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Il nuovo brand Spoolivi – Società pesciatina d’olivicoltura di Pietro Barachini, la cui azienda familiare Spo ha appena compiuto 100 anni, contestualizza la produzione e vendita dei suoi olivi certificati Xylella free, virus esenti o biologici ai produttori di olio d’oliva extravergine in una rete che abbraccia tutta la filiera oleo-olivicola. Barachini, che è anche assaggiatore professionale, a partire dalla sua pionieristica app iOlive per tracciare il percorso dalla pianta madre all’olio (vincitrice dell’Oscar Green 2015), punta alla blockchain avvalendosi della startup AbcLab, che ha lanciato in questi giorni un crowdfunding per raccogliere i finanziamenti necessari. Inoltre vuole trasferire le sue innovazioni in tutto il rinascente distretto florovivaistico e olivicolo Lucca-Pistoia. Apologia della tecnica dell’innesto pesciatina, che Barachini intende far diventare patrimonio dell’Unesco.

Coltivare piante di olivo, originate dalle piante madri di varietà autoctone italiane e certificate del suo vivaio, su richiesta e secondo le esigenze dei propri clienti olivicoltori, mostrando loro in anticipo anche le proprietà chimiche e organolettiche degli oli che saranno prodotti da quelle piante e garantendo con certezza che ad essere allevate e vendute loro, qualche anno dopo l’ordine, saranno proprio quelle piante lì, le piante figlie di quelle piante madri. Il tutto per mezzo di una originale app vincitrice del premio Oscar Green 2015 di Coldiretti, iOlive, e di chip che sono tuttora in corso di sperimentazione nell’ambito di un Pif (Progetto integrato di filiera) promosso da Coldiretti Pistoia che è stato finanziato dalla Regione Toscana. E dando una risposta a tutte le altre esigenze dei clienti olivicoltori grazie a una rete di partner che intende coprire dalla A alla Z la filiera oleo-olivicola: dai costruttori di macchine per la raccolta di olive ai frantoi, ai produttori di contenitori, ai laboratori d’analisi, fino ad Airo – Associazione internazionale ristoranti dell’olio, che divulga i buoni oli d’oliva extravergine nei ristoranti.
Come sarà più chiaro al termine della presente intervista, è questa la formula alla base di Spoolivi – Società pesciatina d’olivicoltura, nuovo brand creato nel 2017 da una costola dell’azienda familiare Spo – Società pesciatina d’orticoltura da Pietro Barachini, uno dei più completi e appassionati esponenti del distretto vivaistico olivicolo di Pescia, il principale in Italia e ai vertici anche a livello europeo. Un uomo, una filiera, verrebbe da dire pensando alle sue competenze, che superano i confini vivaistici e vanno dalla coltivazione delle piante madri di olivo fino alle tecnologie digitali applicate alla tracciabilità e al marketing nel comparto olivicolo, e persino all’assaggio degli oli, visto che è diventato assaggiatore professionale dell’Anapoo – Associazione nazionale assaggiatori professionisti di olio d’oliva.
A lui abbiamo chiesto di aggiornarci sulla sua azienda, cercando di capire in particolare come sta procedendo Spoolivi, con il suo work in progress sulla rete di collaborazioni lungo l’intera filiera oleo-olivicola, e se ci sono novità di altro genere da dichiarare.
«L’azienda – risponde Barachini - nel 2020 festeggia 100 anni di attività, anche se in realtà è nata molto prima. Ma sono riuscito a trovare un documento, un premio nazionale a mio bisnonno Renato Del Ministro per la capacità di riproduzione delle piante di olivo, che è del 1919».
Allora quest’anno è l’anniversario, non il prossimo.
«In realtà ho voluto concludere l’anno e festeggiare l’anniversario nel 2020: sto organizzando un evento per celebrare la nascita dell’olivicoltura italiana a Pescia. Vorrei fare il punto sull’olivicoltura italiana oggi e sul futuro dell’olio extravergine italiano».
Quindi tutta l’olivicoltura, non solo il vivaismo olivicolo?
«Il vivaismo olivicolo è la parte fondamentale dell’olivicoltura..»
.. sì, sì, ma vorrei capire se l’intento è coprire tutta la filiera.
«Sì, perché nel 2017 è nato il progetto di Spoolivi, che non si limita più alla filiera vivaistico-olivicola ma si proietta sull’olio extravergine d’oliva..»
..ecco può spiegare meglio il progetto di Spoolivi?
«Grazie alle attività all’estero che avevamo sviluppato in paesi come Giappone, Emirati Arabi, Francia, Croazia e Spagna - perché gli olivi italiani e pesciatini venivano richiesti in questi paesi -, grazie ad essi, ho girato un po’ il mondo e al ritorno mi sono accorto che per recuperare il mercato italiano, cioè per vendere le piante in Italia, dovevo studiare meglio il mio cliente. Quale modo migliore che mettersi nei suoi panni? Così ho fatto finta di diventare, o meglio in parte lo sono diventato davvero, un olivicoltore, cioè colui che produce l’olio, per capire meglio di che cosa ha bisogno il mio cliente».
Questo da quando?
«Dal 2015 ho iniziato un percorso formativo, grazie a persone che mi hanno insegnato tanto, come se dovessi aprire un’azienda che produce olio. E sono diventato assaggiatore professionista, ho fatto dei corsi sulla trasformazione dell’olio, sulla gestione degli oliveti, insomma su tutta la filiera a 360 gradi. Questo mi ha fatto capire che poteva avere una chance ciò che finora non era stato preso in considerazione dai vivaisti olivicoli: fornire al cliente una totalità del servizio, ma non tutta io direttamente bensì creando una rete, che è appunto Spoolivi».
Come funziona il progetto aziendale?
«Da un lato ho piantato varietà autoctone che producono l’olio tutti gli anni. La scelta di puntare su piante di olivo autoctone dipende dal fatto che il mondo sta cercando proprio quelle, le varietà autoctone regionali italiane. E questo è il futuro per Pescia. L’olio che viene più pagato al mondo è quello prodotto dalle varietà autoctone regionali italiane, perché ha un potere salutistico che è il migliore. E questo è un primato che noi non possiamo perdere. Lo metto in evidenza perché in questo anno si sta discutendo sull’olivicoltura italiana: se farla diventare industriale con varietà brevettate ad hoc oppure puntare sulle varietà autoctone. Siccome si sta dividendo l’Italia su questo. Basti pensare alla FS17 che stanno piantando in Puglia. Ma non perché sia di cattiva qualità, ma perché è un’altra cosa, come paragonare la Panda alle Ferrari».
Diceva che con le sue piante autoctone produce olio..
«.. sì, quindi io sono in grado di mostrare che olio fanno le mie piante, perché produco dei monovarietali. E questa è una nostra peculiarità: che facciamo degli oli monovarietali con le piante madri, ma non per vendere l’olio, bensì per analizzarlo. E faccio fare le analisi chimiche per poi darle ai clienti. Dall’altro lato, ho selezionato come partner alcune delle migliori aziende toscane del settore oleo-olivicolo. Ad esempio il fornitore di macchine per la raccolta di olive, i frantoi, il laboratorio di analisi ecc. Tutta questa filiera io l’ho messa e sto continuando a metterla in rete, come si può in parte vedere nel sito web: www.spoolivi.com. Ciò ha creato un meccanismo virtuoso per cui le persone si rivolgono a me dopo aver comprato le piante e Spoolivi è una sorta di centro dove gli olivicoltori possono trovare molte risposte».
Del resto, Barachini, lei ormai è esperto di tutta la filiera: dalla pianta madre fino all’assaggio dell’olio, non è da tutti.
«E in effetti molte persone mi identificano con colui che conosce le varietà dal punto di vista vegetale (che non è semplice) ma che sta imparando a conoscere le varietà anche dal punto di vista salutistico e organolettico, quindi a livello culinario, perché questo sto imparando attraverso i concorsi che faccio o le guide, ad esempio quella Slowfood. Credo che questo connubio fra prodotto finito e pianta sia molto potente e ancora non era stato preso in considerazione. I vivai vendono la pianta e stop. Nessuno si è mai preoccupato del dopo».
Dunque su Spoolivi vendete le piante e date (o mettete in contatto con) tutto ciò che serve dopo?
«E’ un’azienda completa che lavora a 360 gradi partendo dalla qualità della pianta, perché ci stiamo investendo tantissimo, che però va oltre, perché abbiamo sviluppato tutti insieme, io, mia moglie e i collaboratori, un sistema per cui il produttore viene da noi e gli facciamo fare un blend degli oli monovarietali in vista dell’impianto..»



..cioè gli fate assaggiare l’olio?
«Mi spiego. Un produttore viene da me per fare un impianto nuovo. Il primo step è capire quali varietà vuole piantare. Io lo aiuto a identificare il mercato a cui punta con la vendita dell’olio, su che marketplace si vuole posizionare e a che prezzo vuole venderlo. So indicargli che una certa varietà in una certa posizione rende tot ecc. Poi da lì poi parte tutto uno studio, fino al livello agronomico. Oggi l’errore che si sta facendo in Italia è che tutti dicono bisogna produrre olio, perché l’olio manca. Sì, ma quale olio manca? Perché se ci mettiamo a fare un olio anche con meccanizzazione estrema (che comunque è sbagliato), cioè si tenta di industrializzare gli oliveti piantando in superintensivo varietà non autoctone per abbassare i costi di produzione, va considerato che questo lo fa già tutto il mondo a costi inarrivabili in Italia: il 30% dell’olio prodotto nel mondo è fatto da 3 varietà. E queste varietà le stanno piantando anche in Italia».
Ah ora anche in Italia?
«Certo l’Arbequina e la Koroneiki e l’Arbosana le stanno piantando in Italia..»



Ma, tornando alla sua azienda, lei è noto anche per la tracciabilità digitale, grazie alla vittoria di un Oscar Green qualche anno fa con la app iOlive: mi può spiegare questo aspetto della sua attività?
«iOlive nasce come progetto che rispondeva a una mia esigenza: avevo bisogno di far vedere che le mie piante venissero effettivamente dal mio vivaio. Noi a Pescia, io e non solo, siamo una delle poche realtà dove le piante madri sono all’interno del vivaio. Tutta la filiera produttiva è all’interno dell’azienda: dal seme, dai noccioli, dalle olive! E ciò vuol dire che il cliente, se vuole, può in qualsiasi momento dell’anno venire a controllare le sue piante, perché ora stiamo lavorando in una maniera “sartoriale”, nel senso che le piante me le prenotano 2 anni prima..».
.. e che cosa fa iOlive?
«Risponde all’esigenza di tracciare la pianta, perché io ti do una pianta con dentro un chip, che ora stiamo testando con il Coripro di Pescia (consorzio per la certificazione volontaria delle piante d’olivo) nell’ambito del Pif “Evo 2.0: dal vivaio alla tavola” che ho avuto l’onore di scrivere con Coldiretti Pistoia. Infatti il grosso limite delle certificazioni attuali è dato dal cartellino, perché basta che io levi il cartellino e la mia certificazione va a farsi friggere. Se invece questa certificazione rimane all’interno della pianta è più difficile da manomettere. Ma mi accorsi subito che questa tracciabilità della pianta poteva essere estesa anche sull’olio..»
..ecco iOlive c’era prima di questo Pif..
«..nel 2015, quando vinsi il premio nazionale dei giovani di Coldiretti Oscar Green».



Già allora la tracciabilità si estendeva dalle piante all’olio?
«Sì, già lo facevo io».
E quindi è stato avviato come Spoolivi?
«Sì. Trovai dei produttori che hanno voluto utilizzare questo sistema di tracciabilità».
Che comprende anche un’app, vero?
«Sì, c’è un’applicazione sul cellulare dove tu puoi seguire tutto e personalizzare».
Poi è nato il Pif di Coldiretti Pistoia?
«Sì»
Da che anno?
«Dal 2017/2018».
Ed è ancora in corso.
«Sì. Siccome nel Pif c’erano tutte le associazioni, compreso Coripro di cui faccio parte, ho cercato di inserire questo aspetto perché la Regione Toscana ci ha finanziato lo studio sperimentale del chip. E tengo a sottolineare che la sperimentazione va bene, però deve essere collaudata per tot anni. Lo dico perché molti vivai, anche in Toscana, escono con delle nuove varietà come se fossero la panacea, ma in realtà, se non c’è una lunga sperimentazione dietro, rischi un buco nell’acqua. Quindi noi sperimentiamo continuamente all’interno del vivaio, però usciamo soltanto quando abbiamo un tot di anni di prove, per dare una garanzia al cliente».
Bene, e adesso quali sono i nuovi passi avanti sul fronte della tracciabilità digitale?
«Stiamo da un lato avviando il trasferimento della tracciabilità digitale in tutto il rinato distretto florovivaistico e olivicolo pesciatino, ma di questo ne riparlerei in altra occasione. Dall’altro, a livello privato, ho creato una start up che si chiama Abclab – A blockchain lab (www.abclab.site) insieme ad altri esperti di tracciabilità digitale da vari punti di vista, con la quale cerchiamo innovazione per tracciare i prodotti agroalimentari, al servizio degli agricoltori 4.0. Ed è la rotta futura verso cui sto dirigendo Spoolivi, cioè mi voglio specializzare sempre di più a far sì che i miei clienti raggiungano la qualità superiore al mondo. Questo attraverso la produzione di un olio di altissima qualità e tramite la possibilità di identificarlo con certezza. E va rimarcato che tutta la qualità dell’olio extravergine di oliva è data dalle varietà autoctone. Quindi è compito di Spoolivi garantire negli anni i cloni d’identificazione delle varietà autoctone regionali di tutta Italia. Vale a dire che se io ti do il Leccio del corno, ti do quel clone che è unico di Leccio del corno, perché è stato testato per 50 anni in Toscana. E io ti darò sempre quel clone perché le piante madri sono all’interno della mia azienda e vengono monitorate ogni sei mesi».
Questo fa parte di Spoolivi, la startup Abclab che cosa fa in più rispetto ad iOlive?
«La startup è nata dal progetto di iOlive e lo applica a tutta la filiera agroalimentare, non solo quella dell’olio».
Ah, quindi è un’azienda che si occupa di estendere questa metodologia. In pratica vende il servizio?
«Applica la blockchain [“un registro digitale le cui voci sono raggruppate in blocchi, concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall'uso della crittografia” Wikipedia, ndr] nella filiera agroalimentare».
Ma iOlive non era già questo, almeno in parte?
«Ancora non c’era la blockchain».
Quindi iOlive era più o meno sulla stessa strada ma non ancora con la tecnologia blockchain?
«Esatto».
E adesso iOlive sta diventando blockchain?
«Sta diventando, perché applicare una tecnologia blockchain è molto costoso».
E ci sono delle regole per entrarci?
«Esatto. Quindi che cosa ho fatto? Ho creato la startup e ora siamo in fase di crowfunding e stiamo cercando i finanziamenti per attivare la blockchain in iOlive. Perché? Perché tutte le certificazioni, e ritorniamo anche a quella della pianta, sono valide nel momento in cui tu mi vai ad assicurare che quei passaggi di produzione sono certificati. Attualmente c’è un organismo esterno che viene e controlla. Mi spiego. In Spoolivi ho tre certificazioni: quella virus esente, quella biologica e quella Xylella free. Però vengono garantite all’interno dell’azienda attraverso un sistema digitale; non c’è solo il servizio fitosanitario che viene e controlla ogni 6 mesi per verificare se le piante sono idonee dal punto di vista biologico e dal punto di vista fitosanitario».
Qual è la garanzia in più del digitale?
«Perché il passaggio con cui io vado a prelevare il materiale da quella pianta chi è che me lo dice? Per esempio, per il biologico, io vado a prelevare una pianta che deve essere biologica. Bene, ma chi è che me lo certifica? Quel passaggio lì attualmente veniva scritto su un libro. Noi lo registriamo in digitale e attraverso la blockchain ci sarà un organismo terzo tecnologico che certifica in tempo reale tutti i passaggi, come per i bonifici bancari».
E questi passaggi saranno tutti registrati con dei chip sulle piante?
«Sì potrebbero.. il chip è il mezzo. Basta che tu metta un QR su una pianta. Quando un cliente ordina a Spoolivi una varietà autoctona lui deve essere sicuro che quella varietà sia stata presa da quella pianta madre che ha quelle caratteristiche produttive che tutti gli anni gli dimostro. Però durante i 2 anni del ciclo produttivo io gli devo dare la sicurezza che questa pianta figlia che gli consegnerò deriva davvero da quella pianta madre lì».
La start up Abclab a che punto è?
«E’ su un sito di crowdfunding per 40 giorni alla ricerca di finanziatori (www.starsup.it). Perché, a differenza che in America, dove ho lavorato in California proprio con il progetto iOlive e dove se tu hai un’idea te la finanziano, in Italia questo non succede quasi mai».
Quindi ora siete in fase di raccolta fondi?
«Sì, ma quel che mi interessa ribadire è che Spoolivi produce esclusivamente varietà autoctone e che dietro alla pianta di olivo c’è una competenza agronomica che tuttora vengono a studiare a Pescia per capire come si fanno le piante di olivo, perché alcuni aspetti da noi non sono stati ancora “standardizzati” per fortuna. Faccio un esempio: l’innesto è una tecnica che io spero di far passare come patrimonio dell’Unesco di Pescia e ci voglio riuscire perché non la usa più nessuno. Con la tecnica di innesto tu riesci a fare tutte le varietà del mondo, più che con la talea, e con delle proprietà nell’apparato radicale che sono uniche. Il che consente, ad esempio, di piantare olivi in zone collinari dove non c’è acqua».
E invece che cosa fanno negli altri distretti olivicoli?
«Fanno quasi tutti talea. O addirittura, cosa più pericolosa che si sta diffondendo, lavorano per meristema. E’ vero che con il meristema tu puoi fare tutti gli olivi che ti pare con dei costi inferiori, però – e questo mi è stato insegnato dai ricercatori che ci hanno investito 40 anni della loro vita – tu quando vai a dividere una cellula non sei sicuro che quella cellula è produttiva. Quindi tu fai delle piante che produrranno per lo meno fra 20 anni. E questo non me lo posso permettere. E’ vero che la pianta la vendi lo stesso. Ma io non posso permettermi di vendere una pianta di ulivo a un mio cliente e dirgli: mah forse la pianta produrrà fra 20 anni».



Quindi lei crede nell’innesto?
«Io credo nell’innesto e nella talea, però più nell’innesto perché la talea la fa tutto il mondo. Io credo nell’innesto anche come particolarità storica di Pescia perché è nato a fine 800 e da allora si sta tramandando di generazione in generazione».
Ma nel suo vivaio non c’è solo innesto..
«.. noi facciamo 50% di ulivi da innesto e 50% da talea. Sono 300 mila piante prodotte all’anno in 30 varietà autoctone in produzione, varietà regionali italiane».

Redazione Floraviva
Articolo Publiredazionale

L’azienda vivaistica Mati 1909 dedica i suoi auguri al futuro del pianeta con l’agricoltura integrata e la sostenibilità concreta, non ideologica.

«Se le Conferenze sul Clima non ottengono risultati, possiamo farlo noi nelle nostre scelte quotidiane. Ogni azione conta. Le nostre azioni continueranno a sostenere le ragioni dell’agricoltura integrata e della sostenibilità concreta, non ideologica. Continueremo a coltivare alberi, che sono la base della vita del pianeta e del genere umano. Lo faremo con tutto l’amore possibile, li cureremo quando stanno male, come facciamo con i nostri figli, e li pianteremo in ogni angolo che ci verrà concesso. Per produrre ossigeno, assorbire anidride carbonica, assorbire polveri sottili e diminuire il riscaldamento del pianeta.  Non rinunciamo alla scienza. Non rinunciamo alla vita». 

Redazione Floraviva

Riscontri positivi alla fiera di Padova per la rete d’imprese Olea, nata nel marzo 2019 e già finalista al Future Village. Composta da aziende toscane della Valdinievole (PT) e una sarda del nuorese, ha come punto in comune di forza la produzione di olivi: tutte le varietà che richiede il mercato, dalle tradizionali a quelle per impianti moderni, certificati CAC, virus esenti e selezionati Xylella resistenti. Anche agrumi, piante di vite e ornamentali (soprattutto da siepe). Saba: «in Sardegna non c’è una realtà vivaistica come la pesciatina, ma siamo totalmente liberi da rischi per molti patogeni». Sonnoli: «la Sardegna è in via di sviluppo per l’olivicoltura». Sull’ipotesi distretto vivaistico olivicolo di Pescia, Cinelli: «sarebbe importante, ma temo sia un treno passato». Su Xylella, Sonnoli: «passo avanti che la zona rossa possa reimpiantare, ma non bastano 2 varietà resistenti, noi collaboriamo col Cnr per individuarne di nuove».

Buona la prima per la rete d’imprese Olea al Flormart, il salone internazionale del florovivaismo tenutosi nei giorni scorsi alla Fiera di Padova. Costituita solo nel marzo 2019, Olea, composta dalle aziende agricole Andreani Edoardo, Cinelli Luca e Cinelli Vivai di Cinelli Federico di Pescia (PT), Vita Verde Vivai di Orosei (NU) e Vivai Attilio Sonnoli di Uzzano (PT), ha già debuttato nella fiera professionale storica del settore ed è riuscita ad entrare fra i finalisti del Flormart Future Village, la nuova iniziativa dedicata alle startup agricole (vedi nostro articolo), e ad ottenere ottimi riscontri dai buyer sui propri prodotti in esposizione. A cominciare dalle piante di olivo, di una gamma ricchissima di varietà toscane e sarde, certificate CAC, virus esenti e Xylella free, e non solo, destinate ai produttori di olio sia con impianti tradizionali che intensivi o superintensivi. Ma anche per le produzioni di piante da frutto e di vite, di agrumi e piante ornamentali pronto effetto per la realizzazione di giardini.
Floraviva ha incontrato i titolari delle imprese di Olea allo stand collettivo di Flormart venerdì 27 settembre facendosi illustrare la situazione e chiedendo delucidazioni anche su alcuni dei temi caldi del comparto del vivaismo olivicolo, che costituisce il loro trait d’union e principale punto di forza, grazie anche all’inedito legame Toscana (ma sarebbe meglio dire Valdinievole) – Sardegna. Nell’occasione si è fatto un cenno pure a una recente pubblicazione di Attilio Sonnoli, una vera autorità in materia di coltivazione di ulivi.
Olea a Flormart: siete nati a marzo del 2019 e siete già qua.
Elena Sonnoli: «siamo più che soddisfatti di questo risultato. E’ un primo traguardo ma anche un punto di partenza. Siamo riusciti a creare uno stand rappresentativo di tutte le produzioni di tutte le nostre aziende. Non solo, in quanto start-up, Flormart ci ha consentito anche di avere uno spazio nel Future Village».
Non ce ne sono molte di reti di impresa in questo settore, vero?
Luca Cinelli: «sì, siamo una delle poche, una delle prime reti d’impresa agricole in Toscana, con la presenza anche di un’azienda sarda».
E uno degli scopi costitutivi della vostra rete, se ben ricordo, è proprio partecipare insieme alle fiere, con conseguenti riduzioni dei costi, vero?
Luca Cinelli: «c’è un vantaggio economico e non solo quello, nel presentarsi in rete, perché la gente quando ti vede come gruppo ti apprezza di più».
Mi potete riassumere le vostre produzioni, allo stand e non solo?
Luca Cinelli: «la produzione che ci accomuna tutti è l’olivo. Produciamo tutte le varietà di olivo che richiede il mercato: dalle varietà tradizionali alle varietà adatte per impianti moderni, agli olivi certificati CAC, olivi virus esenti e olivi selezionati Xylella resistenti. Poi abbiamo la parte che riguarda l’ornamentale e sono tutte piante allevate in contenitore, principalmente piante da siepe, come Photinia, Eleagnus, Viburnum ecc. Infine anche agrumi in varietà assortite, piante di vite, piante da frutto, mimose e altre ancora».
Come sta funzionando questa sinergia vista dalla Sardegna?
Sergio Saba: «fermo restando che tra noi un rapporto c’era già prima della costituzione di Olea e che li conosco da tanto tempo perché ho studiato a Pescia, la rete è stata da un lato la certificazione del legame che già esisteva e dall’altro un rafforzamento perché riusciamo a fare delle cose che come singoli, soprattutto nel mio caso, non riusciamo a fare. In Sardegna non esiste una realtà vivaistica radicata come quella pesciatina e toscana, e la nostra sinergia diventa molto importante, perché riusciamo ad avere le produzioni migliori della realtà vivaistica toscana con il buono che c’è in Sardegna: il fatto di essere totalmente liberi da rischi per moltissimi patogeni».
E voi pesciatini che dite del legame Toscana-Sardegna?
Elena Sonnoli: «al Future Village mi hanno chiesto: come mai la sinergia con la Sardegna? Essendo le nostre aziende a Pescia sarebbe stato più facile lavorare e collaborare solo con aziende sul territorio. La Sardegna perché? Perché oltre ad avere una conoscenza ultraventennale e stima reciproca con Sergio Saba, la Sardegna è anche una regione in via di sviluppo per quanto riguarda l’olivicoltura, che sta piantando e ha intenzione di piantare sempre di più. Ovviamente valorizzando anche le varietà autoctone».
Quali ad esempio?
Elena Sonnoli: «la Bosana, la Semidana, Nera di Oliena, Nera di Villacidro ecc. E avere un vivaio in Sardegna semplifica notevolmente tutta la parte logistica che ci troveremmo ad affrontare».
Come è andata Flormart?
Luca Cinelli: «a livello commerciale bene, ma niente di eclatante. Sappiamo che c’è da anni una crisi che si sta risolvendo ma molto lentamente».
Ma quali dei vostri prodotti sono meglio posizionati sul mercato?
Luca Cinelli: «per noi l’olivo in generale è quello che va meglio. Siamo contenti di essere venuti qua e aver fatto conoscere il nostro prodotto».
Quali saranno i prossimi passi di Olea?
Luca Cinelli: «pensiamo già ad altre fiere, come Myplant, e pensiamo già per il futuro prossimo a Essen, che ci farà conoscere all’estero. Però per adesso è prematuro parlarne».
Visto che stiamo parlando di futuro, che prospettive ci sono lì da voi a Pescia sul distretto del vivaismo olivicolo? Nascerà formalmente o no?
Luca Cinelli: «sul distretto olivicolo, io sono fermamente convinto che se nascesse sarebbe importante per tutte le aziende che producono olivi a Pescia, non solo le nostre. Sarebbe un distretto importante per Pescia. Da quando la macchina, movimentata un po’ dalla politica un po’ da certe associazioni, ha rallentato, per non dire che si è quasi fermata, sinceramente temo che sia un altro treno che è passato».
Elena Sonnoli: «sul distretto olivicolo di Pescia, spero che non sia una delle ennesime occasioni perdute. Ci sono persone purtroppo che ancora continuano a parlarne ma poi non concretizzano nulla. Posso dire con orgoglio che non è il caso nostro, perché nel momento in cui abbiamo deciso di fare la rete, noi siamo passati dalle parole ai fatti e nel giro di 6 mesi siamo riusciti a venire al Flormart, con uno spazio nostro e a essere presenti come startup e concorrere a una finale di un premio nazionale. Se dipendesse da noi, il distretto olivicolo sarebbe già operativo».
Passando alla situazione Xylella, come la vedete? A che punto siamo, stiamo incominciando a gestirla bene?
Elena Sonnoli: «fermo restando che le buone politiche dovrebbero essere applicate sempre e non quando siamo in emergenza e si verifica un’epidemia, noi confidiamo nella ricerca. Quindi nella possibilità di individuare un maggior numero di varietà meno sensibili alla Xylella, cioè in grado di poter sopravvivere nonostante la Xylella. E’ già un enorme passo avanti il fatto che la zona rossa possa reimpiantare. Anche perché serve per ridare fiducia e stimolo al settore, sia a noi vivaisti che produciamo le piante che agli olivicoltori che devono piantare. Però la piantagione non si può fermare soltanto a due varietà [Leccino e FS17, ndr]. E’ necessario che la ricerca continui il lavoro che ha intrapreso. E’ un lavoro lungo, lo sappiamo. Noi come azienda e come rete collaboriamo con il Cnr di Bari affinché si possano individuare nuove varietà da poter proporre agli olivicoltori».
Il vostro campo di piante madri virus esente è il primo privato in Toscana, avete tutte piante certificate, vero?
Elena Sonnoli: «tutte le piante dei nostri vivai sono state analizzate dal Servizio fitosanitario regionale e sono state dichiarate Xylella free, cioè non è stata rilevata presenza di Xylella. E questo ci fa capire che stiamo lavorando nel verso giusto».
E questo vale per tutte le varietà di piante?
Elena Sonnoli: «sì, per tutte le piante di olivo e per le piante ornamentali sensibili alla Xylella. Poi oltre alla Xylella stiamo portando avanti il discorso delle piante virus esenti, che il mercato internazionale ci chiede sempre di più».
Infine una curiosità: si nota nello stand questo libro ‘Vivaismo olivicolo’ di Attilio Sonnoli, suo padre, che senza tema di smentite è uno dei massimi esperti in circolazione della materia. E’ un manuale?
Elena Sonnoli: «è un manuale tecnico edito da Edagricole».
Sarà letto anche nelle scuole?
Elena Sonnoli: «confidiamo che venga adottato dalle scuole, perché è un manuale scritto da un tecnico per i tecnici e gli appassionati del settore, ma facile da leggere anche per gli studenti, sia delle scuole superiori che delle università».
Lei, Sara Andreani, è un’altra socia pesciatina di Olea: qual è il suo giudizio sulla rete dopo questi primi mesi di esperienza? E’ la prima volta che partecipa a una fiera come Flormart?
Sara Andreani: «sì, è la prima volta. L’esperienza di Olea è estremamente positiva perché ci ha dato la possibilità di crescere sia come singole aziende che come gruppo».
Una crescita dal punto di vista della consapevolezza commerciale?
«Sì, vediamo delle prospettive comuni insieme, che possono favorire una crescita non solo della nostra azienda, ma di tutta la rete Olea».
Infine, Federico Cinelli, figlio d’arte (Luca è suo padre, ndr) ma imprenditore autonomo a sua volta. Come è stato l’impatto con Olea?
«E’ stato un impatto positivo, con le altre aziende ci siamo trovati subito bene. E l’ho vissuta come un’occasione di accrescimento del know how di tutti».

Redazione Floraviva
Articolo Publiredazionale

L’azienda vivaistica di Pistoia dei fratelli Alberto e Roberto Chiti dal Salone di settore della Fiera di Padova (pad. 4, corsia C, stand 071), dove presenta la propria gamma produttiva con in primo piano i bonsai, si candida anche per dare il proprio contributo alle forestazioni o rinverdimenti urbani di Firenze e Prato. Alberto Chiti «essendo piante coltivate da noi, ne conosciamo bene l’accrescimento, l’acclimatamento e i tipi di esigenze». Bene il primo giorno di fiera grazie alle visite di garden center croati e sloveni.

Le conifere bonsai sono in particolare evidenza nello stand allestito da Chiti Vivai per questa edizione di Flormart, il salone del florovivaismo e dell’architettura del paesaggio della Fiera di Padova giunto alla 70^ edizione. Ma in esposizione si può ammirare una piccola campionatura di un po’ tutta la gamma produttiva dell’azienda del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia dei fratelli Alberto e Roberto Chiti, ormai da 15 anni specializzata nella produzione di conifere e conifere nane, soprattutto attraverso la coltivazione “a forma libera” (vedi).
Floraviva ha intervistato Alberto Chiti allo stand di Flormart ieri, primo giorno della manifestazione, parlando con lui delle piante portate, dei primi, parzialissimi riscontri con gli operatori della filiera florovivaistica incontrati in fiera e anche di altri temi particolarmente caldi in Toscana. Ad esempio i piani di forestazione o rinverdimento urbano di città vicine a Pistoia quali Firenze e Prato che stanno dando la speranza ai vivaisti pistoiesi, costretti da anni a puntare soprattutto sull’estero, a rilanciare un po’ anche il mercato interno.
Come è stato questo inizio di Flormart 2019?
«Molto positivo. Devo dire che ho avuto un buon riscontro da parte della clientela estera, proveniente da Paesi confinanti con l’Italia..»
..ad esempio?
«La Slovenia, la Croazia, dove negli ultimi anni devo dire che i nostri prodotti, soprattutto conifere e conifere a bonsai, come ginepri, pini, pino mugo, pino pumilio hanno avuto un forte successo anche per via della tipologia di giardini che si riescono a realizzare con queste piante».
Quindi oggi è iniziato bene. Mi diceva prima che questi incontri in fiera si traducono spesso in rapporti duraturi.
«Certamente. Per fortuna diciamo che riusciamo a seguire il cliente. Di solito non abbiamo il cliente di grosse dimensioni, le grosse catene di distribuzione, ma abbiamo piccoli garden center o giardinieri che riusciamo a seguire nella progettazione e nel consiglio per gli acquisti in modo tale che spesso si crea un legame che per fortuna dura negli anni. E questa è una cosa di cui andiamo fieri».
Ecco i clienti di stamani a cui ha fatto cenno prima erano garden center?
«Sì».
Siccome mi ha parlato di progettazione, mi aggancio a un tema di attualità in Toscana, visto che voi vi trovate nel Distretto vivaistico di Pistoia. In questo momento c’è fermento sul verde urbano sia a Firenze che a Prato e vengono pianificati investimenti in progetti vari di rinverdimento o forestazione. Questo è un mercato che vi può interessare?
«Certamente. Siamo in grado, oltre che di produrre e vendere le piante, di seguire la loro messa a dimora, il loro inserimento in determinati contesti. Grazie al fatto che sono piante coltivate da noi, ne conosciamo bene l’accrescimento, l’acclimatamento e i tipi di esigenze che hanno. Quindi siamo in grado di dare una consulenza mirata, sicuramente alle piante di nostra produzione, ma anche ad altre piante di nostra conoscenza, su come posizionarle, coltivarle, tenendo conto di tutto ciò che può essere utile per creare giardini e spazi verdi che siano duraturi».
Passando alle piante che producete, mi può riassumere la gamma di specie della vostra produzione?
«Ormai da diversi anni produciamo conifere: conifere nane e in forma, pon pon, bonsai; fusti, mezzi fusti e mini fusti di pini e Juniperus. Negli ultimi anni stiamo passando molto di più dalla forma a pon pon alla forma a bonsai, che risulta molto più apprezzata dal mercato, anche in Italia ma soprattutto all’estero».
E infatti vedo che qui li avete messi ben in evidenza nello stand?
«Sì. Comunque abbiamo portato anche una campionatura di pon pon più ridotta, perché è una forma più classica che in questo momento trova meno richieste».

Redazione Floraviva
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Durante il 6° Forum sulle grandi imprese familiari italiane del 14 settembre al Pistoia Nursery Park Vannino Vannucci ha reso noto che la voce export ha raggiunto il 98% del fatturato della sua azienda vivaistica. Le piante di pronto effetto in vaso, trasportabili e trapiantabili tutto l’anno, sono il fiore all’occhiello della produzione di oltre 3000 varietà di Vannucci Piante, i cui vivai si estendono per 560 ettari. Fra i tratti salienti l’elemento artigianale: i lavori più delicati sono manuali, affidati a personale super qualificato. Al top logistica ed ecocompatibilità. Oscar Farinetti: i vivaisti come Vannucci capiscono ora le piante che saranno di moda fra 10 anni. Vittorio Radice: il Nursery Park e l’azienda di Vannucci non sono solo un vivaio, ma stili di vita costruiti attorno ai vivai.

«Il mio augurio è che tra 10 anni il 90% del tuo fatturato sia da export». «Veramente siamo già al 98%».
Questo botta e risposta fra Oscar Farinetti e Vannino Vannucci, con il primo rimasto a bocca aperta, sorpreso ma soddisfatto, a un certo punto della conversazione condotta dal giornalista Luca Telese con il fondatore di Eataly e il vicepresidente del gruppo Rinascente Vittorio Radice, è stato forse il momento culminante, almeno allo sguardo sub specie economica e florovivaistica di Floraviva, del 6° Forum delle grandi imprese familiari italiane del 14 settembre scorso al Pistoia Nursery Park, in occasione del 20° “Memorial Franca e Moreno Vannucci”. Ma durante il forum sono venuti fuori altri spunti interessanti su Vannucci Piante, l’azienda vivaistica leader del distretto rurale vivaistico-ornamentale pistoiese, ai vertici in Europa.



Prima però riassumiamo i tratti salienti di questa grande azienda familiare avviata da Vannino Vannucci senior nel 1938 con la coltivazione, su una superficie di 8 mila mq, di 4 specie di piante ornamentali: lecci, pini, bossi, magnolie. Oggi i vivai di Vannucci Piante si estendono su una superficie di 560 ettari e la gamma comprende «oltre 3000 specie e varietà che decorano parchi, giardini, terrazzi, spazi urbani di 60 Paesi del mondo». «La nostra estensione di piante coltivate in contenitore – si legge nella scheda di presentazione aziendale – ci permette di garantire la continuità delle forniture per 12 mesi l’anno. In contenitore offriamo non solo la gamma tradizionalmente destinata alla vendita al dettaglio nei vivai e nei garden center, ma anche gli alberi a foglia caduca di dimensioni medio-grandi e molti esemplari di pronto effetto, coltivati in piena terra, più volte trapiantati, e poi invasati e posti alla vendita solo dopo aver sviluppato un nuovo apparato radicale». «Gli esemplari di pronto effetto in vaso, trasportabili e trapiantabili per tutto l’anno – viene sottolineato nella presentazione – sono il fiore all’occhiello delle nostre produzioni, la nostra collezione è esposta nel più suggestivo show-room all’aperto: il Pistoia Nursery Park, il primo parco vivaistico d’Europa» (vedi nostro giardino da intervista).
Uno dei tratti che contraddistinguono Vannucci Piante, come ha detto lo stesso titolare Vannino Vannucci durante il Forum del 14 settembre, è l’importanza dell’elemento artigianale, delle «mani», nel contesto di «una organizzazione logistica efficace» che, grazie a «infrastrutture all’avanguardia e a un personale altamente specializzato», è in grado di proporre «soluzioni appropriate per ogni destinazione ed in tutti i periodi dell’anno e garantire consegne puntuali e rapidissime anche e soprattutto durante i picchi stagionali». Infatti, come è stato spiegato, «non solo non esistono processi completamente automatizzati nella nostra attività, ma i lavori più delicati sono ancora esclusivamente manuali, e sono affidati ai nostri esperti, persone qualificate, efficienti e appassionate».
Un altro elemento qualificante e centrale di questa azienda è l’approccio ecocompatibile sotto lo slogan “Vannucci zero”. «I nostri vivai – si legge ancora – soprattutto quelli di nuova realizzazione, sono progettati per ridurre al minimo l’impatto ambientale e l’utilizzo delle risorse naturali». I sistemi di irrigazione raccolgono fino al 95% delle acque drenate non assorbite in casse di espansione che, oltre ad assicurare la totale autonomia idrica, mitigano i rischi di alluvioni e di dissesti idrogeologici. Inoltre, dopo anni di sperimentazioni in collaborazione con importanti istituzioni scientifiche, è stata adottata «una pacciamatura naturale a base di granuli di scarti di legno, che inibisce la crescita di erbe infestanti, senza ricorrere a diserbanti chimici». E «la stessa funzione è svolta dai manti anti-alga traspiranti e permeabili, utilizzati negli impianti di vasetteria». Inoltre «i pali dei filari dei nostri nuovi appezzamenti sono in legno di castagno dell’Appennino Pistoiese, di provenienza autorizzata e controllata dal Corpo Forestale Regionale». Infine tutti i contenitori sono in plastica riciclata.



Tornando al Forum, una delle tante domande poste da Luca Telese a Farinetti e Radice è stata la seguente: date un giudizio su Vannucci Piante e fate un augurio a Vannino. L’augurio di Oscar Farinetti, andato a buon fine ancor prima di esser formulato, l’abbiamo visto all’inizio di questo articolo. Ma Farinetti ha anche espresso un parere sull’approccio imprenditoriale di Vannucci attraverso una comparazione con il suo: entrambi abbiamo in comune un grande padre che ci ha molto avvantaggiati e il grande valore che diamo alla famiglia, la differenza è che io devo cambiare settore ogni 10/12 anni, lui invece no. Lui semmai, ha aggiunto, può cambiare strategia e deve stare attento a segliere le piante giuste, a capire in anticipo le piante che andranno di moda fra 10 anni, cosa difficilissima che fa parte del suo know how di vivaista. «Nelle sue vene – ha concluso Farinetti sorridendo - non scorre sangue ma linfa». Anche Vittorio Radice si è agganciato a quest’ultimo aspetto dell’attività vivaistica, notando in particolare che Vannucci Piante e un luogo come il Pistoia Nursery Park non sono soltanto un vivaio, ma «uno stile di vita costruito attorno ai vivai».

Articolo Publiredazionale, Floraviva

Si terrà sabato 9 Marzo 2019, dalle ore 9:30 alle ore 13:00, presso la sede dell'Accademia Italiana del Giardino (via Bonellina 68/A) una lezione teorico-pratica per apprendere le principali tecniche di realizzazione e manutenzione del verde su terrazzi e balconi.


A proporla è Francesco Mati, presidente del distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia e cotitolare di Mati1909. Si tratta di una lezione per appassionati, cultori della materia e professionisti che desiderano sviluppare maggiore conoscenza sul tema del verde ornamentale. Una pillola del giardinaggio in un ambiente semplice ma allo stesso tempo complesso dove gli errori di impostazione e gestione sono frequenti.
Per le iscrizioni al corso clicca qui, per maggiori informazioni e costi Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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