Arte Verde

Il 4 settembre inaugurazione dell’esposizione “Il tempo sospeso” dell’artista vegetale Emy Petrini e della fotografa Beatrice Speranza nella chiesina di S. Quirico in Petrojo a Valgiano (Lucca). Musica e suoni del compositore Giorgio Angelo Lazzarini. La mostra è visitabile, di sera, in tutti i fine-settimana fino al 20 settembre o su prenotazione. Previsti eventi con musicisti, scrittori e videoartisti e la pubblicazione di un quaderno «sul tempo, la natura e le nuvole» in 300 copie numerate.

«Un dialogo da poli opposti», in cui «ciascuno di noi può ricevere / la parte di mistero dell’altro / senza spanderne il segreto». Così la scrittrice Margherita Loy, citando anche tre versi di Renè Char, definisce il nuovo progetto espositivo della floral designer Emy Petrini e della fotografa Beatrice Speranza che viene inaugurato venerdì 4 settembre alle 18 nella chiesina di S. Quirico in Petrojo a Valgiano (frazione di Capannori in provincia di Lucca): un raro esempio di architettura arcaica lucchese, adagiata su una collina di ulivi e vigne, che rappresenta una suggestiva ambientazione per la mostra, intitolata “Il tempo sospeso”
Emy Petrini e Beatrice Speranza portano avanti da diversi anni ricerche artistiche parallele che utilizzano linguaggi differenti e procedono autonomamente, ma sono legate da un comune sentire esistenziale prima ancora che estetico. In questa esposizione il contrasto tra le loro opere si fa più evidente che in altre tappe del loro sodalizio artistico. Emy si confronta con i tempi delle stagioni, con ciò che la natura offre per realizzare le sue maestose installazioni: presenta delle grandi sculture realizzate interamente in salice, i “Rifugi”, la più maestosa delle quali è alta 4 metri, e “Il sole”, una scultura in rami di prunus di 130x120 cm. Beatrice, in una ricerca di intimità, presenta due famiglie di immagini di piccole dimensioni che giocano con le profondità, grazie all'utilizzo delle cornici disegnate da lei: la prima realizzata nella Foresta Nera, “La pienezza del vuoto”, è composta da piccoli scatti immersi nella cera d'api; nell'altra, “La nostalgia del cielo”, si trovano alcuni “ricordi di nuvole” sotto leggeri strati di paraffina
Fanno parte dell’esposizione anche scatti di Beatrice Speranza della serie “Presenze”, foto stampate su carta cotone e ricamate con filo di lana, e un sottofondo musicale realizzato appositamente dal compositore Giorgio Angelo Lazzarini utilizzando suoni registrati in natura. La sua musica accompagnerà il percorso della mostra con suoni e melodie capaci a loro volta di riportare a memorie vicine e lontane nel tempo.
L’esposizione sarà visitabile a settembre i sabati 5, 12, 19 (ore 17-20) e le domeniche 6, 13 e 20 (ore 18-20), oppure su appuntamento (339-7972010). 
Nei fine-settimana sono stati organizzati incontri di musica e parole. Sabato 5 settembre, alle 19, “Il tema del filo”, con voce e chitarra di David Ragghianti. Domenica 13 settembre, alle 18, “Parole e musica” con Andrea Bocconi, Francesca Caminoli, Margherita Loy, Andrea Pacini. Sabato 19 settembre, alle 18, sarà invece la volta della premiazione dei tre vincitori (miglior video, miglior tecnica e premio La Spezia Oggi) del concorso di videoarte sul tema della mostra “Il tempo sospeso”. Infine, domenica 20 settembre, alle 18, l’intervento musicale di Stefano Giannotti.
La collaborazione con gli scrittori Andrea Bocconi, Francesca Caminoli, Chicca Gagliardo, Margherita Loy, Pia Pera e il pittore Guido Veronesi ha consentito inoltre la realizzazione di un quaderno di appunti «sul tempo, la natura e le nuvole», che verrà stampato in 300 copie numerate. In esso saranno raccolte alcune immagini della mostra unite ai testi degli scrittori.
 
Redazione Floraviva

Architettura e arte si incontrano con sapienza e leggerezza nell’opera di Tomás Saraceno per dare vita a installazioni davvero utopiche. Saraceno, originario dell’Argentina, è infatti alla ricerca costante di un modello sostenibile per l’uomo e il pianeta: una soluzione tecnica e progettuale che possa creare una struttura sospesa, vivibile a basso impatto ambientale e con un alto potenziale di interazione fra le persone.  Proprio in questo senso è nata, a più di venticinque metri dal suolo, “In orbit”, una rete di acciaio estesa sopra la piazza del K21 Ständehaus a Düsseldorf. L’installazione è accessibile ai visitatori del museo, i quali possono muoversi al suo interno liberamente, tra le sfere gonfiabili in PVC qui posizionate. A prima vista, sembra un cielo di nubi, ma in realtà “In orbit” è una ragnatela in cui ogni presenza altera la tensione dei fili d’acciaio, provocando oscillazioni. Saraceno ne ha parlato infatti come un’ibrida forma di comunicazione fra le persone, che qui percepiscono lo spazio proprio grazie alla vibrazione della rete e ai loro movimenti. Dunque è dalla natura, in particolare dall’arte dei ragni di creare le loro ragnatele, che Saraceno trae l’idea di bellezza e funzionalità che poi trasferisce nelle sue visionarie architetture, modellandole sulla base di essa.

Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)


thomas saraceno

Il percorso artistico di Takaya Hanayuishi inizia nel 2004, quando decide di abbandonare il mondo della cucina, in cui aveva precedentemente esercitato la sua professione. E il salto è davvero decisivo: oggi Takaya è un flower artist apprezzato e conosciuto in tutto il mondo. L’artista giapponese ha ideato un’originale tecnica in termini di acconciature per capelli utilizzando esclusivamente fiori freschi. Takaya lega così le persone e i fiori in modo profondo, rendendoli un’unica opera d’arte. Che sia per un matrimonio o per una performance live, l’artista crea modelli unici e ogni volta capaci di stupire. L’idea nasce dalla faccia della persona, dal suo vestito e dal suo proposito per dare vita a una vera simbiosi con la natura. La forza artistica di Takaya Hanayuishi sta dunque proprio in un’idea che continuamente si rinnova, ma che ha una solida base nella congiunzione fra uomo o donna e natura.

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testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)


takaya hanayuishi

Per chi è abituato a viaggiare, la strada diventa il luogo in cui si osservano meglio le cose, in cui si vedono davvero. Questo è il pensiero che segna il modo di vivere dell’artista Elspeth Diederix, anche se raramente lo percepiamo nei suoi lavori. La fotografa nasce a Nairobi, in Kenya, nel 1971, e oggi vive e lavora ad Amsterdam. La maggior parte delle opere di Elspeth sono però scattate in luoghi esotici, nonostante non si riesca a capirlo, semplicemente osservandole. Questo accade perché l’artista riesce a mantenere uno sguardo perfettamente esterno alle cose che ritrae. La scelta di tenere questa distanza deriva dalla convinzione che, soltanto in questo modo, sia possibile non essere assorbiti dall’uso quotidiano dell’oggetto, ma scoprirne piuttosto il lato astratto. Per esprimere al meglio la sua creatività e le sue idee, Elspeth abbandona presto lo studio della pittura e della scultura per dedicarsi alla fotografia. La sua arte si contraddistingue per il rifiuto delle tecniche digitali al fine di modificare le immagini, le quali sono soggette a effetti speciali dovuti unicamente all’intervento manuale e un precedente minuzioso studio. In un periodo della sua vita in cui non viaggia, lo sguardo di Elspeth si posa quasi per caso sul suo giardino, che diventa ad un tratto una specie di mondo da esplorare. L’artista si accorge che qui le cose sono in continuo cambiamento e, grazie al susseguirsi delle stagioni, si ha la preziosa possibilità di vedere nascere qualcosa per la prima volta. Ecco allora perché “The Studio Garden”: una serie di scatti, raccolti in un blog, che ritraggono proprio l’incredibile vita della natura.

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testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)

elspeth diederix

Simone Giaiacopi si avvicina alla pittura come autodidatta nel gennaio 2008, occupandosi principalmente di pittura ad olio, forse proprio in quanto una delle tecniche più introspettive. La sua arte si caratterizza infatti per una venatura intimistica che isola dal contesto le figure ritratte per studiarle, sottraendole dal contesto naturale e quotidiano in cui si trovano. Simone si lancia all’inseguimento del dettaglio, come lui stesso dichiara, della materia delle cose e della luce che ne rivela, a uno sguardo attento, una parte nascosta. Seguendo la pittura e l’intento di Simone Giaiacopi cerchiamo dunque di cogliere qualcosa, anche se non sicuri del successo della nostra ricerca, così come nella vita reale. Un’arte dunque che ci riporta alla semplicità della comprensione delle cose così come sono. Troviamo quest’attitudine anche nella serie di paesaggi dipinta da Simone, che si concentra sull’ambiente naturale, con particolare attenzione alle piante, ma lasciando spazio anche a una piccola presenza urbana e umana. Tutto è così posto in una rivelatrice fissità per permetterci di rintracciarne la realtà.

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simone giaiacopi