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Risultati positivi per il progetto Life AgriSed, con capofila l’azienda pistoiese Agri Vivai, finalizzato a dimostrare la validità del co-compostaggio di scarti verdi e sedimenti fluviali (in varie proporzioni) per ottenere substrati eco-sostenibili utilizzabili nel vivaismo. Il coordinatore Stefano Lucchetti: «alternative ai substrati convenzionali sono possibili».
«I risultati sono stati superiori alle aspettative: l'utilizzo di ogni substrato testato ha portato all'ottenimento di una pianta “vendibile” e di buon aspetto».
Così Stefano Lucchetti, agronomo dell’azienda pistoiese Agri Vivai Srl, specializzata in prodotti e servizi professionali per il vivaismo e il giardinaggio, riassume l’esito del progetto da lui coordinato “Life AgriSed” sul co-compostaggio di sedimenti fluviali e scarti verdi per l’ottenimento di tecnosuoli e substrati innovativi, giunto ieri ufficialmente a conclusione dopo 3 anni e mezzo di attività e sperimentazioni. Un progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Life con capofila Agri Vivai e l’ausilio di partner importanti come Università di Firenze, Cnr di Pisa, Gorini Piante e Eps Biotechnology.
«Alternative ai substrati convenzionali sono quindi possibili e disponibili – aggiunge Lucchetti - basta impegnarsi nella corretta gestione in fase di coltivazione. I continui cambiamenti dei prezzi delle materie prime e la crisi della logistica, causati da Covid, cambiamenti climatici, guerra ecc., impongono la continua ricerca di alternative, prodotte in loco, a fonte rinnovabile e da economia circolare».
Lo scopo di AgriSed era dimostrare l’idoneità dei sedimenti dragati, tali e quali o dopo co-compostaggio con rifiuti vegetali, alla produzione di technosol o suoli ricostituiti utilizzabili per la bonifica di terreni degradati e aree dismesse oppure come substrati innovativi ed eco-sostenibili per il vivaismo.
Attività svolte:
- Analisi del quadro normativo a livello nazionale ed europeo, al fine di identificare eventuali barriere alla transizione circolare.
- Validazione del processo di co-compostaggio con 2 prove in ambienti diversi (in Italia ed Repubblica Ceca) e a partire da sedimenti e scarti verdi acquisiti localmente. In ogni prova sono state testate 3 differenti miscele, con proporzioni di sedimenti e scarti verdi rispettivamente di 3:1, 1:1 e 1:3 in volume.
- Uso dei co-compost ottenuti per la produzione di 13 substrati sostenibili, 10 a totale e 3 a parziale sostituzione della torba.
- Uso dei co-compost ottenuti e di sedimenti tali e quali per la produzione di suoli ricostituiti, per un totale di 7 matrici ottenute dalla composizione in differenti proporzioni di sedimenti, co-compost, scarti del settore cartario e terre da suoli degradati.
- Valutazione delle proprietà agronomiche dei substrati ottenuti, tramite la conduzione di 3 prove di coltivazione (1 ciclo autunnale in campo aperto, 1 ciclo primaverile in campo aperto, 1 ciclo autunnale in serra), con la crescita di 580 piante di Viburnum tinus e 580 piante di Photinia x fraseri ‘Red Robin’.
- Valutazione delle proprietà pedologiche dei suoli ricostituiti ottenuti, tramite la conduzione di 1 prova in 18 colonne di suolo e di 1 prova di coltivazione (ciclo autunnale in campo aperto), con la crescita di 140 piante di Viburnum tinus e 140 piante di Photinia x fraseri ‘Red Robin’.
- Valutazione della sostenibilità ambientale, tramite la conduzione di una analisi Life Cycle Assessment, ed economica, tramite la redazione di un Business Plan, delle diverse soluzioni proposte.
- Conduzione di workshops e corsi tecnici per il trasferimento delle conoscenze e delle esperienze maturate con il progetto.
- Realizzazione di una campagna di comunicazione e disseminazione su scala nazionale ed internazionale destinata sia all’audience generale che a audience specifiche, quali la comunità scientifica e gli operatori e tecnici dei settori interessati.
- Perseguimento di azioni di comunicazione specifiche destinate ai policy makers e agli stakeholders dei settori interessati, al fine di sensibilizzare sulle tematiche dell’economia circolare e la necessità di un aggiornamento del quadro normativo a loro favore.
Risultati ottenuti:
- Validazione del processo di co-compostaggio. Il processo proposto si è dimostrato in grado di garantire la completa maturazione e stabilizzazione del compost. Oltre a risultare un’alternativa per il riutilizzo di sedimenti e scarti verdi, il co-compostaggio è risultato anche una valida tecnologia di biorisanamento dei sedimenti, che hanno mostrato una riduzione dei livelli di contaminanti organici.
- Validazione dei substrati a base di co-compost. Le piante allevate sui substrati alternativi AgriSed hanno presentato performance analoghe a quelle di piante allevate su substrati tradizionali a base di torba, sia in termini di altezza finale che di sostanza secca finale raggiunta.
- Validazione dei suoli ricostituiti con l’impiego di sedimenti e co-compost AgriSed. I suoli ricostituiti ottenuti hanno mostrato un evidente miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche di partenza, con un aumento della capacità di ritenzione idrica ed un miglioramento generale di tutti i caratteri legati alla fertilità. I suoli ricostituiti si sono rivelati idonei anche alla coltivazione di piante in vaso.
- Validazione della sostenibilità ambientale ed economica delle soluzioni proposte. L’analisi LCA ha mostrato che i prodotti ottenuti presentano performance ambientali migliori rispetto alle soluzioni tradizionali. Grazie al business plan è stato possibile dimostrare di aver adottato modelli di economia circolare senza intaccare l’economicità delle aziende.
- Incremento della consapevolezza pubblica sulle problematiche ambientali affrontate e sensibilizzazione sui temi dell’economia circolare, grazie all’estesa campagna di comunicazione e disseminazione multi-target.
- Sensibilizzazione delle autorità e degli stakeholders operanti nei settori coinvolti circa la presenza di barriere allo sviluppo di business sostenibili e a favore di un aggiornamento del quadro normativo.
Per ulteriori informazioni: lifeagrised.com
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Dall’agenzia di Generali Italia a Pistoia di via Salvo D’Acquisto guidata da Gai e Romoli viene sottolineato il «sempre maggiore interesse nel settore florovivaistico per la classica polizza aziendale Valore Agricoltura», ma anche, come dice il consulente Decaria, «curiosità per la più complessa GenerAmbiente sulla responsabilità civile-ambientale, perché si è capito che ha costi proporzionati alle dimensioni aziendali». L’ispettrice Parentelli evidenzia l’importanza dell’analisi delle esigenze del cliente ed è convinta che ci siano «ampi margini di crescita fra i piccoli vivaisti». Romoli spiega così GeneraSviluppo Sostenibile: «è un investimento assicurativo che consente di puntare su imprese di settori ecosostenibili, in linea con l’Agenda 2030 dell’Onu, ma bilanciando il portafoglio a propria misura con quote nel porto sicuro della nostra gestione separata Gesav».
«In questo periodo ho potuto conoscere numerose realtà produttive, ascoltandone la storia, gli obiettivi e soprattutto le esigenze in materia assicurativa. Stiamo riscontrando sempre maggiore interesse e curiosità nel settore florovivaistico per le tematiche relative alla tutela dei beni e del patrimonio, e grande consapevolezza dell’importanza di avere a disposizione strumenti che permettano di far fronte a eventuali imprevisti. Non vediamo l’ora di incontrare i vivaisti del distretto nuovamente in un evento dal vivo per poter fornire loro ulteriori informazioni e aggiornamenti, perché la conoscenza genera scelte consapevoli».Ad affermarlo è Fabrizio Gai, contitolare insieme a Paolo Romoli dell’agenzia di Generali Italia di via Salvo d’Acquisto a Pistoia, con uffici anche a Quarrata in via Montalbano e Alto Reno Terme (Porretta) in viale Mazzini: agenzia di servizi assicurativi e finanziari in grado di fornire consulenza e assistenza in tutti gli ambiti coperti da Generali, grazie a un team, fra dipendenti di agenzia, dipendenti di compagnia e consulenti, di 22 persone molto qualificate ed esperte (vedi). Abbiamo sentito Gai e Romoli, insieme ad alcuni consulenti dell’agenzia, per verificare come va la collaborazione con l’Associazione Vivaisti Italiani (AVI), organo referente del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia. Una partnership consolidatasi circa 2 anni fa nel contesto del Progetto integrato di distretto (Pid) “Vivaismo per un futuro sostenibile” cofinanziato dalla Regione Toscana, che ha AVI come capofila e l’agenzia di via Salvo d’Acquisto fra i partner.
Tra i consulenti in prima linea per soddisfare le esigenze di tutela della persona, della famiglia e dell’attività dell’agenzia vi sono Sergio Ulivagnoli, Davide Torracchi e Valentina Rossi, che spiegano: «noi contattiamo le aziende, ci facciamo conoscere, presentiamo loro i nostri prodotti e soprattutto ascoltiamo le loro esigenze. Molto spesso i vivaisti sono già abbastanza informati, perché chi ha un’azienda è normale che si voglia tutelare e poi si informano in seno ad AVI. Questo è vero soprattutto per “Valore Agricoltura”, che è sempre andata bene, perché è la polizza più facile: la classica polizza aziendale, con una parte incendi e una di responsabilità civile, che copre un po’ tutto, dall’incendio per un fulmine al danno a terzi».
«Ultimamente – aggiunge comunque il consulente Emanuele Decaria - stiamo proponendo anche la polizza per la responsabilità civile-ambientale “GenerAmbiente”, contro il rischio di inquinamento accidentale, che prevede anche servizi di prevenzione e analisi. Questa sta destando curiosità e attenzione, perché è meno conosciuta e più particolare. Ad esempio è retroattiva. Inoltre riguarda anche i danni alla collettività, non solo a terzi. Ma è un po’ più complessa di altre polizze perché richiede la compilazione di questionari articolati e deve essere attentamente commisurata alle esigenze specifiche di ogni singola azienda. Però fa dormire sonni tranquilli e comincia a destare interesse anche fra i medi e piccoli vivaisti da quando è stato compreso che il suo costo è parametrato alle dimensioni aziendali, per cui un vivaio a conduzione familiare avrà un premio diverso da quello di una grande azienda vivaistica».
Tuttavia, come osservato da Rita Parentelli, ispettrice di Generali Italia ormai di casa nel Distretto vivaistico pistoiese, «con riferimento in particolare ai piccoli vivaisti ci sono ancora ampi margini di crescita nella tutela assicurativa dell’agricoltura». A proposito del metodo di lavoro, sottolinea «l’importanza di puntare sull’analisi delle reali esigenze del cliente, sul rapporto di fiducia con lui». «Io ad esempio – racconta - ho rapporti da molti anni con tantissimi vivaisti che sono ormai miei amici, di famiglia, a cui ho visto nascere i figli. Credo molto nella qualità del rapporto e dell’analisi, altrimenti mi ridurrei a banale distributore di prodotti e questo non piacerebbe né a me né ai miei interlocutori».
Infine con Paolo Romoli abbiamo parlato di GeneraSviluppo Sostenibile, l’investimento assicurativo che investe nei temi dello sviluppo sostenibile abbinandovi però la solidità tipica delle soluzioni assicurative tradizionali. «È una forma di investimento – spiega - che consente di puntare su imprese di settori ecosostenibili, in linea con l’Agenda 2030 dell’Onu, ma bilanciando il portafoglio, a propria scelta e misura fra varie opzioni disponibili, con quote nel porto sicuro della nostra gestione separata Gesav». «Generali – prosegue – lo ha creato accorpando i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 in 5 temi d’investimento: consumo responsabile, salute e benessere, tutela del clima, crescita sostenibile, pari opportunità. Un modo per investire i risparmi mirando a creare valore allo stesso tempo per il proprio futuro e per quello del mondo, perché si tratta di settori economici in cui è prevista più crescita e che serviranno a bloccare il cambiamento climatico».
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Intervista a Massimo Cardelli, direttore tecnico di Artigianfer, azienda di Uzzano (Pistoia) leader nazionale nella progettazione e costruzione di serre per l’orticoltura e il florovivaismo. Cardelli: a Pescia molte serre sono obsolete, a Viareggio la situazione è lievemente migliore, in Italia serre vecchie, anche di 30/40 anni, mentre in altre parti d’Europa spesso si rinnovano dopo 15-20 anni; «la cosiddetta serra 4.0 è una macchina di controllo tramite un unico sistema informatico per massimizzare la produzione, più che una semplice copertura protettiva». Per il direttore tecnico di Artigianfer i vincoli su volumi e altezze di alcuni Comuni sono incompatibili con le serre avanzate e con il rinnovo del parco serre: si dovrebbero uniformare al tetto regionale di 7 metri di altezza ai colmi.
Le serre utilizzate nel settore primario italiano sono poche e mediamente vecchie, con dotazioni tecnologiche non al passo coi tempi. Nonostante gli aspetti ancora da chiarire, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tutto centrato sulla transizione ecologica, offrirà occasioni di sostegno agli investimenti su questo fronte. Serre e dispositivi di ultima generazione significano infatti risparmio di acqua, di consumo d’energia e di prodotti fitosanitari, ma anche maggiore produttività e competitività.
Abbiamo cercato di chiarire meglio i contorni di questa situazione e le opportunità di risparmio e sviluppo che si stanno presentando ad agricoltori, floricoltori e vivaisti con un esperto quale Massimo Cardelli, direttore tecnico di Artigianfer, l’azienda toscana con sede a Uzzano (in provincia di Pistoia) numero uno in Italia nella realizzazione di progetti “chiavi in mano” di serre per colture protette: serre agricole per l’orticoltura e il florovivaismo dotate delle tecnologie più avanzate attualmente disponibili e adattate su misura alle esigenze specifiche di ogni committente (vedi). Massimo Cardelli è figlio d’arte di uno dei due fratelli Cardelli titolari di Artigianfer, Pietro e Patrizio, e con il fratello Mario, che è direttore commerciale di Artigianfer, sta portando avanti la progettazione, vendita e realizzazione di serre dotate di impianti fotovoltaici sin dal 2009, avendo installato fino a oggi quasi 300 ettari di serre fotovoltaiche: prima in Italia e poi in Francia, perché da noi il mercato si è bloccato dopo un inizio promettente a seguito dei numerosi cambi di normativa che hanno frenato gli investimenti su quel fronte.
Innanzi tutto, quanto è vecchio il parco serre del nostro ortoflorovivaismo? Ce ne sono davvero così tante da rifare o rinnovare?
«Se parliamo della provincia di Pistoia, la percentuale è alta: a Pescia, dove tutti i miei familiari sono nati e dove tantissimo fu fatto da moltissimi imprenditori ed innovatori nel passato, ad esempio, andrebbero rinnovate molte serre. Nella zona di Viareggio la situazione è lievemente migliore. Ma questo è un problema che sussiste in tutto il nostro Paese. Il tema c’è ed è ampio e complesso. Per cui, sì, in Italia sono tante le aziende con serre vecchie, di 30/40 anni, e che avrebbero bisogno di essere rifatte. Per dare un termine di paragone, anche in Francia le serre stanno invecchiando, ma lì l’età media è di circa la metà, intorno ai 20 anni. In Olanda ancora meno (10-12 anni). Il nostro parco serre è oggettivamente più obsoleto rispetto a molti paesi europei quali appunto Olanda, Germania e Francia».
Sappiamo che le serre di nuova generazione significano risparmi di acqua, energia e maggiore produttività, ma sono davvero così grandi le differenze rispetto alle vecchie e in che cosa consistono?
«Oggigiorno parliamo di serre dotate di impianti per la coltivazione ortoflorovivaistica con progetti chiavi in mano. Oltre alle serre forniamo tutte le tecnologie impiantistiche abbinate: sistemi di climatizzazione, di controllo automatico dell’irrigazione e della luminosità interna, insomma dei parametri climatici in ragione della specifica coltura. La serra è ormai una macchina di controllo della coltivazione, più che solo una copertura protettiva: la protezione è totalmente integrata ai sistemi di massimizzazione della produzione protetta sia di piante orticole da foglia che di piante da frutto o di prodotti florovivaistici, che non solo vengono protetti appunto ma anche forzati a crescere di più e in maniera più adeguata dal punto di vista quantitativo ed organolettico. La serra consente di aumentare i cicli di produzione nell’unità di tempo (da 5 a 8 volte), fa risparmiare acqua e fitofarmaci».
Tutto ciò fa pensare a investimenti sì indispensabili ma anche significativi: nel PNRR si troveranno i sostegni finanziari necessari ad agricoltori, floricoltori e vivaisti per questo rinnovo del parco serre?
«Sono previsti, così ci dicono i consulenti, dei finanziamenti agevolati di vario tipo ma in generale legati al PNRR per il rinnovo o la riconversione delle serre vecchie. E quando si parla di riconversione s’intende demolizione e rifacimento. Sono previsti pure sostegni agli investimenti nelle dotazioni tecnologiche per produzioni idroponiche e anche nelle cosiddette serre 4.0, dove appunto gli impianti sono gestiti da un unico sistema informatico, diretto o in remoto, in cui tutto s’interfaccia a creare una gestione unitaria a 360 gradi. Ma non sono in grado di fornire al momento ulteriori dettagli sulle procedure: la fase è ancora fluida e alcuni aspetti sono da chiarire. Però mi preme sottolineare una problematica che potrebbe compromettere il buon esito di questi sostegni governativi per il rinnovo delle serre».
Ci dica: di che problema si tratta?
«Mi riferisco alla questione dei vincoli amministrativi sui volumi e in particolare le altezze delle serre, del tutto incompatibili con le nuove tipologie di serre d’ultima generazione. Se io voglio fare una serra, ma il Comune mi dice che devo rispettare la sagoma d’ingombro precedente, si blocca praticamente tutto. Perché le nuove serre richiedono altezze maggiori e volumi colturali ad hoc, anche nel rispetto della tutela della salute dei prodotti orto-florovivaistici. La legge regionale toscana dice che l’altezza massima è di 7 metri al colmo: basterebbe che tutte le amministrazioni comunali si uniformassero a tale limite e ci si potrebbe fare, altrimenti sarà un problema portare avanti il rinnovo del parco serre».
Prima ha fatto riferimento alle colture idroponiche, cioè fuori suolo e tramite acqua, può spiegarne meglio i vantaggi?
«Anche in questo caso tutto è basato sul controllo automatico delle operazioni. Si punta a massimizzare la produzione controllandone al tempo stesso la qualità, anche dal punto di vista organolettico. Si tratta infatti di ortaggi “organic” per dirla in inglese, cioè “organici”, senza l’uso di prodotti chimici di sintesi. Per cui, tanto per citare un esempio della serra di Sfera o delle serre dell’Azienda F.lli La Pietra (vedi), lì si possono produrre pomodori senza contenuto di nichel. A seconda del tipo di coltura si può avere una produzione da 6 a 8 volte maggiore rispetto ai metodi di coltivazione tradizionali e anche e soprattutto fuori stagione. I risultati migliori si hanno ad esempio con pomodori, cetrioli, peperoni, zucchine, mentre per gli ortaggi in foglia gli incrementi produttivi sono leggermente più bassi. E tutto ciò con risparmi d’acqua enormi: fino al 90%».
E sull’opportunità delle serre fotovoltaiche che ne pensa?
«Innanzi tutto colgo l’occasione per sottolineare che la nostra azienda è all’avanguardia in questo comparto, con un brevetto specifico che ci sta dando soddisfazioni soprattutto in Francia, con 50 ettari di serre fotovoltaiche col nostro brevetto. Esso prevede un inseguitore mono assiale integrato nel tetto della serra che consente di inseguire appunto il sole da est a ovest in ragione della sua posizione aumentando così la produttività di energia elettrica dei pannelli solari fino a un +20%. Senza entrare nei dettagli, basti dire che ci sono risparmi considerevoli nell’uso dei sistemi di raffrescamento in estate, il consumo di elettricità estivo è quasi azzerato, perché l’energia elettrica che produco in più rispetto ai fabbisogni nell’arco dell’anno può essere utilizzata per la primavera e l’estate. In pratica si risparmia il 60/70% di costi di energia elettrica per 4/5 mesi l’anno».
Un esempio?
«Se uno realizza una serra di 1 ettaro, considerando che mediamente si copre con pannelli fotovoltaici circa la metà della serra, si arriva a installare 1 Mw di potenza. Con una potenza del genere alle latitudini di Pistoia si può arrivare a produrre anche 1 milione e mezzo di Kwh all’anno di energia elettrica. Questo significa che si potrebbe coprire il fabbisogno elettrico legato al condizionamento-consumo diurno per 4 mesi di 200/250 case».
Un’altra frontiera legata alle serre di ultima generazione, di cui si parla molto nelle testate di settore olandesi, è quella della foto-assimilazione. Che mi può dire in proposito?
«Siamo impegnati anche su quel fronte: abbiamo una stretta collaborazione con Philips, con cui collaboriamo nella commercializzazione di luci per foto assimilazione progettate e prodotte da Philips per le serre. Siamo i loro concessionari per questo specifico settore in Italia ed in Grecia».
Siamo presenti a MyPlant & Garden (23-25 febbraio - Rho - Milano) Padiglione 16P stand C-16.
Artigianfer.com
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La Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo grazie al monitoraggio attivato sulle filiere e sui distretti del Paese evidenzia come nel 2020 il valore della produzione florovivaistica italiana si sia assestato a 2,65 miliardi di euro (pari al 4,8% della produzione agricola totale), di cui 1,23 per la sola produzione di fiori e piante da vaso. L’Italia è il quinto paese europeo per valore della produzione con una quota del 13,25% dopo Olanda (29%), Germania (17%), Spagna (14%) e Francia (13%).
Il florovivaismo è stato tra i settori più colpiti dalla pandemia ma è anche una filiera che ha dimostrato grandi capacità di ripresa con importanti segnali di recupero sul fronte dell’export, dove è riuscita a mantenere i livelli record dell’anno precedente. L’Italia conferma il ruolo di esportatore netto del prodotto orto-florovivaistico: nel 2020 i valori di export hanno raggiunto i 903 milioni di euro (invariati rispetto al 2019). Il saldo positivo della bilancia commerciale è stato di 423 milioni di euro, di cui 310 milioni è riferibile alle piante da esterno che costituiscono il prodotto più esportato del comparto (43%).
Sono circa 24.000 le aziende produttrici di piante ornamentali censite dall’ISTAT, concentrate soprattutto in 4 regioni: Liguria, che ha il primato delle aziende che coltivano fiori in piena aria; Toscana e Lombardia, dove sono presenti le principali attività vivaistiche ornamentali arbustive e forestali; Campania, dove le aziende sono specializzate soprattutto nella coltivazione di fiori in coltura protetta.
Sempre la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo monitora due distretti in due territori particolarmente vocati alla produzione di fiori e piante. Il Florovivaismo di Pistoia ha avuto un’evoluzione positiva delle esportazioni anche nell’anno della pandemia, con valori che sono arrivati a sfiorare i 290 milioni di euro nel 2020 e una crescita che non si arresta neanche nei primi nove mesi del 2021: quasi 303 milioni di euro nel periodo gennaio-settembre 2021, quasi il 40% in più rispetto al pre-pandemia. Il Florovivaistico del ponente ligure, con 143 milioni di export nel 2020, ha chiuso in lieve contrazione rispetto al 2019 ma ha dato ampi segnali di recupero nei primi nove mesi del 2021, arrivando a superare i 140 milioni di euro (+13,5% tendenziale).
La Direzione Agribusiness, di cui Massimiliano Cattozzi è il nuovo responsabile dallo scorso gennaio, è il centro di eccellenza del Gruppo Intesa Sanpaolo dedicato all’agricoltura, che punta a cogliere le enormi potenzialità di uno dei settori produttivi più importanti del Paese valorizzandone ulteriormente il legame con i territori. Può contare su 1.000 professionisti e 250 punti operativi a servizio di circa 80 mila clienti, accompagnando gli operatori delle filiere agroalimentari, florovivaistiche e zootecniche nel loro sviluppo con un’attenzione particolare agli investimenti nella sostenibilità e nella circular economy oltre che nella transizione digitale, in coerenza con le indicazioni del PNRR. Obiettivi che Intesa Sanpaolo ha inserito anche tra quelli prioritari del recente Piano d’Impresa 2022-2025 consapevole che le sfide dei prossimi anni riguardano proprio i criteri ESG e l’innovazione.
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Ottimi livelli di vendita e riscontri dei clienti sul Piaggio Porter NP6 presso SVRA, concessionaria IVECO e Piaggio Commercial leader fra i vivaisti, floricoltori e giardinieri di Pistoia e Prato. Per il responsabile vendite Piaggio Gregorio Borri «rispetto ai precedenti modelli, il Porter NP6 ha prestazioni migliori, oltre ad essere più sicuro e comodo come un’auto. Può essere allestito in tanti modi ed è disponibile in tempi brevi. Nel primo anno di vita, la versione benzina e GPL ha stracciato nelle preferenze quella a benzina e metano, anche a causa dell’impennata del prezzo di quest’ultimo».
«È un camion con le comodità di un’auto, agile e dalle ottime performance, molto più versatile dei precedenti modelli a livello di allestimenti e configurabile con numerosi optional: un concetto che è stato ben recepito dalla clientela, sia nell’ambito del vivaismo che in tutta la filiera del verde, così come in altri settori industriali (edilizia in primis)».
Così riassume le caratteristiche vincenti del Porter NP6 Gregorio Borri, responsabile vendite Piaggio di SVRA, concessionaria IVECO e Piaggio Commercial numero uno fra i vivaisti, i floricoltori e i giardinieri della provincia di Pistoia e Prato. Punti di forza di questo veicolo Piaggio uscito nel 2021, che hanno garantito ottimi livelli di vendita e riscontri positivi dei clienti in questo suo primo anno di vita.
«Ha avuto successo: è piaciuto ed è stato venduto tanto, soddisfacendo il fabbisogno della nostra rete – prosegue Borri -. E questo sia nella filiera del verde che in altri settori come l’edilizia. Il Porter NP6 è stato apprezzato anche perché rispetto ai modelli precedenti, molto più basic, garantisce prestazioni migliori, oltre ad essere più comodo e sicuro grazie ad una cabina spaziosa e dotata di airbag. Può essere inoltre arricchito con molti optional assai funzionali: basti pensare ai fendinebbia, alla radio bluetooth o agli specchietti elettrici. Tutti elementi su cui abbiamo ricevuto feedback positivi dai clienti. Un altro aspetto che ha giocato a suo favore è che, mentre per altri veicoli industriali l’anno scorso c’è stata carenza di disponibilità, l’offerta di Porter da parte di Piaggio è sempre stata alta, con veicoli a disposizione per soddisfare in tempi relativamente brevi le richieste di concessionarie e clienti finali. E questo vale tuttora, a inizio febbraio 2022. Quindi è un veicolo che in questo primo anno, sia per noi come concessionaria che per Piaggio, ha raggiunto gli obiettivi prefissati».
Passando alle risposte di mercato, nello specifico della filiera del verde, Borri spiega che «è andato bene soprattutto con i giardinieri o i piccoli florovivaisti che per mole o tipologia di lavoro non hanno per forza bisogno di un camion di grandi dimensioni come primo mezzo, ma anche con aziende vivaistiche maggiori che hanno visto nel Porter NP6 un partner di lavoro ideale, per operare in spazi più ristretti o per arricchire e completare il proprio parco veicoli».Quali allestimenti sono stati preferiti dai florovivaisti? «Se pensiamo ai cassoni, fra i vivaisti il preferito in assoluto s’è confermato il cassone fisso, anche se c’è stato qualche cliente che ha voluto il ribaltabile per dotarsi di un’arma in più nella propria flotta. Tuttavia, il cassone ribaltabile, che per caratteristiche costruttive è un po' più costoso e con un piano più alto, è stato maggiormente apprezzato da giardinieri o altri operatori del verde. Questi ultimi hanno sfruttato spesso anche la possibilità di arricchire i propri cassoni con sovrasponde di 60 cm che consentono di raggiungere un’altezza totale di circa 1 metro, fondamentale in certe situazioni lavorative».
I motori, come già spiegato l’anno scorso, sono tutti “green” grazie alla doppia alimentazione benzina e gpl o benzina e metano; un aspetto molto interessante che permette di circolare liberamente in alcune ZTL e di usufruire di una tolleranza di carico del 15% sulla “massa totale a terra”. Riguardo alla scelta dell’alimentazione, riferisce Borri, «è stata assai preferita quella a benzina e gpl. Primo perché il gpl rispetto al metano consente performance migliori e in secondo luogo perché l’aumento di prezzo che nell’anno passato ha interessato i carburanti ha fatto sì che il prezzo del metano raddoppiasse».
«Sebbene il modello elettrico del Porter NP6 non sia ancora uscito (le indiscrezioni parlano di inizio 2023) – conclude Borri - la Piaggio continua a lavorare duramente per soddisfare tutti i fabbisogni della propria clientela. Nella primavera del 2022 sarà infatti possibile acquistare anche una versione “a furgone” del nuovo Porter NP6. Un allestimento che probabilmente non riguarda direttamente gli operatori del verde, ma che potrebbe incontrare le esigenze di molti consumatori desiderosi di “affacciarsi” per la prima volta ad un marchio, quello Piaggio, che ha fatto la storia dell’industria italiana degli ultimi 50 anni».
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