Filiera olivo-olio

Assitol + carenza d'olio d'oliva

Andrea Carrassi: campagna olearia da 200.000 t di olio d’oliva contro fabbisogno nazionale di 600.000. Crolla pure la Spagna (-50%) e costi su: no a promozioni.

 
La filiera olivicola sta affrontando una delle peggiori campagne olearie degli ultimi decenni e c’è addirittura il rischio che venga a mancare l’olio di oliva sugli scaffali dei supermercati.
A lanciare l’allarme è stato oggi Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia aderente a Federalimentare e Confindustria: «avevamo parlato di autunno caldo per l’olio d’oliva agli inizi di settembre – ha dichiarato -. Purtroppo non ci siamo sbagliati. La sproporzione tra consumi e produzione è tale che, di qui alla prossima estate, potremmo non avere olio a sufficienza per gli scaffali della Grande Distribuzione». 
Le stime delle organizzazioni agricole circolate in questi giorni prevedono 200mila tonnellate di olio d’oliva per questa campagna olearia e queste non possono bastare per il fabbisogno nazionale, pari a 600mila tonnellate. «Lavorare con quantitativi di olio extra vergine così ridotti – aggiunge Andrea Carrassi – sarà molto difficile per le aziende, abituate a garantire tutto l’anno i loro prodotti».
E la mancanza di olio non è soltanto italiana, fa sapere Assitol, ma coinvolge buona parte del Mediterraneo. In base alle ultime previsioni, la Spagna, primo produttore mondiale di olio d’oliva, affronta una riduzione dei volumi da record (-50)%, che rende ancora più incerta la disponibilità del prodotto a livello mondiale. Non va molto meglio a Portogallo (-30%) e Tunisia (-16%). A complicare lo scenario, i rincari energetici e la scarsità di materia prima hanno già quintuplicato i costi all’origine dell’olio extra vergine, incrementando di conseguenza anche i prezzi al consumatore.
In una situazione così complessa, afferma Assitol, appare controproducente spingere i consumi con intense attività promozionali, come ad esempio le vendite sottocosto, perché ciò potrebbe provocare un esaurimento anticipato dei già scarsi volumi di olio a disposizione. «Per affrontare la complessità della situazione – sottolinea Carrassi – occorre grande senso di responsabilità da parte di tutta la filiera, dalla produzione agricola a noi industriali, fino alla grande distribuzione. Per questa ragione, in un momento in cui l’olio d’oliva sta diventando merce rara, riteniamo opportuno evitare il ricorso continuo alle promozioni, che danneggerebbe la fiducia del consumatore nei confronti dell’intero comparto oleario, svilendo il valore del nostro  impegno».
 

Redazione

La Commissione Europea ha approvato il programma italiano di aiuti di stato da 100 mln di euro per sostenere l'ammodernamento dei frantoi: durerà fino al 2026.


«Il sostegno assumerà la forma di sovvenzioni dirette» e «l'aiuto per beneficiario non supererà il 50% dei costi ammissibili».
Questo, come specificato in un comunicato del 10 ottobre, il tipo di supporto che riceveranno le imprese italiane per l’ammodernamento dei frantoi grazie al piano di sostegno che ha ricevuto il via libera della Commissione Europea nei giorni scorsi, ai sensi della normativa europea sugli aiuti di stato. Un programma che potrà durare fino al 31 dicembre 2026.
In tutto 100 milioni di euro finanziati tramite il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility), a seguito della valutazione positiva della Commissione Europea del PNRR italiano e della sua adozione da parte del Consiglio Europeo.
L'obiettivo del programma, viene ricordato nel comunicato europeo, è «incoraggiare le imprese di tutte le dimensioni che producono olio extravergine di oliva ad aumentare l'efficienza dei loro frantoi».
«La Commissione Europea – viene spiegato - ha ritenuto che la misura sia proporzionata e che gli eventuali effetti negativi sulla concorrenza e sugli scambi nell'UE saranno limitati in considerazione delle dimensioni dei progetti, degli importi degli aiuti e delle caratteristiche del settore». Inoltre l'aiuto è caratterizzato da un positivo effetto d’incentivo poiché i beneficiari non effettuerebbero questi investimenti in assenza del sostegno pubblico.

Redazione

Con un incontro sulle tipologie d’impianto inizia il 29 settembre dai Georgofili un ciclo sui modelli tecnico-produttivi per un’olivicoltura al passo dei tempi.

L’olivicoltura, in relazione anche al cambiamento climatico e geopolitico, si sta modificando ed evolvendo: cambiano la geografia, le tecniche di coltivazione dell’olivo, gli stili alimentari, il mercato delle piante di olivo e in primis quello dell’olio. Si presentano quindi nuove sollecitazioni per la filiera olivicola, a cui occorre rispondere sotto l’aspetto tecnico e produttivo.
Con l’intento di mettere scienza e tecnica al servizio del comparto olivicolo, l’Accademia dei Georgofili e il Collegio Nazionale dei Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, avviano un ciclo di appuntamenti che inizierà il 29 settembre, alle ore 14,30, con l’incontro intitolato “Olivicoltura oggi e domani: tradizionale, intensiva, superintensiva. Opportunità e criticità a confronto nei vari contesti”, che sarà dedicato alla comparazione fra le varie tipologie di impianto, tradizionali e moderne.
«Formulare una “ricetta” che funzioni bene per tutti gli areali, per tutte le finalità produttive e paesaggistiche, per tutte le condizioni pedologiche e climatiche – sottolineano gli organizzatori - non è possibile. È invece possibile e necessario confrontarsi su questi temi nonché condividere studi ed esperienze in modo da favorire un migliore approccio tecnico-scientifico alla realizzazione di nuovi impianti olivicoli, così come al ripristino produttivo di quelli esistenti».
L’incontro del 29 settembre si svolgerà nella sede centrale dei Georgofili a Firenze (Logge Uffizi Corti) con possibilità di assistere anche online. La partecipazione potrà avvenire solo con la registrazione entro le ore 14 di mercoledì 28 settembre a questo link. I partecipanti riceveranno le credenziali di accesso alla piattaforma web e le iscrizioni per la partecipazione in presenza saranno accolte compatibilmente con la capienza della sala.
Ai Periti Agrari e Periti Agrari Laureati che parteciperanno all'evento saranno riconosciuti 3 CFP.

Programma
Ore 14.30 - Saluti Istituzionali:
Massimo Vincenzini, Presidente Accademia dei Georgofili
Mario Braga, Presidente Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati.
Coordinano:
Federica Rossi - CNR - Istituto per la Bioeconomia, Accademica dei Georgofili
Lorenzo Venturini - Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, Accademico dei Georgofili.
Ore 14.45 – Relazioni:
Riccardo Gucci (Università di Pisa, Accademico dei Georgofili) “Perché servono nuovi oliveti e i modelli di impianto proponibili”;
Aleandro Ottanelli (Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, Università degli Studi di Firenze) “Modelli colturali e adattabilità delle cultivar alla raccolta meccanica in continuo: esperienze in Toscana”;
Tiziano Caruso (Università degli Studi di Palermo, Accademico dei Georgofili) “Sistemi di impianto, cultivar e macchine: interazione imprescindibile per il rilancio dell'olivicoltura”;
Alessandro Tincani (Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati)
“Prospettive future: la valorizzazione degli impianti esistenti”;
Franco Famiani (Università degli Studi di Perugia) “Scelte e tecniche per massimizzare l'efficienza dei nuovi oliveti”;
Vincenzo Nisio (Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati) “Esperienze su nuovi impianti e valorizzazione dei vecchi impianti olivicoli - Campania e non solo”.
Ore 18 - Conclusione dei lavori.

Redazione

I dati di Coldiretti dalla “Settimana internazionale dell’olio extravergine di oliva” su export di olio italiano e costi di produzione delle aziende olivicole.


Luci e ombre sull’olivicoltura italiana. È il quadro che emerge, nel secondo giorno della “Settimana internazionale dell’olio extravergine di oliva”, dai report e dati forniti da Coldiretti e Unaprol, che promuovono la manifestazione in corso a Roma dal 13 al 18 settembre insieme a Fondazione Evoo School e con il sostegno, fra gli altri, della Regione Lazio e dell’Agenzia Ice.
Ieri, giornata inaugurale della Settimana con il battesimo della campagna olearia 2022-23 tramite la spremitura dal vivo di un primo campione di olive di quest’anno, è stato presentato il report “2022, la guerra dell’olio Made in Italy” da cui emerge che «l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio» e nel frattempo con il crollo della produzione nazionale di olive, causato in gran parte anche dal clima, si deve «dire addio a quasi 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy».
La produzione nella prossima campagna olearia, infatti, conferma Coldiretti (vedi), è stimata in calo del 30%, sia per la siccità «devastante mai vista negli ultimi 70 anni che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante», sia perché «diverse aziende hanno deciso di non intervenire per gli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni».
«Con l’esplosione dei costi aumentati in media del 50% nelle aziende olivicole – sottolineano Coldiretti e Unaprol – quasi 1 su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura, secondo dati Crea. A pesare, in particolare i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne, mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica. Olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati».
«E se i costi crescono mentre scendono i ricavi delle imprese, il carrello della spesa delle famiglie registra aumenti dei prezzi al dettaglio per la maggior parte dei prodotti della tavola – aggiungono Coldiretti e Unaprol – con l’olio extravergine d’oliva per il quale sono attesi forti rincari sugli scaffali in autunno con l’arrivo delle nuove produzioni».
«La raccolta – riferiscono Coldiretti e Unaprol – è partita in Sicilia, che da sempre anticipa tutte le altre regioni italiane con una produzione in netto calo rispetto alla campagna precedente, attestatasi intorno a 330 milioni di chili di olio prodotto. Il calo è diffuso del Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura come Puglia e Calabria, che da sole rappresentano circa il 70% della produzione olivicola nazionale. Specialmente in Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si rischia un taglio fino al 50% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale». «Nelle regioni centrali, come Lazio e Toscana – continua il report - l’andamento è a macchia di leopardo con un leggero rialzo della produzione rispetto all’anno precedente, stimabile tra il 10 e il 20%. Sembra andar meglio invece nel resto d’Italia con il Nord, che segna un aumento produttivo attorno al 40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto».
Di fronte a questa situazione, ha sostenuto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ieri, «occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento importante per la salute che non deve mancare dalle tavole degli italiani» e l’obiettivo è «rilanciare una produzione nazionale dell’olio d’oliva messa a rischio anche dal Nutriscore sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali come l’olio d’oliva che è uno dei pilastri della Dieta Mediterranea conosciuta in tutto il mondo grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute».
Oggi invece è stato presentato il report “I sentieri dell’olio” di Coldiretti sul patrimonio nazionale e i consumi in Italia e nel mondo, dal quale è emerso che nei primi 6 mesi di quest’anno il valore dell’export di olio di oliva Made in Italy è salito del 23%. «Il 62% del valore delle vendite italiane all’estero – precisa il comunicato di Coldiretti - viene realizzato negli Stati Uniti, principale area di export, seguita da Germania, Francia, Giappone e Canada. Nei primi sei mesi del 2022 il mercato USA è cresciuto del 20% in valore e quello canadese del +40%, mentre in Europa sono i tedeschi i maggiori appassionati di olio italiano con un +22% degli acquisti, anche se una crescita maggiore si registra in Francia con +29%. In estremo oriente, il Giappone segna un +27% con un valore di 52 milioni di euro nel primo semestre di quest’anno, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat».
«Un successo alimentato – affermano Coldiretti e Unaprol – da un patrimonio di biodiversità unico al mondo con 533 varietà di olive coltivate dalle Alpi alla Sicilia per un totale di 250 milioni di piante dalle quali nasce il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa con 42 Dop e 7 Igp oltre a decine di produzioni a km zero legate ai territori con una ricchezza di profumi e sapori che non ha eguali al mondo. Un settore che cresce anche con il bio che negli ultimi 10 anni ha visto più che raddoppiare (+110%) le superfici coltivate con una forte propensione all’acquisto di olio bio in tutte le regioni d’Italia ma con uno slancio particolare del Nord Est dal Trentino Alto Adige al Veneto, dal Friuli Venezia Giulia all’Emilia Romagna».
Riguardo alla geografia dei consumi, l’Italia «è fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo con circa 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti e rappresenta il 15% dei consumi mondiali secondi elaborazioni Coldiretti e Unaprol sugli ultimi dati IOC (International oil council)».
«Gli italiani – specifica la nota di Coldiretti - usano in media 8 chili a testa di olio extravergine di oliva e ogni famiglia spende in media 117 euro all’anno per acquistare olio d’oliva, che è anche l’alimento più popolare sulle tavole nazionali, addirittura più di pane e pasta, utilizzato da oltre il 97% degli italiani nell’ultimo anno». «Per quel che riguarda i consumi interni – concludono Coldiretti e Unaprol - resta forte la propensione all’acquisto all’interno delle grandi catene commerciali, ma cresce la tendenza all’acquisto diretto dalle aziende agricole e dai frantoi». 

Redazione

Per Assitol è autunno caldo dell’olivicoltura (con produzione a -20%): serve sostegno col Dl Aiuti bis. Unaprol vuole adeguare le norme sugli steroli al clima.

Arrivano altri segnali d’allarme sullo stato dell’olivicoltura italiana, fra caro energia e problemi climatici, con conseguenti richieste di sostegno e misure ad hoc.
Dopo l’appello di Italia Olivicola del 26 agosto scorso (vedi) sono arrivate prima una nota di Assitol (l’Associazione Italiana dell’industria olearia) dell’1 settembre, in cui si fotografa l’«autunno caldo» e il rischio di «tempesta perfetta» per il comparto olivicolo e si converge sulla richiesta di Italia Olivicola di misure di sostegno ad hoc nel Dl Aiuti bis, e poi, il 2 settembre, quella di Unaprol - Consorzio Olivicolo Italiano e Foa – Frantoi Oleari Associati per ottenere «l’aggiornamento della normativa internazionale sugli steroli per tutelare la qualità del made in Italy».
«Il momento è assai delicato – ha dichiarato Anna Cane, presidente del Gruppo olio di oliva di Assitol – le conseguenze del caro energia e del cambiamento climatico stanno danneggiando fortemente il settore». La campagna olearia ormai imminente «sarà di scarica, quindi con una produzione inferiore, e dovrà scontare mesi di clima estremo: prima il caldo desertico a partire da maggio, poi una serie di nubifragi in agosto». Ma, continua la nota di Assitol, «manca ancora più di un mese alla raccolta e molto dipenderà dalle condizioni meteorologiche di settembre che, se favorevoli, potrebbero compensare in parte gli effetti nefasti delle alte temperature».
Secondo le prime stime, fa sapere Assitol, «in Italia si prevede una produzione intorno alle 250mila tonnellate d’olio d’oliva, in calo di quasi il 20% rispetto alla precedente campagna. Ben lontano dal fabbisogno del comparto che, tra mercato nazionale ed export, ammonta a circa 1 milione di tonnellate». E alla campagna di scarica e al clima si deve aggiungere l’impennata dei costi energetici e l’aumento di carta e vetro, essenziali per il packaging. «Si parla tanto di sostenibilità, che però non è solo ambientale, ma è anche sociale ed economica – sottolinea Anna Cane –. Anche l’industria olearia deve sobbarcarsi bollette pesanti. L’energia è divenuta un costo insostenibile non soltanto per le imprese, ma per l’intera filiera». Olivicoltori e frantoiani, infatti, sono costretti a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, «i cui costi sono quintuplicati».
Insomma per Assitol «i presupposti per una campagna olearia difficile ci sono tutti». E, come osserva Anna Cane, «il nostro settore, da sempre a bassa marginalità, è impegnato da mesi nel contenimento delle spese di gestione, ora, però, le aziende non riescono più a fermare la continua ondata di aumenti. Evitare che i rincari su energia e materie prime si riflettano sul prezzo finale, seppure in minima parte, è quasi impossibile». Sarebbe opportuno pertanto, oggi più che mai, «il riposizionamento dei prezzi dell’extra vergine e dell’olio d’oliva, ridisegnato grazie ad una stretta collaborazione con la grande distribuzione».
Per questi motivi Assitol invoca l’intervento urgente alle istituzioni. «Chiediamo al Governo – conclude la nota - di sostenere il nostro settore attraverso il Dl Aiuti bis, alleggerendo le bollette energetiche delle imprese, come stanno già facendo Paesi UE come Francia e Spagna, nostri competitors. In questo modo si difende anche il carrello della spesa degli italiani, nella sua componente più salutare e tradizionale. Rischiare che il consumatore penalizzi ulteriormente l’acquisto dell’olio d’oliva vuol dire non tutelare la Dieta Mediterranea».
Di altro tipo l’istanza lanciata il 2 settembre da Unaprol e Foa, che con una lettera indirizzata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaafe all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) segnalano la necessità di adeguare i parametri degli steroli, divenuti ormai obsoleti a causa del cambiamento climatico che sta colpendo il settore. «Si intervenga per promuovere l’abbassamento del valore degli steroli totali negli oli vergini di oliva dai 1000 attuali a 800 g/kg – scrivono Unaprol e Foa - al fine di salvaguardare la produzione olearia italiana, evitando ingiuste penalizzazioni causate da regole che andrebbero aggiornate in base alle più recenti evoluzioni dei metodi di produzione e delle condizioni climatiche».
Per favorire la discussione e accelerare il processo di modifica, Unaprol e Foa hanno raccolto attraverso i propri soci tutti i dati necessari per supportare la richiesta del Mipaaf al Consiglio Oleicolo Internazionale ed essere in grado di risolvere la questione. «Vogliamo sottolineare le preoccupazioni degli operatori della filiera olearia italiana – ha affermato David Granieri, presidente di Unaprol -. Questi parametri troppo alti colpiscono, infatti, quei produttori che negli ultimi anni hanno scelto di impostare la propria attività di produzione e commercializzazione su oli di alta qualità, espressione della cosiddetta “filiera corta”, strettamente legata alla terra e al territorio. L’aumento della presenza di questi oli non dipende da carenze qualitative ma, al contrario, è riconducibile a un aumento del numero di operatori del settore che hanno scelto di produrre e commercializzare oli “monovarietali”, per esaltarne le peculiarità e – attraverso la raccolta anticipata – valorizzarne le proprietà organolettiche».

Redazione

Per Italia Olivicola è urgente inserire misure di sostegno per il caro energia alle aziende della filiera olivicola (afflitta da bollette anche quintuplicate).

«L’aumento spropositato dei costi energetici rischia di rendere insostenibile, finanziariamente e economicamente, le attività di produzione e di trasformazione per le aziende del settore olivicolo-oleario, già vessate da una crisi prolungata, dall’emergenza climatica e da quella idrica».
A lanciare l’allarme nei giorni scorsi Italia Olivicola, che ha parlato di «una spesa per l’energia elettrica che in alcuni casi si è addirittura quintuplicata e che obbliga le aziende a considerare solo due terrificanti ipotesi: l’indebitamento o la cessazione dell’attività».
Per tali ragioni, il presidente di Italia Olivicola Gennaro Sicolo ha chiesto, «in vista della discussione in Aula a Palazzo Madama, prevista per il prossimo 6 settembre, del decreto-legge recante “Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali”», di inserire nel Dl Aiuti bis misure di sostegno specifiche alla filiera olivicola «in grado di dare ossigeno alle imprese mentre attendiamo soluzioni strutturali finalizzate al raggiungimento dell’indipendenza energetica di cui il Paese ha urgente bisogno».

Redazione