Il vivaista

Flormart Roadshow screenshot

Il presidente di Avi Luca Magazzini ha illustrato i danni subiti dal vivaismo ornamentale per il Covid-19 e gli aiuti richiesti (esonero dai contributi e aumento del bonus verde). Il prof. Francesco Ferrini ha delineato l’impostazione metodologica da seguire nelle politiche del verde urbano (più peso alle funzioni delle piante scelte che alla biodiversità). L’assessore all’agricoltura del Veneto Giuseppe Pan ha presentato le misure di sostegno deliberate (finanziamenti a costo zero fino a 50 mila euro e sovvenzioni dirette da 7 mila euro). Ciro Degl’Innocenti (Settore verde di Padova) vorrebbe un rinnovo del patrimonio arboreo del 3% all’anno e i contratti di coltivazione coi vivaisti. Antonino Giambò di Anve, oltre a parlare dei danni subiti (solo in parte recuperati) ha reso noti alcuni dati del florovivaismo siciliano (280 milioni di euro di fatturato). Renato Ferretti (Ordine degli agronomi) ha chiesto un censimento del verde esistente e chiarito che le piante devono essere coltivate per raggiungere determinati obiettivi ecosistemici. 


Il 2020 era iniziato molto bene per il vivaismo ornamentale, con aspettative per l’annata di un più 10% di fatturato. E le aziende si erano caricate di impegni importanti e investimenti in acquisti di materiale per rispondere alla domanda. Per cui il blocco è stato drammatico, come diceva anche il collega siciliano, sino a intorno fine aprile: abbiamo continuato a lavorare nei vivai, ma la commercializzazione è stata pressoché assente, modestissima, anche perché il nostro è un mercato di sbocco quasi completamente estero. Oggi un po’ di volumi sono tornati, ma la gran parte del danno subito dalle aziende è restata sulle loro spalle. E l’utilizzo della cassa integrazione nel nostro comparto è stato inferiore al 2% nel territorio del Distretto vivaistico di Pistoia. Quindi i vivaisti pistoiesi si sono fatti carico del lavoro, anche maggiore per risolvere i problemi legati all’invenduto, per i circa 6 mila addetti diretti del distretto, ma senza poter commercializzare e avere le entrate previste.
Questa, in sintesi, la parabola della produzione dei vivaisti di piante da esterno di Pistoia (e non solo) nel primo semestre dell’anno tracciata da Luca Magazzini, presidente dell’Associazione vivaisti italiani (Avi), che è l’organo gestore del Distretto vivaistico ornamentale pistoiese, durante il suo intervento nella tavola rotonda finale del Flormart OnLife Roadshow di ieri, che verteva su cambiamento climatico, Covid-19, verde urbano e mercato delle piante (vedi). Ragione per cui, come ha ricordato Magazzini, Avi insieme ad altre associazioni florovivaistiche (fra cui in particolare Assofloro, il Distretto vivaistico Planta Regina e il Consorzio florovivaistico e agroalimentare dello Ionio: vedi) ha dovuto chiedere al Governo una serie di misure per aiutare il settore. Fra queste, prima di tutto, il temporaneo esonero dai contributi previdenziali nel 2020, che è congeniale fra l’altro alla buona occupazione in contrasto con il lavoro nero. E, come ha detto Magazzini, «le ultime notizie ci fanno sperare che almeno una parte di questa richiesta verrà esaudita». Poi anche il raddoppio della soglia d’investimento del cosiddetto bonus verde, con aumento dal 36% al 90% delle detrazioni. Certo, ha concluso Magazzini, se pensiamo ai 600 milioni erogati in Olanda al florovivaismo, i circa 420 milioni di cui si parla in Italia per tutte le filiere agroalimentari più colpite dall’epidemia sono pochi e temiamo che in autunno questo differenziale possa favorire un’aggressione sui prezzi dei concorrenti olandesi, che potremmo non essere in grado di fronteggiare. Comunque, nonostante tutto ciò, le aziende vivaistiche non demordono e, ha garantito Magazzini, se saranno aiutate dal Governo, potranno dare grandi soddisfazioni sia per la sostenibilità dell’ambiente urbano che a livello occupazionale. 
Il Flormart Roadshow è stato aperto dalla relazione del georgofilo Francesco Ferrini, ordinario di Arboricoltura e coltivazioni arboree all’Università di Firenze, che ha indicato e argomentato la via da percorrere, l’impostazione metodologica da seguire, nelle politiche del verde urbano dei prossimi anni, tenendo conto anche delle esigenze legate al cambiamento climatico: realizzare spazi verdi, o meglio infrastrutture verdi, capaci di massimizzare i servizi ecosistemici e che siano il più resilienti possibili, pensando al clima che ci sarà fra 30 anni. Ma con quali alberi e arbusti? La scelta delle specie più idonee, ha spiegato Ferrini, dovrà basarsi prima di tutto sulle loro funzioni. Il compromesso giusto, ha sostenuto richiamando la vexata quaestio delle piante autoctone vs. le piante esotiche e della tutela della biodiversità, è puntare sulla realizzazione di aree naturali (extra urbane) con specie native, mentre nelle aree verdi urbane si potranno ospitare sia specie autoctone che esotiche, privilegiando appunto i parametri dei servizi ecosistemici e della resilienza. Fondamentali, a tal fine, per quanto riguarda i produttori vivaisti, standard di coltivazione e operazioni colturali certificate per garantire alberi di qualità. Ma altrettanto importanti, naturalmente, corrette messe a dimora e manutenzioni da parte di progettisti, direttori dei lavori e gestori del verde. 
Prima della tavola rotonda è intervenuto anche l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan, che ha fatto il punto sulle nuove iniziative prese dalla Giunta regionale a sostegno del settore primario. «Metteremo a disposizione finanziamenti a costo zero fino a 50 mila euro per le Pmi agricole del Veneto. Ma anche una nuova sovvenzione diretta fino a settemila euro per azienda agricola» aggiunge l’assessore. «L’iniziativa è finanziata grazie ad una modifica del Programma di Sviluppo Rurale con 23 milioni di euro per dare liquidità alle imprese agricole più colpite dall’emergenza Covid-19. Il provvedimento passa ora per l’approvazione al Consiglio regionale, che sono sicuro vorrà rispondere in tempi celeri alle necessità delle nostre imprese».
Il primo intervento della tavola rotonda è stato di Ciro Degl’Innocenti, responsabile del Settore Verde, parchi e agricoltura urbana del Comune di Padova (Aidtpg), che ha fra l’altro spiegato che nel piano del verde di Padova si vuole passare nell’arco di 20 anni dall’attuale copertura arborea di 1,8% al 4/5% e ha detto che questo è il momento di rinnovare i patrimoni arborei delle nostre città e che il tasso di rinnovo dovrebbe salire dall’1% al 3% annuale. Inoltre ha specificato che lui preferisce parlare di piantare alberi, non di riforestare le città, che significherebbe creare situazioni ingestibili. Infine ha perorato la causa del contratto di coltivazione con i vivaisti, alla luce della lunghezza dei cicli produttivi degli alberi.
Antonino Giambò, di Sicilia Verde e membro del consiglio direttivo di Anve (Associazione nazionale vivaisti esportatori), ha innanzi tutto messo in evidenza le differenze di problematiche fra sud e nord in fatto di gestione del verde pubblico. Poi ha ricordato che Sicilia Verde produce agrumi e ulivi per abbellimento di case private: una produzione ornamentale in senso stretto, per la maggior parte diretta verso i mercati esteri, che è poco adatta ai parchi urbani. I cambiamenti climatici che più lo preoccupano come vivaista sono le trombe d’aria sempre più frequenti e in periodi dell’anno a cui non eravamo abituati. Con tutti i problemi del caso nelle serre. Giambò ha tra l’altro illustrato il settore florovivaistico siciliano, che si articola nei seguenti 4 poli principali: 1) Catania, 2) Messina, 3) Trapani, 4) Ragusa. In tutto si tratta di 280 milioni di euro di fatturato per 3mila addetti specializzati, ha detto, ma l’indotto è stimato in 2,4 miliardi con più di 24 mila persone coinvolte (per un fattore di moltiplicazione pari a 8). Riguardo infine ai danni del Covid, ha confermato che marzo e aprile sono stati difficoltosi perché vendendo all’estero per il 70% i danni sono stati forti. Ma, fortunatamente, a fine aprile e maggio abbiamo recuperato una parte di quella grande perdita, perché la stagione si è allungata un po’.
Poi è stata la volta di Renato Ferretti, consigliere dell’Ordine dei dottori agronomi e forestali, il quale ha ricordato che, nell’ambito del Comitato nazionale per il verde urbano presso il Ministero dell’ambiente, è stata tracciata una strategia nella quale il verde non è considerato solo pubblico ma anche privato e si dà peso pure alla componente arbustiva, non solo a quella arborea. Dell’indagine Flormart Green City Ferretti ha messo in evidenza la centralità attribuita dagli intervistati alla pianta e al progetto, e all’esigenza di avere piante adatte ai diversi ambienti e funzioni, e che quindi devono essere prodotte a tale scopo. La logica non può essere andare dal rivenditore a comprare le piante che ci piacciono, le piante devono essere coltivate al fine di raggiungere determinati servizi ecosistemici. E da questo punto di vista il vivaismo ha un ruolo importante. L’ideale, ha affermato rievocando un esempio tedesco, sarebbe realizzare il verde prima ancora dei lavori edili, questo è l’obiettivo massimo. Ma quanto meno bisogna avere in anticipo un’idea precisa di quello che sarà il verde in una determinata area dove si va a costruire. Inoltre ha sottolineato l’importanza di un censimento del verde esistente, per poterlo riqualificare adeguatamente. E infine ha messo in evidenza la necessità di mettere i Comuni nelle condizioni di disporre di risorse pluriennali, non di 3 anni ma almeno 10 anni, per la realizzazione del verde.
In chiusura Luca Veronesi, ringraziando gli intervenuti, ha rinnovato l’impegno di Flormart a sostenere le esigenze di una divulgazione della cultura del verde, perché non basta investire, ma bisogna studiare quale verde per quali contesti.

Lorenzo Sandiford


Il rapporto Flormart Green City presentato ieri dice che gli esperti si attendono nei prossimi 3 anni più interventi di «riqualificazione degli spazi verdi esistenti» (73% delle citazioni) che “nuove aree verdi” (36%). Prevalgono comunque, sia pure di poco, le aspettative di crescita per i segmenti della “progettazione del verde” e produzione di “piante”. Il 64% degli operatori chiede “supporto pubblico” per reagire alla crisi causata dal Coronavirus.

Un settore che chiede ancora sostegno per uscire dall’impatto negativo dell’epidemia del Coronavirus, ma che non vede nero per il futuro. E si attende più interventi di riqualificazione e miglioramento dell’esistente che realizzazioni ex novo. Con necessità di attingere a nuove produzioni di piante.
Sono forse queste le evidenze più nette che emergono dai dati principali del “Flormart Green City Report – osservatorio sulle nuove tendenze del mercato del verde urbano” presentati ieri da Andrea Nava di GRS Research & Strategy, partner di Fiera di Padova nel primo dei data monitor dedicati ai settori economici coperti dall’ente fieristico padovano, durante il roadshow online sul tema “Riscaldamento globale, Covid-19 e smart city: come cambia il mercato delle piante”. Un’indagine, come ha spiegato Nava, in cui «siamo andati a parlare direttamente con chi il settore del verde urbano lo vive, con le varie figure della filiera: imprenditori, agronomi, docenti, vivaisti, progettisti. Un panel di 157 esperti che hanno risposto alle nostre domande». E che è stata così introdotta da Luca Veronesi, direttore generale di Padova Hall, la società proprietaria del marchio Fiera di Padova: «questa è una iniziativa che si colloca all’interno di un percorso intrapreso dalla fiera di Padova per le manifestazioni professionali. Flormart è pioniera perché è la prima applicazione di questi “data monitor” che già dalla prima rilevazione ci hanno fornito dei risultati interessanti. Ovviamente si inizierà ad avere una migliore percezione dei dati quando avremo un trend e non una singola indagine. Però questa è la nostra prima rilevazione e ne faremo un’altra prima dell’evento del 1° dicembre».
La prima domanda posta ai 157 operatori della filiera del verde era la seguente: quali saranno le tendenze di mercato nel settore del verde urbano nel suo complesso? Risposta: il podio dei tre trend più citati dagli insider della filiera del verde interrogati da GRS è risultato essere composto da “forestazione urbana (verde estensivo)” (50%), giardini/parchi ricreativo-motori (39%), orto/giardino sociale / comunitario (38%). Vale a dire, come ha osservato Andrea Nava, «tutto ci parla di un utilizzo sociale del verde. Quindi un verde vissuto da una società, da una comunità».



La seconda domanda ha riguardato le previsioni in termini di mercato. Cioè “quali sono le previsioni (fra crescita, stabilità e diminuzione) per i prossimi 12 mesi in termini di valore nei seguenti segmenti del mercato del verde urbano?”: progettazione del verde, piante, costruzione e manutenzione del verde, giardinaggio, arredo verde, produzione di mezzi tecnici e materiali per piante e verde, giochi e articoli per attività sportive, macchine e attrezzature per la produzione di piante e la realizzazione e gestione del verde urbano. E i segmenti che sono stati giudicati con le aspettative migliori sono la progettazione del verde (vista dal 46% in crescita, dal 35% stabile e dal 18% in diminuzione), le piante (45% in crescita, 43% stabile, 12% in diminuzione) e la costruzione e manutenzione del verde (43% in crescita, 43% stabile, 14% in diminuzione). E Nava ha sottolineato il fatto che sia vista in crescita la produzione di piante, il «segmento della materia prima».



Il terzo quesito è stato sugli interventi a verde che saranno più gettonati nelle aree urbane nei prossimi tre anni. Al primo posto, con il 73% di citazioni, la “riqualificazione degli spazi verdi esistenti”, mentre al secondo, con il 59% di citazioni, il miglioramento della “gestione del verde urbano” e, in terza posizione, con il 36% di citazioni la “realizzazione di nuove aree verdi”. Quindi, ha commentato Nava, una tendenza generale al miglioramento e sfruttamento dell’esistente.



La quarta domanda prendeva in esame la reazione all’emergenza del Covid-19: “il comparto sta reagendo bene o male all’emergenza?”. La risposta più scelta è stata: “né bene né male” (49%), seguita da “bene” (34%) e “male” (9%). Se vogliamo tirare una media, una valutazione complessiva, ha osservato Nava, potremmo dire che la risposta è stata “benino”. Ma il questionario ha posto tante altre domande più specifiche al panel di esperti su questo argomento delle conseguenze dell’epidemia Coronavirus, ha avvertito.



Poi, come quinto interrogativo, è stato chiesto “che cosa serve al settore per superare l’attuale momento?”, quali azioni sono necessarie? E limitandoci al solito a richiamare qui le prime tre risposte, è venuto fuori che per il 64% degli intervistati serve un “supporto da parte del Governo e della pubblica amministrazione”, per il 50% di loro c’è bisogno di “maggior cooperazione fra aziende del territorio” e per il 40% “maggior comunicazione/visibilità”. «Una comunicazione e una visibilità – ha integrato Nava – che devono essere rivolti soprattutto verso il consumatore finale, perché in un momento di crisi e di paura bisogna comunicare con il consumatore e rassicurarlo».



In conclusione della carrellata, una sesta domanda a cui hanno risposto solo imprenditori, come ha spiegato Nava: vivaisti, giardinieri ecc. “Parlando dell’ente per cui lavora, quali dei seguenti aspetti oggi influenzano la vostra attività”. Per il 46% una “riduzione degli ordini”, per il 37% la “mancanza di risorse finanziarie / sostegno da parte delle istituzioni finanziarie” e per il 28% “restrizioni governative causate dal Covid-19”. Quindi prevalgono, come commentato da Nava, circostanze o «motivazioni di natura economica, più che operativa».



Come ha detto in chiusura della presentazione di ieri del Flormart Green City Report Luca Veronesi, vedremo a dicembre se queste rilevazioni si saranno evolute in veri e propri trend.

Lorenzo Sandiford

A questo link il rapporto completo, pubblicato dopo la scrittura del nostro articolo, basata sulla presentazione di ieri.

 

Roadshow Flormart
Ci saranno anche tre esponenti toscani di tre componenti essenziali della filiera del verde quali l’imprenditoria, le professioni e la ricerca scientifica nella seconda tappa del Flormart OnLife Roadshow, in programma martedì 30 giugno dalle 17 alle 18,30 sul tema “Riscaldamento globale, Covid-19 e smart city: come cambia il mercato delle piante”.
Si tratta del georgofilo Francesco Ferrini, professore ordinario di Arboricoltura e coltivazioni arboree all’Università di Firenze, che terrà una relazione intitolata “Il clima sta cambiando: cambia anche l’offerta vivaistica?”, e di Luca Magazzini, presidente di Avi (Associazione vivaisti italiani), e Renato Ferretti, consigliere dell’Ordine dei dottori agronomi e forestali, che parteciperanno alla tavola rotonda di chiusura del roadshow. Una discussione a cui interverranno pure Ciro Degl’Innocenti, a capo del Settore Verde, parchi e agricoltura urbana del Comune di Padova (Aidtpg), e Antonino Giambò, membro del consiglio direttivo di Anve (Associazione nazionale vivaisti esportatori).
Nel corso dell’incontro, che sarà aperto dagli interventi di Luca Veronesi, direttore generale di Padova Hall, la società proprietaria del marchio Fiera di Padova, e di Giuseppe Pan, assessore all’agricoltura della Regione del Veneto, saranno presentati in anteprima i risultati dell'indagine Flormart Green City Report sullo stato di salute del settore, il sentiment degli imprenditori e le prospettive di mercato.
L'appuntamento sarà in videoconferenza sulla piattaforma Zoom: chi si registra avrà la possibilità di interagire in diretta con i relatori, inviando domande, commentando e rispondendo a sondaggi proposti nel corso dell’evento.
Registrazioni a questo link.

L.S.


Ieri il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti in visita al Dynamo Camp ha ricordato il «conto altissimo» pagato dal florovivaismo per l’emergenza Coronavirus e ha ribadito l’ok all’esonero contributivo per le aziende vivaistiche. Inoltre ha invitato i vivaisti, una volta ricevuti gli aiuti per sistemare i problemi di liquidità, ad essere propositivi sul Green New Deal, per poter contribuire al meglio a rendere più verdi ed ecologiche le nuove infrastrutture e le future smart cities.

«La visita di oggi è stata estremamente significativa. Mi ha consentito da una parte di tornare in una terra importante per l’agricoltura come quella di Pistoia e soprattutto di essere vicino a un settore che ha pagato un conto altissimo per l’emergenza del Coronavirus: il florovivaismo. Dall’altra mi ha dato modo di conoscere e apprezzare Dynamo Camp, una struttura meravigliosa centrata sulla terapia ricreativa per i ragazzi affetti da patologie gravi o croniche».
Si è espresso così il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti al termine della visita di ieri al Dynamo Camp sulla Montagna Pistoiese e all’annessa Oasi Dynamo Società Agricola, che gestisce e tutela la biodiversità dell’oasi affiliata WWF di Limestre attraverso attività agricole e forestali, di ricerca scientifica ed eco-turismo. Azienda agricola guidata dal presidente di Confagricoltura Pistoia Roberto Orlandini, che ha ringraziato Giansanti dicendo: «credo sia la prima volta che viene un presidente di Confagricoltura nella nostra azienda. È fondamentale tenersi agganciati al complesso delle politiche agricole italiane, è un modo per uscire dal guscio». E ha aggiunto: «ovviamente abbiamo parlato anche delle problematiche del vivaismo legate al Coronavirus e del modo in cui le aziende possono essere aiutate a ripartire».    
Sì perché al Dynamo Camp Giansanti, accompagnato dal direttore generale Francesco Postorino, ha incontrato anche i due vice presidenti di Confagricoltura Pistoia, esponenti di spicco del vivaismo pistoiese: Francesco Mati, attuale presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia, e Vannino Vannucci, titolare dell’omonima azienda vivaistica, un top player di livello europeo.
«E’ stato un momento importante di confronto con i produttori – ha dichiarato Giansanti -. Passata questa emergenza, che naturalmente deve portare ad aiutarli sotto il punto di vista della liquidità accettando la proposta che il Governo ha fatto propria di annullare i costi della previdenza per l’anno 2020, come Confagricoltura, insieme ai nostri imprenditori, vogliamo iniziare a pensare al rilancio e a tutti quei progetti in grado di portare all’attenzione di tutti un settore che è decisivo anche all’interno della logica di sviluppo del Green New Deal e di tutte quelle che saranno le politiche legate ai temi della sostenibilità ambientale, dove il settore del florovivaismo italiano e in particolar modo quello del distretto di Pistoia potrà e dovrà essere protagonista».
Giansanti non ha svelato ancora le linee d’azione a cui Confagricoltura sta lavorando con i vivaisti per il rilancio del comparto, ma ha sottolineato che «nella rivisitazione del termine green c’è un tema determinante che è quello delle future infrastrutture che dovranno essere realizzate in Italia e soprattutto delle costruzioni delle smart cities. In tale percorso il vivaismo può diventare centrale nell’ottica di rendere verdi e sostenibili dal punto di vista ambientale le grandi opere». 
Il presidente di Confagricoltura concludendo la visita a Dynamo Camp e Oasi Camp si è soffermato anche sui rapporti fra agricoltura e dimensione sociale: «dall’esempio di questa struttura faremo una serie di riflessioni su quelle che potranno essere le attività future di Confagricoltura nell’ambito dell’agricoltura sociale e anche sul tema dell’attività d’impresa che si apre al sociale. Noi fino ad oggi come Confagricoltura abbiamo sempre sostenuto l’agricoltura sociale, oggi ho avuto modo di vedere l’agricoltura sociale declinata sotto un altro punto di vista ancora e credo che sia molto interessante: come mondo associativo dobbiamo pensare a che cosa possiamo fare seguendo la strada già segnata dalla Dynamo Camp».

Redazione

In riferimento alla nuova modalità di richiesta online delle analisi di laboratorio per Xylella fastidiosa al Servizio fitosanitario toscano (vedi nostro articolo), Confagricoltura Pistoia specifica che per le aziende interessate che non hanno ancora provveduto all'invio della “richiesta”, tale richiesta deve essere presentata anche dalle aziende che non posseggono Olea europaea, Nerium oleander, Polygala myrtifolia, Prunus dulcis, Lavandula dentata e Coffea, ma hanno in coltivazione una o più delle seguenti specie vegetali:
Acacia dealbata,
Acacia saligna,
Acer pseudoplatanus,
Anthyllis hermannie,
Artemisia arborescens,
Asparagus acutifolius,
Calicotome spinosa,
Calicotome villosa,
Catharanthus,
Cercis siliquastrum,
Chenopodium album,
Cistus monspeliensis,
Cistus creticus,
Cistus salviifolius,
Coronilla glauca,
Coronilla valentina,
Cytisus scoparius,
Cytisus villosus,
Dodonea viscosa,
Eremophila maculata,
Erigeron bonariensis,
Erigeron sumatrensis,
Euphorbia terracina,
Euryops chrysanthemoides,
Ficus carica,
Fraxinus angustifolia,
Genista x spachiana (syn. Cytisus racemosus),
Genista corsica,
Genista ephedroides,
Genista lucida,
Grevillea juniperina,
Hebe,
Helichrysum italicum,
Heliotropium europaeum,
Juglans regia,
Laurus nobilis,
Lavandula angustifolia,
Lavandula stoechas,
Lavandula x allardii (syn. Lavandula x heterophylla),
Lavandula x intermedia,
Medicago sativa,
Metrosideros excelsa,
Myoporum insulare,
Myrtus communis,
Pelargonium graveleons,
Pelargonium x fragrans,
Phagnalon saxatile,
Phillyrea latifolia,
Prunus avium,
Prunus cerasifera,
Prunus cerasus,
Prunus domestica,
Quercus suber,
Rhamnus alaternus,
Rosa canina,
Rosmarinus officinalis,
Spartium junceum,
Streptocarpus,
Erysimum,
Vinca,
Vitis vinifera,
Westringia fruticosa,
Westringia glabra.
Confagricoltura Pistoia ricorda inoltre che senza la richiesta e il successivo controllo da parte del Servizio Fitosanitario Regionale non è possibile commercializzare le specie sopra elencate nella prossima campagna di vendita.

Redazione

Danni del Covid al florovivaismo Ue

In marzo e aprile l’emergenza Covid-19 ha causato 4,1 miliardi di euro di perdite nel florovivaismo dell'Ue secondo il primo bilancio di Copa-Cogeca, Ena e altri soggetti della filiera europea: 1 mld nel comparto fiori e fronde recisi, quasi 3 mld per le piante vive (1,8 mld per quelle in vaso e 1,1 mld per le piante da esterno) e 72 milioni per i bulbi. Chiesto supporto alla Commissione europea, che però ha detto di rivolgersi agli stati membri e all’imminente fondo europeo “Next Generation Ue”.


Impatto durissimo del Coronavirus sull’intero settore del florovivaismo: fiori recisi e piante vive più bulbi. Copa e Cogeca, i comitati degli agricoltori e delle cooperative agricole dell’Unione europea, insieme ai maggiori soggetti rappresentanti della filiera florovivaistica comunitaria, fra cui Ena (European nurserystock association) e Union Fleurs (associazione internazionale di commercianti di piante e fiori), hanno presentato il 16 giugno alla Commissione europea un rapporto sui dati raccolti dalle organizzazioni ad esse associate nelle varie parti del territorio europeo, e il bilancio è un buco nero di 4,1 miliardi di euro di perdite nell’Ue in sei settimane di marzo e aprile. 
Un risultato drammaticamente negativo che mostra la necessità di un’azione dell’Ue per mantenere il potenziale di mercato e salvaguardare gli investimenti e i livelli di occupazione nel settore. Azione che i rappresentanti agricoli e florovivaistici hanno puntualmente chiesto alla Commissione Europea, la quale però, stando al comunicato del 16 giugno di Copa-Cogeca, ha passato la palla ai livelli nazionali e al fondo europeo per la ripresa “Next Generation Ue”. 
Più nello specifico, come hanno riportato il 18 giugno anche i comunicati di Coldiretti e Cia, le perdite subite dalle imprese della filiera florovivaistica durante le settimane di emergenza da Covid-19 si sono così articolate: 3 miliardi circa per i produttori di piante in vaso e da esterno e 1 miliardo per il settore del fiore reciso. Nel dettaglio, si è trattato di 1,065 miliardi di euro di danni per fiori e fronde recise, 1,131 miliardi di euro di danni per piante da esterni, 1,852 miliardi di euro per le piante in vaso e 72 milioni di euro per i bulbi.
«Le attuali tendenze del mercato – come specificato da Copa-Cogeca e ripreso da Cia - indicano segni di parziale recupero per alcuni settori, come quello delle piante da giardinaggio, ma il quadro generale mostra un forte calo dell'attività economica con forti discrepanze nel mercato unico. Sebbene le deroghe alle regole di concorrenza concesse dalla Commissione Ue siano riconosciute come un segnale politico positivo, non sono sufficienti a fornire un aiuto finanziario tangibile, a causa delle specificità del settore florovivaistico. Si deve fare di più».
Durante l'incontro la Commissione europea ha riconosciuto che il comparto è stato uno più colpiti dalla crisi pandemica. Però ha incoraggiato i produttori di piante e fiori, come già detto, a chiedere un sostegno a livello nazionale attraverso l’imminente fondo “Next Generation Ue”, che vale 750 miliardi di euro, perché «il bilancio agricolo comunitario non può essere mobilitato per fornire sostegno diretto a questo come a nessun altro settore agricolo». 
I rappresentanti agricoli e del florovivaismo hanno inoltre chiesto alla Commissione di riprendere un dialogo strutturato e regolare con il settore attraverso l'organizzazione delle riunioni annuali del Civil Dialogue Group (CDG) on Horticulture, di reinvestire sulla raccolta/scambio annuale di dati e statistiche su produzione, consumo e commercio a livello di Unione europea e di dedicare linee di bilancio specificamente progettate per la promozione di fiori e piante vive nell'ambito dei programmi Ue di promozione dei prodotti agricoli. Infatti riprendere il dialogo con gli operatori di questo settore, con competenze tecniche, in tutta Europa, è fondamentale per sviluppare le politiche giuste, capaci di aiutarne il recupero e lo sviluppo.
Nel corso della riunione la Commissione e i rappresentanti del settore hanno concordato di incontrarsi nuovamente entro la fine dell'anno per discutere ulteriormente dell’impatto della pandemia di Covid-19 sul settore, una volta che saranno disponibili nuovi dati.

Redazione