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Cibus 2022

Alla 21^ edizione di Cibus a Parma dal 3 al 6 maggio le 3.000 aziende agroalimentari italiane attendono circa 70 mila visitatori: il 10% stranieri, fra cui 2.000 top buyer. Nel “Cibus Innovation Corner” selezione di 100 fra i più innovativi dei quasi 1.000 nuovi prodotti enogastronomici: destinati in parte all’export extra UE che è stato pari al 42,6% delle esportazioni alimentari nel 2021 e sarà meno penalizzato dalla guerra in Ucraina. Tra gli eventi, le presentazioni di un nuovo servizio dell’ICE basato sulla tecnologia Blockchain contro l’Italian Sounding e del progetto “Cibus4Sustainability” sulle buone pratiche sostenibili di industria e distribuzione, il convegno su “La dinamica delle private label a livello internazionale” moderato dal ceo di Fiere di Parma Cellie.

 
Salumi con meno grassi e sale, pesto realizzato a freddo, formaggi senza lattosio, hamburger vegetali e una vasta offerta di prodotti di nicchia. Sono alcuni esempi dei quasi 1.000 nuovi prodotti enogastronomici – focalizzati spesso sull’attenzione alla salute e l’ecosostenibilità, ma anche sulle tipicità locali oppure i nuovi mix di ingredienti - al centro della 21^ edizione di Cibus, che si svolge la prossima settimana, da martedì 3 maggio a venerdì 6 maggio presso Fiere di Parma. 
E tra queste novità agroalimentari spiccheranno in particolare le 100 selezionate per l’area “Cibus Innovation Corner” nel Padiglione 8, con tanto di catalogo online: dalle maltagliatelle di lenticchie rosse e riso integrale, agli snack di legumi tostati senza conservanti, alle cotolette vegetali di pollo, al prosciutto di Parma da suini nutriti con semi oleosi ricchi di Omega 3, fino alla pasta senza glutine a base di riso integrale e alga Spirulina, tanto per citarne alcuni. Prodotti che saranno esposti suddivisi per settori (gusto & ingredienti, packaging, sostenibilità, territorialità) e sono destinati sia al mercato interno che a quello estero, a cominciare da quello extra UE che nel 2021 ha rappresentato il 42,6% delle esportazioni agroalimentari italiane e che resta più promettente anche quest’anno perché meno penalizzato dall’impatto della guerra in Ucraina. Prodotti che saranno commercializzati sia nel canale retail che nell’Horeca.
A esporre a Cibus 2022 saranno ben 3.000 aziende rappresentative della cosiddetta Food Valley italiana. I visitatori già registrati sono 50.000 operatori professionali italiani della Distribuzione e della Ristorazione, che a Cibus non solo possono incontrare tutti i loro fornitori in essere e potenziali ma anche trovare nuove idee e soluzioni. Arriveranno circa 2.000 top buyer da Stati Uniti d’America, Europa, Medio Oriente, Sud America e Asean. Ai top buyers italiani ed esteri è riservato “Cibus destination”: un programma di visite guidate e percorsi tematici in fiera e sul territorio, dedicati a produzioni tipiche, territorialità, fuori casa e sostenibilità. 
«L'ICE-Agenzia anche quest'anno – ha dichiarato alla conferenza stampa di presentazione della manifestazione Roberto Luogo, direttore generale dell’ICE -  ha accolto l'invito di Cibus a sostenere ed accompagnare le imprese italiane del settore agroalimentare. E lo ha fatto sia a partire dalla fase preparatoria della manifestazione che sotto data: numerose le azioni di comunicazione su alcune delle più illustri testate mondiali del food e un incoming di 390 fra buyer specializzati e giornalisti di settore provenienti da 42 Paesi».
«Se c'è una cosa che gli ultimi anni ci hanno insegnato – ha sottolineato il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio - è l’importanza, data troppo spesso per scontata, del food & beverage. Internamente, il food & beverage rappresenta un vero e proprio vettore di coesione sociale, mentre se guardiamo all’export, le nostre eccellenze nel mondo continuano a rappresentare una fonte di ricchezza tramite la quale possiamo aiutare l’economia del Paese. E Cibus, come vetrina dei prodotti alimentari del Made in Italy deve ricordarci proprio questo: anche in condizioni difficili come quella che stiamo affrontando, è importante celebrare i nostri prodotti, farlo con buyer italiani ed esteri, ricordando il grande valore di ciò che produciamo in termini economici e in termini sociali».
E a questo proposito si è così espresso il ceo di Fiere di Parma Antonio Cellie: «Cibus negli ultimi 2 anni non si è mai fermato: supportando il sourcing degli operatori esteri con MyBusinessCibus.com; organizzando CibusForum nel drammatico 2020, inaugurando la ripartenza delle fiere nel settembre 2021 e presidiando con un proprio padiglione Expo Dubai. Perché da 40 anni è questa la missione che condividiamo con Federalimentare: difendere l’authentic Italian e supportare le nostre esportazioni. Cibus 2022 torna già ai livelli pre-pandemia per qualità e quantità di espositori, oltre 3.000, tutti rigorosamente italiani, e 70.000 visitatori attesi, rigorosamente professionali, di cui oltre il 10% esteri».
Cibus 2022, prima edizione carbon neutral grazie alla collaborazione con Carbonsink, sarà inaugurato dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli e da Manlio Di Stefano, sottosegretario di stato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nel convegno d’apertura “La responsabilità economica e sociale dell’agroalimentare italiano - Come continuare a garantire l’accesso al Cibo e al Lavoro durante e dopo le crisi, attraverso un nuovo modello di sviluppo sempre più sostenibile”. Al convegno inaugurale seguiranno l’assemblea nazionale di Federalimentare e il convegno di ICE – Agenzia che illustrerà il nuovo servizio di ICE basato sulla tecnologia Blockchain, che mette a disposizione di 300 piccole e medie industrie, a titolo gratuito, un sistema innovativo di tracciamento della filiera per valorizzare il Made in Italy e contrastare l'Italian Sounding.
Tra i vari appuntamenti, la presentazione di “Cibus4Sustainability”: il progetto ideato e organizzato da Cibus, in collaborazione con PwC Italia, sulle buone pratiche sostenibili di industria e distribuzione, che avverrà alla presenza di retailers nazionali, internazionali e grandi aziende agroalimentari il 4 maggio. Mentre le potenzialità dell’export saranno analizzate nel convegno “La dinamica delle private label a livello internazionale”, moderato da Antonio Cellie, con la partecipazione di Romolo De Camillis, Retailer Director di Nielsen IQ, aziende e insegne distributive.
Per un elenco completo delle attività e dei convegni in fiera si veda: https://www.cibus.it/progetti-speciali/ e https://www.cibus.it/convegni-2022/ 
 

Redazione

Myplant & Garden 2022

Il report ufficiale dell’edizione 2022 di Myplant & Garden: 650 espositori, 18.650 operatori in visita, 116 delegazioni di buyer internazionali, nonostante il contesto ancora difficile dello scorso febbraio, per il maggiore salone b-2-b della filiera florovivaistica e del verde in Italia.

Myplant & Garden 2022, la sesta edizione della principale fiera professionale del florovivaismo e del paesaggio in Italia, la prima dopo la pausa forzata a seguito della pandemia, ha ben retto l’onda d’urto del Covid-19, registrando dati leggermente ma significativamente inferiori rispetto all’edizione record del 2019, ma sostanzialmente uguali a quelli del 2018: qualcosa in meno sul fronte espositori e compratori esteri, ma con numeri un po’ migliori dal punto di vista dei visitatori. Un risultato niente affatto scontato nel contesto in cui si è svolta lo scorso febbraio, dal 23 al 25, presso Fiera Milano Rho.
Questo il quadro di sintesi che emerge dal report ufficiale della manifestazione, diffuso dagli organizzatori nei giorni scorsi. Sono stati infatti 650 gli espositori (contro i 733 del 2019 e i 655 del 2018), mentre 18.650 le presenze professionali (contro i 20.100 del 2019 e i 17.300 del 2018). Le delegazioni di buyer internazionali si sono attestate invece a 116 (nel 2019 erano state 200 e l’anno prima 150) e gli eventi/incontri organizzati 53 (contro gli 80 del 2019 e i 70 del 2018).

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Ecco qui alcuni grafici e tabelle del report di Myplant & Garden 2022 che non necessitano di spiegazioni.

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Altre informazioni e dettagli si possono trovare nel 
report originale in versione integrale.

Redazione

Allarme di Confagricoltura per le tensioni sulla disponibilità e i prezzi dei prodotti condizionati dal conflitto in Ucraina. Dal 28 aprile blocco delle esportazioni di olio di palma dall’Indonesia e intanto il prezzo dell’olio di soia ha raggiunto il massimo storico alla borsa di Chicago. In Italia l’olio di girasole salito in un anno da 1,46 a 2,87 al chilo. Tra le misure chieste da Giansanti, oltre all’aumento dei raccolti europei di cereali e semi oleosi, una rapida definizione del Piano olivicolo nazionale.

Si allunga la lista dei settori e delle produzioni finite sotto pressione in termini di prezzo e disponibilità a seguito della guerra in corso in Ucraina: cereali, fertilizzanti e semi oleosi e derivati.
A lanciare l’allarme prezzi è una nota di ieri di Confagricoltura in cui si informa che dal 28 aprile scatterà il blocco delle esportazioni di olio di palma dall’Indonesia, primo produttore mondiale. Un blocco deciso per contrastare l’aumento dei prezzi sul mercato interno, che ha superato il 40% da inizio anno. Come reazione a tale decisione i prezzi dell’olio di soia hanno raggiunto alla fine della scorsa settimana il massimo storico alla borsa di Chicago.
«Va ricordato – osserva il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – che sono bloccate le esportazioni di olio di girasole dell’Ucraina e su quelle della Federazione Russa si applica da aprile una tassa del 20 per cento». In Italia, stando ai dati dell’Ismea, il prezzo dell’olio di girasole raffinato negli ultimi dodici mesi è passato da 1,46 a 2,87 euro a chilogrammo. «Il risultato – segnala Giansanti - è che in alcuni Stati membri e nel Regno Unito le insegne della grande distribuzione hanno deciso di limitare gli acquisti giornalieri di tutti gli olii vegetali».
«Il rischio di una crisi alimentare a causa del conflitto in Ucraina è stato richiamato anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in occasione delle recenti riunioni al Fondo monetario internazionale», sottolinea Giansanti.«Il governatore ha anche segnalato la necessità di un intervento degli organismi internazionali a supporto dei Paesi meno avanzati e in via di sviluppo che sono localizzati in Africa e in Asia Centrale».
«Anche l’Unione europea deve fare la propria parte - afferma il presidente di Confagricoltura -. In primo luogo, va prorogata la facoltà concessa quest’anno di coltivare negli Stati membri i terreni a riposo produttivo che ammontano a circa 4 milioni di ettari». Inoltre, «per frenare l’inflazione alimentare, contrastare l’eccezionale aumento dei costi di produzione e contribuire alla stabilità dei mercati internazionali – continua Giansanti - è indispensabile aumentare i raccolti europei di cereali e semi oleosi». «Va anche definito quanto prima – conclude il presidente di Confagricoltura - un Piano olivicolo nazionale. L’Italia può e deve riconquistare una posizione di primo piano per la produzione di olio d’oliva».

Redazione

contratti di filiera nell'agroalimentare - 5° bando

Pubblicato il 5° bando per i contratti di filiera nel settore agroalimentare. Nel sito web del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali il testo del bando e tutta la documentazione allegata. 

 
Come da decreto firmato dal ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli lo scorso dicembre, è stato pubblicato il quinto bando per i Contratti di Filiera del settore agroalimentare. La misura è finanziata dal fondo degli investimenti complementari al PNRR e ha una dotazione totale di 1 miliardo e 203 milioni.
Ad annunciarlo, due giorni fa, è una nota alla stampa del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF), in cui viene specificato innanzi tutto che «i beneficiari del finanziamento saranno le imprese che concorrono direttamente alla produzione, raccolta, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e agroalimentari e le imprese che forniscono servizi e mezzi di produzione» e che «per beneficiare dell'agevolazione le imprese dovranno aver sottoscritto un accordo di filiera, in ambito territoriale multiregionale, finalizzato alla realizzazione di un programma integrato a carattere interprofessionale ed avente rilevanza nazionale».
L'importo totale dei costi ammissibili riconducibile ad una sola regione, viene spiegato, non può superare l'85% del totale dei costi ammissibili del Contratto di filiera.
Sono ammessi i seguenti investimenti: «investimenti in attivi materiali e attivi immateriali nelle aziende agricole connessi alla produzione agricola primaria; investimenti per la trasformazione di prodotti agricoli e per la commercializzazione di prodotti agricoli; investimenti concernenti la trasformazione di prodotti agricoli in prodotti agroalimentari; partecipazione dei produttori di prodotti agricoli ai regimi di qualità e misure promozionali a favore dei prodotti agricoli; organizzazione e partecipazione a concorsi, fiere o mostre; progetti di ricerca e sviluppo nel settore agricolo; partecipazione alle fiere e per gli investimenti volti a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili effettuati da imprese di trasformazione».
Per essere ammessi alle agevolazioni i contratti di filiera devono avere un importo complessivo degli investimenti compreso tra 4 e 50 milioni di euro. Le agevolazioni saranno concesse nella forma del contributo in conto capitale e del finanziamento agevolato, subordinate alla concessione di un finanziamento bancario.
Con successi avvisi verranno destinate le ulteriori risorse ai distretti del cibo, al settore ittico e a quello forestale.
Per tutte le informazioniquesto link si trovano il bando, gli allegati e tutta la documentazione necessaria per partecipare. 
 

Redazione 

Il ministro Patuanelli sulla riforma europea delle IG

All’incontro del 20 aprile di oriGIn Italia sulla proposta della Commissione Europea di riforma delle Indicazioni Geografiche, alla presenza di 400 esponenti delle produzioni DOP e IGP, le parole d’ordine del ministro dell’agricoltura Patuanelli: «legame col territorio, più tutela e centralità dei consorzi, sostenibilità». L’europarlamentare De Castro, relatore della riforma: «passaggio strategico per un sistema che in Europa supera gli 80 miliardi di valore; proporre criteri di semplificazione a partire dalle procedure di modifica dei disciplinari».

 
«Con il vostro seminario di oggi si apre ufficialmente il dibattito sul testo del Regolamento tra produttori, consorzi e istituzioni per arrivare a definire una posizione comune e condivisa da sottoporre alle istituzioni europee durante l'iter di approvazione del Regolamento».
Sono le parole pronunciate dal ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli mercoledì 20 aprile all’incontro “La Riforma del Sistema delle Indicazioni Geografiche, una prima analisi sulla proposta presentata dalla Commissione Europea”, organizzato dall’associazione italiana dei consorzi di tutela delle indicazioni geografiche oriGIn Italia in collaborazione con Afidop e Federdop e con il supporto di Fondazione Qualivita. Iniziativa che ha visto la partecipazione di oltre 400 stakeholder del settore italiano delle produzioni DOP e IGP, con vari interventi, fra cui quello di Patuanelli e dell’europarlamentare Paolo De Castro, relatore della riforma.
«La proposta di riforma della Commissione – ha detto il ministro Stefano Patuanelli - ci spinge oltre la semplice analisi del quadro normativo del settore, avviando un dibattito molto più ampio sul ruolo e sul futuro delle Indicazioni Geografiche nel nostro sistema agricolo e alimentare. Probabilmente non ho bisogno di ricordare a voi il primato dell'Italia in Europa con 841 prodotti a indicazione geografica. Vorrei, invece, evidenziare che il sistema delle DOP e IGP è il segno tangibile del valore della dieta mediterranea con il 70% delle denominazioni europee registrate in Italia, Francia, Spagna e Grecia. Da oltre 30 anni, le Indicazioni Geografiche sono sinonimo di tipicità, qualità e distintività dei sistemi agroindustriali europei e rappresentano la ricchezza e la diversità del nostro patrimonio enogastronomico e l'espressione delle nostre aree rurali».
«Ho già espresso più volte – ha proseguito Patuanelli - le mie perplessità, anche in ambito europeo, su alcuni aspetti di questo testo. Una posizione non isolata che trova una sostanziale condivisione da parte di altri 14 paesi membri. Oggi, tuttavia, vorrei ribadire i tre punti fermi che ci devono guidare in questo processo di riforma: il mantenimento del legame con il territorio, il rafforzamento del sistema delle tutele e il potenziamento del ruolo dei Consorzi.  Le indicazioni geografiche non sono semplici marchi commerciali ma sono espressione di popolazioni, territori, storia e tradizioni». E «oggi la connessione con il territorio assume una nuova connotazione in senso di sostenibilità ambientale e sociale e la definizione di questi requisiti rappresenta un nuovo elemento di competitività e di distinzione delle nostre produzioni certificate». 
«Gli sforzi dei nostri produttori – ha aggiunto il ministro delle politiche agricole - devono essere difesi dalle operazioni di imitazione, evocazione e contraffazione tanto sul mercato fisico quanto su quello online. Prosek, Aceto balsamico e Bolgheri sono solo i casi più recenti di una normativa che va potenziata e resa più rapida, efficace e uniforme non solo all'interno del mercato comune, ma (soprattutto) nel mercato globale.  D'altra parte, i consorzi di tutela devono essere i protagonisti del nuovo sistema di qualità europeo e garantire le tipiche azioni di tutela e promozione, ma acquisire anche nuove competenze in termini di controllo dell'offerta e di commercializzazione delle produzioni». 
«Le riforme sono processi complessi – ha concluso Patuanelli - ed è necessario che tutte le componenti della filiera e le istituzioni facciano sistema per portare in Europa la nostra visone strategica del futuro delle Indicazioni Geografiche. Ritengo che questo gioco di squadra sia decisivo per affrontare tutti i temi e le riforme che attualmente sono in discussione da parte delle istituzioni europee».
Nel corso dell’incontro, aperto dal presidente di oriGIn Italia Cesare Baldrighi e che ha visto la partecipazione dei rappresentanti delle associazioni di settore – tra cui Antonio Auricchio, presidente di Afidop e Fabrizio Filippi, presidente di Federdop –, è stata illustrata la proposta di riforma, mettendone a fuoco i punti prioritari e delineando le posizioni del sistema italiano sui vari passaggi. In particolare gli interventi di Riccardo Deserti, presidente di oriGIn, Stefano Fanti, vicepresidente oriGIn Italia e Leo Bertozzi, del board oriGIn EU, hanno sottolineato l’importanza di intervenire per rafforzare il valore strategico del sistema, gli strumenti di tutela e anche il ruolo dei gruppi come motore delle filiere DOP e IGP.
In conclusione l’intervento di Paolo De Castro: «siamo di fronte a un passaggio strategico davvero importante che coinvolge un sistema che in Europa supera gli 80 miliardi di valore. Sarà importante lavorare con gli altri Paesi, e in questo un ruolo importante spetta a Origin EU, per arrivare a una proposta in grado di rafforzare sia i Consorzi, con capacità operative e di governance sempre più efficaci, sia la tutela delle Indicazioni Geografiche, facendo tesoro dei segnali positivi giunti dalla Corte di Giustizia e dal sistema europeo in questi anni». De Castro ha evidenziato inoltre l’importanza di proporre criteri di semplificazione, a partire dalle procedure di modifica dei disciplinari, e di sviluppo della sostenibilità come valore aggiunto. «Dobbiamo lavorare insieme – ha concluso - per cogliere questa occasione straordinaria di sviluppo, e per farlo è importante focalizzarsi non solo sulla correzione delle criticità della proposta, ma anche fornire suggerimenti concreti per il rilancio della politica della qualità, consapevoli che gran parte delle responsabilità è nelle mani del sistema italiano delle Indicazioni Geografiche e della sua capacità di fare squadra».  
 

Redazione