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Cia sul caso Bruschi: «siamo i soli a difendere i creditori, ma è la spia di un rischio sistemico del vivaismo pistoiese che non può essere ignorato». Sono due i tipi di risposte per Cia: una soluzione specifica al problema dei vivaisti creditori di Bruschi e una politica distrettuale che affronti la questione del sistema dei pagamenti dei fornitori. Sandro Orlandini (presidente Cia Pistoia): «se la risoluzione dei problemi di un’azienda di medie dimensioni dovesse significare la chiusura di altre più piccole sane e incolpevoli, con la conseguente epidemia di sfiducia fra i fornitori, il vivaismo pistoiese sarebbe a rischio di sopravvivenza». 

«Come Cia Pistoia siamo aperti ad aiutare tutti i fornitori che vantano crediti con il vivaio Sandro Bruschi che avessero bisogno di essere tutelati, anche perché per ora siamo l’unica associazione di categoria disponibile ad interessarsi della drammatica vicenda. A tal fine abbiamo deciso ieri insieme al Comitato dei vivaisti creditori di Sandro Bruschi - di cui fanno parte alcuni agricoltori di altre associazioni di categoria, a cominciare dal portavoce Paolo Chiti di Coldiretti (da non confondere con Roberto Chiti della Cia di Pistoia) - di creare un coordinamento di forze e avvocati per muoverci insieme in tutte le azioni che saranno ritenute necessarie per tentare di recuperare i crediti vantati nei confronti del vivaio Bruschi» così Cia nel suo comunicato stampa di oggi. 
In parallelo, ma questa volta in qualità di associazione di categoria e senza coinvolgimento del Comitato creditori, Cia Pistoia fa più in generale appello al Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, alle altre associazioni di categoria agricole e alle istituzioni tutte ad incontrarsi per affrontare insieme una volta per tutte la questione dei sistemi di pagamento dei fornitori da parte delle aziende vivaistiche più grandi. «Non è questo il momento adatto per rivoluzioni o cambiamenti improvvisi e per riesumare acriticamente all’improvviso l’art. 62 che disciplinava le cessioni di prodotti lungo la filiera agricola imponendo fra l’altro pagamenti a 60 giorni. Ma due cose vanno dette: a) se si fossero adottate allora regole in quella direzione, sia pure più moderate e sostenibili per tutti, ora non ci saremmo forse trovati di fronte a livelli di indebitamento così alti come pare essere quello del vivaio Bruschi; b) il sistema di pagamento attuale, con ritardi anche di due anni, non può andare avanti così, quindi bisogna elaborare una via di uscita, graduale quanto si vuole, e magari programmata per entrare a pieno regime fra tot anni, ma che abbia come punto di approdo finale nuove modalità di pagamento e relazioni più sane fra piccoli fornitori e grandi aziende, come è nella natura stessa del distretto come modello economico.»
Sono le due linee di azione, una specifica sul caso dell’accordo Bruschi – Tesi che ha portato alle reazioni dei creditori di Bruschi e l’altra sul terreno delle politiche economiche di settore, decise fra ieri ed oggi da Cia Pistoia e in particolare dal Gruppo vivaisti, in seguito alla riunione tenutasi ieri sera nella sede di via Fermi, a cui hanno partecipato anche diversi esponenti di spicco del Comitato vivaisti creditori del vivaio Bruschi. Durante l’incontro sono state condivise le informazioni disponibili ai vari creditori intervenuti e sono state ipotizzati vari scenari, ma è stato deciso di rimandare indicazioni precise sul da farsi al momento in cui si potranno leggere tutte le carte dell’accordo contrattuale Bruschi – Tesi, compresi gli allegati. Altre informazioni e novità saranno verificate ed esaminate nei prossimi giorni. Ma su una cosa si sono trovati tutti d’accordo: la necessità di muoversi coordinandosi per avere più peso. Molti dei partecipanti hanno poi testimoniato, anche con esempi ed aneddoti, la lentezza dei pagamenti in ambito distrettuale, con ritardi anche di due anni divenuti quasi normalità.
«Se la risoluzione dei problemi di un’azienda di medie dimensioni – dichiara Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia - dovesse significare la chiusura di altre più piccole, ma sane e incolpevoli, con la conseguente epidemia di sfiducia fra i fornitori, il vivaismo pistoiese sarebbe a rischio di sopravvivenza. Quindi staremo al fianco dei fornitori che rischiano di essere messi in ginocchio, anche nell’interesse generale del settore vivaistico, perché una crisi creditizia di queste proporzioni non si era mai vista. E aiuteremo non solo i vivaisti creditori di Cia, che assieme dovrebbero assommare, adesso lo possiamo dire con più sicurezza, circa 2 milioni di euro di crediti con Bruschi, ma tutti coloro che ce lo chiederanno. Con particolare riguardo per quelli esposti per centinaia di migliaia di euro e che rischiano di fallire». 
Roberto Chiti, coordinatore del Gie florovivaisti sia locale sia nazionale, che durante l’incontro di ieri aveva riferito la solidarietà e disponibilità del presidente nazionale di Cia Dino Scanavino a intervenire a sostegno dei fornitori coinvolti, annuncia: «già domani al Comitato del distretto vivaistico ornamentale ci faremo sentire ed esigerò delle risposte, in assenza delle quali il distretto perderebbe la sua ragion d’essere: se non si occupa di queste cose, a cosa serve? Qui in ballo c’è anche una questione di giustizia verso di chi deve essere tutelato».   
 
Redazione

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Cia-Agricoltori Italiani: «guardiamo con interesse a strumenti di questo tipo, partecipazione ed entusiasmo i trainer fondamentali per il conseguimento degli obiettivi economici e per lo sviluppo delle attività». La prima esperienza nazionale del genere è di “Agricoltura Capodarco” di Grottaferrata, in provincia di Roma, che emetterà azioni di partecipazione cooperativa per un valore di 200 mila euro. 

Investire in titoli di una cooperativa agricola sociale che produce cibo, ma opera anche nella multifunzionalità, “guadagnandoci” e non solo materialmente: ora è possibile. Lo strumento è l’Apc, ovvero le Azioni di partecipazione cooperativa, che tradotto significa proporre a soci, dipendenti e soggetti terzi di partecipare finanziariamente allo sviluppo dei progetti della cooperativa riconoscendo loro un interesse di remunerazione. A spiegare questa importante novità è la Cia-Agricoltori Italiani che ieri, nella sua sede nazionale di Roma, ha illustrato questo strumento che potrebbe rivelarsi una vera svolta per lo sviluppo dell’agricoltura sociale. 
«L’agricoltura sociale -sottolinea Cinzia Pagni vicepresidente nazionale della Cia e componente del Forum Nazionale per l’Agricoltura sociale- è una straordinaria realtà del settore in Italia. I progetti portati avanti sono più di 1.000. In molti casi l’agricoltura sociale dimostra di arrivare, nel concreto, dove altre esperienze faticano. Il rapporto tra terra e integrazione, tra agricoltura e persone in difficoltà, genera buoni frutti. Per questo accogliamo con entusiasmo lo strumento delle Apc e gli sforzi che in tale direzione stanno portando avanti i nostri associati di Agricoltura Capodarco». «Sono convinto -ha aggiunto il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino- che la risposta della rete sarà positiva. Del resto la partecipazione e l’entusiasmo sono cardini della buona riuscita di ogni impresa, tanto più quelle legate al sociale e alla produttività agricola e di servizi».
A fare da apripista, con l’imminente varo delle Apc, è “Agricoltura Capodarco”, cooperativa attiva da anni nell’universo dell’agricoltura sociale e divenuta un punto di riferimento virtuoso per chi ha unito alla produzione agricola l’impegno verso le persone. Riuscendo in quel processo d’integrazione con chi vive difficoltà di diversa natura (disabili, tossicodipendenti, anziani, immigrati etc.) conducendoli a una realtà produttiva. La cooperativa, che origina da un’esperienza che risale al 1978, si è particolarmente affermata nella produzione e distribuzione di vino e adesso, attraverso l’Apc, mira alla realizzazione di un “Agri-ristoro” e un “laboratorio di trasformazione alimentare” che coinvolgeranno 15 persone, di cui 10 disabili, oltre ad alcuni giovani disoccupati e lavoratori saltuari. La vendita, in pacchetti minimi da 4 quote (azioni) dal valore di 2.000 euro, interesserà 400 titoli per un ammontare complessivo di 200 mila euro. Ampie le garanzie per gli investitori che potranno essere sia persone fisiche che soggetti con forme giuridiche diverse.
 
Redazione

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Si terrà in 105 Stati, dal 21 al 27 novembre, la prima “Settimana della Cucina Italiana nel Mondo”, inserita nel piano per la promozione e la difesa del vero Made in Italy agroalimentare all'estero, portato avanti dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dal Mipaaf, in sinergia con il Ministero dello Sviluppo economico e Ministero dell’Istruzione.

A Villa Madama hanno preso parte alla presentazione i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina e degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni, il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto, il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome Stefano Bonaccini e il Direttore generale della RAI Antonio Campo Dall’Orto.
La prima ‘Settimana della cucina italiana nel mondo’ si inserisce in un percorso di lavoro iniziato il 2 marzo 2015 ad Expo Milano con il primo forum della cucina italiana, a cui sono seguite la firma del ‘Food Act’ – vale a dire il primo patto tra Istituzioni e mondo della cucina – il 28 luglio 2015 e il protocollo d’intesa per la valorizzazione all’estero della cucina italiana di qualità siglato alla Farnesina il 15 marzo 2016.
Più di 1.300 eventi in programma dal 21 al 27 novembre in 105 Stati, dagli USA al Giappone, passando per Canada, Brasile, Russia, Cina ed Emirati Arabi Uniti, coordinati dalla rete all'estero della Farnesina. 295 le sedi diplomatiche, consolari e degli istituti italiani di cultura attivati. Tra gli obiettivi, far conoscere le produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane, con particolare riferimento ai prodotti di qualità certificata; valorizzare il saper fare italiano; diffondere i valori unici della Dieta Mediterranea; presentare l'offerta formativa del nostro Paese nel settore enogastronomico; rafforzare la presenza della cucina italiana all’estero anche attraverso le attività di specializzazione dei giovani cuochi e la presentazione dell'offerta della ristorazione italiana di qualità; infine promuovere i “percorsi del gusto” in Italia per i turisti.
«Leghiamo il grande tema della cucina a quello del lavoro dei nostri produttori, un tratto distintivo - sottolinea il Ministro Maurizio Martina - che rende il modello Italia unico nel mondo. Perché quando raccontiamo un piatto, raccontiamo anche la storia di chi lo ha realizzato, di un territorio, della qualità delle materie prime. Una filiera in cui sicurezza ed eccellenza diventano parole chiave. Questa è una delle tappe di un percorso nato ad Expo Milano, dove abbiamo compreso il grande valore, anche politico, del cibo nella nostra società nei prossimi anni. E allora rafforziamo questa rete che abbiamo creato, anche grazie al Food Act, tra Istituzioni, mondo della cucina e dell'agroalimentare, per raccontare il nostro saper fare e cosa significa essere italiani. È questa la nostra forza e il nostro orgoglio».
 
Redazione

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Confagricoltura e Banca Nuova hanno raggiunto un importante accordo di collaborazione destinato alle imprese agricole. La convenzione - che segue quella fatta con Banca Popolare di Vicenza, facente parte dello stesso gruppo bancario - avvia una collaborazione con l’istituto creditizio che ha una presenza significativa nel Sud d’Italia, in particolare in Calabria e Sicilia, al fine di ridurre le spese applicate ai finanziamenti e di contenere i tempi di risposta.

In via generale, la convenzione sottoscritta si basa sulla condivisione delle informazioni necessarie per la valutazione della situazione patrimoniale ed economico/finanziaria delle imprese agricole associate a Confagricoltura, che richiedono dei finanziamenti alla Banca.
Da una parte Confagricoltura, attraverso le sue sedi territoriali, metterà a disposizione la documentazione di analisi economica e finanziaria predisposta attraverso l’utilizzo di un software, che l’Organizzazione ha sviluppato attraverso la controllata Agricheck; dall’altra parte Banca Nuova si renderà disponibile a valutare i documenti presentati dalle imprese come un elemento di merito da considerare al momento della fissazione delle condizioni economiche applicate al finanziamento. Tali vantaggi si tradurranno in una riduzione delle spese applicate ai finanziamenti ed a un contenimento dei tempi di risposta da parte della banca.
«L’accordo appena concluso con Banca Nuova - afferma Confagricoltura -  è stato voluto per testimoniare il nostro impegno a favore delle imprese agricole che operano nel Mezzogiorno, dove non sempre le condizioni di accesso ai finanziamenti sono semplici e, in ogni caso, scontano ingiustificate penalizzazioni. Ritengo che, attraverso questo accordo, la nostra Organizzazione, insieme all’istituto di credito, possa sostenere le scelte imprenditoriali delle aziende agricole meritevoli e che nel Mezzogiorno sono molte. Il fatto che Banca Nuova operi in regioni difficili sotto l’aspetto creditizio, come la Sicilia e la Calabria, rappresenta di certo una garanzia per le imprese agricole meridionali».
Per Banca Nuova «la firma di tale accordo contribuisce ancora una volta a mostrare l’attenzione che ha per le imprese agricole del territorio in termini di supporto, assistenza e consulenza specialistica. L’attività di Confagricoltura nell’ambito di tale accordo, è senza dubbio importante per facilitare l’accesso al credito, in modo particolare, delle aziende che non presentano bilanci e che, peraltro, rappresentano oltre l’80% del tessuto imprenditoriale del comparto agricolo della Sicilia e della Calabria».
 
Redazione

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Il presidente Cia Pistoia Sandro Orlandini: «bene salvare i 42 lavoratori del vivaio Bruschi, ma non a scapito delle nostre 35 piccole imprese creditrici e dei loro dipendenti. Alcune di esse, se non verranno pagate, rischiano di fallire». Il Gruppo vivaisti di Cia Pistoia ha deciso di coinvolgere i legali della Confederazione per valutare la questione ed eventuali azioni a difesa dei vivaisti coinvolti.

L’accordo fra Vivai Sandro Bruschi e Giorgio Tesi Group, che dovrebbe comportare il salvataggio di 42 lavoratori del vivaio Bruschi, rischia però di mettere in gravi difficoltà una serie di 35 imprese vivaistiche aderenti alla Confederazione italiana agricoltori di Pistoia e i loro lavoratori. L’esposizione di queste aziende vivaistiche di Cia Pistoia, per lo più piccoli produttori, è di ben più di 1 milione di euro complessivi, con un credito medio per azienda di oltre 28 mila euro, ma che in realtà variano da poche migliaia di euro in alcuni casi, a cifre importanti, anche di oltre 50 mila euro, in altri, che pertanto, se non verranno pagate, metteranno a repentaglio la tenuta aziendale.
Il Gruppo vivaisti di Cia Pistoia si è riunito ieri per discutere il modo di affrontare la questione, i cui risvolti non possono essere ancora del tutto chiari senza conoscere i dettagli contrattuali dell’operazione Bruschi-Tesi, e ha deciso che nei prossimi giorni coinvolgerà i propri legali per valutare la questione e tutte le eventuali iniziative da intraprendere a tutela delle aziende vivaistiche di Cia coinvolte.
«Ci farebbe ovviamente piacere l’eventuale soluzione dei problemi dei 42 lavoratori del vivaio Bruschi – dichiara il presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini – ma questo non può avvenire a discapito delle nostre imprese, che vantano crediti, in certi casi davvero considerevoli, con Vivai Sandro Bruschi. Qui c’è in gioco, anche per via della congiuntura economica sfavorevole, la sopravvivenza stessa di alcune imprese vivaistiche e dei loro dipendenti. Per cui tuteleremo con ogni mezzo i diritti dei nostri piccoli produttori, a cominciare da quelli più esposti».
 
Redazione