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La fiera olandese del vivaismo si tiene dal 22 al 25 agosto a Hazerswoude-Dorp, vicino a Boskoop. Fra gli oltre 300 espositori, di cui 60 non olandesi, 7 imprese italiane: 3 di Pistoia. Anche quest’anno previsti molti premi per le nuove piante. Il direttore Jos van Lint: «partecipanti sempre più attenti ai consumatori finali».

Ci saranno sette imprese italiane fra gli oltre 300 espositori di Plantarium 2012, di cui 60 stranieri (da quattordici differenti Paesi) e tutti gli altri olandesi. E fra le nostre magnifiche sette spiccheranno tre vivai pistoiesi: Magni Piante, Romiti Vivai e Vivai Soldi. Le cui piante potranno essere valutate e ammirate da almeno 17 mila visitatori, di cui 10 mila professionali, stando ai dati delle ultime edizioni.
Dal 22 al 25 agosto presso l’International Trade Centre Boskoop-Hazerswoude nel cuore dell’Olanda è in programma la trentesima edizione della fiera del vivaismo Plantarium, un appuntamento che quest’anno avrà come tema la “comunicazione” e in particolare i “social media”, che stanno cambiando i rapporti fra imprese e consumatori finali. Fenomeno che si riflette anche nel modo in cui si evolve la partecipazione delle aziende alle esposizioni commerciali. «Percepiamo fra i partecipanti una maggiore sensibilità per il targeting (la capacità di selezionare e raggiungere i consumatori finali, ndr) – dice infatti il direttore di Plantarium Jos van Lint -. Pensiamo sempre più consapevolmente a ciò che vogliamo offrire ai visitatori. Qual è il messaggio? Facciamo scelte di prodotto consapevoli pensando a mostrare applicazioni e materiali che possano smuovere i visitatori. Le imprese si stanno concentrando sui consumatori, perché sono loro, dopo tutto, i compratori».
Fra gli aspetti salienti della presente edizione, che segna un importante anniversario per la manifestazione, oltre alle tantissime nuove piante e ai nuovi accessori, uno spazio appositamente dedicato ai prodotti premiati negli ultimi 22 anni: una testimonianza del contributo che la fiera ha saputo dare nel corso del tempo al settore del florovivaismo. E poi naturalmente i premi, tutti frutto di accurate selezioni ad opera di giurie di esperti. Ci sono tre tipi di selezioni: per gli stand migliori (sia dei produttori di piante che dei fornitori), per le novità di prodotto, per i premi della stampa. Da queste selezioni usciranno i seguenti premi: a) il premio per il migliore stand verde (cioè di azienda che produce piante), b) il premio al migliore fornitore, c) il premio per la migliore novità, d) il premio della stampa e, infine, e) quattro premi riservati a quattro segmenti del settore.
Vale la pena di riportare le descrizioni di questi ultimi segmenti.
1) Produzioneprodotti dal mondo del vivaismo capaci di evocare nel consumatore l’esperienza della natura, cioè dall’aspetto attraente, utilizzabili direttamente negli spazi verdi dei privati (terrazze, giardini, balconi); i cosiddetti prodotti d’atmosfera.
2) Materiale per la coltivazione di piante: sementi, giovani piante, materiale trapiantabile.
3) Commercio: ai partecipanti capaci di rendere le loro collezioni di prodotti adatte ai target group.
4) Vendita al dettaglio: ai partecipanti che presentano articoli di massa in comode unità da asporto o pacchi pensati per le vendite attraverso i canali takeaway, i garden e i supermercati; prodotti che vendono se stessi e spesso accompagnati da appropriati concept o tematizzazioni.

L.S.

Il bando internazionale, rivolto a progettisti under 35, è organizzato nell'ambito della VI edizione del festival Comodamente di Serravalle di Vittorio Veneto (Treviso), che ha per filo conduttore la “meraviglia”. Entro il 6 agosto si può partecipare inviando i progetti sui 7 frammenti urbani identificati dagli organizzatori. Le soluzioni vincenti saranno inaugurate durante il festival dal 7 al 9 settembre.

Sette ritagli urbani del centro storico di Serravalle a Vittorio Veneto, dei «piccoli spazi residuali […] privati di un loro carattere e vissuti al minimo delle loro potenzialità», che vengono trasformati in sette meravigliosi giardini contemporanei. E’ lo scopo del concorso internazionale di progettazione “Locus Amoenusframmenti di meraviglia in città” nato quest’anno in seno alla sesta edizione del festival di cultura contemporanea Comodamente, kermesse organizzata nella cittadina trevigiana dal Centro Studi Usine in collaborazione con la fondazione Francesco Fabbri, che quest’anno ha per filo conduttore proprio “la meraviglia”: «quel cortocircuito che svela nuove facce della realtà, proiettando d’un balzo oltre il conosciuto oppure, semplicemente, offrendone prospettive inedite».
Il bando è rivolto a studenti, architetti, ingegneri, agronomi, paesaggisti e creativi under 35. I partecipanti possono iscriversi singolarmente o in gruppo, previa indicazione di un capogruppo rappresentante. Sono consentiti raggruppamenti temporanei soprattutto se multidisciplinari. Ogni partecipante è chiamato a progettare da un minimo di tre spazi ad un massimo di sette spazi. E ci sono alcuni vincoli a cui obbedire nella stesura del progetto, che potrà essere inviato in formato digitale. Ad esempio «i materiali messi a disposizione dalle imprese locali coinvolte potranno essere: piante, fiori, erba in rotoli, neon, elementi prefabbricati per l’edilizia (tombini, ecc.), ghiaie e inerti, reti metalliche, tubi innocenti e snodi, tubi di plastica, teli da cantiere, pallets, tubi per serre, tavolati in legno, balle di fieno, plexiglass, cartoni, cassette per la frutta, polistirolo (qualsiasi altro materiale di risulta e di facile reperibilità)». Un primo elemento costante per i sette giardini sarà l’utilizzo del neon e quindi i partecipanti sono invitati a progettare in ognuno dei sette luoghi un’istallazione luminosa di circa 5 metri lineari di sviluppo.
I luoghi o «ambiti» di Serravalle di Vittorio Veneto da ripensare e trasformare in giardini si possono perlustrare comodamente online sul sito web del concorso e sono così denominati: il lavatoio, le terrazze, l’angolo, il balcone, i gradoni, la soglia e l’approdo.
La scadenza per la partecipazione è il 6 agosto e tutte le informazioni sulle modalità di partecipazione e di presentazione dei progetti si trovano nel bando consultabile online, ma visto il poco tempo a disposizione si consiglia di contattare l’organizzazione per e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o per telefono 0438-553969.

L.S.

Lo ha illustrato il ministro Catania con Carlo Petrini e Sergio Rizzo e prevede un limite al consumo di superficie agricola a fini edificatori imposto a livello nazionale. Positive le reazioni di Cia e Coldiretti, che ha presentato alcune stime sui prezzi della terra in Italia. Meno sensibile al consumo di suolo Confagricoltura, che non accetta il divieto per 10 anni di mutare la destinazione dei terreni che hanno ricevuto aiuti statali per l’agricoltura. [foto di VAghestelledellorsa da Wikipedia]

«Tra il 1971 e il 2010 la sau (superficie agricola utilizzata) si è ridotta di 5 milioni di ettari (da quasi 18 milioni di ettari a poco meno di 13), una superficie equivalente a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna messe insieme».  Tale riduzione ha interessato soprattutto le terre «a seminativi e i prati permanenti, ovvero i due ambiti da cui provengono i principali prodotti di base dell’alimentazione degli italiani: pane, pasta, riso, verdure, carne, latte». E il fenomeno è accaduto mentre aumentava la popolazione e quindi il bisogno alimentare.
Finora la perdita di sau non si è tradotta in una proporzionale perdita di produzione agricola. Questo grazie all’introduzione di nuove tecniche che hanno aumentato la produttività per ettaro coltivato: negli anni ’50 un ettaro a frumento produceva 1,4 tonnellate, mentre oggi quasi 4. Ultimamente però si è giunti al punto in cui all’applicazione di maggiori tecnologie disponibili non corrisponde un incremento del rendimento della terra.
Risultato? L’Italia dipende sempre più dall’estero per l’approvvigionamento e «attualmente produce circa l’80-85% delle risorse alimentari necessarie a coprire il fabbisogno dei propri abitanti. In altre parole, la produzione nazionale copre poco più dei consumi di tre italiani su quattro». E se si utilizza un indicatore negativo quale il deficit di suolo agricolo - che misura di quanto la sau di un Paese è inferiore rispetto al suolo agricolo necessario per produrre i cibi, prodotti tessili e biocarburanti necessari alla popolazione – l’Italia è al terzo posto in Europa e al quinto nel mondo con circa 49 milioni di ettari in meno di quanti ne servirebbero.
E’ quanto si legge nel rapporto “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione” presentato ieri dal ministro delle politiche agricole Mario Catania in un incontro a Roma in cui sono intervenuti anche il fondatore di Slow Food Carlo Petrini e il giornalista del Corriere della Sera Sergio Rizzo. Durante l’incontro il ministro ha presentato la bozza di un disegno di legge «in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo» che mira proprio a porre rimedio alla situazione descritta. E che ha come elemento centrale l’introduzione di limiti ben precisi a livello nazionale, e stabiliti dal ministero dell’agricoltura d’intesa con i ministeri dell’ambiente e delle infrastrutture, «al consumo di superficie agricola per fini edificatori» (art. 2); limiti che poi devono essere ripartiti a livello regionale insieme alla Conferenza delle regioni. A tale misura se ne aggiungono due altrettanto importanti: il divieto del mutamento di destinazione (agricola) per almeno 10 anni dei terreni che hanno ricevuto aiuti di stato o comunitari (art.3); incentivi a interventi edilizi di recupero dei nuclei abitati rurali (art.4).
Per capire la ratio del disegno di legge conviene tornare al rapporto presentato dal Ministro. Le ragioni della cornice deficitaria di sau sono due: l’abbandono e la cementificazione. Attualmente l’abbandono riguarda la porzione più ampia dei terreni sottratti all’agricoltura. Ma la cementificazione desta maggiori preoccupazioni, perché, oltre ad essere praticamente irreversibile e con un elevato impatto ambientale, interessa i terreni migliori sia in termini di produttività che di localizzazione: terreni pianeggianti, fertili, facilmente lavorabili e accessibili quali, ad esempio, le frange urbane, le aree costiere e quelle pianeggianti. Al contrario, l’abbandono riguarda i terreni meno fertili, spesso situati in aree montane e/o con poche infrastrutture. Si tratta, inoltre, di un fenomeno più facilmente reversibile.
Oltretutto in Italia la cementificazione è avvenuta anche a prescindere dalle dinamiche demografiche, cioè in luoghi in cui la popolazione diminuiva. Una cifra parla da sola: «la popolazione dal 1950 ad oggi è cresciuta del 28% mentre la cementificazione è cresciuta del 166%». E ciò ha fatto sì che «dagli anni ’50 del secolo scorso ad oggi è stata cementificata una superficie pari alla Calabria (1,5 milioni di ettari, ISPRA, 2010). Tra sessant’anni, al tasso di cementificazione attuale, si aggiungerà una superficie corrispondente a quella del Veneto». L’Istat, nel Rapporto annuale 2012, mostra che le superfici edificate coprono il 6,7% del territorio nazionale. Tra il 2001 e il 2011, su scala nazionale, la cementificazione è cresciuta dell’8,77%. La situazione italiana risulta problematica anche su scala europea, dove si posiziona come quarto Paese per percentuale di suolo cementificato dopo Olanda, Belgio e Lussemburgo.
La causa principale dell’espansione del cemento è la «elevata discrepanza tra la redditività dell’edilizia e quella agricola. Questo avviene su tutte le scale e interessa tutti i settori inclusi i Comuni che percepiscono gli oneri di urbanizzazione (maggiori per l’edilizia ex novo vs. ristrutturazione)». Da qui la necessità di un limite imposto a livello ministeriale.
Positive le reazioni di Cia e Coldiretti. Per il presidente di Cia Giuseppe Politi «il disegno di legge di proposto dal ministro Catania può costituire un primo cambio di rotta per costruire un sistema ambientale realmente sostenibile, che faccia dell’agricoltura un volano di riequilibrio territoriale». Mentre il presidente di Coldiretti Sergio Marini ha dichiarato: «ben vengano le iniziative come la bozza di disegno di legge illustrata dal ministro delle politiche agricole Mario Catania al quale la Coldiretti è disponibile a dare il suo contributo nell'interesse dell’agricoltura». E un primo contributo può essere considerato il comunicato diffuso ieri da Coldiretti in cui vengono esposti alcuni dati sul mercato fondiario (ricavati dall’organizzazione agricola da un’indagine dell’Inea) che vedono il bene terra tenere con un prezzo medio per ettaro di 19.400 euro. «Nonostante la crisi – si legge – la terra si conferma “bene rifugio”, con le quotazioni che fanno registrare un aumento dell’0,5 per cento rispetto all’anno precedente, anche se le attività di compravendita viaggiano a ritmi ridotti».
Unica nota stonata per il ministro la posizione un po' critica di Confagricoltura: «denunciamo da anni gli effetti di una cementificazione selvaggia del territorio, una pressione che sta ridimensionando gli spazi agricoli del nostro Paese, ma vogliamo anche ricordare, con forza, che oltre il 4% della sau (superficie agricola utilizzata) è a riposo e che, unendola alla superficie attualmente non utilizzata, si potrebbe rimettere in coltura un’estensione pari ad oltre il 9% della sau: ovvero 1,2 milioni di ettari oggi improduttivi». «E’ assolutamente apprezzabile – chiosa il presidente di Confagricoltura Mario Guidi - il tentativo di mettere al centro dell’attenzione del Paese l’agricoltura produttiva e i terreni che possono essere ad essa recuperati, seppur consideriamo meno condivisibili i limiti sulla destinazione nel tempo dei terreni agricoli».
Durante l’incontro Catania ha sostenuto che «ogni giorno 100 ettari di terreno vanno persi, negli ultimi 40 anni parliamo di una superficie di circa 5 milioni. […] Sono dati che devono farci riflettere sul fatto che il problema del consumo del suolo nel nostro Paese deve essere una priorità da affrontare e contrastare». «Dobbiamo invertire la rotta – ha detto - di un trend gravissimo che richiede un intervento in tempi rapidi. Serve una battaglia di civiltà, per rimettere l'agricoltura al centro di quel modello di sviluppo che vogliamo dare al nostro Paese. Non penso, naturalmente, a un ritorno a un paese agreste, ma immagino uno Stato che rispetti il proprio territorio e che salvaguardi le proprie potenzialità». E ha poi aggiunto che la cementificazione «è qualcosa di devastante sia per l'ambiente sia per l'impresa agricola, con effetti negativi sul volume della produzione. La sottrazione di superfici alle coltivazioni abbatte la produzione agricola, ha un effetto nefasto sul paesaggio e, di conseguenza, sul turismo». «Tutto ciò - ha concluso - avviene in un Paese come il nostro dove il livello di approvvigionamento è molto basso, dato che almeno il 20 per cento dei consumi nazionali è coperto dalle importazioni. Qual è il nostro compito? Dobbiamo aggredire le cause di questo processo, serve una nuova visione economica, un diverso modello di sviluppo. Bisogna anche contrastare l'aggressività di alcuni poteri forti, l'assenza di regole, dobbiamo modificare una certa cecità della politica, introducendo un cambiamento normativo nel meccanismo di spesa degli oneri di urbanizzazione che vanno nelle casse dei Comuni».

Lorenzo Sandiford

 

Alla VI edizione del concorso di Coldiretti Giovani Impresa, premi alla pasta a km 0 che non provoca allergie, alla vinificazione naturale, a un allevamento di branzini Doc, alla credenza e ALL'OLIO rigorosamente bio, alle degustazioni con visite guidate. Coldiretti Pistoia sostiene a Serravalle la prima fattoria autogestita di clochard.

Ecco le sei magnifiche esperienze d’impresa rurale della Toscana nel 2012. Gli Oscar Green di Coldiretti Giovani Impresa della nostra regione sono stati consegnati oggi a Villa La Magia di Quarrata, in provincia di Pistoia. E a vincere sono state ancora una volta originalità e intraprendenza nel segno della filiera corta, della multifunzionalità e della conquista dei clienti stranieri. Nell’occasione la federazione provinciale di Pistoia di Coldiretti e le sei aziende vincitrici del concorso hanno presentato ed adottato il progetto dell’associazione milanese “Clochard alla riscossa”, che a Serravalle Pistoiese ha deciso di realizzare la prima attività agricola italiana completamente gestita da ex senza fissa dimora sottratti alla strada.
Il premio “Stile e cultura d’impresa”, per la capacità di distinguersi sul mercato, è andato alla vinificazione naturale al 100% (con pigiatura dell’uva con i piedi) dell’azienda Stefano Amerighi di Cortona che ha conquistato i mercati asiatici. Mentre all’olio extravergine biologico di Angelo Bo e della sua particolarissima Azienda Agricola SPErimentale per l’AGRIcoltura Sostenibile di Firenze è stato consegnato il premio “Ideando”, riservato alle aziende giovanissime, con un solo compleanno alle spalle. Il premio “In filiera”, per chi «completa il percorso dalla terra alla tavola», è stato assegnato alla pasta di filiera corta che non provoca nessun tipo di allergie e intolleranze alimentari di Franco Pedrini dell’Azienda San Cristoforo di Gambassi Terme. E all’allevamento doc di branzini e orate di Nicolò Fiorelli, pronto a nascere nei mari di San Vincenzo, è stato dato il premio “Non solo agricoltura”.
Il premio “Campagna Amica”, dedicato alle aziende giovani che hanno scommesso tutto sul rapporto diretto fra produttore e consumatore, è toccato alla «credenza a km zero rigorosamente bio di Stefano Tanzini dell’Azienda agricola San Francesco Bio di Grosseto». Infine, a conquistare il premio “Esportare il territorio”, sono state le degustazioni guidate con visite nei vigneti che richiamano enoturisti di tutto il mondo di Bruno Tuccio e l’azienda vitivinicola Caccia Grande di Castiglione della Pescaia.
Queste sei storie imprenditoriali hanno avuto la meglio tra i 32 avvincenti profili aziendali che erano stati preselezionati. Tutti caratterizzati dalla capacità di costruirsi con originalità un proprio modello d’impresa. Tra questi possono essere citati i seguenti: il peschereccio “Sirena” specializzato nella pescaturismo, l’allevatore di asini amiatini pronto al debutto nel mondo dell’e-commerce, il vino con le etichette d’autore, l’agriturismo che diventa un piccolo teatro serale e il tour nel parco Appennino Tosco Emiliano con le bici elettriche, l’allevatore di patate con la certificazione Iso 9000, la cooperativa sociale formata da disabili e soggetti svantaggiati. E ancora il floricoltore che fa concorrenza all’Olanda esportando i fiori prodotti nella provincia di Lucca, le aziende specializzate in produzioni bio e biodinamiche, la giovane laureata in giurisprudenza che ha preferito zucchine ed insalate all’aula dei tribunali, l’agri-gelato e l’allevatore donna che ha scommesso tutto sulla Chianina.
Riguardo al progetto dei “Clochard alla riscossa”, che ha l’obiettivo di dare un tetto, una paga e un mestiere a persone che hanno vissuto per strada, il fondatore dell’associazione milanese Wainer Molteni ha dichiarato: «sulla strada oggi ci sono tante competenze che nel giusto contesto possono essere valorizzate. Rifiutiamo la logica dell’assistenzialismo che ha prodotto anche tanti danni». Quindi niente finanziamenti a fondo perduto, ma «a regime vogliamo che l’attività agricola ci fornisca l’80% dei ricavi».
Coldiretti metterà a disposizione di Clochard alla riscossa tutte le opportunità offerte dal progetto di una filiera agricola tutta italiana e dalla rete Campagna Amica, oltre al supporto agronomico, tecnico e normativo. «Siamo convinti che l'agricoltura sia un'opportunità di lavoro e di crescita per tutti – ha detto Riccardo Andreini, presidente di Coldiretti Pistoia -. È nel nostro Dna quello di aumentare la consapevolezza che il settore primario non è un settore residuale, ma è una reale possibilità di sviluppo per i territori e per l'Italia intera, e quindi per gli italiani tutti. Di “Clochard alla riscossa” ci è subito piaciuto l'approccio, che è quello di Coldiretti: l'agricoltura può e deve produrre reddito e sviluppo, non è un panda che va tutelato sotto una campana di vetro, ma solo supportato e aiutato a crescere. Quindi abbiamo aderito alla richiesta con entusiasmo, consapevoli che il lavoro che attende Clochard alla riscossa sarà duro, come è duro il lavoro sulla terra e la vita».

All’indomani dell’entrata in vigore, netta critica da parte di una delle maggiori organizzazioni di agricoltori: «Così la green economy non cresce. I nuovi decreti penalizzano gli investimenti delle imprese agricole». Fra i punti criticati, «le serre fotovoltaiche subiscono un’ulteriore restrizione sulla superficie ricopribile da pannelli, che scende dal 50% al 30%».

«Vogliamo comprendere se il Paese crede davvero nella green economy e nel ruolo indispensabile che hanno le imprese agricole per lo sviluppo dell’energia alternativa». E’ quanto affermato da Confagricoltura all’indomani della pubblicazione sulla gazzetta ufficiale del 10 luglio dei due decreti sui nuovi sistemi di incentivazione per le fonti rinnovabili elettriche (idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse, biogas) e per il fotovoltaico in particolare (Quinto Conto Energia). Regimi di incentivazione che saranno in vigore dal 27 agosto 2012 per il fotovoltaico, visto che il Quinto Conto Energia scatta 45 giorni dopo il superamento della soglia di 6 miliardi di incentivi sul contatore del Gse (Gestore dei servizi energetici) e ciò è avvenuto il 12 luglio secondo quanto comunicato dall’Aeeg (Autorità per l’energia elettrica e il gas), e dal 1 gennaio 2013 rispetto alle altre fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica.
In un comunicato congiunto del 6 luglio i ministri dello Sviluppo economico Corrado Passera, dell'Ambiente Corrado Clini e dell'Agricoltura Mario Catania, avevano salutato l’approvazione definitiva dei due decreti interministeriali (il Quinto Conto Energia firmato solo dai ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente, mentre quello sulle rinnovabili elettriche non fotovoltaiche di concerto con il ministero delle Politiche agricole) con la seguente dichiarazione: «viene introdotto un sistema di incentivi moderno, sostenibile ed equo. L'energia rinnovabile è un pilastro fondamentale della nostra strategia, ed è per questo essenziale supportarla in modo efficace, favorendo le fonti che possono sviluppare una filiera produttiva nazionale, senza generare dannose competizioni con la produzione alimentare. Allo stesso tempo, con questi decreti si pone un freno alla crescita dei costi energetici per i cittadini e le imprese. La sostenibilità economica e ambientale sono i due cardini della strategia energetica del Paese».
«Grazie al lavoro portato avanti nelle scorse settimane, - si leggeva ancora nel comunicato congiunto - sono state effettuate importanti modifiche migliorative, che hanno tenuto conto dei pareri dell'Autorità per l'Energia e della Conferenza Unificata, di specifiche mozioni Parlamentari e di suggerimenti di Associazioni di categoria». In particolare venivano elencati i seguenti punti:
- un ampliamento del budget di spesa, per un totale di 500 Milioni di Euro annui, pari a ulteriori 10 Miliardi di Euro di spesa su 20 anni, suddivisi tra Fotovoltaico (200 Milioni) e Non-Fotovoltaico (300 Milioni)
- una forte semplificazione delle procedure per l'iscrizione ai registri
- l'innalzamento delle soglie di accesso ai registri per tutte le categorie rilevanti. In particolare, per il fotovoltaico, vengono esentati dai registri gli impianti a concentrazione, quelli innovativi e quelli realizzati da Amministrazioni pubbliche, oltre a quelli in sostituzione di amianto fino a 50 KW. Inoltre, sono esentati gli impianti tra 12 e 20 KW che richiedono una tariffa ridotta del 20%
- un premio per gli impianti fotovoltaici realizzati in sostituzione di coperture in amianto e per quelli con preponderante uso di componenti europei
- un incremento degli incentivi per alcune specifiche tecnologie che presentano una forte ricaduta sulla filiera nazionale, ad esempio: geotermico innovativo, fotovoltaico a concentrazione e innovativo
- una rimodulazione dei termini di pagamento dei certificati verdi
- la conferma della priorità di accesso al registro per gli impianti realizzati dalle aziende agricole.
Ma questo non basta a Confagricoltura, che nel suo comunicato del 12 luglio ha sostenuto che «nonostante il lavoro svolto in Conferenza unificata per migliorare i provvedimenti proposti dai ministeri competenti, i risultati non sono positivi. La nuova regolamentazione, che oltretutto giunge con un inaccettabile ritardo di dieci mesi rispetto a quanto indicato dal decreto legislativo 28/2011, ha apportato solo limitati e marginali miglioramenti. Il ministero per le Politiche agricole non avrebbe dovuto avallarla».
Ad avviso di Confagricoltura nei decreti emanati si discriminano le imprese agricole. E l’organizzazione agricola fa alcuni esempi: «nel V Conto Energia i fabbricati rurali, ai fini dell’accesso alle tariffe, non sono equiparati agli altri edifici; le serre fotovoltaiche subiscono un’ulteriore restrizione sulla superficie ricopribile da pannelli, che scende dal 50% al 30%; le tariffe onnicomprensive e quelle premio per l’energia consumata in sito non sono convenienti neppure per i piccoli impianti, ovvero quelli che interessano maggiormente il settore primario; e per i piccoli impianti agricoli non c’è più la priorità di accesso al registro».
Per quanto riguarda invece il decreto sulle altre fonti rinnovabili, per Confagricoltura permane una serie di problemi legati «alle tariffe base, comunque insufficienti per realizzare gli investimenti; ai premi, che richiedono tecnologie non facilmente applicabili agli impianti di potenza inferiore ad 1 MW; alle procedure di accesso, sia in relazione al registro, sia alla tipologia di alimentazione dell’impianto (nella categoria sottoprodotti rimane il vincolo di poter utilizzare solo il 30% di coltivazioni dedicate). E ancora una volta vengono penalizzati proprio i piccoli impianti, come quelli a biogas, fondamentali per il settore agricolo».

L.S.