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Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica che è stata presentata questa mattina la "Banca delle terre agricole”. Si tratta di un progetto di mappatura delle terre previsto dal Collegato Agricolo e realizzato da Ismea per consentire a chiunque - soprattutto ai giovani - di reperire su internet i terreni di natura pubblica in vendita.

L’obiettivo è valorizzare il patrimonio fondiario pubblico e riportare all’agricoltura anche le aree incolte, incentivando soprattutto il ricambio generazionale nel settore. Per avere la mappa completa si può consultare il sito ismea.it.
A illustrare l’iniziativa il Ministro Maurizio Martina, la senatrice Pd Maria Teresa Bertuzzi che ha presentato l’emendamento per l’istituzione della Banca, l’assessore all’agricoltura del Lazio in rappresentanza delle Regioni Carlo Hausmann, il presidente di Ismea Enrico Corali, il direttore generale di Ismea Raffaele Borriello e il direttore dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi.
«Si parte – afferma il Ministro Maurizio Martina – con i primi 8mila ettari di terreni di proprietà di Ismea e che vogliamo destinare con corsia preferenziale ai giovani. La ‘Banca delle terre agricole’ può rappresentare uno strumento fondamentale per rispondere alla richiesta di terreni e valorizzare al meglio il patrimonio fondiario pubblico. Dopo anni di attesa si parte. Dobbiamo stimolare in ogni modo la crescita delle nostre produzioni, consentendo soprattutto ai giovani di poter avere un accesso alla terra e al credito semplificati. Per questo motivo come Governo abbiamo messo in campo strumenti utili per gli under 40 come i mutui a tasso zero per gli investimenti, l’aumento del 25% degli aiuti europei e soprattutto, con l’ultima legge di bilancio, l’esenzione totale dal pagamento dei contributi previdenziali per i primi 3 anni di attività per le nuove imprese agricole condotte da giovani.»
«La grande sfida che ci poniamo – conclude Martina - con la ‘Banca delle terre’ è costruire per la prima volta una mappatura precisa dei terreni di natura pubblica e lavorare per renderli produttivi. In questo senso rappresenta un mezzo centrale anche per il contrasto al consumo di suolo, perché la destinazione di questi terreni è e dovrà essere agricola. Penso che si possa fare anche un lavoro importante nelle aree interne e per questo abbiamo già avviato un lavoro con Fabrizio Barca e il suo gruppo.»
COS’È LA BANCA DELLE TERRE AGRICOLE
Per la prima volta l’Italia ha una ‘Banca delle terre agricole’ nazionale. Uno strumento utile di mappatura per consentire a chi cerca terreni pubblici in vendita da poter coltivare di accedere facilmente al database nazionale.
COME FUNZIONA
Chiunque potrà accedere al sito ismea.it e avviare la ricerca per regione. Sono disponibili tutte le caratteristiche dei terreni, la loro posizione, le tipologie di coltivazioni e i valori catastali. Gli utenti potranno consultare la Banca anche per grandezza dei terreni disponibili, potendo fare così ricerche più mirate a seconda delle esigenze produttive.
QUALI SONO I TERRENI DISPONIBILI
Nella ‘Banca delle terre agricole’ sarà possibile trovare i terreni delle Regioni, dei Comuni e degli Enti pubblici che sottoscriveranno convenzioni con Ismea. Sul sito anche i terreni dell’iniziativa ‘Terrevive’, gestita dall’Agenzia del Demanio con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
MUTUI AGEVOLATI PER I GIOVANI
I primi 8mila ettari di terreni di proprietà di Ismea sono tutti in piena coltivazione e saranno destinati con corsia preferenziale ai giovani. La procedura di questi primi terreni prevede un percorso semplice:
- manifestazione d’interesse, attraverso Banca della Terra, per uno o più lotti;
- procedura competitiva a evidenza pubblica tra coloro che hanno manifestato interesse a seguito di avviso pubblico;
- possibilità di mutui agevolati Ismea se la richiesta è effettuata da giovani.
Le risorse finanziarie della vendita vengono finalizzate da Ismea esclusivamente ad interventi in favore dei giovani agricoltori.
 
Redazione

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Non più solo un evento che segna un momento particolare e bellissimo delle nostre vite, ma una vera e propria industria che parte dal wedding planning fino ad arrivare al turismo. Un settore che nel 2015 in Italia, solo per la parte turismo, ha registrato 380 milioni di euro di fatturato e i cui margini sono destinati ad aumentare.

Il matrimonio è oggi un'occasione complessa, che può essere definita anche come prodotto alla cui creazione contribuiscono più competenze e professionalità. Ciascuno degli aspetti del settore wedding richiede infatti specifiche conoscenze, che devono interfacciarsi e mescolarsi fra di loro per la buona riuscita del giorno più importante degli sposi. 
Questo settore ha registrato nel 2015 380 milioni di euro di fatturato per circa 7 mila eventi, che sono stati capaci di portare più di 330 mila arrivi e 1,1 milioni di presenze (dati del wedding tourism in Italia, secondo un'indagine del Centro Studi Turistici di Firenze). Una parte di mercato i cui margini di crescita sono destinati ad aumentare grazie anche al paesaggio e al patrimonio storico-artistico di cui l'Italia può far vanto in tutto il mondo. 
584-204-florever.gifGli elementi progettuali, estetici e organizzativi del wedding devono rispondere con precisione ai target degli sposi e dei loro invitati: una creatività su misura. Nel wedding esistono infatti oggi due discipline ben specifiche al lavoro: il wedding planning, che si occupa di definire organizzazione e pianificazione del matrimonio; e il wedding design che, invece, definisce allestimento, elementi estetici e, più in generale, visivi. 
Anche il fiorista è una figura determinante per la buona riuscita del matrimonio: le sue competenze possono integrarsi a quelle già presenti, ma egli può diventare in prima persona wedding planner. Dopo un'accurata formazione in organizzazione di eventi, marketing, comunicazione, amministrazione, commerciale e dopo aver ottenuto una buona padronanza delle lingue, il fiorista può reinventarsi in un mondo in continua crescita che gli offre numerose opportunità e stimoli.
A soddisfare il sogno degli sposi servono così scelte ben precise di gestione di spazi, tempi e modi e più figure professionali contribuiscono a dare vita al settore wedding con originalità e serietà.
 
Redazione

Carmazzi conferma le sue dimissioni da presidente del Distretto Floricolo Interprovinciale di Lucca e Pistoia, lamentando il campanilismo, la mancanza di risorse e la politica della "doppia rappresentanza". Per il futuro Carmazzi ammonisce: si puà sviluppare un'economia senza il mercato strutturale, ma non senza quello reale.

La politica delle due torri non fa crescere meglio i fiori del Distretto Floricolo Interprovinciale di Lucca e Pistoia: il campanilismo, insieme alla mancanza di risorse e alla politica della “doppia rappresentanza”, emergono come i problemi principali secondo Marco Carmazzi, presidente del Distretto interprovinciale.
Carmazzi fa così un’analisi di cosa ha funzionato e non, e di cosa occorrerebbe al Distretto per essere realmente uno strumento efficace. Carmazzi ha già annunciato all’Assessore Regionale all’Agricoltura, Marco Remaschi, che intende lasciare dopo cinque anni di Presidenza: «La mia esperienza finisce qui. – anticipa Carmazzi – Il mio impegno è ora quello di convocare il Comitato di Distretto per iniziare il nuovo percorso che dovrà convocare l'assemblea costituente del nuovo distretto, ma solo dopo l'approvazione della proposta di Legge sui Distretti da parte della Giunta Regionale e del Consiglio». 
Carmazzi difende i risultati ottenuti in questi ultimi tre anni con tutta una serie di azioni che spaziano dall’aver modificato (ed invertito) il processo di autoreferenzialità del mondo scientifico partendo dalle esigenze delle aziende, alla promozione con un programma di coordinamento, passando per le energie alternative con le agevolazioni per gli investimenti green e le misure del Piano Sviluppo Rurale sul florovivaismo, settore mai menzionato prima di allora. Ed ancora la formazione e numerose convenzioni per agevolare l’attività, la realizzazione dello Studio Lucense 2012 che ha portato alla proposta di un progetto di fattibilità per la risoluzione del problema trentennale delle due strutture mercatale e molto altro ancora. 
«Se vogliamo far funzionare il Distretto – spiega – il prossimo Comitato dovrà avere la capacità di mettere da parte i campanilismi e di lavorare nell’esclusivo interesse dei territorio senza limitazioni di confine. Viareggio, dove è concentrata la produzione floricola e Pescia, che ha una connotazione commerciale, devono trovare il modo di convivere evitando primati ed autoreferenzialismo. Ma non è l’unica problematica per far funzionare il distretto: sono mancate anche le risorse per attuare pienamente il mandato così come la permanenza nel Distretto delle due province, rappresentate all’interno del comitato, non ha certo aiutato dopo il loro nuovo assetto istituzionale. Il Distretto, e di questo dobbiamo esserne tutti coscienti, a partire dalla politica e dagli enti locali, non è mai stato considerato come il luogo deputato alla concertazione territoriale». 
E sul prossimo futuro Carmazzi ha le idee molto chiare: «Alla luce della nuova proposta di legge sui Distretti Rurali, considerato la situazione economica e la mancanza di risorse da parte degli Enti Pubblici, il Distretto dovrà tenere bene presente il fatto che senza produzione di piante e fiori, che deve restare centrale, non può esserci mercato. Si può sviluppare un'economia senza il mercato strutturale – ammonisce - ma non si può fare a meno del mercato reale». E sulle imprese e le istituzioni: «il Distretto dovrà saper stimolare la competitività delle imprese favorendo un cambio culturale della loro gestione. Servono risorse anche private continuare ad investire in tutta la filiera. Resto convinto del fatto che sia indispensabile la partecipazione delle rappresentanze delle imprese, le organizzazioni professionali, le cooperative e gli Enti Pubblici. In assenza della loro partecipazione non potrà mai essere una vera concertazione».
 
Redazione

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Presso il dipartimento di Scienze delle produzioni Vegetali sostenibili dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza è stato messo a punto un sistema di lotta alternativo nei confronti delle aflatossine, le micotossine che contaminano in campo mais e altri cereali, ma non solo. 

Le aflatossine sono micotossine prodotte da certe specie di funghi fitopatogeni - in modo particolare da Aspergillus flavus - che contaminano in campo mais e altri cereali, nonché spezie e frutta secca, ma che si possono poi ritrovare all’interno di prodotti quali latte e suoi derivati.
Fra le 500 micotossine conosciute, quella con i peggiori effetti sulla salute è proprio l’Aflatossina B1, classificata dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro come agente cancerogeno per l’uomo. Il sistema di lotta innovativo si basa sull’impiego di un ceppo particolare di A. flavus che non produce aflatossine e che viene diffuso nell’ambiente di coltivazione andando a occupare le cosiddette nicchie ecologiche prima del ceppo micotossigeno, in questo modo sostituendosi ad esso ed impedendone lo sviluppo. 
La sperimentazione in campo è iniziata nel 2013 e l’anno scorso gli agricoltori hanno già potuto distribuire su una superficie di 15000 ha, grazie ad un’autorizzazione temporanea di impiego, il ceppo “innocuo” di A. flavus. I risultati sono assolutamente promettenti: la riduzione della contaminazione media da aflatossina è risultata pari al 90%. 
 
Redazione

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Dopo i rialzi di inizio anno, causati dalle forti ondate di maltempo con neve e gelo, i mercati all'ingrosso segnalano quotazioni in graduale discesa. Si è toccato l'aumento più alto in vent'anni di serie storiche Istat, ma già da aprile i prezzi dovrebbero rientrare nella norma.

Le segnalazioni che vengono dai principali mercati all'ingrosso del Sud e Centro Italia, ovvero quelli di Sicilia, Puglia, Lazio indicano una graduale discesa dei prezzi per tutti gli ortaggi a foglia, dalle lattughe ai radicchi, per le zucchine e per le differenti varietà di cavolo, broccoli e finocchi. 
A causa delle forti ondate di maltempo, con neve e gelo, in gennaio la produzione di ortaggi e frutta aveva registrato cali produttivi nell'ordine del 30/40%. Questo aveva causato un limitato approvvigionamento dei centri distributivi all'ingrosso e dunque un innalzamento dei prezzi. I rincari di fine gennaio, registrati da Ismea, erano stati dell'ordine del 29% per i cavolfiori, del 33% per le lattughe e del 50% per i finocchi. Per le produzioni di serra si registrarono aumenti del 36% per le zucchine, del 17% per i pomodori e del 20% per i peperoni.
Oggi i numeri certificano il graduale rientro degli eccessi di gennaio, ma dimostrano anche, come sottolinea Coldiretti, come i coltivatori non riescano a usufruire degli aumenti lungo la catena della formazione del valore. Coldiretti ricorda che i rincari del 37,3% degli ortaggi freschi e del 9,4% per la frutta non riescono a coprire i danni causati da neve o gelo, stimati ormai in oltre 400 milioni.
Secondo i dati Istat i rincari del +37,3% segnano il record: l'aumento più alto mai registrato dai vegetali freschi in vent'anni di serie storiche Istat, iniziate a gennaio 1997. Gli analisti di settore rilevano che il quadro macroeconomico è ormai rientrato e già da aprile i prezzi rilevati da Istat per misurare l'inflazione dovrebbero essere nella norma. La volatilità stagionale rischia quindi di riavvicinare l'Italia allo spettro della deflazione, manifestatosi a fine 2016.
 
Redazione