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Brexit e agroalimentare

Per Confagricoltura «con meno controlli tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord a rischio sicurezza alimentare e sostenibilità». Giansanti: «potrebbero arrivare sui nostri mercati prodotti agroalimentari non conformi alle regole della UE», visti anche gli accordi commerciali preferenziali che il Regno Unito sta negoziando con i Paesi terzi dopo l’addio all’Unione. Ma va evitato «un contenzioso commerciale con il Regno Unito, che è uno dei principali mercati di sbocco per i nostri prodotti agroalimentari»: 3,5 miliardi di euro di export all’anno, che però è calato di oltre il -10% nel primo semestre 2021.


«Va assolutamente scongiurato un contenzioso commerciale con il Regno Unito, che è uno dei principali mercati di sbocco per i nostri prodotti agroalimentari. Sono di fondamentale importanza anche l’integrità del mercato unico dell’Unione e il rispetto delle regole europee in materia di sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale».
E’ la presa di posizione del 15 ottobre del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sulle proposte licenziate dalla Commissione europea nei giorni precedenti al fine di semplificare l’applicazione del Protocollo sulla Repubblica d’Irlanda e sull’Irlanda del Nord sottoscritto nel quadro dell’accordo sul recesso del Regno Unito dalla Unione Europea.
Le proposte della Commissione prevedono una drastica riduzione (fino all’80%) dei controlli sanitari e fitosanitari sui prodotti agroalimentari in partenza dalla Gran Bretagna e destinati all’Irlanda del Nord che, in linea con l’accordo di recesso, è di fatto rimasta nel mercato unico e nell’accordo doganale della UE. In questo modo è stato evitato il ripristino di un confine fisico tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord.
«Le proposte della Commissione – ha aggiunto Giansanti – prevedono una serie di impegni delle autorità britanniche (costruzione di posti di controllo permanenti, varo di uno specifico sistema di etichettatura, monitoraggio rafforzato sulle catene di approvvigionamento), per assicurare la vendita dei prodotti interessati solo all’interno del Regno Unito, senza possibilità di accesso agli Stati membri dell’Unione». «Di fatto – sottolinea il presidente di Confagricoltura – affida ad un Paese terzo i controlli sull’integrità e sul funzionamento del mercato unico».
«In caso di mancato o inadeguato funzionamento del sistema proposto, potrebbero arrivare sui nostri mercati prodotti agroalimentari non conformi alle regole della Ue, tenendo anche conto degli accordi commerciali preferenziali che il Regno Unito sta negoziando con i Paesi terzi dopo il recesso dall’Unione. Rischieremmo inoltre di importare anche le imitazioni dei nostri prodotti a indicazione geografica e di qualità». Il Regno Unito ha già siglato un’intesa commerciale con l’Australia e sono in corso le trattative per raggiungere un accordo con Stati Uniti, Nuova Zelanda e Paesi asiatici.
Le esportazioni agroalimentari dell’Italia verso il Regno Unito, ricorda Confagricoltura, ammontano a circa 3,5 miliardi di euro l’anno. Vini, in prima fila il Prosecco, e i derivati del pomodoro sono i prodotti più apprezzati dai consumatori britannici. A seguito della Brexit, nel primo semestre 2021 si è registrata una contrazione dell’export di oltre il 10%.


Redazione

CREAgritrend agroalimentare

Dal CREA la fotografia dell’agroalimentare nel secondo trimestre 2021 con CREAgritrend, l’aggiornamento periodico del Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia.


«Un aumento del PIL nei confronti sia del trimestre precedente (+2,7%) sia del medesimo periodo dell’anno precedente (+17,3%) che favorisce anche un incremento del valore aggiunto»: buona la performance economica del settore agroalimentare nel II trimestre 2021. «Ciò è legato ad una crescita generale della domanda interna: consumi finali nazionali (+3,4%), investimenti fissi lordi (+2,4%) e importazioni ed esportazioni». 
A farlo sapere è stato ieri il CREA che ha riportato la fotografia dell’agroalimentare scattata nel secondo trimestre del 2021 da CREAgritrend, il bollettino trimestrale messo a punto dal suo Centro di Ricerca ‘Politiche e Bioeconomia’.  
«Rispetto allo stesso periodo del 2020 – si legge - fra aprile e giugno 2021, si è verificato un aumento sia dell’indice della produzione che di quello del fatturato: per l’industria alimentare rispettivamente +5,7% (con picco a giugno) e +8% nel complesso (e +14% sui mercati esteri); per l’industria delle bevande rispettivamente +27,6% (con un picco a maggio) e +31% nel complesso (e +36% sui mercati esteri)».
«Le esportazioni agroalimentari – continua la nota del Crea - nel II trimestre 2021 hanno superato i 12,6 miliardi di euro e, rispetto allo stesso periodo del 2020, crescono del +23%, con USA e Germania come principali clienti. In aumento anche le importazioni (+20%) con Brasile e Grecia come principali fornitori. I prodotti maggiormente esportati sono stati vini, carni preparate e prodotti lattiero-caseari. Sul fronte delle importazioni i prodotti maggiormente interessati sono stati semi di soia e derivati e olio di oliva».
Infine, riguardo alla sentiment analysis 2021, «sulla base dei dati raccolti su Twitter dal 6 giugno 2021 al 12 settembre 2021, emerge un ampio clima di fiducia nei confronti del settore primario e delle sue politiche, seppur si registra una diminuzione (-2%) del sentimento di fiducia rispetto al periodo precedente, con prevalenza dei giudizi positivi e molto positivi (67%) rispetto ai negativi e molto negativi (31%), che aumentano del 2% appunto».


Redazione

Presentato ieri l’ultimo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio (INFC) realizzato dai Carabinieri Forestali con il supporto di CREA. Tra INFC del 2005 e del 2015 la superficie boschiva nazionale è aumentata di circa 587.000 ettari superando gli 11 milioni di ettari. La biomassa forestale è cresciuta del 18,4%, mentre l’anidride carbonica assorbita ha avuto un incremento di 290 milioni di tonnellate. Allarme però di Coldiretti: 1/4 dei nuovi ettari boscati sono andati in fiamme nel 2021.

Non si è arrestata la marcia dei boschi italiani negli ultimi 10 anni. E’ aumentata la loro superficie e la biomassa, e con loro la capacità di assorbire anidride carbonica. 
E’ quanto emerso dall’ultimo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio (INFC), presentato ieri in occasione dell’All4Climate di Milano, che è stato realizzato dall’Arma dei Carabinieri tramite il Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari in collaborazione con il partner scientifico CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi per l’Economia Agraria) e il contributo dei corpi forestali delle regioni e province autonome.
La lettura dei dati evidenzia un aumento della superficie forestale di 586.925 ettari per un valore complessivo di 11.054.458 ettari di foresta, pari al 36,7% del territorio nazionale. La consistenza dei boschi italiani, espressa come metri cubi di biomassa è aumentata del 18,4%, i valori a ettaro sono passati da 144,9 a 165,4 metri cubi; lo stock di carbonio, nella biomassa epigea e nel legno morto, è passato da 490 milioni di tonnellate rispetto alla rilevazione precedente a 569 milioni di tonnellate di carbonio organico, equivalente a un valore della CO2 che passa da 1.798 milioni di tonnellate a 2.088 milioni di tonnellate, con un incremento di 290 milioni di tonnellate di CO2 stoccata e, quindi, sottratta all’atmosfera. L’anidride carbonica è il gas serra maggiormente responsabile dell’innalzamento globale delle temperature.
«La sottrazione dall’atmosfera e l’immagazzinamento dei gas ad effetto serra, in particolare del diossido di carbonio o anidride carbonicae – ricorda il comunicato di Carabinieri Forestali e Crea - è una delle funzioni più importanti di recente riconosciute alle foreste che, così, contribuiscono a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e a regolare il clima. Infatti le foreste, come tutto il regno vegetale, rappresentano un ponte insostituibile tra il mondo inorganico e quello degli esseri viventi e una formidabile macchina biologica che cattura carbonio dall’atmosfera, lo immagazzina nelle sue fibre e lo tiene bloccato per tempi anche molto lunghi: un metro cubo di legno secco contiene circa 260 kg di carbonio, pari a circa la metà del suo peso. In questo contesto, l’attività di monitoraggio degli ecosistemi forestali si inserisce coerentemente ed efficacemente nella realizzazione degli obiettivi strategici individuati dall’Unione europea nell’ambito del Green Deal, che mira al raggiungimento della neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050».
L’INFC è un’indagine campionaria periodica finalizzata alla conoscenza della qualità e quantità delle risorse forestali del Paese, fonte di statistiche forestali a livello nazionale e regionale. Esso rappresenta già adesso, ma sempre più lo sarà in futuro, una sorta di “termometro verde” in grado di misurare la consistenza e lo stato di vitalità delle foreste, ma che soprattutto permetterà di valutare il loro contributo per mitigare la “febbre planetaria”.
Il precedente INFC risaliva al 2005, mentre quest’ultimo è stato fissato convenzionalmente al 2015, ma le indagini si sono estese per molti anni, dal 2013 al 2020. Infatti, «al fine di ottenere statistiche aggiornate e rispondere ad una pluralità di esigenze informative connesse alla gestione delle foreste e del territorio», i rilievi in campo dell’INFC 2015, terzo inventario forestale nazionale italiano, sono stati avviati nel novembre del 2017. Ma tali rilievi, conclusi nei primi mesi del 2020, hanno completato un’indagine avviata nel 2013 con la fotointerpretazione dell’uso e copertura del suolo, prima fase dell’inventario. Le definizioni e i protocolli di rilievo di INFC2015, oltre che il disegno di campionamento, sono gli stessi adottati per la precedente indagine INFC2005, allo scopo di facilitare la comparazione dei risultati ottenuti.
I risultati dell’ultimo INFC fanno anche emergere numerosi aspetti ambientali di grande rilievo, rendendo ancora più palese «l’importanza strategica delle nostre foreste nel contribuire al rispetto degli impegni internazionali assunti dall’Italia, al benessere dell’ambiente e della società e ponendoci, di conseguenza, di fronte alla responsabilità di proseguire, nell’interesse della collettività, nelle attività di monitoraggio quantitativo e qualitativo degli ecosistemi forestali, con continuità e con sempre maggiore professionalità».

Allarme di Coldiretti
Sempre ieri però è arrivata una nota di Coldiretti in cui si afferma che «sono quasi 159mila gli ettari di bosco andati a fuoco in Italia dall’inizio dell’anno per effetto dei cambiamenti climatici, con il caldo e la siccità che hanno favorito l’azione dei piromani bruciando oltre 1/4 delle nuove foreste», cioè dei 587 mila ettari in più di superfici boscate registrate dall’Arma dei Carabinieri nell’INFC 2015. Valutazione frutto di un’analisi di Coldiretti su dati dell’European Forest Fire Information System (Effis) della Commissione Europea. «L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto – sottolinea Coldiretti –, che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi, con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità, che mette a rischio soprattutto i boschi creando le condizioni per il divampare di roghi».

Redazione

La ripresa della floricoltura nel distretto Lucca-Pistoia resa nota da Fedagripesca Toscana in occasione di un incontro per i 50 anni della cooperativa Flora Toscana. Per il direttore tecnico dell’Associazione Florovivaistica Interprovinciale Gori il calo del 20/30% del 2020 è ampiamente recuperato, mentre per il direttore di Flora Toscana Bartoli «le perdite intorno al 10%» della cooperativa nel 2020 «sono state ripianate, e siamo tornati ai livelli pre-crisi, forse di più». Trend in crescita per le piante, stabile per i fiori, prezzi in aumento.

Dopo aver azzerato il mercato durante il lockdown della primavera 2020, «la pandemia ha fatto rifiorire il pollice verde», così il settore floricolo in Toscana ha incominciato a crescere con vigore fino a ripianare le perdite del 2020. A dichiararlo il 20 settembre un comunicato di Confcooperative - Fedagripesca Toscana diffuso due giorni dopo la tavola rotonda a Pescia per i 50 anni di Flora Toscana sul tema: “Tra tradizione e innovazione, i nostri primi 50 anni. Passato presente futuro in un percorso verso nuove sfide”.
Come affermato da Stefano Gori, direttore tecnico scientifico dell’Associazione Florovivaistica Interprovinciale Lucca-Pistoia, soggetto referente del distretto che fa riferimento ai poli floricoli e florovivaistici di Pescia e Viareggio, il calo di vendite del 20-30% registrato l'anno scorso è stato ampiamente recuperato, grazie a una maggiore attenzione ai giardini privati e pubblici.
Mentre per Flora Toscana le perdite dell'anno scorso si sono attestate intorno al 10%, «ma il 2021 è stato un'annata positiva, le perdite sono state ripianate e siamo tornati ai livelli pre crisi, forse qualcosa in più», come dichiarato dal direttore generale Simone Bartoli. Il settore della produzione e della commercializzazione delle piante e dei fiori «è in ripresa e ci sono segnali positivi anche per il futuro. La pandemia ha incentivato un ritorno alla natura, spingendo molti alla cura degli spazi verdi domestici, del balcone, del giardino o in casa. Il trend in aumento per le piante, stabile per i fiori. Anche il settore degli eventi, che ha sofferto più di altri, con le riaperture di giugno è in ripartenza e registriamo numeri positivi anche nell'export, che per noi conta il 20% del fatturato. Con questo scatto in avanti del mercato, la produzione, che è stata colpita dalle gelate di aprile e ha risentito della difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, fatica a stare dietro alla domanda». I prezzi di piante e fiori sono in rialzo.
«Siamo felici di poter festeggiare questo importante traguardo di Flora Toscana guardando al futuro con una maggiore serenità – ha detto il presidente di Fedagripesca Cooperative Toscana Fabrizio Tistarelli -  i numeri del comparto sono in crescita e ci fanno ben sperare». Per lui «la realtà cooperativa rappresenta un valore aggiunto e una marcia in più anche per uscire dalla crisi».

Redazione

Secondo i dati di Comagarden, l’associazione dei costruttori di macchine per il giardinaggio, rialzo del 33,7% nel 1° semestre 2021 sul 2020, con balzi di oltre il 40% per motoseghe e robot. Intanto EIMA International, in calendario a Bologna dal 19 al 23 ottobre, annuncia 1350 espositori articolati in 13 settori di specializzazione e 5 saloni tematici e delegazioni estere da 70 Paesi.

Il boom della passione per il verde sbocciato con la pandemia si è fatto sentire anche nel mercato delle macchine e attrezzature per il giardinaggio.
Lo ha reso noto nei giorni scorsi Comagarden, l’associazione italiana dei costruttori di macchine per il giardinaggio aderenti a FederUnacoma (Federazione nazionale costruttori macchine per l’agricoltura che fa parte di Confindustria), nell’illustrare il salone tematico EIMA Green in programma dal 19 al 23 ottobre nel quartiere fieristico di Bologna nell’ambito della 44^ edizione di EIMA International, l’Esposizione Internazionale della Meccanica Agricola. Manifestazione presentata il 18 settembre durante Agriumbria da Simona Rapastella, direttore generale di FederUnacoma, che ha annunciato i seguenti numeri di EIMA1.350 (di cui 350 estere) case costruttrici che esporranno le loro gamme di prodotti articolati in 13 settori di specializzazione e 5 saloni tematici (Eima Componenti, EIMA Green, EIMA Energy, EIMA Idrotech ed EIMA Digital); e 70 delegazioni ufficiali di operatori della filiera provenienti dall’Europa (in rappresentanza di 25 Paesi), dalle Americhe (15 Paesi), dall’Africa (13 Paesi) nonché da Asia e Medio Oriente (17 Paesi).
Riguardo nello specifico al salone EIMA Green, dedicato alle tecnologie per il giardinaggio, le alte aspettative sono dovute ai dati record di Comagarden, su rilevamenti statistici Morgan, secondo i quali nel primo semestre di quest’anno si è avuta una crescita delle vendite nel comparto macchine e attrezzature per il giardinaggio pari a +33,7% rispetto al primo semestre del 2020. Con incrementi a doppia cifra per i decespugliatori (+21,3%) e le motoseghe (+40%) ma anche per i rasaerba e i robot che chiudono i primi sei mesi dell’anno con un attivo pari, rispettivamente, al 28,4% e al 41,6%. In controtendenza il segmento degli atomizzatori che, dopo la forte crescita del 2020 (+45%), archivia il primo semestre dell’anno con una flessione del 22%.
Secondo le previsioni di Comagarden l’effetto volano dell’affermarsi di nuovi stili di vita, quelli che valorizzano sempre di più la passione per le attività di giardinaggio e per la cura del verde, a livello sia hobbistico che professionale, dovrebbe proseguire anche nel resto del 2021 trainando ulteriormente il mercato. In un contesto così favorevole, EIMA Green sarà dunque un importante punto di rifermento per i buyer, i tecnici del giardinaggio, delle manutenzioni e dell’impiantistica sportiva, e per la vasta platea degli appassionati del verde che avranno la possibilità di toccare con mano l’ampia gamma di macchine e di tecnologie proposte dalle case costruttrici di tutto il mondo.
EIMA Green vede la presenza di circa 170 industrie espositrici in rappresentanza di 12 Paesi (oltre che dall’Italia, da Francia, USA, Spagna, Germania, Belgio, Turchia, Austria, Giappone, Regno Unito, Egitto, Repubblica Ceca, Canada), che impegnano una superficie espositiva attorno a 10 mila metri quadrati nei Padiglioni 33 e 35.  Ma la presentazione delle novità di gamma non è l’unica caratteristica saliente di EIMA Green. Il salone del giardinaggio offre infatti al grande pubblico di EIMA 2021 un calendario di convegni ed eventi formativi su una vasta rosa di tematiche. Dall’innovazione tecnologica delle macchine alla progettazione del verde urbano fino alla sicurezza nell’uso dei mezzi meccanici, gli incontri di approfondimento permetteranno ai visitatori di prendere confidenza con un settore in forte sviluppo, e di immergersi nella “cultura del verde”.

Redazione