Ispirazioni

San Valentino, Nutella e altre ricorrenze offrono opportunità di vendita e idee creative per il florovivaismo, dalla sostenibilità alle iniziative solidali, con uno sguardo anche ai mercati internazionali.

Febbraio è da sempre un mese strategico per il settore florovivaistico, grazie alla celebrazione di San Valentino, la ricorrenza per eccellenza che traina la domanda di fiori, in particolare rose rosse, bouquet romantici e piante da appartamento. Tuttavia, oltre a questa festività consolidata, il mese offre numerose altre occasioni che possono rappresentare spunti creativi e commerciali per gli operatori del verde.

Tra le ricorrenze di maggiore impatto spiccano eventi legati alla sostenibilità e alla salute, che rispondono alla crescente sensibilità ambientale e sociale dei consumatori. Ad esempio, la Giornata mondiale delle zone umide (2 febbraio) è un'opportunità per promuovere piante legate agli ecosistemi acquatici, sensibilizzando il pubblico sulla biodiversità e sull'importanza della tutela ambientale. In questa stessa data si celebra anche la Giornata mondiale della vita, un’occasione per proporre composizioni floreali simboliche che rappresentano rinascita e benessere.

Un'altra ricorrenza da considerare è la Giornata mondiale per la lotta contro il cancro (4 febbraio), che potrebbe essere valorizzata attraverso iniziative solidali con l'uso di fiori simbolo di speranza, come la margherita e il girasole, perfetti per sensibilizzare l'opinione pubblica e supportare campagne benefiche.

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Per stimolare il lato più originale e giocoso del settore, la Giornata mondiale della Nutella (5 febbraio) può offrire idee creative per allestimenti e packaging tematici, magari abbinando piante aromatiche come la menta o la lavanda, perfette per richiamare il connubio tra dolcezza e natura.

Un'altra data interessante è la Giornata internazionale del gatto (17 febbraio), che può rappresentare un'ottima occasione per proporre piante pet-friendly, come l'erba gatta o soluzioni decorative sicure per gli amici a quattro zampe, intercettando così la crescente attenzione dei consumatori verso il benessere degli animali domestici.

Per chi guarda ai mercati internazionali, la Giornata dei difensori della Patria in Russia (23 febbraio) può offrire nuove opportunità di export, puntando su fiori e piante dai colori simbolici, come il rosso e l'oro, che richiamano la tradizione russa e potrebbero trovare spazio in eventi ufficiali e celebrazioni.

Infine, le giornate dedicate alla cultura e alla comunicazione, come la Giornata mondiale della radio (13 febbraio) e la Giornata internazionale della lingua madre (21 febbraio), possono ispirare installazioni floreali per eventi aziendali e istituzionali, creando allestimenti suggestivi che valorizzino il linguaggio universale della natura.

Febbraio, dunque, non è solo il mese dell'amore, ma un'opportunità per il settore florovivaistico di destagionalizzare le vendite, esplorando nuove nicchie di mercato e promuovendo la bellezza del verde in contesti innovativi.

Per scoprire tutte le ricorrenze del mese e pianificare le proprie strategie commerciali, visita la sezione dedicata sul nostro sito: Ricorrenze e Fiori.

Andrea Vitali

Quest’inverno, con il freddo che ci avvolge anche qui, mi sento ispirata da un pensiero controcorrente: non partire. Non andare a contaminare quei luoghi straordinari e fragili come l’Artico, non aggiungere il mio impatto a un ecosistema già in bilico. Forse il miglior modo di rispettare la bellezza di questi territori è proprio scegliere di lasciarli intatti, ammirandoli a distanza e riflettendo sul loro valore senza doverli raggiungere.


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L’Artico e l’Antartico evocano avventure epiche, panorami glaciali infiniti e un contatto primordiale con la natura. Eppure, il crescente turismo verso i poli si scontra con la realtà: queste regioni sono tra le più vulnerabili del pianeta e visitarle, anche con le migliori intenzioni, contribuisce a danneggiarle. Ogni viaggio comporta emissioni di CO₂, disturbi alla fauna, contaminazione ambientale e, a volte, rischi per la vita stessa dei visitatori.

Il lato oscuro del “turismo dell’ultima possibilità”

Il “turismo dell’ultima possibilità” spinge sempre più persone a visitare i poli per vedere “ciò che sta scomparendo”: orsi polari, ghiacci che si sciolgono, paesaggi unici. Ma dietro a questa narrazione si cela una contraddizione: voler testimoniare la fragilità di un ecosistema significa spesso accelerarne il degrado.

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A Pond Inlet, un piccolo villaggio inuit del Nunavut, Canada, nel 2023 sono approdate 25 navi da crociera, portando circa 3.000 turisti in una località che conta appena 1.600 abitanti. Per una comunità che vive di pesca e caccia, il turismo è diventato una risorsa economica importante, ma il costo ambientale è elevatissimo. La pressione sulle risorse locali, l’introduzione di specie invasive e i disturbi agli animali sono solo alcune delle conseguenze.

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In Antartide, il caso della nave russa Akademik Chokalskiï, rimasta bloccata nei ghiacci nel 2013, ha evidenziato i rischi di viaggiare in regioni remote e pericolose. Le operazioni di salvataggio hanno richiesto giorni e l’intervento di navi scientifiche di diversi paesi, interrompendo missioni cruciali e dimostrando quanto sia fragile l’equilibrio in questi territori estremi.

Rimanere per proteggere

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E se la vera ispirazione fosse scegliere di rimanere? Ammirare la maestosità dei poli da lontano, senza aggiungere il nostro peso su ecosistemi così fragili, può essere un atto di rispetto e consapevolezza. Dopotutto, anche vicino a casa, l’inverno ci regala esperienze autentiche: il silenzio della neve che cade, il gelo che trasforma i paesaggi, il calore delle case.

Non andare non significa rinunciare al desiderio di esplorare, ma trasformarlo in un invito alla riflessione. L’avventura non è solo altrove: può essere dentro di noi, nella capacità di osservare il mondo con occhi nuovi e di apprezzare le meraviglie che abbiamo già.

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Un privilegio da trattare con responsabilità

Visitare i poli è un privilegio che deve essere esercitato con grande responsabilità. Ogni viaggio lascia un segno, e in queste regioni così vulnerabili, quel segno può essere devastante. Rischiamo di compromettere per sempre ciò che vorremmo ammirare.

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L’Artico e l’Antartico non sono semplicemente luoghi da vedere, ma spazi da rispettare e proteggere. Lasciarli intatti, non cedere al richiamo del “vedere prima che scompaia”, può essere un atto d’amore verso un pianeta che chiede attenzione e cura.

Quest’inverno, sono ispirata da un’idea semplice e potente: non andare, non disturbare, non contaminare. E ammirare da lontano la bellezza dei poli, affinché restino meravigliosamente intatti per chi verrà dopo di noi.

Ispirazioni è una rubrica curata da AnneClaire Budin 

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Incastonata sulla penisola di Lavedo a Tremezzina, Villa del Balbianello sorprende per il suo fascino senza tempo e per la straordinaria bellezza del suo contesto. A caratterizzare la villa è la loggia, ricoperta dal Ficus pumila, una pianta rampicante che dona un’identità unica a questo luogo affacciato sul Lago di Como.
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Costruita alla fine del Settecento per volere del cardinale Angelo Maria Durini, Villa del Balbianello nasce come luogo di villeggiatura e rifugio tranquillo. Con il passare dei secoli, ha cambiato diversi proprietari fino a quando, negli anni Settanta, Guido Monzino intraprese un importante restauro, ripristinando la villa e il suo giardino. Tra gli elementi più distintivi c’è la loggia, progettata con due arcate che incorniciano spettacolari vedute sul lago e sulle montagne circostanti.
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Il Ficus pumila, che si arrampica sulle superfici della loggia, ne è il vero protagonista. Questa pianta, originaria dell’Asia orientale, è nota per la sua capacità di aderire a pareti e strutture grazie alle sue radici avventizie. Le sue foglie cuoriformi e compatte formano un tappeto verde che si integra perfettamente con l’architettura della villa, rendendo questo angolo della proprietà riconoscibile e amato dai visitatori.
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Villa del Balbianello è diventata celebre anche per essere stata il set di produzioni cinematografiche di fama mondiale. Tra i film girati qui figurano Casino Royale della saga di James Bond e Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni. Questi successi internazionali hanno accresciuto la notorietà della villa, rendendola una destinazione ambita sia dagli appassionati di cinema sia dagli amanti del turismo culturale.
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Il giardino, che circonda la villa con le sue terrazze e viali curati, si distingue per la varietà di piante ornamentali e alberi sapientemente potati. La loggia verde, ricoperta di Ficus pumila, è uno degli angoli più suggestivi, dove la cura dei dettagli paesaggistici risalta maggiormente. La vegetazione qui non è solo un elemento decorativo, ma contribuisce a definire l’atmosfera e il carattere del luogo.
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Villa del Balbianello non è solo una meta turistica, ma un simbolo della capacità di valorizzare il patrimonio storico e paesaggistico. Il Ficus pumila, con la sua presenza discreta ma scenografica, aggiunge un ulteriore livello di unicità a un luogo che continua ad affascinare visitatori da ogni parte del mondo. Una visita qui permette di scoprire un’armonia rara tra elementi storici e naturali, arricchita dal fascino delle storie che questo luogo ha ospitato.
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AnneClaire Budin
Ispirazioni è una rubrica curata da AnneClaire Budin 

Ficus pumila L.: definizione botanica

Il Ficus pumila, noto anche come fico rampicante o fico tappezzante, è una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Moraceae. Originario dell'Asia orientale (Cina, Giappone, Vietnam), è ampiamente coltivato come pianta ornamentale grazie alla sua capacità di ricoprire superfici verticali e orizzontali.

Caratteristiche botaniche

  • Habitus: Pianta rampicante o strisciante, caratterizzata da una crescita vigorosa, aderisce ai supporti grazie alle radici avventizie che si sviluppano lungo i nodi.
  • Foglie: Presenta due tipi di foglie:
    • Giovanili: Piccole, cuoriformi, di colore verde brillante, spesso presenti sulle porzioni rampicanti.
    • Adulte: Più grandi, ovali o ellittiche, associate alle parti fiorifere della pianta.
  • Fiori: Piccoli e poco appariscenti, tipici della famiglia Moraceae, si sviluppano all'interno di strutture cave chiamate siconi.
  • Frutti: I siconi maturi assumono una colorazione giallastra o arancione, ma raramente si sviluppano in condizioni di coltivazione ornamentale.
  • Radici: Avventizie, permettono alla pianta di aderire a superfici verticali come muri, recinzioni e tronchi.

Coltivazione

Il Ficus pumila predilige ambienti luminosi ma non direttamente esposti al sole, temperature miti e terreni ben drenati. È apprezzato per la sua versatilità come pianta da interno, tappezzante o rampicante per decorazioni verdi.

Questa pianta richiede potature regolari per controllarne la crescita, soprattutto in contesti ornamentali o paesaggistici.

Ispirazioni è una rubrica curata da AnneClaire Budin 

Nel cuore della foresta messicana, una spa privata intreccia modernità e tradizione, celebrando il benessere del corpo e dello spirito.
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Tepoztlán, piccolo villaggio riconosciuto come "pueblo mágico" dal programma del Ministero del Turismo del Messico, è un luogo dove il tempo sembra sospeso. Qui, la natura rigogliosa incontra le tracce di un antico tempio azteco, situato sulla vetta del sacro Cerro del Tepozteco. È in questo contesto mistico e vibrante che Soler Orozco Arquitectos + Javier Sánchez hanno progettato una spa privata, un santuario di benessere perfettamente integrato con il paesaggio.

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L’architettura si manifesta con una forma circolare, un volume conico realizzato in pietra vulcanica e sormontato da un tetto verde. Questo edificio, che si mimetizza con la foresta, è più di un semplice spazio: è un percorso sensoriale che invita i visitatori a riconnettersi con la terra e il proprio io interiore.
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L’ingresso, un tunnel scavato nella pietra, conduce i visitatori in una camera circolare centrale. Qui, una scultura che richiama un dio azteco e un lucernario superiore dominano lo spazio, permettendo alla luce solare e all’acqua piovana di interagire con l’ambiente. L’acqua, raccolta in una cisterna sotterranea, simboleggia il rispetto per le risorse naturali, alimentando il ciclo della vita attraverso il suo riutilizzo per l’irrigazione.
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Attorno alla camera centrale si sviluppano le funzioni della spa: palestra, sale massaggi, spogliatoi, bagni, sauna e frigidarium. Ogni spazio è progettato per promuovere il benessere e il rilassamento, in armonia con l’ambiente circostante. Dopo aver completato il percorso interno, una scala porta i visitatori sul tetto, dove il panorama della foresta e delle montagne si apre in tutta la sua maestosità. Qui, al confine tra cielo e terra, è possibile contemplare l’alba, il tramonto o il cielo stellato attorno a un fuoco o in una vasca idromassaggio.
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La circolarità dell’edificio richiama la perfezione e l’assenza di conflitti, un simbolo del tempo ciclico e infinito. Questa spa, però, non è solo una meraviglia architettonica: è un esempio tangibile di come l’architettura possa coesistere con la natura. Utilizzando materiali locali e integrando soluzioni sostenibili, il progetto rispetta le dinamiche ecologiche dell’area, dimostrando che è possibile abitare il paesaggio senza alterarne l’essenza.
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Tepoztlán Spa è un’opera che celebra la Madre Terra, Pacha Mama, abbracciando le sfide climatiche e culturali della regione. Un luogo dove il passato ancestrale e il presente si incontrano per creare un’esperienza senza tempo, invitando chi lo visita a trovare equilibrio, pace e connessione con la natura.
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Ispirazioni è una rubrica curata da AnneClaire Budin 

 

Il Natale è il momento ideale per liberare l'immaginazione: luci sorprendenti, alberi unici e installazioni innovative trasformano ogni spazio in un mondo di meraviglia.

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Il Natale non è solo una celebrazione, ma un’opportunità per elevare l’ordinario a straordinario attraverso idee luminose e insolite. Gli alberi di Natale si reinventano: sospesi, capovolti o addirittura fluttuanti, diventano protagonisti di visioni che sfidano le convenzioni. Installazioni luminose combinano tecnologia e arte per creare giochi di luce che affascinano e sorprendono.

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Le possibilità sono infinite: da uno stile minimalista che punta sull’essenziale, a creazioni complesse che trasformano gli spazi in vere e proprie opere d’arte. L’importante è dare forma a una visione unica, dove pochi dettagli studiati o un’intera esplosione di colori raccontano la storia di un Natale diverso.

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E parlando di visioni straordinarie, impossibile non pensare all’Albero di Natale di Gubbio, il più grande al mondo. Disegnato sulle pendici del Monte Ingino con migliaia di luci, quest’opera semplice ma geniale ricorda l’immagine di un albero tracciato da un bambino, dimostrando che a volte l’idea più grande nasce dalla semplicità e dal desiderio di stupire. Un omaggio all’elevazione, alla luce e alla forza di un’idea che continua a ispirare.

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Il Paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin

 L’albero di Natale della Casa Bianca: il ritratto di una tradizione

Dalle prime foto di Hoover ai ritratti delle famiglie presidenziali di oggi, l’albero interno della Casa Bianca incarna una tradizione celebrata da ogni generazione.


L’albero di Natale interno della Casa Bianca non è solo una decorazione, ma il cuore di una tradizione consolidata, immortalata ogni anno dai ritratti ufficiali delle famiglie presidenziali. Sebbene il primo albero sia stato introdotto nel 1889 da Benjamin Harrison, i primi scatti risalgono all’era di Herbert Hoover. Le immagini in bianco e nero rivelano uno stile sobrio e familiare, ma già rappresentano l’importanza simbolica dell’albero come fulcro delle festività. Con Jacqueline Kennedy, questa tradizione prese una svolta significativa. Nel 1961, la Prima Donna introdusse le decorazioni tematiche, inaugurando l’iconico Lo Schiaccianoci. Da allora, l’albero della Sala Blu divenne il protagonista dei ritratti presidenziali, riflettendo il carattere unico di ogni amministrazione. Le decorazioni spaziarono dal patriottismo di Laura Bush nel 2008 con “A Red, White, and Blue Christmas” alla semplicità di Michelle Obama con “Simple Gifts” nel 2010. Le immagini più recenti, con la First Lady Jill Biden, raccontano una continuità che unisce passato e presente. I ritratti annuali davanti all’albero, arricchiti da temi di inclusività e narrazioni moderne, rappresentano un momento di coesione familiare e nazionale. 
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Anne Claire Budin

 

 

 

 

Cos’è il Bio Design? La Natura ispira i creatori del futuro

 Il Bio Design, tra ispirazione naturale e innovazione tecnologica, trasforma materiali viventi in progetti sostenibili, unendo bellezza e utilità.

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Scopriamo questo mondo rivoluzionario.

Nel mondo del design e dell’architettura, il Bio Design si impone come una rivoluzione silenziosa, capace di rinnovare il rapporto tra uomo e natura. Ispirandosi agli ecosistemi naturali, questo approccio fonde forme organiche, materiali sostenibili e tecnologia avanzata per creare oggetti, edifici e mobili che dialogano armoniosamente con l’ambiente. Non si tratta di una semplice decorazione green, ma di un vero e proprio cambio di paradigma, che spinge i progettisti a ripensare i confini tra ciò che è “fatto” e ciò che è “nato”.

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La Natura come musa

Il cuore del Bio Design è l’imitazione della natura, non solo come forma estetica, ma come principio funzionale. Gli architetti e designer cercano di comprendere e replicare i processi naturali per risolvere problemi complessi. Un esempio iconico è l’Eastgate Centre di Harare, in Zimbabwe: questo edificio commerciale e direzionale utilizza un sistema di climatizzazione ispirato alle termiti, che garantisce una drastica riduzione del consumo energetico. Il messaggio è chiaro: la natura non è solo una fonte d’ispirazione, ma anche una guida per creare soluzioni più intelligenti e sostenibili.

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Materiali biosostenibili: dal mycelium al bambù

Una delle rivoluzioni del Bio Design è l’uso di materiali rinnovabili e biologici. Il mycelium, una struttura fungina, sta diventando un’alternativa al polistirolo e alla plastica, con applicazioni che spaziano dagli imballaggi biodegradabili ai mattoni per costruzioni. Similmente, materiali come il bambù e il sughero si affermano per la loro resistenza, versatilità e capacità di rigenerarsi rapidamente, rappresentando una risposta concreta all’esaurimento delle risorse non rinnovabili.

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Biomimicry: copiare la perfezione naturale

Il biomimetismo è una componente chiave del Bio Design. Imparare dalla natura significa riconoscere la sua capacità di adattarsi e prosperare in modo efficiente. Alcuni progetti sembrano usciti da un film di fantascienza: a Barcellona, pareti di alghe purificano l’aria e producono ossigeno, mentre facciate bio-photovoltaiche catturano il CO2 e generano energia. Non è solo estetica, ma funzionalità che trasforma il nostro modo di vivere gli spazi urbani.

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Una visione utopica?

Non mancano però le sfide. Il Bio Design richiede tecnologie avanzate e investimenti significativi, il che lo rende spesso accessibile solo a progetti d’élite. Ma, come ogni innovazione pionieristica, anche questa può aprire la strada a soluzioni più accessibili nel futuro. Immaginare città dove ogni edificio interagisce con l’ambiente circostante, riducendo l’impatto ecologico e migliorando la qualità della vita, è un sogno che sta diventando sempre più tangibile.

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Un futuro possibile

Il Bio Design non è solo una tendenza, ma una promessa di cambiamento. Da un mondo che consuma indiscriminatamente le risorse, possiamo passare a uno in cui ogni elemento, dal design agli edifici, si integra perfettamente nel suo ecosistema. È una visione poetica e ambiziosa, che però porta con sé un messaggio di speranza: riconnetterci con la natura non è solo possibile, ma essenziale per il futuro. E chissà, forse un giorno tutti potremo vivere in case dove il design non solo è bello, ma anche vivo.

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Anne Claire Budin

Bobbing Forest di Rotterdam: la natura fluttua tra cemento e acqua

La Bobbing Forest, ideata da Jorge Bakker, porta la natura nel porto di Rotterdam, con alberi galleggianti che ricordano l’importanza del verde nelle città moderne.

 

La Bobbing Forest di Rotterdam è un progetto artistico e sostenibile che si erge come simbolo della resilienza della natura nelle aree urbane. Ideata da Jorge Bakker, un artista colombiano naturalizzato olandese, la foresta galleggiante è una risposta creativa alla necessità di integrare spazi verdi in contesti dominati dal cemento. Situata inizialmente nel porto di Rijnhaven, questa foresta insolita presenta una ventina di alberi d’olmo ancorati su boe galleggianti, un’immagine che richiama la fragilità e la necessità di equilibrio tra natura e sviluppo urbano.

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Il concetto di Bakker per la Bobbing Forest nasce dalla sua installazione del 2012, “In Search of Habitats,” in cui piccoli alberi fluttuano in un acquario, rappresentando la ricerca umana di un habitat in sintonia con l’ambiente. Questo lavoro ha ispirato Jeroen Everaert, responsabile del centro culturale Mothership, a trasportare il progetto su scala reale. Il risultato è una collaborazione che ha coinvolto designer, esperti in sostenibilità e università, tutti mossi dal desiderio di portare la natura nel cuore di Rotterdam, un’impresa ardua ma altamente simbolica.

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Il progetto ha affrontato numerose sfide tecniche e ambientali. Uno dei principali problemi era trovare specie vegetali capaci di sopravvivere nell’ambiente salmastro del porto e di resistere al moto delle onde. Dopo numerosi esperimenti, gli studenti della Delft University of Technology e della Van Hall Larenstein University hanno scelto l’Olmo Olandese (Ulmus x hollandica 'Major'), una specie resistente al vento e che richiede poca manutenzione. Le boe, originariamente usate nel Mar del Nord, sono state adattate per sostenere gli alberi, garantendo stabilità anche nelle giornate di maltempo.

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La Bobbing Forest non solo abbraccia la sostenibilità, ma è anche un potente richiamo alla necessità di preservare la natura nei centri urbani. Utilizzando materiali riciclati e alberi “in attesa” di una nuova collocazione, il progetto sottolinea l'importanza del riuso e della gestione oculata delle risorse naturali. La Rijkswaterstaat, l’Agenzia Olandese per le Infrastrutture, ha fornito le boe, mentre la Bomendepot, un’istituzione che si occupa del riposizionamento di alberi, ha messo a disposizione gli olmi.

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Dopo cinque anni a Rotterdam, nel gennaio 2021 la foresta è stata trasferita ad Almere per la Floriade Expo 2022. Questo spostamento ne ha consolidato il ruolo come icona del verde urbano in Olanda e come richiamo per l'innovazione e la sostenibilità.

Anne Claire Budin

La Green Lady di Brooklyn: una vita in un solo colore

Elizabeth Sweetheart, 83 anni, vive immersa nel verde. La "Green Lady" di Brooklyn, con la sua passione per un unico colore, continua a diffondere gioia e ispirazione.

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Elizabeth Sweetheart, conosciuta come la “Green Lady di Brooklyn,” incarna un approccio singolare alla vita: tutto in lei è verde, dai capelli agli abiti, fino alla casa, in ogni dettaglio. A 83 anni, questa eccentrica artista e stilista ha dedicato oltre vent’anni al suo colore preferito, trasmettendo una carica di energia e positività a chiunque la incontri.

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Di recente ha raccontato come il verde sia diventato parte integrante della sua quotidianità: “Ho sempre amato i colori, ma il verde è il più gioioso, rende tutti felici". Il suo appartamento a Carroll Gardens, Brooklyn, è una vera oasi verde, dove ogni elemento, dalle posate ai mobili, riflette una tonalità di verde, creando un ambiente vivace e accogliente.

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Nata in Nova Scotia, Canada, Elizabeth ha appreso da bambina l’amore per l’arte e il cucito dalla nonna. Trasferitasi a New York nel 1964, ha lavorato per decenni nel design e nella stampa tessile, ma solo più avanti nella vita il verde ha preso il sopravvento. Insieme a suo marito Robert Rosenthal, con cui è sposata da 56 anni, Elizabeth vive circondata dal colore che ama. Robert, che la sostiene con pazienza, descrive la loro vita come una dolce evoluzione verso questo monocromatismo, “quasi senza accorgersene”.

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La fama di Elizabeth si è diffusa anche sui social media. Con il suo profilo Instagram “greenladyofbrooklyn”, seguito da quasi mezzo milione di persone, condivide scatti della sua vita in verde e momenti di incontro con i suoi fan. “Quando mi vedono, sorridono, vogliono fare una foto e abbracciarmi. È tutto molto positivo,” racconta con entusiasmo.

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Elizabeth Sweetheart è un esempio di dedizione autentica a ciò che ama.

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Anne Claire Budin

El Día de Los Muertos: tradizione e colori tra vita e morte

Il Giorno dei Morti, celebrazione delle culture precolombiane e cristiane, è un’occasione di gioia e memoria per le famiglie latinoamericane, un giorno per riunirsi e rendere omaggio ai defunti con cibi, bevande e colori.

Il Giorno dei Morti, conosciuto come El Día de Los Muertos, è una celebrazione che fonde tradizioni preispaniche con riti cristiani, diffusa in tutta l’America Latina, ma nata principalmente in Messico. Per le culture precolombiane, la morte è vista come una tappa naturale del ciclo della vita e, ancora oggi, questa festa rappresenta per molti una riunione simbolica tra vivi e defunti. Si crede che, durante il Giorno dei Morti, gli spiriti dei cari scomparsi tornino temporaneamente nel mondo dei vivi: il 1º novembre per i bambini, il 2 novembre per gli adulti. A differenza di altre commemorazioni, questo giorno è vissuto con gioia e colore, come un’occasione di festa che permette ai vivi di esprimere amore e rispetto verso i propri cari defunti.

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Le famiglie preparano altari, detti ofrendas, per accogliere gli spiriti dei loro cari. Questi altari sono spesso decorati con fiori di cempasúchil (tagete), foto dei defunti, candele e altri oggetti significativi. Si aggiungono anche i cibi e le bevande preferite dei defunti: il viaggio dal regno dei morti è lungo, e le famiglie offrono ai propri cari scomparsi ciò che amavano in vita. Il pane dei morti, dolce tipico aromatizzato con anice e decorato a forma di ossa incrociate, è una presenza immancabile sugli altari. A questi si aggiungono piatti tradizionali come i tamales, insieme a bevande rinfrescanti e speziate.

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La festa è caratterizzata anche da colori e simboli particolari, come i costumi e i trucchi che rievocano figure scheletriche, simbolo di rispetto e memoria per i defunti. Le persone si travestono da calaveras, riproducendo scheletri attraverso abiti e trucchi vivaci che, invece di incutere timore, rappresentano una gioia condivisa. Questo connubio di colori e simboli fa del Giorno dei Morti un momento di allegria e riflessione sulla vita e sulla morte, una concezione positiva che contrasta con la visione più cupa di Halloween.

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Sebbene El Día de Los Muertos e Halloween abbiano similitudini nel rapporto con la morte, i significati delle celebrazioni sono profondamente diversi. Halloween ha origini celtiche e vede la notte del 31 ottobre, chiamata Samhain, come il momento in cui gli spiriti vagano sulla Terra, accompagnati da altre creature magiche. L’obiettivo è quello di allontanare gli spiriti maligni, mentre in Messico il Giorno dei Morti celebra l’incontro simbolico e rispettoso con gli spiriti dei propri cari. Dal VII secolo, con la nascita della festa cristiana della Tutti i Santi, il 1º novembre è stato adottato anche nella tradizione europea, influenzando la creazione di Halloween, che letteralmente significa “notte di tutti i santi”.

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El Día de Los Muertos rappresenta una tradizione culturale e artistica radicata, capace di avvicinare vivi e defunti con serenità e gioia. Un’espressione del valore delle radici familiari e del ciclo della vita, dove l’arte floreale e i colori svolgono un ruolo fondamentale, trasformando questa celebrazione in un’esperienza vibrante e unica, che richiama l’importanza della memoria e del rispetto.

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AnneClaire Budin