Il vivaista
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Dal 10 dicembre 2021 al 13 gennaio 2022 la 2^ edizione del corso breve gratuito online di formazione professionale “Tecniche di autocontrollo e di riconoscimento tempestivo di fitopatologie o di parassiti”. Sette incontri serali di 2 ore ciascuno (ore 17-19) per vivaisti, agricoltori e altri operatori del comparto attivi in Toscana. Iscrizione entro il 5 dicembre 2021.
Fornire le competenze di base «per mettere in atto specifici protocolli di sicurezza per il riconoscimento di fitopatologie e parassiti». E quindi, più nel dettaglio, insegnare a «monitorare e prevenire l’azione dei nematodi e degli insetti; mettere in pratica tecniche di diagnosi per i principali patogeni delle specie ornamentali; attivare azioni di diagnostica circa la possibile invasione di patogeni esogeni».
Questi gli obiettivi del corso breve di formazione professionale a distanza “Tecniche di autocontrollo e di riconoscimento tempestivo di fitopatologie o di parassiti” organizzato da PIN – Polo Universitario Città di Prato e Associazione Vivaisti Italiani (AVI), in collaborazione con il CREA e il CNR-IPSP (Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante) e le università di Firenze e di Pisa, nell’ambito del “Gruppo Operativo (GO) Autofitoviv – Buone pratiche per l’autocontrollo e la gestione fitosanitaria sostenibile nel vivaismo ornamentale” coordinato da AVI.
La seconda edizione del corso, che è interamente gratuito in quanto finanziato con le risorse del Psr Feasr 2014-2020 – Regione Toscana, si svilupperà dal 10 dicembre 2021 al 13 gennaio 2022 in sette incontri di 2 ore ciascuno in orario serale (ore 17-19), con la frequenza massima di due volte a settimana. Il corso si svolge interamente online sulla piattaforma Google Meet. È necessario pertanto disporre di un computer con webcam e di una buona connessione Internet.
Il corso è rivolto ai seguenti destinatari, con sede legale e/o almeno una sede operativa/unità locale in Toscana: imprenditori agricoli, singoli e associati, iscritti al registro delle imprese, dotati di partita IVA; titolari di imprese forestali, singoli e associati, iscritti al registro delle imprese e che abbiano una attività principale o secondaria con codice ATECO che inizi con A 02; amministratori e dipendenti, anche con funzioni dirigenziali, di gestori del territorio, rappresentati da Comuni, Enti Parco ed enti gestori dei siti della Rete Natura 2000.
Per l’iscrizione è necessario fare domanda sull’apposito modulo di iscrizione. Alla domanda va allegata fotocopia di un documento d’identità da inviare a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro il 5 dicembre 2021.
Programma del corso
- “Azioni di prevenzione per l’introduzione di insetti esotici nei vivai” / Docente: Elisabetta Gargani
Data: 10/12/2021 ore 17-19
Data: 14/12/2021 ore 17-19
- “Diagnostica precoce d’invasione dei principali patogeni esogeni” / Docente: Nicola Luchi
Data: 17/12/2021 ore 17-19
Data: 20/12/2021 ore 17-19
- “Tecniche di diagnosi innovative per i principali patogeni delle specie ornamentali” / Docente: Anita Haegi
Data: 22/12/2021 ore 17-19
- “Monitoraggio, prevenzione e possibili trattamenti di nematodi” / Docente: Silvia Landi
Data: 10/1/2022 ore 17-19
Data: 13/1/2022 ore 17-19
Per ulteriori informazioni: autofitoviv.eu.
Redazione
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Illustrati il 15 novembre a Firenze alla presenza del sindaco Nardella i risultati di uno studio sulle isole di calore in città, realizzato dall’Università di Firenze e dal Cnr, che servirà da base di riferimento per il Piano del verde. Le aree più calde, pari al 14% della superfice comunale e con temperatura media estiva superficiale di 38° C, sono quelle con copertura arborea dell’1%, mentre le più fresche, pari al 3% e con temperatura di 10 gradi in meno, hanno copertura arborea del 93%. L’assessora all’ambiente Del Re: «forestazione urbana proprio nelle zone indicate dallo studio e anche tetti e pareti verdi». Nella piana Firenze-Prato-Pistoia il 55% degli edifici industriali ricade in aree calde estive e tali siti hanno una copertura arborea media inferiore al 4% e una erbacea sotto il 12%.
«Questo monitoraggio è un passaggio fondamentale perché ci offre una mappa puntuale sulle isole di calore in città e in base a questa possiamo e dobbiamo mettere in atto interventi di mitigazione del clima».
Così il sindaco di Firenze Dario Nardella ha inquadrato lunedì 15 novembre le finalità dello studio sulle isole di calore condotto nell’ambito dell’accordo tra Comune di Firenze, Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali (Dagri) e Centro di Bioclimatologia (Cibic) dell’Università di Firenze e Istituto di Bioeconomia (Ibe) del Consiglio nazionale delle ricerche. «Nel percorso verso l’adozione del primo Piano del verde della città di Firenze - ha aggiunto l’assessore all’Ambiente e urbanistica Cecilia Del Re - abbiamo mappato insieme a Università di Firenze e Cnr i luoghi di Firenze e area metropolitana nei quali la temperatura è più alta rispetto alla media: esiti e prospettive saranno inseriti nel Piano del verde». E la tutela del clima sarà inserita direttamente nello statuto comunale. Un obiettivo, quello della tutela del clima, ha spiegato l'assessora, «che vogliamo raggiungere con varie azioni, tra cui la forestazione urbana proprio nelle zone indicate dallo studio, dove sarà possibile prevedere anche tetti e pareti verdi per rendere la città più salubre».
Ma che cosa è emerso dallo studio sulla distribuzione della temperatura dell’aria e della temperatura superficiale nel territorio fiorentino condotto da Francesco Ferrini, Fabio Salbitano, Simone Orlandini, Marco Morabito, Luciano Massetti, Martina Petralli, Giulia Guerri, Alfonso Crisci e Cristiano Foderi?
Innanzi tutto, come prevedibile, «differenze di temperatura tra zone completamente edificate e asfaltate e zone con percentuali diverse di aree verdi». Nello specifico, «le aree più calde (quelle generalmente chiamate ‘hot-spot’) ricoprono circa il 14% della superficie comunale di Firenze, con una temperatura media superficiale estiva di 38 °C, un consumo di suolo di poco superiore al 90% e una copertura arborea di circa 1 per cento. Le aree più fresche estive (indicate come aree ‘cool-spot’) invece rappresentano solo il 3% dell’intera superficie comunale con una temperatura media superficiale di 28 °C e una copertura arborea del 93%».
Dagli studi è risultato anche che «la temperatura media superficiale estiva (rilevata alle ore 10 in giornate serene) del Comune di Firenze è stata di 34 °C, con valori minimi e massimi di 24 °C e 45 °C». Inoltre che c’è un’alta variabilità del tessuto urbano fiorentino, come dimostrato dalle differenze nel numero di “notti tropicali” di oltre 36 notti tra le zone più calde e quelle più fredde della città.
Dal punto di vista storico, sono nettamente aumentati i giorni con temperature superiori a 34 °C: fino al 1980 erano circa 80 per decennio, mentre negli ultimi anni arrivano a circa 450 giorni per decennio. E le temperature medie annuali sono aumentate a Firenze dall’inizio del 1800 ad oggi di circa 1,5 °C, passando da 14,6 a 16 °C (quasi 1 °C negli ultimi 20 anni).
Gli studi hanno superato i confini comunali di Firenze estendendosi in tutta l’area metropolitana fiorentina (la piana Firenze-Prato-Pistoia), la cui situazione termica condiziona il microclima cittadino. E’ venuto fuori che circa il 30% dell’area metropolitana è interessato da anomalie termiche superficiali, in cui ricade oltre il 60% degli edifici industriali. Più precisamente, circa il 55% ricade in aree calde estive, mentre poco meno del 5% in aree fredde invernali.
Nei siti industriali che ricadevano nelle aree calde è stato rilevato uno scarso potere riflettente delle coperture degli edifici, un consumo di suolo generalmente superiore all’85%, una copertura erbacea inferiore al 12% e una copertura arborea inferiore al 4%. Ciò ha favorito una temperatura superficiale media estiva diurna di 38 °C. In queste aree è coinvolto oltre il 50% dei lavoratori del settore industriale nell’area metropolitana, con ripercussioni importanti sia in termini di potenziali impatti per la salute di quelli impegnati all’aperto o in ambienti confinati non condizionati, con impatti significativi sulla loro produttività e sui consumi energetici per il condizionamento degli ambienti di lavoro.
L.S.
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Uno strumento operativo, nato in seno al progetto Prato Urban Jungle, per rendere sempre più verde la capitale del tessile. Si chiama “Prato Forest City” ed è una piattaforma online per forestare Prato con la collaborazione di cittadini, associazioni e imprese.
Sarà presentata ufficialmente giovedì 2 dicembre, dalle ore 15 alle 18, con un evento che sarà trasmesso in diretta streaming sulle pagine Facebook Prato Urban Jungle (@pratourbanjungle) e della Città di Prato (@cittadiprato) e sul canale You Tube di Città di Prato.
Ecco il programma della presentazione:
15.00 - Saluti di Lorenzo Bini Smaghi, presidente del Centro Pecci
15.10 – “La forestazione urbana comincia in vivaio” Francesco Ferrini, presidente del distretto vivaistico di Pistoia
15.20 – “Le relazioni virtuose tra il Comune e i privati nella gestione del verde pubblico” Cristina Sanzò, Assessore alla città curata del Comune di Prato
15.30 – “La piattaforma Prato Forest city e le prime campagne di crowdfunding” Valerio Barberis, Assessore all’urbanistica, ambiente ed economia circolare del Comune di Prato
16.00 – “Come funziona la piattaforma Prato Forest City” intervento a cura di Treedom
16.30 – “Le connessioni con il mondo delle imprese e l'innovazione” Benedetta Squittieri, Assessore all'innovazione e alle attività produttive del Comune di Prato
16.45 – “Verde è salute – la partnership con l’USL Toscana Centro” Daniela Matarrese, Direttrice Ospedale S. Stefano
17.15 – “Il ruolo della Fondazione AMI Prato” Claudio Sarti, presidente della Fondazione AMI
17.30 - Conclusioni di Monia Monni, Assessore alla transizione ecologica e sviluppo sostenibile della Regione Toscana, e Matteo Biffoni, Sindaco del Comune di Prato.
Redazione
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Il Comune di Capannori celebra la Giornata Nazionale degli Alberi e la Festa dell’Albero il 20 novembre con mostra-mercato di vivaisti e donazione di piantine di quercia e convegno su verde urbano e lotta la cambiamento climatico a cui interviene Francesco Ferrini. Il Comune promuove il reimpianto compensativo di alberi abbattuti riconoscendo il diritto all’ossigeno e grazie a un finanziamento regionale di 190.000 euro pianterà 1.300 alberature autoctone.
Sabato 20 novembre il Comune di Capannori celebrerà la Giornata Nazionale degli Alberi (che ricorre il 21 novembre) e la Festa dell’Albero con due iniziative promosse insieme all'Osservatorio di Rinascita Ambientale (ORA – green office): l'osservatorio comunale nato per dare un supporto tecnico-scientifico all'amministrazione sui temi legati alla qualità dell'aria e al cambiamento climatico, con particolare riferimento alla concentrazione di polveri sottili in atmosfera.
Redazione
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Le ha lanciate l’11 novembre Coldiretti dai suoi “Stati generali dei florovivaisti italiani” a Giarre in Sicilia. Per il presidente Ettore Prandini: sono «fatti concreti per ripulire l’aria dalle pericolose polveri sottili, grazie alla scelta degli alberi più efficaci». I pochi metri quadrati di verde urbano medi a disposizione degli abitanti di alcune città italiane. In primo piano, la top ten degli alberi e piante da esterno più adatti a catturare le emissioni inquinanti. Ma significativa anche la top ten delle piante che puliscono l’aria degli ambienti chiusi.
«Non i soliti bla bla bla ma fatti concreti con la prima oasi salva clima in città per ripulire l’aria dallo smog e dalle pericolose polveri sottili, grazie alla scelta degli alberi più efficaci nel catturare i gas serra, combattere l’inquinamento e mitigare le temperature».
E’ quanto ha annunciato l’11 novembre il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel mostrare il primo test di polmone verde sperimentale agli “Stati Generali dei florovivaisti italiani” a Giarre in Sicilia, dove più evidenti sono gli effetti dei cambiamenti climatici con l’alternarsi di maltempo e caldo tropicale, in concomitanza con il summit della Cop 26 a Glasgow. «Si tratta – ha detto Prandini – del primo esempio di oasi salva clima da moltiplicare nelle aree urbane italiane per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di piantare 1000 miliardi di alberi nel mondo entro il 2030».
Per mantenere l’impegno a contrastare i cambiamenti climatici bisogna intervenire in modo strutturale sugli ambienti metropolitani, afferma Coldiretti, ripensando lo sviluppo delle città e favorendo la diffusione del verde pubblico e privato, considerato che «in Italia ogni abitante dispone di appena 33,8 metri quadrati di verde urbano, con una situazione preoccupante per i grandi centri, dove si oscilla dai 15,2 metri quadrati di Messina ai 17,1 di Roma, dai 17,8 di Milano ai 22,2 di Firenze, dai 42,4 di Venezia ai 9,2 di Bari, secondo l’Istat».
Non basta rendere più verdi le città ma, mette in evidenza Coldiretti, «è anche necessario promuovere le essenze più adatte nel catturare i gas ad effetto serra e nel bloccare le pericolose polveri sottili responsabili dei cambiamenti climatici: dal Bagolaro al Ligustro, dall’Alloro all’Albero di Giuda, dalla Photinia al Viburno, dall’Acero riccio all’Olmo, dalla Betulla verrucosa al Tiglio», che «entrano nella top ten stilata da agronomi e ricercatori delle piante salva clima anche grazie all’altezza e all’ampiezza delle fronde e alle dimensioni delle foglie». «Nei giardini l’Acero riccio – afferma Coldiretti – può raggiungere un’altezza di 20 metri, ha foglie grandi e può assorbire fino a 3800 chili di CO2 in vent’anni con un’ottima capacità complessiva di mitigazione dell’inquinamento e di abbattimento delle isole di calore negli ambienti urbani. Ma ci sono anche la Betulla verrucosa, in grado di crescere sui terreni più difficili e il Bagolaro, chiamato anche spaccasassi o albero dei rosari, in grado di catturare fino a 2800 chili di CO2 in vent’anni (oltre a inquinanti gassosi e polveri sottili), che è in grado di sopravvivere anche in terreni carsici e sassosi asciutti grazie a radici forti come quelle dell’Olmo e del Tiglio selvatico, che hanno la stessa forza anti inquinamento». «Nella speciale oasi delle piante salva clima – continua Coldiretti – trova posto anche l’Albero di Giuda, così chiamato perché originario della Giudea in Israele, con fiori lilla o bianchi, che imprigiona azoto dall’atmosfera e assorbe fino a 450 chili di anidride carbonica in 20 anni con un alto potenziale di cattura delle famigerate polveri sottili PM10. Oppure c’è il Ligustro, conosciuto fin dai tempi degli antichi romani, che può arrivare fino ad una altezza di 30 metri e da adulto può assorbire fino a 25 chili di CO2 all’anno con capacità di bloccare anche le polveri sottili. Mentre la Photinia Red Robin, che fiorisce a fine primavera, che ha foglie sempreverdi e può sopportare una temperatura di 5 gradi sotto zero, in venti anni riesce ad assorbire fino a 450 chili di anidride carbonica. Una virtù anti inquinamento che appartiene anche all’Alloro, che cresce bene in tutti i terreni, e al Viburno che è una pianta spontanea tipica dell’area mediterranea capace di adattarsi a terreni diversi e che può essere utilizzata per formare siepi creando vere e proprie barriere anti rumore e anti polveri».
«Ma ci sono anche le piante da appartamento – aggiunge Coldiretti – che sono in grado di ridurre gli inquinanti presenti nelle abitazioni, i cosiddetti VOC, composti organici volatili come benzene, toluene, etilbenzene, xilene, formaldeide che sono emessi da prodotti e materiali presenti nelle nostre case, dalle sigarette ai detergenti. L’inquinamento dell’aria negli ambienti chiusi è talmente diffuso da meritarsi anche un nome: “Sindrome dell’edificio malato”. La Coldiretti ha stilato la graduatoria delle 10 piante da appartamento, piante più adatte a vivere negli ambienti chiusi e con l’effetto migliore contro il mix di sostanze nocive, ma anche alcool, fumo di sigaretta e odori sgradevoli: dallo Spatifillo al Falangio, dalla Dracena al Ficus, dal Ficus Bengiamino all’Anturio, dall’Edera all’Areca, dalla Felce al Potos».
Redazione