Giardini da intervista
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- Scritto da Andrea Vitali
Proseguendo nell'incontaminata natura del bosco maremmano entriamo nella proprietà dello scultore Paul Fuchs: dodici ettari di terreno nel comune di Montieri, a Grosseto, impreziositi da sculture in ferro, bronzo, legno e pietra. Il fatto che la casa si trovi sperduta nel verde della campagna ha sicuramente invitato l'artista bavarese a una riflessione più profonda sui tempi dell'esistenza. Fuchs, già attento osservatore del paesaggio, nel Giardino dei Suoni offre il meglio della sua acuta riflessione sull'armonia fra ambiente e opera d'arte. Stravaganti sculture si ergono a decine di metri dal suolo e prendono vita al minimo soffio di vento, emettendo suoni in un suggestivo linguaggio, che spinge anche noi al suo ascolto. Ci accorgiamo dopo poco che l'intero complesso è un continuo work in progress, sempre aggiornato con nuove opere o con lo spostamento di alcune di esse. Ciò che garantisce allora unità al Giardino dei Suoni è il riferimento allo spazio naturale. Apprezziamo da subito la capacità di movimento delle opere, che rispondono continuamente alle sollecitazioni dell'ambiente, con la conseguente nascita di particolari suoni. L'ascolto e la vista degli strumenti musicali, del tutto originali, di Paul Fuchs ci hanno permesso di capire quanto l'opera d'arte possa, oltre ad assecondare, anche amplificare gli elementi ambientali.
Anna Lazzerini
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- Scritto da Andrea Vitali
Oggi ci siamo recati a circa 80 km a sud di Siena, nella Toscana meridionale, nei 16 ettari del giardino ideato e tanto desiderato da Daniel Spoerri. Qui, nel paesino di Seggiano, all’inizio degli anni novanta approda l’eclettico artista, dopo aver girato il mondo e vissuto a New York, Simi nel Dodecanneso, Düsseldorf e Parigi, lavorando come ballerino, coreografo, mimo, scrittore e poeta. Questo incredibile parco-museo di sculture e installazioni che si dipana fra ampi spazi erbosi e boschetti è stato aperto al pubblico nel 1997 e ospita attualmente 103 opere di 50 artisti diversi, tutti amici di Daniel: Eva Aeppli, Arman, Till Augustin, Ay-o, Roberto Barni, Erik Dietman, Katharina Duwen, Karl Gerstner, Luciano Ghersi, Alfonso Hüppi, Juliane Kühn, Zoltan Ludwig Kruse, Bernhard Luginbühl, Ursi Luginbühl, Birgit Neumann, Luigi Mainolfi, Meret Oppenheim, Dieter Roth, Susanne Runge, Uwe Schloen, Kimitake Sato, Pavel Schmidt, Esther Seidel, Patrick Steiner, Jesus Rafael Soto, Paul Talman, André Thomkins, Jean Tinguely, Roland Topor e Paul Wiedmer. L’ampio numero di artisti che ritroviamo in questo Giardino testimonia quanto l’estro di Daniel fosse cosmopolita e aperto alle sperimentazioni. Questa zona della Toscana ci accoglie con un verde rigoglioso nel tipico panorama senese con cipressi solitari su dolci colline. Qui in inverno cade la neve perché ci troviamo alle pendici del Monte Amiata e il clima contribuisce a rendere l’atmosfera un po’ incantata: il Giardino infatti si trova segnato nelle vecchie mappe con il nome “Il Paradiso”. Al cancello di ingresso questa impressione è subito confermata in quanto troneggia il motto latino “Hic terminus haeret”, ovvero “Qui aderiscono i confini”, come a dire che si sta per entrare in una dimensione diversa. Passeggiando per circa tre ore troviamo le opere d’arte disposte in ordine sparso e perfettamente mimetizzate nel paesaggio circostante. Accanto al percorso scultoreo scopriamo poi un percorso botanico, lungo il quale molte piante sono contraddistinte da un cartellino che ne illustra specie di appartenenza e particolarità. Abbiamo infine avuto modo di conoscere la Fondazione che gestisce il Giardino di Daniel Spoerri e che ne promuove in modo intelligente l’implementazione e la conservazione, in quanto istituzione di formazione per ricerche nel campo della storia dell’arte e conferenze scientifiche.
Anna Lazzerini
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- Scritto da Andrea Vitali
Il nostro viaggio ci porta oggi sul versante meridionale della collina di Gravicchio, nella Maremma Toscana, nel Giardino dei Tarocchi di Niki De Saint Phalle. Due ettari di terreno accolgono le sculture-case che spuntano irriverenti in questo selvaggio paesaggio, che fa da sfondo a un surreale percorso. L’accesso al Giardino è delimitato da una lunga muraglia in tufo, creata da Mario Botta, che sta qui a ricordarci che stiamo per varcare la soglia di un mondo quasi magico, sicuramente lontano dalla vita di tutti i giorni. Entriamo e ci troviamo di fronte una lunga strada sterrata che sale fino a una piazza centrale, dove ci imbattiamo in una vasca sovrastata dalle figure del Mago e della Papessa, ovvero i primi arcani maggiori dei Tarocchi. Il verde fa da padrone e circonda la piazza che ricorda un grande anfiteatro e ci fa pregustare un’anteprima della visione incantata e giocosa che ha animato Niki De Saint Phalle nella sua creazione. Da qui si dipartono varie strade che danno vita a itinerari diversi, che corrono lungo le sinuosità del terreno in un saliscendi continuo. Ci accorgiamo subito che anche le strade sono una parte dell’opera d’arte che è il Giardino dei Tarocchi: l’artista ha infatti inciso su di esse appunti di pensieri, memorie e disegni. Salta agli occhi la vivacità dei colori delle sculture che richiamano alla mente Gaudí e il suo Park Güell: questa esteriorità così dirompente però non impedisce al visitatore di cogliere i significati esoterici e simbolici di cui sono densi gli arcani maggiori dei Tarocchi. Di questo giardino stupisce soprattutto la connotazione ambientale dell’arte, che emerge in modo insolito nella dimensione concreta e abitabile delle sculture che Niki De Saint Phalle ha volutamente conferito loro. Forse mai come oggi ci sentiamo di aver vissuto in prima persona in un’opera totale, che integra perfettamente materia e spirito, arte e natura.
Anna Lazzerini
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- Scritto da Andrea Vitali
Le dolci colline del Chianti ospitano l’officina del pensiero artistico contemporaneo presso il Centro d’Arte La Loggia: qui ci siamo recati per ammirare un vero e proprio laboratorio di creatività nel tipico verde toscano di Montefiridolfi. Il Centro d’Arte ha sede in un affascinante complesso rinascimentale formato dalla Villa, dal Parco e dal borgo, tutti accolti da un suggestivo paesaggio agricolo: entrando ci imbattiamo in un tipico esempio di mecenatismo moderno che ha voluto sfruttare al meglio le possibilità offerte dalla vegetazione toscana. Nel giardino della casa padronale e negli spazi verdi adiacenti i materiali usurati della fattoria sono stati riutilizzati da Appel per realizzare sculture dal forte impatto visivo. Proseguendo la nostra visita incontriamo altre forme d'arte che spaziano dalla pittura alla scultura passando per un'insolita videoarte e fotografia. Vicino alla mole svettante di un magnifico cipresso è collocata "La foresta dopo l'incendio": scenografia in bronzo e pietre che merita una sosta per essere ammirata in tutte le sue sfumature. Per riposarsi un po' l'ideale è fermarsi presso il "Salotto nel giardino", qui tavoli, sedie, bracieri e sculture decorative si adagiano perfettamente sul dolce manto verde del Centro d'Arte La Loggia. In questo salotto tutto particolare Appel ha utilizzato l'antica tecnica della terracotta invetriata su superficie bianca tramite l'utilizzo di pennellate color blu intenso, le quali ricreano affascinanti motivi surrealistici sui piani dei tavoli. Gli interventi artistici che esaltano il tipico giardino della Villa sono di Alessandro Reggioli, Arman, Arnaldo Pomodoro, Betty Woodman, Caterina Aicardi, Daniel Spoerri, Aligi Sassu, Jean Daviot, Karel Appel, Lee Sung Kuen, Rimer Cardillo, Roberto Barni. Rimaniamo affascinati dall'avanguardia delle idee che hanno dato vita a questo vero e proprio museo di arte contemporanea della fattoria La Loggia: qui l'interscambio culturale è incoraggiato dalla possibilità per gli artisti di soggiornare in appartamenti-studio e conoscersi anche grazie alla promozione di simposi di lavoro e creazione. La visita al Centro d'Arte La Loggia ci ha mostrato con grande semplicità come si può davvero unire arte e ambiente in un'officina di creatività e serenità.
Anna Lazzerini
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- Scritto da Andrea Vitali
Nei pressi della nostra ultima meta, nel cuore delle colline fiorentine, sorge il Castello di Santa Maria Novella: magnifico luogo che fa capo al progetto "Dopopaesaggio". La suggestiva idea che modella le forme verdi di questo luogo è quella di far avvicinare il grande pubblico ai linguaggi dell'arte contemporanea in spazi del vivere quotidiano. I curatori del progetto hanno, infatti, individuato nel giardino il luogo privilegiato per far incontrare uomo, arte e natura: la stessa ispirazione che ha affascinato e determinato l'inizio del nostro viaggio. Nel cortile del Castello incontriamo il primo giardino, nonché opera d'arte, di Remo Salvadori; nei terreni agricoli circostanti invece si possono ammirare le opere di Marco Bagnoli e di Fabio Cresci. Abbiamo a che fare con un progetto di ampio respiro che coinvolge ben cinque Comuni della Val d'Elsa e della Val di Pesa: Castelfiorentino, Certaldo, Montaione, San Casciano e Tavernelle. La lungimiranza sta proprio nell'aver compreso da subito che ambiente naturale e spazio sociale possono fondersi alla perfezione grazie all'apporto fornito dall'arte contemporanea. Il giardino pubblico rappresenta da sempre un punto di incontro e saper sfruttare al meglio i suoi spazi diventa determinante per la sfida di comunicare emozioni che ogni artista si propone. Gli artisti che in "Dopopaesaggio" si sono messi in gioco sono di fama internazionale, incontriamo così opere di Tobias Rheberger e Stefano Boccalini con il gruppo Wurmkos, Hidetoshi Nagasawa, For tuyn/O’Brien, Maria 26 Nordman e Ber t Theis.