Arte Verde

L'arte di Dong Wensheng sfuma i confini tra pittura, installazione e pellicola per dare vita ad immagini che spesso assomigliano a fotogrammi misteriosi o parti di un film horror (l'artista realizza infatti anche video).
La fotografia concettuale di Dong usa elementi naturali e architettonici propri dei giardini cinesi, ma anche di altri paesaggi, come un vero e proprio palcoscenico in cui inserisce oggetti che l'osservatore non si aspetterebbe di vedere. Grazie anche all'illuminazione, che l'artista ricrea sul fondo, si forma uno spazio quasi magico che permette una pura contemplazione della bellezza, dell'intimità e, allo stesso tempo, del mistero. Questa condizione di calma e di stupore contemporanei inducono ad una riflessione profonda sul valore della vita. 
L'artista prendendo un soggetto tradizionale e trasponendolo in un ambiente naturale inusuale intende proprio provocare una reazione forte in chi osserva: diverse interpretazioni possono scaturire dalle opere di Dong, perfino provocare fastidio, ma tutte aprono ad una considerazione sulla vita.
 
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Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini

Diana Scherer è un fotografa tedesca che vive ad Amsterdam dove lavora ispirata dal suo amore per le morfologie della natura. Sfruttando l'adattabilità della natura, Diana ha iniziato così a coltivare fiori selvatici in una serie di vasi dalle forme diverse. Da questo suo lavoro è nata “Nurture Studies” una raccolta di trentadue fotografie, realizzate tra il 2010 e il 2012, le cui protagoniste sono le piante, o meglio, le loro affascinanti radici. Vere e proprie sculture naturali vengono fuori quando Diana rimuove il vaso dalla pianta: i contorni ne evocano ovviamente la forma, ma le radici assumono una bellezza tutta loro.
L'intento di Diana, come lei stessa dichiara, è quello di esplorare la relazione che l'uomo ha con l'ambiente e il suo desiderio di controllare la natura, che si rivela alla fine comunque fallimentare. L'artista prova così ad addomesticare le radici in forme predisposte. Il lavoro di esplorazione artistica qui si intreccia con ciò che solitamente si nasconde sottoterra: le radici, che rappresentano il cervello della pianta, come ci ricorda la neurobiologia (su ogni singola punta, infatti, un gruppo di cellule comunica usando neurotrasmettitori, proprio come i nostri neuroni).
Alla fine, nonostante un meticoloso lavoro, la maggior parte delle piante fotografate sono tutt'altro che perfette e l'addomesticamento delle radici, per quanto monitorato, va incontro all'impossibilità di fondo di controllare la natura da parte dell'uomo.
 
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testi di Anna Lazzerini

Catherine Nelson utilizza la tecnica digitale come un pittore utilizza il suo pennello. L'artista australiana, infatti, costruisce immaginari paesaggi tramite l'ausilio di centinaia di fotografie scattate nel mondo che la circonda, ma che, grazie alla sua arte, si trasformano in paesaggi trascendentali. Lei stessa ricorda che quando ha abbracciato la fotografia, ha sentito subito che immortalare un'immagine con un obiettivo non sarebbe bastato a comunicare la sua visione personale e interiore.
Da questa esigenza espressiva nascono così serie come quella di “Future Memories”, che dispone di venti mondi fluttuanti meticolosamente creati da migliaia di dettagli assemblati. 
Una vera e propria poesia visiva dunque quella che viene fuori dal lavoro di Catherine Nelson. Osservando con l'occhio e la formazione di un pittore e con anni di esperienza alle spalle (Catherine ha lavorato infatti agli effetti visivi di molti film, come “Moulin Rouge”, “Harry Potter”, “300”) la fotografia si è trasformata per lei in qualcosa di diverso dal supporto tradizionale che conosciamo. Centinaia di fotografie vengono così cucite digitalmente dall'artista per creare altri mondi possibili che vogliono ricordarci che il destino del nostro mondo risiede nella varietà ambientale e paesaggistica.

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Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini

L'artista, originario di San Paolo, vive e lavora oggi fra New York e Rio de Janeiro ed è uno degli artisti brasiliani più conosciuti al mondo. Da sempre amante dell'arte, inizia la sua carriera nel mondo della pubblicità fino a che, una sera del 1983, viene coinvolto in una rissa: per errore viene colpito ad una gamba e riceve un'indennità in denaro che gli permette di trasferirsi negli Stati Uniti e dedicarsi a tempo pieno all'arte. Le sue opere si caratterizzano per essere incisive e di forte impatto, pur senza l'utilizzo dei supporti tradizionali. 
La denuncia sociale di Vik Muniz si concretizza in una visione alternativa: esplorando e dando vita a nuove forme espressive l'artista riesce ad ottenere una comunicazione immediata. Le sue opere sono solitamente di formato extra-large, realizzate con rifiuti e materiali inusuali, quali cioccolata liquida, zucchero o polvere. Per apprezzarle, queste creazioni devono essere osservate dall'alto, solitamente in fotografia: Muniz ricrea abilmente l'illusione artistica poiché da lontano l'opera sembra una cosa, mentre da vicino è un'altra e assume un valore diverso.
Il suo lavoro sta dunque tutto nella magia, come la definisce lui stesso, di trasformare una cosa in un'altra: ecco allora che rifiuti tecnologici diventano il trittico di una cartina del mondo o una riproduzione della prima pagina di un giornale, applicata a una struttura in legno, diventa una barca nella laguna di Venezia – monito della tragedia di Lampedusa.
 
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Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini

L'artista francese, dopo numerosi anni passati a ricoprire i muri di immagini “street art” e poi a costruire collezioni per l'industria tessile, trasforma il suo lavoro in qualcosa di più personale, passando alla rappresentazione fisica di un mondo grafico. Nel 2000 comincia a prendere vita la sua nuova arte, ispirata all'universo del “Designer Toy”. Le ricerche sulla materia gli permettono di far evolvere il suo personaggio, che diventa  ARO: «Analyse Reflexe Obsessionnelle». E, quasi come un'ossessione, Steph ha lavorato e scolpito ad oggi più di ottanta ARO. 
Ognuno di questi è nato dalla ricerca dell'artista all'interno del bosco: qui egli cammina per lungo tempo, osservando attentamente la natura che lo circonda e scegliendo gli alberi morti da poter utilizzare per le sue opere, provando a scorgere e ad individuare l'ARO che si nasconde in ogni legno. Steph inizia a questo punto a intagliare con l'aiuto di una motosega, esaltando le irregolarità dell'albero e ottenendo così sculture sempre diverse.

Gli strumenti sono i suoi alleati, come dichiara l'artista, i supporti invece sono le anime degli ARO che egli porta alla luce con il suo lavoro sugli alberi ricchi di storia. Dopo ARO Copelini e ARO Asymmetria il prossimo lavoro di Steph Cop sarà la creazione di Colossal 8.0: un ARO di otto metri, che lo impegnerà per i prossimi due anni.

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