Un albero, fiore, pianta per...
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«Si certifica che questo ulivo, con una circonferenza media del tronco di 486 cm, una circonferenza media della base di 682 cm e un'altezza di 210 cm, ha circa 1491 anni».
E’ quanto si legge nella targhetta che accompagna l’esemplare millenario di olivo donato nel novembre 2010 al parco del Museo d’arte contemporanea Serralves di Oporto - o più precisamente alla Fondazione Serralves che gestisce il museo progettato da Siza Vieira e il parco a cura di Jacques Gréber - da Oliveira da Serra, azienda olivicola del gruppo internazionale Sovena. La donazione, come viene spiegato in uno dei pannelli illustrativi del progetto, sancisce un partenariato fra Oliveira da Serra e Fondazione Serralves che ha per obiettivo la crescita della consapevolezza nazionale sul tema della sostenibilità ambientale. «Mettendo a fuoco il tema dell’olio d’oliva, degli ulivi e della sostenibilità ambientale – è scritto nel pannello - il partenariato include attività didattiche per le famiglie nei pressi della pianta di olivo».
«Nato nel cuore dell’Alentejo – dice un altro pannello informativo - questo olivo con più di 1400 anni di esistenza fa parte della storia del Portogallo. Un ulivo che ha resistito, negli ultimi decenni, al progressivo abbandono e disinvestimento negli oliveti portoghesi. Una storia triste per una cultura/coltura che in Portogallo ha più di 1000 anni e a cui Oliveira da Serra è determinata a dare un happy end. Oliveira da Serra sta investendo infatti in un progetto di ristrutturazione e coltivazione di 10.000 ettari di oliveti portoghesi che lo rendono uno dei marchi olivicoli più importanti del mondo. Una piantagione di ulivi portoghesi così grande che assorbe, in media, 2,5 volte più CO2 di quanta non ne emetta, contribuendo così a ridurre la concentrazione di gas serra nell’atmosfera e a un ambiente migliore in Portogallo».
Ecco un video sull’iniziativa.
redazione
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[Foto di Miya da Wikipedia]
No, non è una dichiarazione di amore politico, anche se è un leader ovviamente da rispettare, dati alla mano. Ma Floraviva non si occupa di cronaca politica, benché in questo caso lo spunto ci venga proprio da un avvenimento che più politico, anzi partitico, non si può: la rielezione, un paio di giorni fa, di Angela Merkel a presidente della Cdu tedesca.
Ebbene, in quella occasione, o meglio nei reportage filmati di quell’evento, colui che scrive (il redattore) è stato colpito dai mazzi di fiori che aveva in mano la Merkel al momento dei festeggiamenti, dei bouquet in cui primeggiavano in quantità e colore delle gerbere arancioni. E’ stato un attimo, come fare 2 più 2: la gerbera, meglio se arancione, sarà il nostro “Un fiore per Angela Merkel”. (Ecco il link al servizio di Euronews).
Vale la pena di osservare che c’è anche un altro motivo a rendere alquanto indovinata la scelta di questo fiore simile alla margherita, ma secondo alcuni più elegante, che appartiene alla famiglia delle Asteraceae ed è originario dell’Africa, dell’Asia tropicale e del Sud America, luoghi in cui si può trovare ancora in forma spontanea. Come ricorda Wikipedia, il nome Gerbera deriva dal naturalista tedesco Traugott Gerber, amico di Carl von Linné (Linneo). Particolare di non secondaria importanza e forse non casuale nella selezione dei fiori per il bouquet di Angela Merkel :-)).
redazione
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Rossella Sleiter, nella sua rubrica “Natura” sul Venerdì di Repubblica del 24 febbraio 2012, l’ha citata come esempio di «flora insolita», di pianta capace di dare «un tocco di stranezza tra le nostre coltivazioni»: «una perenne da ombra – l’ha definita – con una stranissima fioritura». E ha anche ricordato che si tratta della pianta con cui il vivaio Corazza di Pietrasanta è stato premiato nel 2011 a Lucca durante Murabilia.
Si tratta della Globba winitii, che nel sito web www.giardini.biz viene descritta come specie «tra le più belle» della famiglia delle Zingiberaceae, che offre spettacoli di fioriture straordinarie ed originali, con specie di piante contraddistinte da «fiori dai colori vivaci, eleganza nel portamento, profumi intensi e fogliame decorativo». I fiori della Globba winitii, che ispirandoci a Rossella Sleiter chiameremo “Un fiore per sorprendere”, sono «tubolari a tre petali, gialli con vistose brattee color ciclamino» e inglese vengono «chiamati “Dancing Ladies” per la loro estetica simile ad eteree danzatrici».
Come si può leggere nel sito web www.plantoftheweek.org, uno spazio digitale a cura del Dipartimento di botanica e microbiologia dell’Università dell’Oklahoma da consigliare a chiunque ami le specie vegetali, la Globba winitii è stata scelta come «pianta della settimana 30 luglio – 5 agosto 1999». La foto è tratta da tale sito.
Redazione
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[Foto di Silvia Bruno]
Sul Camino del Norte – un itinerario noto anche come Ruta costera che si svolge per 856 km ca. lungo la costa settentrionale spagnola tra Irun e Santiago di Compostela e che attraversa i Paesi Baschi, la Cantabria, le Asturie e la Galizia – incontriamo folti boschi (naturali e di rimboschimento), verdissimi prati e numerosi pascoli che arrivano spesso a toccare il limite del Mar cantabrico. Durante il duro percorso si incrociano numerose specie arboree e arbustive, tra le quali ricordo il pino, le eriche, i cisti, i lentischi, i lecci e gli Eucalipti, questi ultimi (nei Paesi Baschi e in Galizia), noti principalmente per l’uso farmacologico e fitoterapico dell’olio essenziale. Tra i fiori spontanei si incontrano spesso anche le comunemente note campanelle rampicanti, le cui corolle a forma di tromba nascono dalla pianta perenne (Ipomoea purpurea, un genere della famiglia delle Convolvulaceae) che si inerpica “selvaggiamente” formando delle meravigliose spalliere naturali a case o a pareti rocciose. La pioggia fine e frequente – caratteristica della costa settentrionale iberica – nonché il sole che esplode all’improvviso anche solo per poche ore, rendono il terreno cantabrico ed asturiano fertile e ricco di humus. Così mi spiego il colore blu cangiante (per non dire fosforescente) e l’epidermide vellutata delle campanelle che, insieme ad altre attrattive floristiche ed arboree (nonché faunistiche), hanno allietato a ogni “piè sospinto” il mio Cammino verso Santiago.
Silvia Bruno
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[Foto di Cillas da Wikipedia]
Una rosa che «non ha paura del caldo» si leggeva nel titolo del pezzo del 28 luglio scorso della rubrica “Terrazzi fioriti” di Paolo Pejrone su Repubblica. E poi ancora nel testo la rosa in questione veniva descritta fra l’altro come «certamente appagata dei 30 e più gradi di luglio» e tale non solo da non amare il freddo ma addirittura da avere bisogno di «una buona scottatura estiva».
Qualcuno avrà già indovinato il nome della rosa, che qui chiameremo “Un fiore per… il gran caldo”, messa a fuoco da Paolo Pejrone. Si tratta della Rosa bracteata, che a quanto spiega Wikipedia inglese comprende tre specie, di cui due provenienti dalla Cina e una dall’India. Il sito web www.giardinaggio.it ricorda che fu introdotta dalla Cina nel 1793 da Lord Macartney.
redazione