Il vivaista

In occasione di Macfrut 2021 a Rimini Fiera, dal 7 al 9 settembre, il salone Biosolutions International Event si articola nell’area espositiva di aziende della difesa e nutrizione delle piante con metodi naturali, nel nuovo premio “Biosolutions International Award” e nel convegno internazionale “Cimice asiatica: emergenza fitosanitaria o problema superato?” (scadenza iscrizione 3 settembre).

«L’occasione giusta per incontrare i principali operatori del settore e valutare insieme le innovazioni che consentiranno la difesa e la nutrizione delle nostre colture nei prossimi anni». 
Così Camillo Gardini, responsabile del Progetto Biosolution di Agri 2000, introduce il salone “Biosolutions Internazional Event” in programma nel contesto del prossimo Macfrut a Rimini Fiera da martedì 7 a giovedì 9 settembre 2021. Una manifestazione di livello internazionale che vedrà come protagonisti i principali soggetti del comparto dei biostimolanti e di tutto «l’universo della difesa e nutrizione delle piante con metodi naturali»: dalle aziende produttrici ai tecnici e ricercatori.
Oltre all’area espositiva, il salone prevede quest’anno la prima edizione del premio “Biosolutions International Award”. «Un riconoscimento – spiegano gli organizzatori - assegnato a tutte le biosolutions presenti in fiera con forti caratteri innovativi, ideato per fare conoscere e premiare le innovazioni in questo importantissimo settore che diventerà sempre di più centrale nel sistema agricolo come evidenziato dal Green Deal».
E poi giovedì 9 settembre alle ore 10 è in programma «il Biosolutions International Congress» sul tema: “Cimice asiatica: emergenza fitosanitaria o problema superato?”. Si tratta del terzo congresso internazionale su questi prodotti, dopo quello ospitato nell’edizione 2019 e quello dello scorso anno a Macfrut Digital. Tra i relatori Luca Casoli, direttore del Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio-Emilia (“Andamento delle popolazioni di cimice asiatica nell’ultimo triennio e utilizzo del Trissolcus japonicus per il suo controllo; risultati raggiunti dopo due anni di rilascio del parassitoide”); Pietro Castaldini della Direzione Tecnica Cooperativa Patfrut (“Situazione nei frutteti: strategie percorribili, risultati raggiunti e criticità”); Eric Conti, docente di Entomologia Generale e Applicata all’Università di Perugia, (“Risultati di 4 anni di ricerche su cimice asiatica e parassitoidi e prospettive di controllo”); Renzo Bucchi, responsabile scientifico Agri 2000 Net (“Strategie di difesa “push & pull”. Risultati delle attività sperimentali svolte nel 2021 nell’ambito del Piano di innovazione SISCCCA”); Greg Krawczyk dell’Università della Pennsylvania (“Il controllo della cimice asiatica attraverso le reti ‘Attract and kill’. Risultati della sperimentazione condotta negli Stati Uniti”); Pio Federico Roversi, direttore del CREA (“Prospettive della sperimentazione per il controllo della cimice asiatica in Italia”). Introduce e modera Davide Barnabè, manager di Agri 2000, che insieme a Macfrut organizza l’area Biosolutions.
Per partecipare al convegno è necessaria una iscrizione (costo 50 Euro) entro venerdì 3 settembre. Info: Agri 2000 Net tel. 051 4128045. Responsabile Organizzativo: Roberto Sciolino Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Redazione

Un evento che «si propone di evidenziare l’importante riorganizzazione che si sta verificando in Italia del Servizio Fitosanitario e del sistema di prevenzione dell’introduzione di organismi dannosi». Con «attenzione agli effetti dei cambiamenti climatici sulle avversità delle piante e al ruolo di insetti vettori nella trasmissione di malattie a rischio di introduzione».
Viene presentato così l’incontro che l’Accademia dei Georgofili organizza mercoledì 8 settembre pomeriggio, a partire dalle 14,30, sul tema “Rischi fitosanitari legati ai cambiamenti climatici e prevenzione di epidemie in ambito vegetale”. Un incontro coordinato da Piero Cravedi che rientra fra gli appuntamenti tecnico-scientifici organizzati dai Georgofili a Firenze nella settimana precedente al vertice dei ministri dell’agricoltura del G20 del 17/18 settembre.
«La riunione dei Paesi del G20 – si legge nel testo introduttivo dell’incontro - può consentire di affrontare approcci interdisciplinari lungimiranti per valutare e agire sulla complessità dell’impatto sul sistema agricoltura nel suo insieme di fattori quali clima, modalità produttive di materie prime e relativi aspetti sociali, economici e di mercato. Da considerare sono anche i cambiamenti geopolitici e i modelli di consumo e di domanda alimentare. L’apporto del settore della “difesa antiparassitaria” a questo complesso argomento è rivolto a ricordare il rischio che potrebbe derivare dallo sviluppo epidemico di avversità delle piante coltivate, con drammatiche conseguenze sulla disponibilità di cibo per la popolazione mondiale. Cooperazione internazionale e politiche commerciali non possono trascurare rischi di questo tipo».

Programma:
✓ La nuova normativa nazionale per la protezione delle piante e il riordino del Servizio Fitosanitario Nazionale (B. Faraglia)
✓ L’Istituto Nazionale di Riferimento per la protezione delle piante e la realizzazione dei Laboratori di Quarantena per il controllo dei microrganismi dannosi (P. F. Roversi)
✓ Cambiamenti climatici e malattie delle piante (G. Lorenzini)
✓ Cambiamenti globali e fitopatogeni da quarantena: ricerca, innovazione, trasferimento, prevenzione (S. Tegli)
✓ Influenza del cambiamento climatico sugli insetti: nuove minacce per la viticoltura europea (A. Alma, A. Lucchi)
✓ Rischi connessi all’introduzione di organismi esotici nelle associazioni vettore-fitopatogeno: il caso di Candidatus liberibacter (R. Tedeschi, E. Gonella)
✓ Xylella fastidiosa: il contributo della ricerca scientifica nella gestione di una emergenza fitosanitaria di portata epocale (D. Boscia)

Redazione

Brexit e piante

Un report della Horticultural Trades Association dice che nel I semestre del 2021 le esportazioni di piante vive dal Regno Unito all’Unione Europea sono diminuite del 39% rispetto al primo semestre del 2019 (l’ultimo normale, cioè prima della pandemia) quando si attestarono a un valore di 16 milioni di sterline. James Clark: gli ostacoli burocratici e gli enormi costi stanno rendendo impraticabile il “commercio verde” nel continente europeo.


Le esportazioni di piante vive e materiali vegetali dal Regno Unito all’Unione Europea tra gennaio e giugno di quest’anno sono state pari a 9,7 milioni di sterline (circa 11,3 milioni di euro), vale a dire del 39% inferiori in valore rispetto al primo semestre del 2019, l’ultimo semestre “normale”, prima dello tsunami della pandemia da Covid-19, oltre che della Brexit, quando si attestarono intorno a 16 milioni di sterline. Nel frattempo le vendite nel resto del mondo sono rimaste sostanzialmente statiche tra primo semestre 2019 e primo semestre 2021. Segno che l’impatto di Brexit, incluse le misure restrittive post Brexit che hanno ostacolato il commercio, è stato pesante per i vivaisti britannici.
A renderlo noto nei giorni scorsi è stato il report di un’indagine condotta dalla Horticultural Trades Association (HTA), associazione di riferimento per la filiera del giardinaggio inglese che conta 1400 soci fra coltivatori, garden center e paesaggisti. Questi dati, come osservato nel comunicato di HTA, dimostrano che l'UE resta ancora il maggiore mercato di sbocco per i prodotti florovivaistici britannici, ma che il comparto non sta andando come dovrebbe. «Nuovi costi amministrativi e restrizioni aggiuntivi – si legge nella nota - stanno portando le aziende florovivaistiche britanniche a scegliere di non affrontare i mercati dell'UE».
«Sospettavamo da tempo – ha dichiarato James Clark, direttore politiche e comunicazione di HTA - che queste regolamentazioni dalla mano pesante avrebbero creato troppe barriere per coloro che speravano di far crescere una base clienti in Europa. Gran parte del settore florovivaistico, che vale circa 24 miliardi di sterline, è costituito da piccole e medie imprese (PMI) che vogliono promuovere il "commercio verde" ed esportare gli estremamente iconici alberi, piante e semi britannici che produciamo qui. Tuttavia, gli ostacoli burocratici e gli enormi costi lo stanno rendendo impraticabile».
Le esperienze dirette dei membri di HTA raccontano storie di aziende frustrate dai problemi di trasporto delle loro piante vive combinati con i costi aggiuntivi e la complessità delle ispezioni e della documentazione necessaria. «Questi fattori combinati insieme – si legge - significano che semplicemente non è praticabile per molti il commercio con clienti nel continente».
HTA ha lanciato la campagna "Let Britain Grow" per spingere il Governo a rivedere i livelli e i costi di ispezione esistenti e a negoziare un accordo sulla salute delle piante tra il Regno Unito e l'UE.


L.S.


Francesco Ferrini, presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia
Se chiedete ai produttori di piante la disponibilità, in numeri anche non necessariamente consistenti, potreste sentire affermazioni come “purtroppo non ne abbiamo al momento”, "c’è una domanda senza precedenti" o "è la peggiore carenza di piante da anni". Difficile pensare che la vendita di tutta la merce possa essere vista come un fatto negativo per il mercato. Non lo sarebbe se stessimo parlando di mascherine, magliette, di un qualcosa, insomma, che si può produrre in un tempo che può essere anche solo di pochi secondi o minuti.
Ma cosa è successo per creare questa carenza? L’analisi tocca aspetti anche non meramente tecnici, sanitari, sociologici, psicologi, economici e politici. La pandemia, che ci ha costretti a casa per mesi, ha avuto infatti il “merito” di aprirci gli occhi sui benefici del verde e su quanto esso possa migliorare la nostra salute fisica e mentale. Di conseguenza tutti noi abbiamo sentito il bisogno di riavvicinarsi alla natura, di frequentare le aree verdi, di curare il proprio giardino, magari trascurato per troppi anni. Di conseguenza c’è stato un notevole incremento della domanda di piante che, tuttavia, segue la recessione avvenuta negli anni ‘10, durante i quali molti vivai avevano un'offerta eccessiva e una produzione ridotta, e molti hanno cessato l'attività, riducendo, di conseguenza il potenziale produttivo del settore.
La produzione attuale è probabilmente inferiore, in termini numerici, rispetto a 15 anni fa e poter far fronte alle richieste già adesso e a quelle che si presume ci saranno nei prossimi 5 anni non è e non sarà semplice, perché se i soldi del Recovery Fund dovranno essere spesi entro il 2026 vuol dire che dobbiamo programmare adesso tutti gli impianti per soddisfare le potenziali necessità, se consideriamo un ciclo produttivo breve in grado di fornire piante del calibro 12-14 nel giro di tre anni. Ma i terreni utilizzabili ci sono? Le risorse economiche per partire in assenza di finanziamenti esterni sono disponibili? L’apparato burocratico-amministrativo è in grado di “dare una mano” per questa “Rivoluzione verde”? C’è sufficiente disponibilità idrica per garantire la produzione? Ci sono indicazioni su quali specie piantare? Si parla genericamente di specie autoctone, ma il termine è “fluido” e necessita di un preciso contesto per essere pienamente compreso. A ciò si aggiunge che il vivaismo è un’attività già a corto di manodopera, soprattutto formata, e non sarà facile averne in quantità e qualità sufficienti in tempi brevi.
La difficoltà di reperire materiale in Italia potrebbe portare (e in parte è già successo) a importare materiale da altri Stati il che, oltre a presentare perplessità per l’introduzione di materiale genetico diverso, pone anche il problema della diffusione di malattie di origine patogena o entomologica, oltre che, come spesso è accaduto, quello dell’importazione di materiale di scarsa qualità morfologica.
Siamo arrivati al punto in cui i vivaisti devono comunicare ai clienti in anticipo che ci vorranno uno-due, forse addirittura tre anni per avere le disponibilità richieste e lasciare che decidano se vogliono o possono aspettare. La buona notizia è che c'è molto lavoro, ci sono ottime prospettive, ma può rivelarsi un business agrodolce, se non adeguatamente gestito a tutti i livelli.
Allora cosa possiamo fare? Nel frattempo, gli esperti affermano che questa è un'opportunità sia per i produttori sia per la committenza pubblica e privata di poter siglare contratti a lungo termine per garantire la fornitura dei materiali vegetali necessari per i progetti, nei modi, nei modi e della qualità prevista. La possibilità di stipulare contratti di coltivazione rappresenta infatti un vantaggio sia per il produttore vivaista, che sarà dunque in grado di programmare la produzione con la garanzia di collocazione del prodotto, sia per il committente pubblico e privato che, in questo modo, avrà la certezza di poter reperire il materiale nelle quantità e della qualità richieste. Tutto ciò rappresenterebbe un notevole impulso al mercato, aumentando l’occupazione e innescando una filiera produttiva in grado di produrre redditività all’imprenditore privato e garanzia di buona riuscita dei progetti al committente, soprattutto pubblico.
Siamo decisamente in una posizione in cui non saremo in grado di coltivare piante per tutti e occorrerà quindi privilegiare quei clienti che possono e vogliono davvero lavorare su un piano a lungo termine e gli appaltatori devono pensare in anticipo alle esigenze per i nuovi impianti e per il rinnovo delle alberature senescenti. Soprattutto adesso, con le carenze, migliore è la programmazione, maggiori sono le possibilità di ottenere i materiali di cui si ha necessità in tempi adeguati.
La grande domanda è quanto durerà questa carenza? Se non sarà possibile mettere a coltura altre aree per la produzione di materiale nel breve termine, non possiamo aspettare di vedere presto alcun sollievo nell'approvvigionamento di materiale vegetale. Personalmente ritengo che la richiesta di piante non sia destinata a esaurirsi presto. Anzi, non sarà solo un fenomeno del 2021 e sicuramente durerà, credo, almeno altri tre-cinque anni".
Il problema è che dobbiamo chiederci cosa accadrà una volta esauriti i fondi del PNRR. La domanda che il mondo vivaistico si pone riguarda il fatto che occorre prendere adesso decisioni, quando il mercato va bene, ma col rischio di trovarsi fra qualche anno in una situazione in cui la domanda decresce e con la possibilità di avere molto materiale invenduto. Se è pur vero che questo fa parte del rischio imprenditoriale, è altrettanto vero che dobbiamo scongiurarlo anche perché il vivaismo e tutta la filiera del verde ornamentale rappresentano un notevole “motore economico” per il nostro Paese in grado di fornire potenziali benefici per tutti e un ritorno non solo in termini di miglioramento nei principali parametri di salute e benessere, ma anche dei ritorni economici diffusi e non limitati ai soli produttori vivaisti o a coloro che realizzano le opere a verde, ma anche per i cittadini con un diffuso benessere.
La maggior parte delle città italiane hanno una copertura inferiore al 15% (ma spesso molto meno) e le autorità governative locali dovrebbero stabilire obiettivi ambiziosi di aumento della copertura arborea che potrebbero portare a un consistente incremento della densità del verde urbano nel corso di un periodo di programmazione previsto in 20-30 anni.
Ecco perché occorre una concertazione con le politiche di settore, fondamentale per dare sicurezza al settore e garantire alle nostre città di avere un verde di qualità che non può prescindere dall’impianto di materiale di qualità. Ed ecco perché occorre porre il vivaio al centro di questa concertazione.
Essere sulla cuspide di un possibile cambiamento significativo offre opportunità sia per la foresta urbana sia per coloro che la devono gestire per dare un contributo significativo alla sostenibilità e alla vivibilità delle città per decenni e nei secoli a venire. Carpe diem

Francesco Ferrini 
Presidente del Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale di Pistoia

Prof. di Arboricoltura e Coltivazioni Arboree, Università di Firenze


terra salvata dagli alberi
La crisi ambientale, l’aiuto che potrebbe venirci dagli alberi e le piantagioni di cui tanti parlano ma che pochi fanno. 
Sono i temi al centro della conferenza che Francesco Ferrini, docente di arboricoltura dell’Università di Firenze e presidente del distretto vivaistico di Pistoia, terrà giovedì 12 agosto alle ore 21 presso il Bagno il Fortino (Colonia Edorc) sul lungomare Ronchi – Marina di Massa. Un appuntamento a ingresso libero, nell’ambito delle serate d’autore organizzate da Azione Cattolica Italiana – Massa Carrara Pontremoli, intitolato “La terra salvata dagli alberi” proprio come il libro scritto nel 2020 dal prof. Francesco Ferrini e lo scrittore Ludovico Del Vecchio. 
Questo libro racconta in che modo l’albero può essere l’alleato più prezioso dell’uomo nella lotta contro il cambiamento climatico che sta devastando il pianeta, per la sopravvivenza dell’umanità, e si conclude con l’indicazione delle azioni virtuose quanto improrogabili che dovremmo adottare come collettività e come individui. «Una guida per la creazione di una governance sia locale che internazionale nella gestione del verde urbano – come dice la presentazione del volume edito da Elliot - con un invito rivolto a ciascuno di noi a intraprendere da subito una gentile "resistenza verde"». 
Nel corso dell’incontro gli argomenti trattati nel libro offriranno lo spunto anche per guardare in una prospettiva diversa ai temi di più stretta attualità riguardanti gli alberi, il clima e la salute globale: dal recente rapporto sui cambiamenti climatici fino agli incendi che stanno distruggendo foreste in varie parti d’Italia e di tutto il mondo.


Redazione


Tra gli incontri tecnico-scientifici organizzati dall’Accademia dei Georgofili a Firenze nella settimana precedente al vertice dei ministri dell’agricoltura del G20 del 17/18 settembre, mercoledì 8 settembre, dalle 9,30 di mattina, se ne svolge uno di grande interesse anche vivaistico. Si intitola “La metà nascosta: l’interfaccia dinamica tra pianta e terreno” ed è coordinato da Amedeo Alpi e Giuliano Mosca.
«Il ruolo strategico delle radici delle piante – si legge nella presentazione dell’evento - ha sempre destato una notevole curiosità, in quanto coinvolte in numerosi processi che incidono sia sul miglioramento quanti-qualitativo della produzione vegetale, sia sulla sua sostenibilità ambientale. L’interesse per quest’ambito di indagine è tutt’ora attuale e la ricerca incentrata sullo studio delle radici appare oggi orientata in modo sempre più puntuale alla conoscenza delle interazioni tra parte aerea, pedosfera, e la “metà nascosta” della pianta».
«Le nuove conoscenze sugli apparati radicali, che da molte parti fanno irruzione nel campo delle Scienze agrarie, - continua la presentazione - non si sommano a quelle proprie delle singole discipline (agronomia, arboricoltura, ecologia vegetale agraria, etc.), ma le trasformano e le arricchiscono, consentendo una visione più aggiornata e moderna dei vari problemi delle tematiche agro-ambientali. E in ambito internazionale da alcuni decenni si è costituita l’International Society of Root Research (ISRR)».

Programma:
✓ Tecnologie di studio della radice e risposta adattativa di specie diverse (T. Vamerali, G. Mosca, A. Alpi)
✓ Gli organi ipogei e l'ambiente: i servizi ecosistemici (M. Amato)
✓ Le "radici" del vigneto italiano: passato, presente e futuro (R. Di Lorenzo)
✓ La società invisibile e le radici delle piante coltivate (M. Nuti)
✓ Il rapporto tra la metà nascosta e la salute dell'uomo: il caso delle nanoplastiche (M. Russo)

Redazione