Notizie

legno per impianti a biomasse

L’intesa «per l’attivazione della filiera corta bosco-legno-energia» firmata ieri in Regione dall’assessore Salvadori con i soggetti interessati permetterà di alimentare 70 piccoli impianti a biomasse agroforestali. Presentato l’apposito marchio di qualità “Sistema Green Economy Toscana”. Il presidente Rossi «investire sulla Green Economy per nuova occupazione ai giovani e fonti energetiche alternative».

Un marchio di qualità con la scritta “Sistema Green Economy Toscana” e il logo con l’immagine stilizzata della regione nei colori che richiamano le energie rinnovabili: «giallo per l’energia che proviene dal sole, blu per l’energia che proviene dall’acqua, verde e marrone per l’energia che proviene dal bosco».
E’ suggellato da questo segno distintivo a scopo promozionale il “Protocollo d’intesa per l’attivazione della filiera corta bosco-legno-energia» firmato ieri dall’assessore all’agricoltura della Regione Toscana Gianni Salvadori e dai rappresentanti di tutti i soggetti, istituzionali e sociali, che completano la filiera: Uncem Toscana, Anci, Upi, CGIL, CISL,UIL, CIA, Coldiretti, Confagricoltura, Legacoop, Confcooperative. L’obiettivo dell’intesa è creare una filiera corta integrata che rappresenti un circuito virtuoso nell’utilizzo di una delle risorse di cui la Toscana è più ricca: il bosco. In questo modo si potranno alimentare i 70 impianti di cogenerazione a biomasse agroforestali che si prevede di realizzare da qui al 2015, come promesso da Salvadori il 16 novembre all’incontro “Energia da biomasse agroforestali: un’opportunità per le imprese e i cittadini toscani” (vedi nostro articolo “Biomasse agroforestali: 70 nuovi impianti entro il 2015”).
«La firma di oggi – ha commentato il presidente della regione Toscana Enrico Rossi - è importante perché mette nero su bianco una collaborazione virtuosa fra istituzioni e categorie economiche e sociali con lo scopo di far decollare lo sviluppo delle filiera bosco legno energia e favorire la creazione di filiere corte locali. L’obiettivo, in coerenza con le scelte strategiche della Regione in tema di fonti rinnovabili e di Green Economy, è la creazione di una rete di piccoli impianti di cogenerazione e reti di teleriscaldamento, che diano impulso alla filiera stessa, creando nuove opportunità di occupazione, sopratutto per i giovani, ma anche attivando un’efficace prevenzione del rischio idrogeologico di cui c’è un gran bisogno».
«Il disegno che rappresenta la regione Toscana – ha sottolineato l’assessore Salvadoriindica l’impegno dell’ente a cooperare insieme agli altri attori per la promozione e valorizzazione della filiera bosco, legno energia ma anche il luogo geografico dove promuovere il processo individuato nel protocollo stesso certificando un processo virtuoso fatto di qualità ambientale e responsabilità sociale».
La Toscana con 1 milione e 156 mila 682 ettari di superficie forestale, pari al 51% del territorio regionale, è la regione più boscata d’Italia. La maggior parte dei boschi è di proprietà privata (85%), ma si tratta in prevalenza di piccole proprietà, mentre il 15% pari a 130 mila ettari è di proprietà pubblica, 110 mila ettari la proprietà regionale.  La provvigione legnosa complessiva è di circa 124 milioni di metri cubi e l’accrescimento è del 4% annuo. A questo patrimonio è possibile aggiungere gli scarti del mondo agricolo (potature, ramaglie ecc.) che si calcola in circa 700 mila tonnellate di sostanza secca all’anno. Attualmente l’utilizzo del legname toscano è al 40% dell’accrescimento, pari a circa 2 milioni di metri cubi all’anno. Si calcola che nel settore lavorino circa 10 mila 500 persone e le imprese interessate siano attualmente circa 5 mila.
Dall’attivazione di una filiera corta bosco-legno-energia ci si attende la creazione entro il 2015 di una rete di piccoli impianti (non superiori complessivamente a 70 megawatt) per la produzione di energia elettrica e termica (cogenerazione), alimentati da biomassa legnosa locale. Grazie alla firma del protocollo odierno, oltre cinquanta comuni hanno già dato la propria disponibilità ad ospitare gli impianti che avranno una dimensione di circa 1 megawatt di potenza. Si stima un possibile incremento dell’occupazione di almeno 700-1000 addetti.
La creazione della filiera corta bosco-legno-energia mira anche alla prevenzione del rischio idrogeologico grazie alla coltivazione del bosco stesso e al mantenimento del presidio umano sul territorio e risponde agli obiettivi della Regione Toscana, che ne ha fatto un punto strategico del programma regionale di sviluppo, e dell’Unione Europea per l’incremento di energia pulita prodotta da fonti rinnovabili. Il protocollo prevede una campagna di informazione anche tramite il progetto GiovaniSi e una cabina di regia per il coordinamento delle attività e promuove la certificazione di qualità sia in termini ambientali, che di sicurezza e responsabilità sociale delle imprese e si propone anche l’obiettivo di contrastare la piaga del lavoro nero.

L.S.

Riccardo Andreini Coldiretti Pistoia

Nell’ambito dei rinnovi provinciali di Coldiretti, a Pistoia il presidente uscente Riccardo Andreini ha annunciato di non ricandidarsi, mentre a Lucca arriva un floricoltore: Cristiano Genovali, alla presidenza del Mercato dei fiori di Viareggio. Confermati Tulio Marcelli ad Arezzo e Fabrizio Filippi a Pisa. A capo dei pensionati pistoiesi l’ex vivaista Menichi subentra all’ex floricoltore della Valdinievole Avanzati.

Novità e conferme dai rinnovi dei consigli provinciali in corso nella rete di Coldiretti Toscana.
A Pistoia lascia Riccardo Andreini, che, dopo 15 anni a capo della Coldiretti provinciale, ha deciso di non ricandidarsi alla presidenza. Andreini lo ha annunciato ufficialmente domenica scorsa a Cutigliano nel corso della 62esima Giornata del Ringraziamento, l’omaggio che ogni anno il mondo agricolo della rete Coldiretti rende a Dio con benedizione dei trattori, i mezzi di produzioni agricoli per eccellenza della modernità.
Ed è sempre a una Giornata del Ringraziamento, oggi a Capezzano Pianore, storica capitale agricola delle Versilia, che ha fatto il debutto ufficiale il nuovo presidente di Coldiretti Lucca, il floricoltore viareggino Cristiano Genovali, che è alla presidenza del Mercato dei Fiori di Viareggio ed è, fanno sapere da Coldiretti, «uno dei soggetti più attivi nella promozione e valorizzazione dei fiori “tipici” e di alcune delle produzioni autoctone della Versilia, proponendo originali accostamenti come il tulipano al posto della rosa per San Valentino o il ranuncolo giallo al posto della mimosa nel caso della Festa delle Donne, l’8 marzo, o ancora, affermando la Versilia come capitale della stella di Natale. Iniziative che sono valse ai fiori versiliesi notevole risalto nazionale. Figlio di capitano di nave tra le sue passioni ci sono la cucina e la lettura di saggi storici, è un profondo conoscitore delle produzioni floricole del territorio». Il neo presidente, in occasione dell’investitura, aveva ricordato i 10 punti del manifesto “L’Italia che vogliamo” presentato al Forum Internazionale di Cernobbio dalla Coldiretti lo scorso ottobre e l’importanza di investire sulla qualità e «non sulle economie di scala perché saremo perdenti in partenzaaveva sottolineato –, riuscire a vendere bene il valore immateriale delle nostre produzione deve essere il nostro obiettivo. Non dobbiamo vendere i nostri prodotti a minor prezzo perché è il mercato ad imporlo, ma vendere ad un prezzo giusto e remunerativo».
Ancora a Pistoia sono stati rinnovati gli organi dell’associazione Coldiretti dei pensionati, con il subentro dell’ex vivaista Roberto Menichi, pistoiese, all’ex floricoltore della Valdinievole Renzo Avanzati, di Ponte Buggianese.
Nel frattempo alla guida dei Coltivatori diretti di Pisa è stato confermato all’unanimità per il terzo mandato di fila Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio per la tutela dell'Olio Extravergine di Oliva Toscano IGP. Nella sua lunga arringa, il giorno della conferma alla guida di Coldiretti Pisa, Filippi ha percorso alcune delle tappe fondamentali dal 30 aprile 2009, anno di lancio del progetto di una filiera agricola tutta italiana, il cui obiettivo era «portare valore aggiunto alle imprese», fino al manifesto dell’«L’Italia che vogliamo» presentato a Cernobbio. «Sul territorio, questi progetti, - ha detto - si sono tradotti nella rete dei mercati di Campagna Amica che settimanalmente si tengono in diversi comuni pisani». Filippi ha aggiunto che «la lotta alla contraffazione senza se e senza ma» resta una delle «principali battaglie del futuro». Poi ha ricordato i numeri che dimostrano quanto l’agricoltura stia dando risposte alla nostra economia: il record dell’export agroalimentare, la crescita del Pil agricolo e soprattutto il numero di imprese condotte da giovani, anche a livello locale. Filippi ha infine paragonato il sistema Coldiretti ad una Ferrari e, citando un grande storico dell’economia che non c’è più, Carlo Cipolla, ha sostenuto: «la missione dell’Italia è produrre all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo. La Ferrari è una cosa bella ma si produce a Maranello e non in qualche capannone senza poesia. Gli esempi positivi nascono da un’economia che ha determinate caratteristiche. Ripartire dall’Italia che fa l’Italia».
Alla guida di Arezzo è stato confermato all’unanimità Tulio Marcelli, presidente regionale di Coldiretti. Nel suo intervento Marcelli ha fra l’altro detto che la «filiera agricola finalmente tutta italiana» ha per scopo «non solo favorire una consumo consapevole e sano dei prodotti» ma anche e soprattutto «portare valore aggiunto alle imprese». Anche da Marcelli importanti riferimenti al manifesto dell’«L’Italia che vogliamo» presentato a Cernobbio. «Attraverso il cibo di sicura provenienza e qualità  - ha affermato Marcelli - e grazie al progetto Coldiretti di filiera italiana, si esalta il bene comune rappresentato dalla tutela dell’ambiente, del paesaggio, dalla coesione sociale e dalla salvaguardia e preservazione del nostro magnifico territorio rurale».

Lorenzo Sandiford

logo di Confagricoltura

Presentato oggi al convegno “Agricoltura domani”, organizzato a Roma da Conaf e Confagricoltura, un decalogo sulla ricerca e l’innovazione nel settore. L’obiettivo finale dei dieci desiderata è riassunto nel 1°: produzione sostenibile e di qualità «aumentando la produttività». Nel 2011 l’Italia ha investito in ricerca per l’agricoltura 300 milioni di euro, lo 0,8% del valore della produzione agricola.

Produzione agricola «sostenibile e di qualitàaumentando la produttività»; impegno a vasto raggio nella «salvaguardia delle risorse naturali» e del territorio; prodotti competitivi grazie anche alla creazione di «start up innovative»; «intensificazione e … integrazione delle conoscenze» più che delle tecnologie; deframmentazione del sistema italiano della ricerca; maggior collegamento fra ricerca e imprese o professioni sia nella «raccolta del fabbisogno di innovazione» che nella «diffusione» delle innovazioni; partecipazione attiva alle sfide di “Horizon 2020” e alla formazione di partenariati europei; istituzioni di ricerca competitive nei bandi Ue e non più soggette a «inopinati “tagli”» di risorse pubbliche.
Sono i punti più qualificanti del “Decalogo” per il rilancio della ricerca e l’innovazione in agricoltura presentato oggi a Roma durante il convegno “Agricoltura domani”, organizzato da Conaf (Consiglio dell’Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali), da Confagricoltura, da Fidaf (Federazione italiana dottori in agraria e forestali), e Unasa (Unione nazionale delle Accademie italiane per le scienze applicate allo sviluppo dell'agricoltura, alla sicurezza alimentare e alla tutela ambientale). Un documento che potrà essere sottoscritto e condiviso anche da altri soggetti.
Con questo decalogo si vuole porre l’attenzione su alcuni aspetti critici che stanno limitando le potenzialità della ricerca e la diffusione di innovazioni nel settore delle produzioni vegetali ed animali. Problematiche che devono essere affrontate prima che sia troppo tardi ed il declino del settore, che già è evidente dalle performance produttive ed economiche, diventi irreversibile. «Riteniamo urgente e non più procrastinabileaffermano Conaf, Confagricoltura, Fidaf e Unasa - l’avvio di una politica volta a realizzare una profonda riforma strutturale. La ricerca agraria, in linea con le scelte dell’Unione Europea e finalizzata allo sviluppo e all’innovazione, avvalendosi delle nuove tecnologie abilitanti, deve considerare la produzione primaria e la filiera alimentare in stretta connessione con il territorio, la salute e l’energia».
Negli ultimi decenni, si legge nel comunicato stampa degli organizzatori del convegno, la ricerca è stata la protagonista assoluta in agricoltura. Grazie alla ricerca è cresciuta la produttività al passo con l’aumento della popolazione mondiale: dagli anni ‘60 gli abitanti del pianeta sono passati da poco più di 3 miliardi a 7 miliardi; in parallelo la produzione cerealicola è cresciuta da circa 900 a quasi 2.400 milioni di tonnellate. Praticamente nello stesso periodo la produzione di cereali è aumentata il 50 per cento più velocemente della popolazione mondiale. Il tutto con aumenti trascurabili delle terre coltivate, ma soprattutto con incrementi delle rese unitarie. Nei prossimi annisostengono gli organizzatori - dovremmo continuare a puntare sulla ricerca, perché avremo bisogno di maggiore produzione agricola e dovremo gestire in maniera sostenibile le risorse naturali dell’ecosistema. Inoltre, poiché la percentuale media di aumento delle rese si sta riducendo, si evidenzia un calo della efficacia delle azioni di ricerca e sviluppo, che andrebbero, invece, potenziate.
Diminuire la spesa nella ricerca, prosegue il comunicato, significa mettere a rischio produzione e produttività: con varietà resistenti alla siccità, ad esempio, non si avrebbero avute perdite come in quest’annata e la conseguente instabilità sui prezzi. Obiettivo di Europa 2020 è di aumentare sino al 3% la quota del Pil destinata a finanziare ricerca e innovazione (in tutti i settori), mentre oggi la media europea a 27 è del 2%, con Francia (2,26%) e Germania (2,82%) che superano la soglia, altri già al 3% (Svezia, Danimarca e Finlandia) e l’Italia agli ultimi posti con l’1,26% e un obiettivo fissato assai poco ambizioso (1,58%). Anche le somme impegnate nella spesa pubblica per la ricerca in agricoltura sono in calo per l’Italia: 440,7 milioni di euro nel 2008 contro 311,1 milioni di euro nel 2011; per una media dello 0,8% (2008-2010) rispetto al valore della produzione agricola.
Ecco il “Decalogo: 10 spunti di riflessione sulla ricerca e l’innovazione” per intero sul sito web di Confagricoltura.

L.S.

festa dell'albero 2012 di Legambiente

La 18esima Festa dell’Albero di Legambiente, in programma domani in tutta Italia, ha per filo conduttore la promozione della co-gestione delle aree verdi urbane. In Toscana, a Pistoia piantumazione di ginkgo biloba e bagolari e a Chianciano Terme 6 aceri montani. Al via due concorsi per bambini e ragazzi: “L’albero racconta” (letterario) e “Storia di un parco” (giornalistico).

«Pianta un albero con noi». E’ lo slogan della diciottesima edizione della Festa dell’Albero organizzata da Legambiente, che vedrà domani impegnate squadre di volontari grandi e piccini a piantare giovani alberi nei giardini delle scuole, nei parchi pubblici, nelle zone degradate dei centri urbani sempre più soffocati dal cemento. Oltre 500 eventi in programma in tutta la Penisola per riscoprire, valorizzare e riqualificare il verde urbano, anche attraverso percorsi partecipati di co-gestione.
, perché l’edizione di quest’anno, si legge nel comunicato di Legambiente, vuole promuovere la co-gestione delle aree verdi urbane, sollecitando amministrazioni ed enti ad affidare questi spazi ad associazioni e cittadini che ne fanno richiesta, seguendone poi insieme la gestione.
«Il 21 novembrespiega Rossella Muroni, direttore generale di Legambientesaranno coinvolte circa 2000 classi e 50mila bambini, perché la tutela del verde deve riguardare prima di tutto i più giovani. L’obiettivo è quello di sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza della gestione e della conservazione degli spazi verdi, luoghi di socializzazione e d’incontro che oggi tendono a scomparire. Le nostre città sono, infatti, sempre più soffocate dal cemento, per questo è fondamentale ripristinare il verde urbano. Gli alberi sono i polmoni verdi della Terra, rilasciano ossigeno e svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione del dissesto idrogeologico, nel mantenimento degli equilibri del pianeta e per la qualità della vita. Piantare un albero è dunque un gesto di amore e di fiducia nel futuro».
Tra gli eventi programmati in Toscana, il Circolo Legambiente Pistoia appuntamento a tutta la popolazione domani mattina alle ore 10.30 in via del Pelago: è prevista la piantumazione di giovani piante di ginkgo biloba, specie sacra per il buddismo e simbolo di pace scelto come emblema e augurio di equilibrio tra verde e cemento, e di bagolaro, specie entrata spesso nel patrimonio storico di diverse città. La piantumazione avverrà lungo le mura medicee del centro storico, dove sorgevano storici vivai ormai dismessi, e punta, oltre che al coinvolgimento e alla sensibilizzazione della popolazione, a riportare queste aree verso funzioni compatibili con il contesto e la tradizione verde.
A Chianciano Terme (Siena), invece, il circolo di Legambiente locale, in collaborazione con il reparto di maternità dell'ospedale di Nottola e l'amministrazione di Montepulciano, organizza alle 10 a Nottola una piantumazione di sei aceri montani nel parco ospedaliero in sostituzione degli esemplari morti. Mentre in località Perticale a Piombino il 24 novembre i volontari del Cigno verde e la scuola elementare del Perticale danno appuntamento presso l'area pubblica adiacente alla scuola, dove verranno piantate oltre 30 piante tra lecci e specie tipiche della macchia mediterranea.
Anche quest’anno Legambiente, per coinvolgere sempre più attivamente le scuole, ha indetto due concorsi: il primo è un concorso letterario di scrittura dal titolo "L’albero racconta", ed è rivolto ai bambini e ragazzi dai 7 ai 13 anni che vorranno esprimersi con un racconto. Il secondo, una novità di quest’anno, è un concorso giornalistico aperto ai ragazzi dagli 11 ai 18 anni e intitolato "Storia di un Parco", il cui obiettivo è incoraggiare articoli e video in grado di sensibilizzare sul degrado delle aree verdi urbane. I lavori dei vincitori saranno pubblicati sul sito di Legambiente. La scadenza è il 15 marzo 2013. Per ulteriori informazioni e consultare i bandi, visitare la pagina dedicata ai due concorsi sul sito di Legambiente.

Lorenzo Sandiford

Interpoma 2012 tour

Nella prima giornata del congresso internazionale “La Mela nel Mondo”, durante Interpoma 2012, in corso fino a domani alla Fiera di Bolzano, sono stati illustrati i dati sul consumo internazionale: in calo dal 2000 ad oggi, soprattutto in Europa. L’efficienza dell’industria della mela è però migliorata. Nessuna azienda toscana fra gli espositori, anche se, spiega il direttore della Cia di Arezzo (maggior centro di melicoltura regionale), molti nostri produttori sono presenti ai convegni per aggiornarsi.

Produzione, commercializzazione e consumo di mele nel mondo, con la presentazione dell’Apple World Report 2012 da parte dell’americano Desmond O’Rourke della Belrose Inc., ieri; la stanchezza del terreno e le malattie da reimpianto oggi. Sono i temi affrontati nelle prime due giornate del congresso internazionale “La Mela nel Mondo”, a cura di Kurth Werth in collaborazione con le organizzazioni frutticole altoatesine, che rappresenta il cuore convegnistico di Interpoma, la biennale della melicoltura in corso dal 15 al 17 novembre alla Fiera di Bolzano. Manifestazione organizzata dal Consorzio Mela Alto Adige e giunta alla ottava edizione, dopo un 2010 in cui si registrarono 14 mila visitatori da 60 Paesi, con numeri di tutto rispetto e una vocazione sempre più internazionale: 374 aziende in esposizione provenienti da 17 nazioni. Domani, giornata conclusiva, si parlerà invece delle novità nel campo della ricerca varietale e del miglioramento genetico.
Nel suo intervento Desmond O’Rourke ha presentato dati che mostrano come tra il 2000 e il 2010 il consumo di mele sia calato in tutto il mondo, ma in particolare in Europa, dove i consumatori più anziani tendono a preferire altri tipi di frutta quali mango, papaia e ananas, mentre i più giovani sono restii a consumare mele. «Il mercato – ha detto O’Rourke - deve fare i conti con la recessione che ha colpito i paesi industrializzati e con il conseguente calo della popolazione dovuto allo stallo delle nascite e al rallentamento dell’immigrazione». Il potere economico si sta spostando da ovest a est, ma, secondo gli analisti, in prospettiva, l’economia dei paesi BRICS non offre le garanzie che si speravano fino a poco tempo fa. In questo contesto molti rivenditori si trovano in difficoltà, anche perché negli anni precedenti la crisi avevano ampliato anche in maniera “aggressiva” i loro spazi di vendita e adesso si trovano a dover chiudere o ridimensionare i negozi.
Anche la produzione delle mele si sta muovendo sempre più verso la coltivazione intensiva, capace di produrre, raccogliere e imballare la merce in un’unica filiera. Cambiano le varietà di mele coltivate e c’è una costante ricerca per creare nuove varietà, anche se la qualità superiore rispetto alle vecchie specie è difficile da dimostrare. In questo momento i rivenditori vorrebbero comprare nuove varietà a cui hanno accesso esclusivo, perché il loro principale obiettivo è quello di differenziarsi dagli altri rivenditori. E l’industria mela (non i rivenditori) deve sostenere i costi di sviluppo di nuove varietà in un momento in cui il consumo continua a calare.
Ad ogni, modo, rispetto a dieci anni fa l’industria della mela ha fatto importanti passi in avanti: l’efficienza è migliorata notevolmente nei frutteti, nella raccolta e nell’imballaggio. I negozi sono più grandi e meglio organizzati. C’è una grande diversità di varietà e la qualità è migliorata. La più grande debolezza è invece la mancanza di un approccio globale e professionale alla crescente domanda di mele fresche.
Un aiuto arriva dalle nuove tecnologie. Sebbene sia ancora difficile quantificare quanto gli strumenti di diffusione sociale delle informazioni come Facebook e Twitter possano influenzare positivamente il mercato delle mele, altre scienze mostrano risultati assolutamente positivi: l'ingegneria genetica sta cercando di migliorare le sostanze nutritive nella frutta e fare in modo che le piante siano più resistenti ai parassiti e alle malattie. Allo stesso tempo, robotica e automazione consentono il monitoraggio remoto di sviluppo della coltura, una raccolta delicata della frutta, lo spostamento di mele a macchina in movimento.
Secondo quanto è emerso nel corso della prima giornata di congresso, nell’immediato futuro il settore della mela dovrà affrontare alcune sfide, in primis cercare di arrestare la diminuzione del consumo pro capite. Per fare questo servono migliori informazioni sulle preferenze dei consumatori e una miglior comunicazione, sia con i vecchi media che con i nuovi. Sarà necessario aprire le porte alle nuove tecnologie, perché molte di queste possono ridurre i costi, migliorare la qualità, proteggere l’ambiente e servirà un’aggressione ai mercati non tradizionali come Cina, India, Indonesia, Tailandia, Malesia, Russia e Medio Oriente, dove l’importazione di mele è in continua crescita, anche se i prezzi restano bassi. Ma questi mercati vanno anche studiati, per poter adottare strategie di marketing vincenti.
A Interpoma 2012 non sono presenti fra gli espositori aziende di produzione toscane, ma, come ci ha detto Giorgio Del Pace, direttore della Cia di Arezzo, che con il territorio della Valdichiana è il maggiore centro di melicoltura regionale, i nostri produttori «ci vanno come visitatori, per seguire i convegni e tenersi aggiornati sulle innovazioni del settore». Il fatto è, spiega Del Pace, che da una parte le aziende toscane «non hanno dimensioni produttive tali da poter competere con i colossi del settore presenti a Interpoma», dall’altra «la maggior parte della produzione di mele toscane viene assorbita dal mercato regionale».
Del Pace ci ha comunicato poi alcuni dati ricavati dal censimento Istat del 2010 che, raffrontati anche con quelli forniti da Interpoma, aiutano a farsi un’idea delle forze in campo. Mentre l’Alto Adige, che è di gran lunga la regione con la maggiore produzione di mele in Italia, ha 18 mila ettari di superficie dedicata alla melicoltura, in Toscana si arriva in tutto a poco più di 900 ettari, con Arezzo appunto a fare la parte del leone grazie ai suoi circa 450 ettari (la seconda provincia è Pisa con 87 ettari, seguita da Firenze con 86).
Ciò non toglie che la qualità della produzione toscana sia di ottimo livello. Con in particolare nell’aretino, come ci ha spiegato Del Pace, la produzione orientata verso le seguenti varietà: la Golden (che nella Valdichiana, grazie alle sue sembianze, viene detta «la rugginosa» ed è «particolarmente dolce e succosa») nella misura del 45%, la Stayman pari al 25%, la Fuji al 20% e il resto suddiviso fra altre varietà.

Lorenzo Sandiford