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Nel documento sottoscritto a Montichiari il 20 novembre da una folta rappresentanza di soggetti della filiera florovivaistica e del verde nazionale sono stati chiesti: un provvedimento di defiscalizzazione delle opere verdi private, il miglioramento della capacità operativa e comunicativa sul terreno internazionale del Servizio fitosanitario italiano, il ripensamento dell’art. 24 del Decreto Sblocca Italia, che non impone ai Comuni di utilizzare veri professionisti per la manutenzione del verde pubblico.
Il verde può fare bene all’Italia, contribuendo alla salute dei cittadini e in generale alla qualità della vita nelle città, e salvaguardando al contempo un ambito produttivo che occupa 158 mila persone, anche se sta attraversando un momento difficile a causa della crisi. Ma perché ciò avvenga ci vuole «un Paese green oriented» (orientato verso il verde), con «un verde made in Italy», nonché «professionale e di qualità».
Sono proprio questi ultimi tre desiderata gli obiettivi del documento, intitolato “Il verde che fa bene al Paese”, che è stato sottoscritto il 20 novembre scorso a Montichiari (Brescia) dai rappresentanti di molti dei principali soggetti della filiera florovivaistica e del verde nazionale, al termine di una tavola rotonda che li ha visti confrontarsi sui problemi del settore. E per la realizzazione dei primi due obiettivi si è già identificato l’interlocutore privilegiato all’interno del governo di Matteo Renzi e chiesto un apposito incontro.
Per il primo, di un’Italia più verde, grazie in particolare a un provvedimento di «defiscalizzazione delle opere verdi» private, nel documento si chiede un incontro con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti. Per gli esponenti del settore florovivaistico è secondario che tale provvedimento rispecchi esattamente il disegno di legge Susta che prevede detrazioni per gli interventi di sistemazione a verde privati oltre certe soglie di investimento, che pure era piaciuto anche perché incoraggia l’uso di veri professionisti garantendo la qualità. L’importante è che si vari una misura in grado di «incentivare la cittadinanza a investire nella realizzazione di nuove aree verdi private». Ciò consentirebbe di ottenere «maggiori introiti fiscali, visto il notevole abbattimento della concorrenza sleale», un «innalzamento dei valori catastali degli edifici inseriti in città green oriented» e maggiore attrattività turistica. Oltre ai benefici sulla salute e la qualità della vita dei cittadini, nonché quelli legati alla mitigazione dell’effetto serra grazie all’assorbimento di CO2, di cui si discute proprio in questi giorni a Parigi nella XXI Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Riguardo al secondo obiettivo, un verde che resti made in Italy, prima di tutto da noi, ma anche nelle tante aree del mondo in cui negli anni scorsi il vivaismo italiano è riuscito a imporsi, l’interlocutore che si vuole incontrare è il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, al quale si chiede di «migliorare le azioni da parte della dirigenza del Servizio fitosanitario nazionale e adeguarci a standard europei, agendo sulla dinamicità e capacità operativa, e azioni forti di comunicazione a tutela del mercato interno» e delle nostre produzioni. «Risulta prioritario, a livello nazionale, - si legge nel documento, che pare un atto di accusa verso l’operato dell’attuale Servizio fitosanitario - definire un protocollo d’intesa tra i servizi fitosanitari a livello europeo in merito alle esportazioni di alberature verso paesi terzi (Turchia e altri paesi extra CEE) e affrontare, con razionalità, gli aspetti fitopatologici. Lo scopo principale è salvaguardare il prodotto italiano, anche attraverso puntuali ed immediate comunicazioni ufficiali che rassicurino i mercati internazionali. Purtroppo a oggi persiste una carenza di fondo a operare ed agire in merito a questi temi, con conseguenti danni a tutto il settore produttivo».
Per il terzo obiettivo, cioè far sì che gli spazi verdi pubblici in Italia siano di qualità e affidati a professionisti o aziende qualificate del settore del verde e dell’architettura del paesaggio, nel documento non viene chiesto nessun incontro, ma si mette all'indice una norma che ha peggiorato la situazione favorendo l’utilizzo per la manutenzione del verde di personale non sufficientemente preparato e competente. «L’art. 24 del decreto Sblocca Italia – si legge nel documento dei florovivaisti - consente alle Amministrazioni Comunali, con semplici procedure attuative (regolamenti), di impiegare personale volontario anche per i lavori di manutenzione del verde pubblico». Secondo i florovivaisti c’è stata una «evidente riduzione dei lavori pubblici affidati alle imprese del settore qualificate e con manodopera specializzata per operare correttamente dal punto di vista agronomico». «Inoltre – conclude il documento -, stiamo rilevando e documentando a livello territoriale, i gravi danni biologici-ecologici arrecati al verde pubblico da cui ne consegue un danno ambientale sul territorio, danno che avrà conseguenze anche economiche sulle singole amministrazioni locali».
A firmare il testo “Il verde che fa bene al Paese” il 20 novembre a Montichiari sono stati gli esponenti di molti dei soggetti principali dell’intera filiera florovivaistica italiana: per Cia, in rappresentanza del presidente Dino Scanavino, c’era il responsabile florovivaismo della Confederazione Roberto Chiti, per Coldiretti il vice presidente Ettore Prandini, per Confagricoltura il vice presidente Ezio Veggia, per Confartigianato Christian Mattioli in rappresentanza del direttore Bruno Panieri, per Associazione Florovivaisti Veneti il presidente Andrea Righi, per Associazione Vivaisti Pistoiesi Luca Magazzini, delegato del presidente Vannino Vannucci, per Florveneto Michela Modanese, per Associazione Giardinieri Reggio Emilia e Modena il presidente Christian Mattioli, per AIAPP – Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio il presidente Anna Letizia Monti, per A.I.C.G. – Associazione Italiana Centri Giardinaggio il presidente Silvano Girelli, per Assoiride il presidente Domenico Spinola, per Associazione Parchi e Giardini d’Italia Rosalba Caffo Dallari al posto del presidente Peirone, per Asproflor Comuni Fioriti il vice presidente Sergio Ferraro, per Consorzio Fiori Tipici Lago Maggiore e Biellese il vicepresidente Paolo Zacchera, per Consorzio Florovivaistico Ambientale Jonico il presidente Mario Faro, per Flora Toscana Walter Incerpi, delegato del presidente Paolo Batoni, per Distretto Rurale Vivaistico Ornamentale Pistoia il presidente Francesco Mati, per Distretto Altolombardo il presidente Roberto Magni, per Distretto Plantaregina il presidente Paolo Arienti, per Distretto Florovivaistico della Liguria il presidente Luca De Michelis, Assoflorolombardia (Provincie di Bs/Mi-Lo-Mb/Mn-Cr/Bg/Va) il presidente Nada Forbici, per Associazione Florovivaisti Bresciani il delegato Nicola Gialdini per il presidente Nada Forbici, per Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori il presidente Marco Cappellini.
Il prossimo appuntamento del tavolo del florovivaismo nazionale è previsto a Torino dal 20 al 22 aprile 2016, in occasione del Congresso internazionale delle Associazioni degli Architetti del Paesaggio (IFLA – International Federation of Landscape Architects).
Redazione
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Il rapporto con i mercati esteri, considerata la limitata capacità di assorbimento della domanda interna, si rivela oggi di vitale importanza anche per quelle cooperative di piccole e medie dimensioni che costituiscono la stragrande maggioranza delle circa 5000 cooperative agroalimentari esistenti nel nostro Paese.
Da queste considerazioni prende le mosse l'indagine qualitativa di Ismea "Strategie commerciali e di marketing, potenzialità di espansione delle cooperative agroalimentari di piccola e media dimensione sui mercati esteri", condotta nel 2014-2015 e disponibile al seguente link http://www.ismea.it. Lo studio si inserisce nell'attività di analisi focalizzata sulle imprese cooperative che l'Istituto ha portato avanti negli ultimi anni in collaborazione con Mipaaf, operatori della cooperazione agroalimentare, della distribuzione italiana ed estera, nonché con gli Enti e le Istituzioni impegnati a sostenere le imprese cooperative.
Dall'analisi delle problematiche alle strategie agli investimenti, all'identificazione degli spazi e delle relazioni commerciali, l'indagine è stata compiuta presso un campione di 60 cooperative che commercializzano direttamente e presso 12 mercati target: tre europei, nove extra-europei, effettuando ricerche desk, osservazioni nei punti vendita, interviste a testimoni privilegiati, istituzioni, operatori commerciali e focus group con consumatori finali.
Come prepararsi allo sbarco sui mercati esteri e come gestire al meglio i processi di internazionalizzazione? Molte le indicazioni che emergono dallo studio, tra cui anche l'importanza di un'adeguata formazione tecnica e manageriale, la disponibilità ad adattare packaging ed etichettatura al mercato di sbocco e la capacità non solo di informare ma anche di "suscitare emozioni" nel consumatore. Viene poi analizzato il rapporto con le Fiere, quello con la GDO e con la concorrenza delle Private Label, e l'importante ruolo delle Agenzie di promozione all'export attraverso il confronto con le esperienze degli altri Paesi.
Uno studio a 360° che prosegue sulla scia di una collaborazione fra tutti i soggetti chiamati alla grande sfida dell'internazionalizzazione, per contribuire al rafforzamento della presenza del made in Italy sui mercati globali.
Redazione Floraviva
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Per 95% imprese commercio elettronico ancora lontano. Si potrà usare credito d’imposta anche per aprire uno store online.
Almeno due imprese agricole su tre in Toscana non hanno i mezzi, le risorse e le competenze per investire sull’e-commerce nonostante un mercato che fa gola, a tutti, e non solo ai colossi dellavendita virtuale. Il commercio elettronico è un mercato attualmente precluso al 95% delle aziende agricole della Toscana nonostante la vendita di Food&Wine sia cresciuta del 27% rispetto al 2014, avvicinandosi ai 500 milioni di euro, ossia il 3% dell'e-commerce nel nostro paese. Niente scaffali, c’è il carrello virtuale. A dirlo è Coldiretti Toscana confermando l’importanza delle agevolazioni del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali che ha scelto il sostenere la rivoluzione digitale, quindi la realizzazione e l’ampliamento di infrastrutture informatiche, attraverso il credito d’imposta. Grazie all’utilizzo del credito d’imposta finalmente anche piccole e medie imprese potranno pensare di avviare il commercio elettronico, con l’obiettivo di accrescere la reputazione dei prodotti Made in Tuscany. “Una piccola azienda famigliare che fino ad oggi ha sempre visto la rete come un mercato inarrivabile potrà, finalmente, pensare di aggredire fasce di consumatori altrimenti non raggiungibili. – spiega Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana – Il livello di digitalizzazione delle imprese agricole, in Toscana, come nel resto del paese, è in ritardo. Il processo di ricambio generazione, a cui imprimeranno una nuova spinta le risorse del bando giovani della Regione Toscana, è in corso. Queste agevolazioni avvicinano il futuro anche per le piccole imprese”. Beneficiare dell’agevolazioni sono le piccole e medie imprese, compresi i consorzi e le cooperative, che producono prodotti agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura. Sono oggetto di agevolazione le spese sostenute per lo sviluppo e-commerce relative a dotazioni tecnologiche software, progettazione, implementazione e sviluppo dei database e sistemi di sicurezza. Il credito d’imposta è concesso per gli interventi realizzati dopo il 14 marzo 2015, data di entrata in vigore del decreto attuativo, aventi competenza a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due successivi. La misura del credito d’imposta varia dal 10% al 40% con il limite massimo di 50.000 euro. Il credito d’imposta spettante va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione. Per ottenere il credito d’imposta si dovrà seguire un iter disciplinato dallo stesso Ministero che possono essere scaricare sul sito del Mipaaf.
Imprese in ritardo come conferma anche il livello di digitalizzazione secondo una recente indagine di Coldiretti diffusa in occasione dell’Internet Festival di Pisa. Una impresa agricola su tre esiste sul web: ha un sito o un account social attraverso i quali promuove la propria attività e resta connesso con il mondo. Le aziende che hanno più confidenza con il web sono gli agriturismi e le aziende vitivinicole per la loro propensione anche al commercio. La percentuale di digitalizzazione è più marcata nelle aziende gestite da under 40: l’80% ha un profilo Facebook (aziendale o personale) e condivide notizie, aggiornamenti e sfrutta l’account a fini commerciali. Solo il 5% usa Twitter, identica percentuale per Instagram. L’agricoltura, che fino ad un quinquennio fa era la cenerentola del digitale, si sta progressivamente connettendo al web: un percorso velocizzato dal cambio generazionale che hafavorito e facilitato la rivoluzione. Se prima solo un’azienda su cinque aveva accesso alla rete, oggi la percentuale è sensibilmente migliorata anche se molto resta da fare. “La diffusione dei social ha abbattuto molte resistenze e reso l’utilizzo della rete indispensabile per quelle realtà che hanno una propensione turistica più spiccata come appunto lo sono gli agriturismi; – confessa Paolo Giorgi, Delegato Giovani Impresa Coldiretti Toscana – un impulso ad essere presenti sul web arriva anche dal nostro progetto per una filiera agricola tutta italiana. Tutte le aziende, anche quelle che fino a poco tempo fa non contemplavano una presenza sul web, hanno una pagina dedicata dove i consumatori possono trovare le informazioni di contatto. Filiera corta e web: così l’agricoltura si dirige verso il futuro”. Informazioni sulle agevolazioni presso gli uffici Coldiretti presenti sul territorio.
Redazione Floraviva
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Ogni mese il Flower Council Hollande punta i suoi riflettori su una pianta da giardino diversa e per questo dicembre tocca alla rosa di natale, o helleborus. I consumatori saranno così informati sulla pianta attraverso fotografie e comunicati stampa su thejoyofplants.co.uk.
FloraHolland svilupperà la campagna in Germania, Olanda e Inghilterra dando presentazioni del prodotto in differenti località e con case d’asta. Andando su PlantConnect sotto "extensive search" e poi "article groups" è possibile accedere a una panoramica dell’offerta sulla rosa di natale: si possono fare offerte ai clienti o, semplicemente, effettuare un ordine. Oltre al materiale promozionale, Bloemenbureau Holland provvederà a rifornire i garden center e i fioristi con informazioni aggiuntive e suggerimenti per la cura della pianta di dicembre. In questo modo i consumatori saranno maggiormente interessati alla storia che sta dietro il prodotto.
Redazione Floraviva
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La presidente dell’associazione femminile della Cia, Mara Longhin, è intervenuta oggi all’incontro alla Camera “La ripresa è donna”, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: “Chiediamo alla presidente Laura Boldrini di appoggiare la nostra proposta, ovvero poter accogliere nelle nostre aziende le donne vittime di violenza domestica, sfruttando la legge sull’agricoltura sociale di recente approvazione”.
“Le donne hanno la grande capacità di rigenerarsi, di rialzarsi superando difficoltà anche drammatiche, nella vita come nella crisi economica, dove hanno dimostrato in questi anni di saper reggere meglio dei colleghi uomini alle fluttuazioni del mercato. Ed è proprio nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne che la politica riconosce e celebra questa capacità femminile di ‘generare’ e di innescare, quindi, la ripresa, del Paese”. Lo ha detto la presidente nazionale di Donne in Campo-Cia, Mara Longhin, intervenendo oggi a Montecitorio all’incontro “La ripresa è donna” promosso dalla presidente della Camera Laura Boldrini.
“Il lavoro è una risorsa per le donne, una potente arma antiviolenza -ha spiegato Longhin-. Come già detto anche dalla Boldrini, lavorare, fare impresa, significa anche avere quell’autonomia economica, quella capacità decisionale che ci rende forti e ci sottrae a molte violenze. Violenze fisiche di cui si registra il drammatico esito, violenze psicologiche che restano sconosciute e spesso subite senza nessuna consapevolezza”. Ma spesso è il mondo del lavoro che lascia fuori le donne, soprattutto se si parla di giovani e di Sud: “E invece c’è un settore produttivo, l’agricoltura, in cui la presenza femminile si è imposta e continua a crescere. Senza bisogno di quote rosa -ha ricordato-. Oggi in Italia le aziende agricole con a capo una donna sono più di 497 mila, cioè oltre il 30% del totale, mentre le lavoratrici rappresentano quasi il 40% della forza lavoro complessiva del comparto. Con un processo graduale di ‘femminilizzazione’ che parte proprio dalle regioni meridionali”.
“Le donne, insomma, sono un caso di resilienza e di resistenza nei territori rurali, ma soprattutto sono quelle che hanno raccolto per prime e meglio la sfida di dare un futuro all’agricoltura”, ha aggiunto la presidente di Donne in Campo-Cia, “costruendo al contempo risposte concrete alla sempre più accentuata carenza di welfare che le lascia sempre più sole nelle cure familiari. Risposte che noi chiamiamo multifunzionalità, quindi agri-asili e agri-nidi, fattorie didattiche, aziende agri-sociali che includono persone disabili, anziani, migranti”.
“La forza delle donne è il ‘prendersi cura’ -ha sottolineato Longhin- e le donne dell’agricoltura lavorano ogni giorno per la salute non solo delle persone, garantendo cibo sano e di qualità, ma anche del suolo, della biodiversità, delle acque, del clima, dei sistemi naturali, delle culture e tradizioni locali. La nostra capacità creativa, dinamica, flessibile ci porta a realizzare imprese capaci di dare prima di ricevere in quella compartecipazione tra natura e donna, che è la capacità di generare la vita. Questa capacità ci rende sensibili a un modello d’impresa che deve essere sostenibile non solo dal punto di vista economico, ma ambientale e sociale, nella lungimiranza di salvaguardare il bene ‘terra’ (generatrice di vita) per le generazioni future”.
E “proprio nell’ottica del nostro dinamismo che ci rende sempre protagoniste, lancio una proposta, chiedendo alla presidente Boldrini di appoggiarla e sostenerla: sono anni che le nostre aziende femminili impegnate nell’agricoltura sociale -ha evidenziato Longhin- cercano di ospitare donne vittime di violenza costrette a fuggire, a volte con i loro figli, dalle proprie case. L’ambiente di un’azienda agricola può rappresentare, in momenti così drammatici in cui nuclei familiari vengono spezzati, il mantenere la ‘visione’ di ‘un futuro ancora possibile’. Chiediamo che la legge sull’agricoltura sociale di recente approvazione, nei suoi decreti attuativi, colmi questa lacuna e renda possibile alle nostre imprenditrici e all’agricoltura sociale più in generale di accogliere le donne vittime di violenza per dare loro quel benessere psicofisico che il nostro ambiente agricolo può. La terra -ha chiosato la presidente dell’associazione femminile della Cia- non fa discriminazioni, è inclusiva e, nel dedicarsi a essa, ognuno ha sempre trovato il suo ruolo, la sua dignità, proprio perché chiunque, se messo in grado, può far emergere la sua ‘capacità di fare’”.
Redazione Floraviva



