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tubicoassiali

Brevettati tubi coassiali per il riscaldamento basale in serra dal CREA-VIV di Pescia, che, dal 2007 al 2010, ha studiato, in stretta collaborazione con il CREA-ING di Monterotondo, i tubi di acqua calda nell’ambito del Progetto di ricerca nazionale “F.LO.R.ENER.” (Florovivaismo: LOgistica e Risparmio ENERgetico), finanziato dal MIPAAF

Il riscaldamento basale è una tecnica che trova ampia applicazione nel settore delle colture protette per il riscaldamento di semenzai o bancali per il taleaggio e/o innesto e per consentire la coltivazione di alcune specie ornamentali che necessitano di temperature del suolo costanti durante tutto l’anno (es. calla o alstroemeria) per poter garantire continuità e qualità di produzione.
Tra le tecniche maggiormente impiegate sono da citare i sistemi basati su resistenza elettrica e i tubi ad acqua calda. In particolare dal CREA-VIV di Pescia è stato studiato, parallelamente a un sistema classico di distribuzione dell’acqua calda basato su tubi tradizionali in PE con andata e ritorno, un sistema innovativo a tubi in PE coassiali, entrambi alimentati da caldaie a gpl per il riscaldamento di bancali di coltivazione in serra. Il monitoraggio dei consumi e delle temperature è stato effettuato in continuo tramite contatori dell’energia consumata dalle caldaie e tramite sensori di temperatura collegati a datalogger per il monitoraggio in continuo posti in diversi punti dei bancali riscaldati.  
Tale sistema, oggetto di diversi brevetti (n° 0001351132/2004, C.C.I.A. Roma, e brevetto n. RM2010A000658) ha messo in evidenza come i tubi coassiali per la distribuzione del calore in bancali di coltivazione siano in grado di garantire una maggiore omogeneità di distribuzione del calore su tutta la superficie scaldata, ottenendo peraltro un notevole risparmio in termini di consumi energetici, rispetto al sistema basato su tubazioni tradizionali. Grazie a nuovi finanziamenti MIPAAF stanno per essere avviate, sempre presso il CREA-VIV di Pescia in collaborazione con il CREA-ING di Monterotondo, nuove sperimentazioni della durata di 5 anni (Progetto AGROENER, 2016-2020) relative all’applicazione di tubi coassiali per il riscaldamento basale alimentati tramite sistemi a pompe di calore per l’efficientamento energetico delle serre in ambiente mediterraneo.
 
Fonte: CREA-VIV Pescia
 
Redazione
 
Didascalia Immagine: impianto a riscaldamento basale, testato per la coltivazione di calla in fuori suolo, basato su tubazioni in cui scorre acqua calda secondo il sistema tradizionale, “a”, (tubi in parallelo in cui scorrono rispettivamente acqua di andata e acqua di ritorno) a confronto con impianto basato su tubi coassiali, “b”, e, infine, con coltivazione priva di riscaldamento basale, “c”. 

credito

Lo studio legale internazionale “Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli&Partners”, in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole, ha presentato un progetto con due prodotti finanziari innovativi, concepiti per modulare interventi finanziari a misura del settore agroalimentare italiano, per cui non è facile percepire le capacità di business. Ismea sta lavorando in parallelo sulle garanzie sussidiarie.

L'occasione è stata quella del convegno organizzato dallo studio legale presso l'Università Luiss, qui si è presentato il progetto Demetra, che fa leva sua due fondi innovativi. Il primo fondo è finalizzato ad acquisire dalle banche, o altri soggetti pubblici e privati, crediti problematici evitando cessioni attraverso i tradizionali canali, quali aste. Il secondo fondo, sottoscritto per cassa da parte di investimenti professionali, sarà orientato a supportare le eccellenze del made in Italy con elevate potenzialità di crescita. 
L'interesse della finanza per il settore dell'agroalimentare italiano deriva anche dal fatto che questo si presenta come un comparto in salute con interessanti prospettive di sviluppo. Anche se si assiste a un peggioramento negli ultimi due anni, l'agroalimentare si ferma al 14% a fronte del 14,8% dell'industria, del 16,5% del commercio, e del 30% delle costruzioni. 
Se le banche sono dunque pronte a concedere più credito, resta fondamentale il ruolo delle garanzie. Proprio su queste sta lavorando Ismea, pronta ad uno schema di revisione delle garanzie sussidiarie. Importante in questo senso anche l'unione di Ismea con Isa al fine di avere un unico punto di riferimento finanziario per le filiere. 
Il ministro Martina ha sottolineato per l'occasione l'importanza di aver riattivato con gli istituti di credito un circuito dedicato al sistema agrifood, investendo su formazione e riorganizzazione degli attrezzi. Il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, ha evidenziato come oggi i sistemi fiscali e giuridici particolari siano delle gabbie. L'innovazione può salvare però il settore e diventa dunque determinante l'utilizzo del digitale: purtroppo l'Italia è ancora indietro rispetto alla media europea per la velocità delle connessioni, anche se un nucleo vitale di imprenditori pionieri sta proiettando avanti anche la nostra agricoltura verso una nuova concezione del fare azienda.
 
Redazione

campo di girasoli

A operazioni di raccolta praticamente ultimate, la produzione si attesta a 2,4 milioni di quintali con 85mila ettari come nel 2015, quando gli ettari erano 114mila, quindi nettamente superiori. Dove si concentra il 75% del totale nazionale, ovvero in Umbria, Marche e Toscana, si prevede una qualità ottima con rese in olio tra il 42 e il 45%.

Il prezzo previsto per l'olio si aggira attorno ai 33 euro a quintale, 2 euro in meno rispetto allo scorso anno, mentre il giro d'affari di circa 80 milioni.
Nelle Marche, con una produzione attesa di 870mila quintali, il Consorzio agrario di Ancona, che detiene una quota di mercato del 60% nella provincia e in parte nelle limitrofe, spiega che il girasole è la seconda semina per importanza della regione. Dopo la chiusura degli zuccherifici che ha spazzato via la produzione di barbabietola, chi ha investito nel girasole è stato ricompensato con rese decisamente migliori rispetto al 2015.
L'olio di girasole sta suscitando inoltre sempre più interesse da parte delle aziende di trasformazione. La ricerca genetica potrebbe, in un futuro prossimo, mettere a disposizione un olio di girasole con acidi grassi più insaturi, capace di sostituire l'olio di palma negli impieghi dell'industria alimentare, come ricorda Andrea Novelli del Consorzio agrario di Ancona.
Anche dal Consorzio agrario di Perugia si registra un calo del 30% dei terreni seminati con rese del 25%. Più critica, invece, la situazione in Toscana con cali del 35% nelle province di Pisa e Siena. Le cause, come sottolineato dal Consorzio di Pisa sono molteplici: oltre alla rotazione, la scommessa persa sul grano duro e il problema delle colonie di piccioni che hanno saccheggiato ettari di girasole in poco tempo.

Redazione

caporalato

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che la Camera dei Deputati ieri sera, martedì 18 ottobre, ha approvato definitivamente la legge per il contrasto al caporalato e al lavoro nero in agricoltura. Vengono così introdotte maggiori garanzie per la tutela della dignità dei lavoratori agricoli, alcune innovazioni concrete sul lato penale che alzano il livello del contrasto e rafforzate le misure a favore delle imprese agricole in regola. 

«Lo Stato – ha affermato il Ministro Maurizio Martina -  risponde in maniera netta e unita contro il caporalato con questa nuova legge attesa da almeno cinque anni. Ora abbiamo più strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana, perché sulla dignità delle persone non si tratta. E l’agricoltura si è messa alla testa di questo cambiamento, che serve anche a isolare chi sfrutta e salvaguardare le migliaia di aziende in regola che subiscono un’ingiusta concorrenza sleale. E’ ancora più importante averla approvata oggi che la campagna agrumicola è alle porte. Ringrazio i parlamentari che hanno dato il loro contributo a raggiungere questo risultato. C’è tanto lavoro da fare e una legge da sola non basta, ma le direzione che abbiamo tracciato è inequivocabile. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi».
«Tra le diverse novità – spiega Martina – è particolarmente importante il rafforzamento degli strumenti di contrasto civili e penali. Vengono colpiti i patrimoni con la confisca e viene resa più forte la rete del lavoro agricolo di qualità. Negli ultimi mesi abbiamo lavorato in diverse direzioni nell’ottica del contrasto complessivo del fenomeno. I controlli sono aumentati del 59% in un anno e abbiamo reso operative task force nei territori a rischio dove le ispezioni vengono portate avanti da ispettori del Lavoro insieme a Carabinieri e Corpo forestale. Con la legge compiamo un passo in avanti cruciale».
 
LE PRINCIPALI NOVITA' DELLA LEGGE
 
-  INASPRIMENTO DEGLI STRUMENTI PENALI
 
Con l'intervento normativo si stabiliscono nuovi strumenti penali per la lotta al caporalato come la confisca dei beni come avviene con le organizzazioni criminali mafiose, l’arresto in flagranza, l’estensione della responsabilità degli enti. In Senato è stato introdotto l’allargamento del reato anche attraverso l’eliminazione della violenza come elemento necessario e che rendeva più complessa l’applicazione effettiva della norma. La nuova legge prevede anche la responsabilità del datore di lavoro, il controllo giudiziario sull’azienda che consentirà di non interrompere l’attività agricola e la semplificazione degli indici di sfruttamento.
 
-  INDENNIZZI PER LE VITTIME
Per la prima volta si decide di estendere le finalità del Fondo antitratta anche alle vittime del delitto di caporalato, considerata la omogeneità dell'offesa e la frequenza dei casi registrati in cui la vittima di tratta è anche vittima di sfruttamento del lavoro.
 
-  RAFFORZATA LA RETE DEL LAVORO AGRICOLO DI QUALITA'
Viene rafforzata la operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità, creata nel 2014 con il provvedimento Campolibero e attiva dal 1 settembre 2015. Con la norma si estende l'ambito dei soggetti che possono aderire alla Rete, includendovi gli sportelli unici per l'immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l'impiego, i soggetti abilitati al trasporto dei lavoratori agricoli e gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura. In sostanza si introducono nuove vie sperimentali di intermediazione del lavoro agricolo, affinché si promuova la legalità e il rispetto dei diritti dei lavoratori. Allo stesso tempo si stabilisce l'estensione dell'ambito delle funzioni svolte dalla Cabina di regia della Rete stessa, che è presieduta dall'Inps e composta da rappresentanti di sindacati, organizzazioni agricole e Istituzioni.
 
-  PIANO DI INTERVENTI PER L'ACCOGLIENZA DEI LAVORATORI AGRICOLI STAGIONALI
Con la nuova legge le amministrazioni statali saranno direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo, attraverso un piano congiunto di interventi per l'accoglienza di tutti i lavoratori impegnati nelle attività stagionali di raccolta dei prodotti agricoli. L'obiettivo è tutelare la sicurezza e la dignità dei lavoratori ed evitare lo sfruttamento ulteriore della manodopera anche straniera. Il piano presentato dai Ministeri del lavoro e delle Politiche sociali, delle Politiche agricole alimentari e forestali e dell’Interno sarà stabilito con il coinvolgimento delle Regioni, delle province autonome e delle amministrazioni locali nonché delle organizzazioni di terzo settore. 
 
Redazione

slowwine2017

Presentata a Montecatini Terme lo scorso sabato 15 ottobre la settima edizione della guida alle storie di vita, vigne, vini in Italia. «Slow Wine è molto più di una guida, è un manifesto politico: porta con sé tutto il messaggio di Slow Food», così Daniele Buttignol, segretario generale di Slow Food Italia, ha presentato Slow Wine 2017. La novità di quest'anno: il rifiuto dell'uso dei diserbanti chimici in vigna per entrare a far parte della guida.

«La recente storia del vino nel nostro Paese, a partire dallo scandalo del metanolo che nel 1896 ha messo in ginocchio il comparto italiano, segue la storia di Slow Food. Slow Wine racconta proprio questo percorso comune, scrive la storia della grande capacità dei produttori italiani di risollevarsi dopo quella tragedia, del loro impegno a restituire al cibo e al vino il giusto valore. Per questo il mondo del vino può fare da apripista per tutta la nostra economia: il vino non ha ricetta, ma un territorio e dentro ogni bicchiere c’è la storia e l’identità di quel territorio. E questa è la formula vincente per promuovere e valorizzare la nostra produzione agroalimentare, che nell’identità può trovare la vera forza», così ricorda Daniele Buttignol.
Una strada questa, indicata anche dai tre importatori chiamati a condividere con i produttori presenti in platea le strategie giuste per far apprezzare i propri prodotti all’estero. «La Francia si contende con l’Italia il primato di maggiori produttori di vino» ci spiega Bruno Colucci consulente agroalimentare & vino del gruppo Carniato Europe, in Francia: «Gelosa delle proprie eccellenze, difficilmente si apre al vino italiano. Considerate che l’80% dei vini stranieri sono distribuiti dalla Gdo, e qui l’Italia, con i suoi 11 milioni di euro di venduto, arranca dietro Spagna, che vende per 35 milioni di euro, e Portogallo. C’è quindi un margine di progressione enorme. Dobbiamo puntare sul commercio di prossimità, l’unico che può dare una marcia in più alle nostre produzioni».
Altrettanto complicato è sbarcare in Cina, Paese cui molti produttori stanno guardando con crescente interesse. «Il mercato cinese – spiega Alessandro Mugnaioli, sales Advisor Yishang Wine Business Consulting Co.Ltd – condivide molte caratteristiche con quello francese, perché, per i cinesi, il vino è per antonomasia francese. Ma non solo: prima di noi arrivano Australia, Chile e Spagna. Questo anche perché con Australia, Nuova Zelanda e Cile la Cina ha un accordo commerciale che abolisce i dazi. Come entrare stabilmente nel mercato cinese? Attraverso la formazione degli operatori, stiamo lavorando affinché si appassionino al nostro prodotto, anche perché in generale in Cina non si ha nemmeno idea che l’Italia produca vino. Per cui dobbiamo impegnarci per una grande comunicazione di massa e insistere per una promozione di qualità fatta dai consorzi e le cantine. Uno strumento utilissimo sarebbe proprio Slow Wine: il racconto perfetto per soddisfare la grandissima voglia di conoscenza dei cinesi».
floravivaStando ai numeri, dovremmo avere vita facile negli Usa dove da anni conserviamo il primato delle esportazioni. E invece, ci spiegano Iacopo Di Teodoro NYC, Italian Portfolio Manager, Artisanal Cellars e Giuseppe LoCascio fine Wine Sales and Marketing Consultant, US: «Negli States si consumano 340 milioni di casse da nove litri di vino (12 bottiglie) all'anno. Nel 2015, il consumo pro capite è stato di 15 bottiglie. Di questi, due terzi è prodotto domestico, soprattutto californiano. Nel terzo che rimane l’Italia se la gioca con tutti gli altri. Al momento siamo in testa, ma non con un margine altissimo: nove milioni di casse nei primi 4 mesi del 2016, che significa che un terzo di vino importato è italiano. Se poi guardiamo nello specifico i vini mossi, i nostri rappresentano praticamente i 2/3 delle importazioni a stelle e strisce. Ma questo non ci deve rassicurare. Il mercato statunitense è molto variegato e oggi dominato dai millennials: curiosi sì, ma poco dediti all’approfondimento, rincorrono soprattutto le novità. Quindi il miglior suggerimento che possiamo dare è quello di comunicare con grande chiarezza, di dare tutte le informazioni possibili a partire dall’etichetta. A partire, per esempio dalle certificazioni, considerato l’orientamento del mercato verso le produzioni biologiche e i vini naturali».
Una tendenza non solo del mercato, ma anche una scelta etica e sociale. «La novità più rilevante di questa edizione va proprio alle fondamenta della guida, di quelli che più di tutti incarnano i valori della nostra della nostra associazione: le Chiocciole e i Vini Slow. Le prime evidenziano la sintonia con Slow Food per ragioni organolettiche, territoriali e ambientali, e i secondi riconoscono quei vini che più di altri condensano nel bicchiere l’identità del territorio d’origine», raccontano Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni, curatori della guida. Ora, per ottenere questi riconoscimenti, serve il rifiuto dei diserbanti chimici in vigna: «Una scelta necessaria, i tempi sono maturi e le tecniche agricole lo consentono. Del resto, dalla prima edizione di Slow Wine le produzioni che hanno scelto di convertirsi al biologico sono aumentate del 50%» conclude Gariglio. 
Al termine della presentazione c’è stata l’occasione per attribuire due riconoscimenti. Laura Bucci di RCR Cristalleria Italiana ha premiato Davide Panzieri per i tanti anni di impegno nella redazione della guida, una sorta di premio alla carriera. Mentre Alessia Cappellin di Verallia ha premiato Quinto Chionetti. Un premio alla memoria per il viticoltore mancato nella vendemmia 2016.
 
Redazione