con il sostegno dell’AIGP (Associazione Italiana Giardinieri Professionisti) a seguito di un’iniziativa «partita inizialmente dalla Liguria (“cordata ligure”) che ha visto successivamente la partecipazione di tutto il territorio nazionale», come si legge nel comunicato di Assoverde, è stata indirizzata, oltre che ai presidenti di regione, ai seguenti ministri: Teresa Bellanova (Politiche agricole, alimentari e forestali), Stefano Patuanelli (Sviluppo economico), Paola De Micheli (Infrastrutture e trasporti), Dario Franceschini (Beni culturali), Sergio Costa (Ambiente) e Francesco Boccia (Autonomie e affari regionali). La decisione di raccogliere le firme è stata presa dopo aver visto che nel Dpcm del 1° aprile 2020, che ha prorogato fino al 13 aprile le misure restrittive per l’emergenza Covid-19 fissate dal precedente decreto, non è stato inserito il codice della attività di manutenzione del paesaggio. E in due giorni sono arrivate 700 sottoscrizioni di «titolari di grandi, medie e piccole aziende, giardinieri professionisti, lavoratori in proprio e rappresentanti di strutture professionali che operano nell’ambito delle attività di cui al codice Ateco 81.30».  
Nel testo della petizione si evidenziano «le modalità specifiche con cui “normalmente” operano i manutentori del verde e con cui, a maggior ragione oggi, opererebbero, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza di cui al "Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro" del 14 marzo 2020; la rilevanza del loro operato in questo specifico periodo dell’anno, e le criticità che deriverebbero da una ancora perdurante sospensione delle attività; le forti distorsioni e disparità che si stanno verificando a livello territoriale, rispetto a quanto disposto dal DPCM, con comportamenti non sempre lineari o frutto di condizioni autorizzative sostanzialmente discrezionali».
Le motivazioni di una riapertura delle attività di cura del verde sono così riassunte da Assoverde:
- Il lavoro del manutentore del verde viene normalmente svolto mantenendo distanze di gran lunga superiori a quelle imposte dal distanziamento sociale (10 metri e oltre): vuoi per la tipologia di comprensori in cui si opera oppure per la caratteristica delle imprese coinvolte, spesso società individuali o con ridottissimo numero di dipendenti. 
- In talune zone gli operatori del verde costituiscono un presidio sul territorio contro l’abbandono e il dissesto idrogeologico per tutti i possessori di fasce terrazzate, seconde o terze case, che spesso vedono in tale categoria un riferimento, specie in questo periodo di forzata e prolungata assenza.
- La possibilità di lavorare, eventualmente in unità singole, rispettando tutte le norme previste dal Protocollo del 14 marzo 2020, con orari ridotti e programmazione oculata dei dipendenti, consentirebbe di ridurre il ricorso a misure integrative, e di conseguenza l’impatto sulla finanza, liberando maggiori risorse per le categorie realmente impossibilitate a lavorare.
- Di contro, la sospensione delle attività in questo cruciale periodo della stagione porterebbe all’inevitabile definitiva chiusura di molte realtà lavorative, spesso composte da ditte individuali con risorse limitate.
- La sospensione delle attività di cui al codice Ateco 81.30 – con il riferimento a caratteri di emergenza di alcune categorie di lavori, la richiesta di autorizzazioni alle Prefetture, o la possibilità per codici Ateco diversi (es. disinfestazione, igienizzazione, ecc.) di poter intervenire, anche in attività di manutenzioni del verde (invece sospese), sta creando forti discrezionalità ed evidenti distorsioni nelle modalità di intervento, tanto nei lavori privati che in quelli pubblici.

L.S.


L’Organizzazione degli imprenditori agricoli chiede interventi comunitari e nazionali per il florovivaismo, colpito duramente dal Coronavirus. Fra questi, il ripristino delle attività di manutenzione del verde e giardinaggio, il segmento della filiera florovivaistica rimasto ancora fermo per via dell’emergenza, che per Confagricoltura vale 150 milioni di euro al mese. L’elenco delle misure necessarie per il rilancio.  


Nel corso della riunione della task force del settore florovivaistico del Copa-Cogeca (il Comitato delle Organizzazione agricole e delle cooperative europee) che si è svolta ieri a Bruxelles, Confagricoltura ha ribadito le richieste per sollevare uno dei comparti che maggiormente sta soffrendo le conseguenze dell’emergenza Coronavirus. 
E’ questa solo l’ultima azione di sensibilizzazione delle Istituzioni nazionali e comunitarie che Confagricoltura sta prevedendo a salvaguardia del comparto florovivaistico, al fine di prevedere adeguati indennizzi e contromisure per compensare le perdite di ricavo e di reddito subite dagli operatori. 
Le misure messe in atto a seguito dell’emergenza epidemiologica Covid19, hanno, infatti, provocato un crollo delle vendite dei prodotti florovivaistici ed una drastica riduzione dei fatturati delle aziende impegnate nella produzione, vendita e manutenzione del verde. 
Confagricoltura segnala che, nonostante il recente chiarimento arrivato da Palazzo Chigi che consente la vendita al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti e di altri prodotti simili perché rientra nelle attività di produzione, trasporto e commercializzazione di prodotti agricoli ammesse dal Dpcm del 22 marzo 2020, il settore continua a soffrire per l’ancora difficile collocazione del prodotto.
Inoltre, continua la sospensione dell’attività della cura e manutenzione del verde. Un comparto che fattura circa 1,8 miliardi annui a livello nazionale e dà lavoro a circa 40mila addetti. Ogni mese di fermo, quindi, rappresenta in media non meno di 150 milioni di euro di giro di affari; una cifra sottostimata se si considera che in questi mesi primaverili l’attività è decisamente superiore.
Per questo Confagricoltura ha chiesto al governo di soprassedere alla sospensione di questa attività, per lo meno per quanto riguarda la cura e manutenzione di parchi, giardini, verde pubblico, impianti sportivi, anche per evitare il degrado degli ‘investimenti verdi’. E di prevedere un adeguato ristoro – a valere di risorse nazionali o comunitarie – per il mancato fatturato in questo periodo di sospensione.
Confagricoltura ricorda che il settore florovivaistico italiano, con una superficie coltivata di 29mila ettari e 27mila aziende, produce un giro d’affari di circa 2,9 miliardi di euro l’anno (1,32 miliardi di euro di fiori recisi e piante in vaso e 1,55 miliardi di euro di piante ornamentali) ed impiega oltre 100mila addetti lungo tutta la filiera. 
Sulla base di tali valori Confagricoltura ha presentato a Bruxelles le sue prime stime sui danni al comparto che, se l’emergenza dovesse proseguire, dovrebbero essere riviste in termini più preoccupanti. A tale dato dovrebbe poi aggiungersi quello relativo ai danni subiti dalle imprese dedite alle attività per la manutenzione del verde.
Tra le misure necessarie da mettere in campo rapidamente, Confagricoltura ha avanzato le seguenti richieste: moratorie mutui, finanziamenti e pagamenti per le aziende; cassa integrazione per i lavoratori derogando alle attuali regole; rinvio pagamento contributi previdenziali ed imposte; sostegno al reddito per gli agricoltori anche in forma associata, attraverso strumenti che valorizzino il prodotto ancorché non venduto sul mercato; sblocco dei pagamenti dei contributi per le aziende in graduatoria PIF e PSR che hanno già sostenuto gli investimenti. Alle Istituzioni comunitarie, inoltre, si chiede di prevedere idonee misure eccezionali tipo quelle previste dal Reg. n. 1308/2013 “Ocm unica” per alleviare le perturbazioni di mercato determinatesi a seguito della diffusione del Covid-19. Al termine del periodo di emergenza sarà necessario, infine, promuovere una campagna di sensibilizzazione della popolazione affinché tutti “si regalino un fiore” per ripartire e tornare a sperare in un futuro.

Redazione


Raccolta fondi lanciata dall’Associazione Vivaisti Italiani a favore degli ospedali di Pistoia, Prato e Valdinievole, in prima linea nella lotta contro il Coronavirus. Obiettivo della campagna, che durerà 1 mese ed è aperta a tutti, donare materiale sanitario alle strutture ospedaliere.


«Siamo convinti che dimostrando unità d’intenti nella mobilitazione e la responsabilità sociale delle nostre aziende supereremo più velocemente la crisi».
E’ quanto sostiene il presidente dell’Associazione Vivaisti Italiani (AVI) Luca Magazzini, rivolgendosi prima di tutto ma non esclusivamente alle aziende associate, nel testo con cui è stata lanciata ieri l’altro la campagna di raccolta fondi di AVI per sostenere l'impegno di chi è in prima linea nella lotta al Coronavirus o Covid-19: i presidi ospedalieri di Pistoia, Prato e Valdinievole. 
La campagna, aperta a tutti, avrà una durata di un mese e sarà finalizzata all'acquisto e alla distribuzione di materiale sanitario per le strutture ospedaliere. 
«Pur consapevoli delle gravi difficoltà economiche in cui versano le aziende del Distretto vivaistico ornamentale pistoiese e tante famiglie dei nostri territori – si legge nel testo - vorremmo incoraggiarvi alla donazione solidale, rispondendo all'emergenza sanitaria nazionale e locale con un contributo concreto commisurato alle vostre/nostre possibilità». 
Per contribuire alla raccolta fondi di AVI si potrà effettuare un bonifico bancario con causale "Emergenza Covid-19: AVI per i presidi ospedalieri" tramite i seguenti conti intestati all’Associazione Vivaisti Italiani: Banca Alta Toscana IBAN: IT75S0892213800000000816859 oppure BANCA DI CAMBIANO IBAN: IT10 O084 2513 8000 0003 1409 766. La donazione sarà possibile anche a partire dal sito di Avi: http://www.vivaistiitaliani.it/news/106-coronavirus-avi-a-sostegno-degli-ospedali. 

Redazione


Il ministro Teresa Bellanova intervine nuovamente a chiarimento sulla possibilità di vendere al dettaglio piante e fiori: "Mostrate ai funzionari del vostro Comune la risposta della Presidenza del Consiglio per provare a superare le naturali resistenze che dovessero sorgere”. Inoltre definisce chiara anche la questione dei codici ATECO  "la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso e fertilizzanti è consentita su tutto il territorio nazionale o almeno dove non prevalga una norma locale, indipendentemente dal codice Ateco. Questa la risposta al quesito, data dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la stessa autorità che ha emanato il Decreto, è chiara e netta".

In un comunicato stampa pubblicato anche sulla pagina FaceBook della Ministra che interviene e chiarire se si possa o meno vendere fiori e piante. "La vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso e fertilizzanti è consentita su tutto il territorio nazionale o almeno dove non prevalga una norma locale, indipendentemente dal codice Ateco. Questa la risposta al quesito, data dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la stessa autorità che ha emanato il Decreto, è chiara e netta". E continua la ministra: "Mi avete scritto in tanti, cittadini, piccoli imprenditori ma anche associazioni di categoria, chiedendomi delucidazioni circa il via libera che ho dato nei giorni scorsi alla vendita di fiori e piante da parte non solo dei vivai ma anche dei fioristi", scrive Teresa Bellanova. E ancora: "Mi si pone il problema per cui il codice Ateco dei fiorai non è compreso nell'elenco delle attività che possono aprire contenuto nel DPCM #IoRestoaCasa.
Obiezione comprensibile. Ma la risposta è chiara e netta: la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso e fertilizzanti è consentita su tutto il territorio nazionale, o almeno dove non prevalga una norma locale, indipendentemente dal codice Ateco.
Purtroppo è tutt'altro che semplice districarsi tra norme, interpretazioni autentiche e soprattutto successive applicazioni da parte di funzionari regionali, comunali o, ad esempio, agenti della polizia municipale che si trovano a dover capire se un negozio di fiori possa o non possa stare aperto. Sconfiggeremo sicuramente il coronavirus, verrebbe da dire, ma la burocrazia è più dura a morire".


Da questo l'invito che la Ministra rivolge: "Mostrate ai funzionari del vostro Comune la risposta della Presidenza del Consiglio per provare a superare le naturali resistenze che dovessero sorgere, dovute anche solo ad una comprensibile prudenza. La mia insistenza deriva solo dalla necessità di assicurare quanti più canali di vendita possibili ad un settore importantissimo, quello del florovivaismo, che, al netto dei canali di commercializzazione, dà lavoro a 100mila persone e che in questi mesi fa una buona parte del suo fatturato annuale".
Per concludere: "Questa crisi ci sta portando via persone care e limitando la libertà di uscire di casa, di vedere i propri amici, di portare un saluto a familiari anziani. Sta impedendo a molte persone di lavorare e contribuire al bilancio familiare. Portare fiori e piante nelle nostre case, sui nostri balconi, nei nostri giardini può essere un modo per regalarci un po' di bellezza in queste giornate passate a casa, aiutando nel contempo un settore che è realmente in crisi e che rischia di buttare al macero gran parte della produzione di questa stagione".

Redazione

Il presidente dell’Associazione vivaisti italiani Luca Magazzini insoddisfatto per la composizione del nuovo Consiglio della Camera di Commercio Pistoia-Prato uscita dal decreto di nomina regionale del 17 marzo: «l’unico rappresentante dell’agricoltura non è un vivaista, il comparto agricolo di gran lunga più importante in termini di fatturato e manodopera nelle due province».


«Sono profondamente rammaricato per il fatto che il settore vivaistico, proprio in un momento in cui per via del Coronavirus è messa in pericolo la sua stessa sopravvivenza o almeno la sua tenuta ai livelli che hanno garantito sinora fatturati e occupazione superiori agli altri comparti agricoli, non abbia nemmeno una voce all’interno di un consiglio di 28 componenti, di cui 14 pistoiesi».
A dichiararlo è il presidente dell’Associazione vivaisti italiani (Avi) Luca Magazzini a seguito di un articolo uscito ieri sulla stampa pistoiese che ha messo in evidenza questa novità negativa per il vivaismo provinciale: la sparizione di una voce che lo rappresenti nel consiglio della Camera di commercio, che da ora in poi sarà la Camera di commercio di Pistoia-Prato. Una triste notizia anche per il presidente Magazzini, che è stata sancita dal decreto n. 47 del 17 marzo scorso del presidente della Giunta regionale Enrico Rossi con cui sono stati nominati i componenti del consiglio della nuova camera di commercio.
«Sapevamo che il vivaismo avrebbe perso il seggio come comparto - chiosa Luca Magazzini – e siamo consapevoli che un solo seggio per tutta l’agricoltura è davvero troppo poco. Ma almeno, senza nessun intento critico nei confronti del collega agricoltore nominato, si sarebbe potuto scegliere un esponente del vivaismo ornamentale o più in generale del florovivaismo, visto il peso che il nostro comparto ha nell’agricoltura delle due province e in tutta la regione. E anche tenendo conto del valore che esso ha a livello di immagine e marketing territoriale. Un po’ come è stato fatto nel caso del tessile, che almeno ha potuto registrare l’assegnazione di un seggio in quota Industria a una esponente del comparto».

Redazione