Filiera olivo-olio
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L’assessora all’agricoltura della Regione Toscana ha visitato Cooperative Montalbano Olio & Vino in provincia di Pistoia, dove è in corso di attuazione un progetto che mira al tempo stesso al recupero degli oliveti abbandonati e a esaltare la capacità dell’olivicoltura di mitigare i cambiamenti climatici. Saccardi: «uno dei progetti per il PNRR riguarda l’olio: dalle piante dei vivai fino alla commercializzazione del prodotto finale».
«E’ un bel progetto di collaborazione per riappropriarsi di terreni abbandonati e farli tornare a vivere. Dobbiamo far sì che l’olio diventi attrattore come il vino toscano. Uno dei progetti che abbiamo candidato per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza riguarda proprio l’olio. Dalle piante dei vivai, alla piantumazione, fino al prodotto finale e alla sua commercializzazione».
E’ quanto dichiarato ieri dall’assessora all’agricoltura della Regione Toscana Stefania Saccardi in occasione della sua visita, in compagnia dei consiglieri regionali Marco Niccolai ed Enrico Sostegni, a Cooperative Montalbano Olio & Vino, che è protagonista insieme alle università di Firenze e di Pisa, al Cnr e a Dream Italia, del gruppo operativo (Go) che ha progettato il piano strategico: “Il recupero del patrimonio olivicolo toscano: azione di contrasto ai cambiamenti climatici per lo stoccaggio di CO2 attraverso una gestione innovativa, cooperativa e sostenibile del territorio”. Un progetto dagli obiettivi molto ambiziosi che il Go ha avviato grazie al finanziamento della Regione Toscana, che mette a disposizione strumenti tecnologici e formazione.
Come hanno illustrato all’assessora regionale Saccardi i protagonisti del Go, il progetto mira ad «applicare un modello organizzativo di gestione e strumenti tecnici innovativi per rimettere in produzione oliveti in abbandono e allo stesso tempo esaltare le capacità mitigative ai cambiamenti climatici dell’agro-ecosistema olivicolo». Più nello specifico, spiega un comunicato della Regione Toscana, «il piano prevede azioni finalizzate alla sensibilizzazione e coinvolgimento degli agricoltori locali sulle problematiche ambientali inerenti l’abbandono della produzione olivicola in contrapposizione ai vantaggi che si possono ottenere dalla riconversione di oliveti sia di produttività sia di miglioramento della qualità paesaggistica, e dunque dell’offerta turistica del territorio. Il tutto utilizzando tecnologie all’avanguardia per il monitoraggio delle colture così da ottimizzare la produzione e garantire la sostenibilità economico-ambientale del sistema».
«Grazie al coinvolgimento diretto delle aziende pilota che “contaminano” l’innovazione verso le aziende olivicole dell’intero comprensorio del Montalbano – continua il comunicato della Regione - sarà diffusa il più possibile la sua adozione. Questo processo sarà favorito anche dall’organizzazione di numerose attività informazione, formazione e trasferimento della conoscenza delle metodologie e tecniche innovative in cui le due aziende faranno da “vetrina reale” dei benefici derivanti dall’applicazione delle innovazioni proposte».
L’ambizione finale è «rappresentare per il comparto olivicolo toscano un modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale di facile replicabilità anche in altri contesti rurali, da considerarsi anche come strumento di tutela delle produzioni di qualità e la conservazione del paesaggio rurale toscano».
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Il nuovo consiglio di amministrazione del Consorzio di tutela dell’Olio Toscano Igp, eletto dall’assemblea del 9 luglio, ha confermato oggi come presidente Fabrizio Filippi. Ad affiancarlo due vice presidenti: il riconfermato Giampiero Cresti e il neo eletto Paolo Di Gaetano.
Come reso noto da Teatro Naturale e InToscana, il presidente Filippi ha dichiarato che l’olivicoltura regionale deve puntare per il suo rilancio alla ristrutturazione delle olivete attraverso nuovi impianti con le sole varietà autoctone della Regione Toscana e fare leva sulla garanzia dell’origine e della qualità certificata dai marchi Dop e Igp.
Il Consorzio ha più di 8 mila soci sul territorio toscano, circa 300 frantoi ovvero circa l’80% della regione, oltre 400 imbottigliatori, e la sua produzione rappresenta in media fra il 15% e il 25% della quantità di olio extravergine prodotto in Toscana.
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«Resta prioritario lavorare sulla migliore capacità produttiva e su strutture di stoccaggio e trasformazione efficienti, anche per innalzare il livello della qualità, ma certo non serve una nuova classe di super-extra».
Lo ha sostenuto il presidente di Cia – Agricoltori italiani Dino Scanavino intervenendo qualche giorno fa, in rappresentanza di Agrinsieme, al convegno organizzato da Fooi – Filiera olivicola olearia italiana sul tema “Le sfide della filiera olivicolo-olearia: Pac e Recovery fund per dare futuro al settore”.
Più in generale il suo messaggio è stato che «gli olivicoltori sono pronti ad accettare la sfida verde. Dalla futura Pac arrivano nuove opportunità per il comparto, legate alla competitività di sistema e di settore. Permettendo, attraverso il primo pilastro, di mettere i comportamenti green virtuosi alla base dei pagamenti diretti, l’olivicoltura italiana potrà infatti vedere riconosciuto il suo apporto alla tutela territoriale e ambientale e di lotta ai cambiamenti climatici».
Riguardo al PNRR, per Scanavino esso «rappresenta una grande chance. Bisogna lavorare sulla promozione al consumo dell’olio extravergine italiano, e soprattutto stringere accordi nel bacino del Mediterraneo, perché la contrapposizione con i nuovi Paesi produttori non ci farà uscire vincitori. Servono, invece, regole certe, condivise e reciproche».
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Il 14 luglio mattina convegno della FOOI trasmesso in diretta su Zoom sul tema “Le sfide della filiera olivicolo-olearia: Pac e Recovery Fund per dare futuro al settore”. Apre il direttore Giuliano Martino, chiude il presidente Paolo Mariani. Tra i relatori il viceministro dello Sviluppo economico Pichetto Fratin, il presidente della Commissione Politiche dell’Ue del Senato Stefano, il presidente della Commissione Agricoltura della Camera Gallinella. E i presidenti di Cia, Gruppo Olio di Oliva Assitol, Italia Olivicola, Unapol, Assofrantoi e Aifo.
Le sfide della PAC prossima ventura e del PNRR per il settore olivicolo italiano, con interventi tecnici ed istituzionali di importanti esponenti della filiera e rappresentanti istituzionali.
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Il Consiglio Oleicolo Internazionale stima nella campagna olearia 2020/21 un calo della produzione mondiale di olio di oliva pari a -6,9%, mentre i consumi sono rimasti stabili a -0,2%. La Spagna incrementa il primato con 1 milione e 400 mila tonnellate, al secondo posto a pari merito Italia e Grecia con 270 mila tonnellate. Maglia gialla dell’import gli Usa con il 33% del totale, mentre l’Ue è al 21%. Per Confagricoltura «la riduzione della produzione italiana è diventata endemica, ci vuole un Piano olivicolo nazionale che dia sostegno ai nuovi impianti e al recupero degli oliveti abbandonati».
Consumo stabile, ma produzione diminuita di ben oltre il 5% nella campagna olearia 2020/21, «mentre il settore si riprende dalla pandemia» e «l’andamento dei prezzi riflette l’oscillazione fra domanda e offerta».
Sono le stime comunicate tre giorni fa dal Consiglio Oleicolo Internazionale (COI), l’organizzazione intergovernativa che riunisce i maggiori Paesi produttori di olio di oliva del mondo.
Secondo il COI, i dati della campagna 2020/21, seppur provvisori, proiettano la produzione mondiale a 3.034.000 tonnellate di olio, con un calo pari a -6,9% rispetto alla campagna precedente. Meglio invece il consumo, che si attesta intorno a 3.211.000 t (-0,2%). Le importazioni sono previste intorno a 1.074.000 t (-9,3%), mentre le esportazioni dovrebbero raggiungere 1.132.000 t (-8,8%).
La produzione è concentrata nei Paesi membri del COI, che da soli produrranno 2.834.000 t, ovvero il 93,4% del totale mondiale, nella campagna 2020/21. La produzione europea dovrebbe attestarsi a 2.057.000 t, in aumento del 7% rispetto all'anno precedente. A guidare il gruppo UE c'è la Spagna, che dovrebbe registrare un aumento del 24,4%, con una produzione stimata di 1.400 000 t. Seguono l'Italia con 270.000 t (-26,2%), la Grecia con 270.000 t (-1,8%) e il Portogallo con 100.000 t (-28,8%). La produzione negli altri Paesi membri del COI è prevista pari a 777.000 t (-32,4%). In Tunisia la produzione dovrebbe raggiungere circa 140.000 t (-68,2%), in Turchia 210.000 t (-8,7%), in Algeria 90.000 t (-28,7%), mentre in Marocco con 160.000 t si dovrebbe avere un +10,3%.
Altre 200.000 t sono attese da Paesi non ancora membri, come Siria, Australia e Cile.

Riguardo alle importazioni, la maglia gialla va agli Stati Uniti con il 33% del totale prodotto importato nell'annata 2020/21. Seguono l'UE con il 21%, il Brasile con il 9%, il Giappone con il 6%, il Canada con il 5%, la Cina con il 4% e l'Australia con il 3%, Messico e Russia con il 2% e altri paesi con il 15%.
Anche i prezzi sono diminuiti nella prima parte dell'annata agricola, passando da 480€/100kg a Bari (Italia) a 200€ a Chania (Grecia).
«La forte riduzione della nostra produzione – ha commentato Walter Placida, presidente della Federazione (FNP) olivicola nazionale di Confagricoltura – è ormai diventata endemica. Occorre risolverla presto con un approccio pragmatico e fattivo». «La nostra olivicoltura – ha aggiunto Placida - è un patrimonio inimitabile che vive difficoltà strutturali e commerciali nonostante la qualità dei prodotti. Siamo primi al mondo per biodiversità, con oltre 500 cultivar che danno vita ad oli con profili aromatici unici nel panorama mondiale, senza contare la cultura, la qualità delle produzioni, la salvaguardia ambientale e paesaggistica, lo sviluppo e la ricerca tecnologica», ma «è necessario un Piano olivicolo nazionale che consenta di impiantare nuovi oliveti e recuperare quelli abbandonati. Serve garantire, su tutto il territorio nazionale, valore al lavoro dei nostri agricoltori, riconoscendo un giusto sostegno alla filiera agricola impegnata nella produzione di un olio extravergine di oliva di qualità, garantendo un prezzo equo, adeguato e remunerativo».
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Per Cia – agricoltori italiani l’olivicoltura italiana deve giocare bene la carta Piano nazionale di ripresa e resilienza puntando sulle seguenti parole chiave per dare prospettiva al comparto olivicolo: ecosostenibilità, innovazione tecnologica e produttività/competitività. Ma solo 1/3 delle nostre aziende olivicole ha investito in nuovi macchinari e attrezzature. Scanavino elenca alcune delle opportunità del Pnrr per gli olivicoltori.
Come dare prospettiva di lungo termine alla produzione olivicola italiana? Con la recente approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano da parte della Commissione europea, il comparto ha una grande occasione di rilancio puntando sul concetto di sostenibilità ambientale e spingendo sul pedale dell'innovazione tecnologica per aumentare la produttività. Sono dunque tre le parole chiave per la ripresa: ecosostenibilità, innovazione e competitività.
E’ quanto emerso dal recente webinar sul tema “Dalla produzione alla trasformazione: la transizione ecologica per il settore olivicolo”, in cui sono intervenuti, fra gli altri, il presidente di Cia-Agricoltori Italiani Dino Scanavino, il presidente di Italia Olivicola Gennaro Sicolo, Benedetto Fracchiolla di Finoliva, l’assessore all’agricoltura della Regione Puglia Donato Pentassuglia e il professor Luca Sebastiani, direttore dell’Istituto Scienze della Vita alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Alla tavola rotonda hanno anche partecipato alcune aziende italiane e produttori olivicoli dell’intera area del Mediterraneo, illustrando le migliori pratiche già attuate nel settore olivicolo-oleario.
«La sostenibilità è un concetto dinamico, che deve essere sempre strettamente legato all’aspetto tecnologico – ha esordito il prof. Sebastiani -. C’è spesso un’erronea percezione dell’innovazione come nemica della sostenibilità ecologica e il desiderio di un ritorno arcaico alle origini per le buone pratiche agricole. In realtà, l’agricoltura è sempre stata frutto dell’innovazione e senza questa è impossibile raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile». L’innovazione tecnica e tecnologica, oltre a quella organizzativa e sociale, è dunque uno strumento indispensabile, ma nella realtà italiana c’è ancora molta strada fare. Meno della metà delle aziende agricole, infatti, ha finora affrontato il tema dell’intelligenza artificiale e dell'agricoltura di precisione. Nel settore olivicolo, solo un terzo aziende ha investito in nuovi macchinari e attrezzature, vuoi per scarsa capacità finanziaria che per mancanza di incentivi. «Nel comparto dell’olio – ha ricordato Sebastiani - il climate change e la mancanza di risorse idriche hanno avuto un pesante impatto sulla produttività, nonostante la domanda e i consumi mondiali siano in costante aumento. Per essere più competitivi nel mercato internazionale e cogliere tutte le opportunità di mercato, gli imprenditori dovranno, dunque, evolversi verso un’intensificazione sostenibile, utilizzando sistemi digitali per aumentare la propria efficienza». Favorire l’agricoltura di precisione è decisivo anche per il contrasto alle fitopatie e la riduzione dei fitofarmaci, come pure la meccanizzazione può ridurre i costi di produzione ed efficientare i processi.
«L’olivo è una delle colture che più rappresentano l’identità del nostro Paese, occorre investire per valorizzare la qualità del made in Italy e le oltre 300 cultivar autoctone – ha spiegato Gennaro Sicolo -, ma per fare tutto queste sfide occorrono ingenti leve finanziarie». Sul tema degli investimenti nell’innovazione tecnologica è intervenuto anche Dino Scanavino, per discutere le importanti opportunità connesse al PNRR. «Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha dichiarato Scanavino - ci sono diverse proposte interessanti per gli olivicoltori. Dal rinnovo del parco automezzi al fine di ridurre le emissioni, alla promozione dei contratti di filiera, agli incentivi all'installazione di pannelli fotovoltaici e alla logistica, oltre alle opportunità di ammodernamento dei macchinari agricoli utili alla molitura delle olive. In un’ottica di economia circolare, infine, il piano include anche l’ammodernamento della lavorazione, stoccaggio e confezionamento dei prodotti alimentari, col riutilizzo dei sottoprodotti a fini energetici, particolarmente rilevanti nel processo di trasformazione dell’olio».
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