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Giardini, vita in fattoria e buon cibo. In molti Paesi caratterizzati da una radicata cultura industriale si è sviluppato un forte movimento di valorizzazione della cultura della terra e dei suoi prodotti mentre in tante aree, anche a causa della crisi in atto da tempo, sta emergendo una tendenza a coltivare direttamente piante e frutti che, oltre a garantire genuinità assicurano risparmio e qualità. La nuova sensibilità, che ha portato ad introdurre lezioni e attività pratiche anche nelle scuole materne, va oltre: si sta consolidando la cultura del chilometro zero assieme alla tendenza a far scoprire soprattutto alle giovanissime generazioni, il rapporto con l’agricoltura e con i prodotti genuini, quelli che non passano attraverso la grande distribuzione.
Redazione Floraviva
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Siamo di fronte a una drammatica escalation con i sequestri che hanno già raggiunto nel 2014 il valore di circa mezzo miliardo nell’agricoltura e nell’alimentare, diventate aree prioritarie di investimento dalla criminalità organizzata che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrare in modo capillare la società civile e condizionare la via quotidiana delle imprese e delle persone. E’ quanto ha denunciato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, che per contrastare questo fenomeno ha sostenuto la nascita in Italia della Fondazione ’“Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, promossa dalla Coldiretti con la presidenza del Comitato Scientifico del procuratore Giancarlo Caselli.
Le organizzazioni criminali legate a mafia, camorra e ‘ndrangheta - sottolinea la Coldiretti - sono state tutte coinvolte nelle operazioni piu’ rilevanti dei primi due mesi del 2014. All’inizio dell’anno gli agenti della Dia di Caltanissetta hanno sequestrato beni per un valore di 45 milioni di euro di cui facevano parte 10 imprese, 25 fabbricati, terreni per un estensione complessiva di circa 150 ettari e numerosi conti correnti bancari, tutti riconducibili ad un imprenditore della provincia di Palermo, residente a Caltanissetta, ritenuto essere soggetto in contatto e interlocutore privilegiato di personaggi di spicco di Cosa nostra nei territori di Caltanissetta e Palermo. In particolare, si è fatta luce su un terreno con annessa azienda agraria utilizzato come riserva di caccia ad uso dei più noti esponenti della mafia siciliana, e beneficiato anche da ingenti contributi pubblici erogati dall'Agea. Una vera e propria holding nel settore della ristorazione si era insediata a Roma dove i Carabinieri hanno sequestrato 23 i locali, tra ristoranti-pizzerie e bar dal più noto "Pizza Ciro" in via delle Mercede, tra piazza di Spagna e Montecitorio, ma anche "Ciro & Ciro", "Zio Ciro", "Pummarola e Drink", "Sugo" e la gelateria "Ciucculà" al Pantheon. Un impero creato, secondo quanto reso noto dagli inquirenti, nell'ambito del maxi blitz contro il clan Contini di Napoli, dai fratelli napoletani Salvatore, Antonio e Luigi Righi ai quali è stato contestato il concorso esterno in clan camorristico. Immobili, aziende e numerosi rapporti finanziari per un valore di circa 250 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia a Palermo, in una complessa operazione che ha portato alla luce le rilevanti attività economiche dell'organizzazione mafiosa facente capo al clan dei Galatolo, legate al mercato ortofrutticolo e al suo indotto. Secondo l'accusa, monopolizzavano i commerci anche col ricorso ai servizi forniti dalla cooperativa "Carovana Santa Rosalia", operante nella compravendita di merce, facchinaggio, parcheggio, trasporto e vendita di cassette di legno e materiale di imballaggio. In tal modo, si poteva prestabilire il prezzo dei prodotti ortofrutticoli a cui gli operatori dovevano uniformarsi, controllare il trasporto su gomma da e per la Sicilia occidentale ed i principali mercati di approvvigionamento delle derrate alimentari nel centro Italia, gestire le attività connesse al commercio all'interno del mercato di Palermo. A fine febbraio la Guardia di finanza di Crotone ha eseguito sei nuovi provvedimenti di custodia cautelare, disposti dal gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nell'ambito dell'indagine "Insula" a seguito di nuove risultanze investigative che evidenziavano sostanzialmente la compromissione degli organi amministrativi e tecnici del Comune di Isola Capo Rizzuto, i quali sarebbero stati pienamente consapevoli dell'interesse della cosca Arena all'aggiudicazione della gara per la gestione di un terreno confiscato alla stessa famiglia di 'ndrangheta. L'integrazione investigativa, grazie agli elementi acquisiti attraverso numerosi testimoni e l'esame di nuova documentazione, ha consentito una ricostruzione della vicenda sull'aggiudicazione della gara pubblica per l'affidamento del servizio di raccolta dei finocchi coltivati su circa 39 ettari di terreno già oggetto di sequestro e confisca alla famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto.
La tendenza in atto è destinata a far salire il volume d'affari complessivo della criminalità organizzata che, secondo il rapporto Agromafie Coldiretti/Eurispes, aveva raggiunto circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record del 12 per cento rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese, perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. È peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare. Per questo le mafie – sottolinea la Coldiretti - hanno già imposto il proprio controllo sulla produzione e la distribuzione di generi alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e, soprattutto, della frutta e della verdura. Potendo contare costantemente su una larghissima ed immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinati marche e prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Alcune stime - precisa la Coldiretti - valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia in mano alla criminalità organizzata (bar, ristoranti, pizzerie), nella maggioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro sporco. In alcuni casi agenti dei clan rappresentano specifici marchi alimentari, che impongono in tutta la loro zona di influenza. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell'Unione europea. A tutte le pressioni e minacce, esercitate in particolare nei confronti degli agricoltori del Mezzogiorno, si aggiungono i nuovi sistemi di condizionamento mafioso per imporre dazi illegali ed assorbire grosse fette del settore. Secondo la Direzione Investigativa di Roma ben il 15 per cento del fatturato realizzato dalle attività agricole appartiene all’illecito. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – conclude Coldiretti - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy.
Ufficio Stampa Coldiretti
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“Quello dimostrato dalle autorità statunitensi rappresenta un importante segnale di apertura dovuto anche al crescente numero di Paesi, Organizzazioni Internazionali e stakeholders, che hanno manifestato le loro preoccupazioni sulle assegnazioni dei nuovi domini generici di primo livello e in generale sull’attuale governance di internet. La dimensione globale che ha assunto la rete internet, richiede, infatti, una gestione differente da quella che ha contraddistinto i suoi primi 25 anni di attività e si deve basare su un coordinamento fra le Amministrazioni pubbliche a livello italiano, europeo e internazionale.”
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Il presidente Stefano Morandi spiega i motivi e si attende che sia «il punto di partenza per l’attività futura del mercato al fine del suo definitivo rilancio». Il rappresentante degli agricoltori nella giunta camerale Sandro Orlandini dice: «ci eravamo presi l’impegno di dare sostegno a qualche iniziativa per la floricoltura che fosse concreta e di immediata attuazione» e annuncia il sostegno di Cia ai floricoltori nella ricerca dei finanziamenti europei. Baldaccini (nella foto), amministratore di Mefit, presenta i primi risultati del piano di marketing: siamo al primo posto fra i mercati di fiori italiani per numero di fan su Facebook e si tratta in maggioranza di operatori del comparto floricolo: dai fioristi ai garden.
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La richiesta del neo candidato sindaco di Pescia del Pd, Oreste Giurlani, quantificata intorno a 6 milioni di euro regionali, è stata divulgata stamani dopo la visita al mercato dei fiori pesciatino, dove ha incontrato i vertici di Mefit e produttori e commercianti. «Si tratta di un’occasione unica per il rilancio del mercato e della produzione floricola di qualità del distretto».
«Ho rivisitato il mercato dei fiori stamani e ho visto un clima relativamente più sereno fra gli operatori. C’è un po’ più di vitalità e di voglia di riscatto. I tempi sono duri, ma le ultime iniziative promozionali sono andate bene in termini di quantità di merci vendute. Desidero ribadire l’importanza del mercato dei fiori di Pescia, che va rilanciato».
E’ quanto affermato da Oreste Giurlani - fresco della vittoria alle primarie di domenica scorsa, che l’hanno eletto candidato del Pd alle elezioni amministrative di Pescia del prossimo maggio - dopo la visita di stamani alla struttura mercatale pesciatina. Sopralluogo durante il quale Giurlani ha parlato con i vertici di Mefit, l’amministratore unico Franco Baldaccini e il direttore Fabrizio Salvadorini, e con i produttori e commercianti al lavoro.
Per rilanciare il mercato di Pescia e tutta la floricoltura del distretto interprovinciale Lucca – Pistoia, che si riunirà proprio in via Salvo d’Acquisto il 13 marzo al cospetto dell’assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori, Oreste Giurlani afferma che «va chiesto alla Regione Toscana di mettere sul piatto ad ottobre 5/6 milioni di euro riservati a progetti di filiera sulla floricoltura, che significherebbero innescare investimenti per circa 12 milioni: un’opportunità unica per il rilancio della produzione floricola di qualità del distretto e del mercato di Pescia».
«Bisogna creare subito – conclude Giurlani - una task force, composta da rappresentanti istituzionali ed esponenti delle associazioni di categoria del comparto florovivaistico, che si dedichi alla elaborazione di progetti di filiera sulla floricoltura che coinvolgano il mercato e il distretto».