Filiera della canapa

tavolo della filiera della canapa

Designati i 48 membri, che resteranno in carica per tre anni e dovranno elaborare il piano di settore. Il sottosegretario L’Abbate: «dobbiamo ridare lustro a un comparto che ha visto primeggiare l’Italia». Secondo Eiha, la Francia domina la produzione europea con 17.900 ettari coltivati, pari al 37%, seguita dall'Italia con 4 mila ettari e dai Paesi Bassi con 3.833.


Con il decreto di istituzione firmato dalla ministra Teresa Bellanova è nato nei giorni scorsi il «Tavolo di filiera della canapa» presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. 
Dopo un lungo lavoro di concerto portato avanti dal sottosegretario Giuseppe L'Abbate, conclusosi a settembre, si è giunti in dicembre alla designazione dei 48 membri che vi prenderanno parte: saranno coinvolti i ministeri dell'Interno, della Salute, dello Sviluppo economico, della Difesa e dell'Ambiente, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, le organizzazioni agricole, le associazioni e i portatori d'interesse del settore canapa, le università e gli Enti controllati Agea, Ismea e il Crea. I componenti del tavolo rimarranno in carica per tre anni con il compito di elaborare un piano di settore capace di ridare slancio a questo comparto.
«La canapa torna ad essere una filiera agricola – ha dichiarato il sottosegretario alle Politiche agricole L'Abbate - Diamo valore ai tanti operatori che stanno lavorando, non senza difficoltà, per ridare lustro ad un settore che ha visto l'Italia tra i maggiori produttori al mondo. Dopo l'approvazione della legge 242 del 2016, il settore della canapa ha finalmente un luogo dove poter discutere e affrontare le diverse problematiche e le questioni più dibattute per addivenire a conclusioni condivise, anche con gli altri ministeri interessati, che possano sostenere e incentivare la filiera, creando così nuovi posti di lavoro e rendendo sempre più competitive le nostre imprese». 
In Italia si è passati da circa 80mila ettari coltivati a canapa nel 1910 a poco più di 4mila ettari nel 2018, periodo in cui della canapa industriale non sono stati conservati né il germoplasma né la conoscenza delle tecniche agronomiche più efficienti. Secondo un report dell'associazione europea della canapa industriale EIHA, pubblicato a gennaio 2020 (su dati del 2018), la Francia domina la produzione europea con 17.900 ettari coltivati, pari al 37%, seguita dall'Italia e dai Paesi Bassi con 3.833 ettari. In Europa, la coltivazione si estende, infatti, su oltre 50mila ettari, con un aumento della produzione del 614% in confronto al 1993.
Come riferito da ‘Canapa Industriale’, fra i 48 membri del tavolo vi sono tre rappresentanti del Mipaaf (Pietro Gasparri, Giuseppe Di Rubbo e Massimiliano Vilardi), due del ministero dell’Interno (Graziella Forti e Paola Di Salvo), uno per il ministero della Salute (Germana Apuzzo), uno per quello dello Sviluppo economico (Debora Rogges), uno per quello dell’Ambiente (Michelangelo Lombardo) e uno per quello della Difesa (Massimo Friano), oltre a uno per l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Stefano Saracchi). Poi i rappresentanti delle Regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, delle organizzazioni professionali agricole (Anpa, Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Uci, Copagri), delle centrali cooperative agricole (Legacoop, Ue Coop, Unicoop, Unci), organizzazioni di rappresentanza nazionali quali Assosementi, Confeuro, Union Alimentari – Confapi, Cai, Federdistribuzione, Meritocrazia Italia). Gli enti e le partecipate del Mipaaf come l’Agea, le divisioni del Crea e l’Ismea, oltre all’università di Roma La Sapienza e quella di Modena e Reggio Emilia. Poi le associazioni di categoria e quindi Lacanapaciunisce, Resilienza Italia Onlus, Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis, Sativa Molise, Fippo. Infine portatori di interesse quali Pietro Paolo Crocetta di Bio Hemp Trade e Stefano Vitali di Canapamo.
«Provvederemo, nel più breve tempo possibile – ha annunciato L'Abbate - a convocare la prima riunione del Tavolo affinché si possa stabilire il programma di lavoro per il rilancio di questa coltura che interessa il comparto agricolo e quello della trasformazione agroalimentare, tessile, edile e farmaceutica, solo per citare alcune finalità di questa straordinaria pianta».

Redazione


Soddisfazione di Agrinsieme per la sentenza della Corte di Giustizia europea che stoppa i divieti nazionali al commercio di cannabidiolo (CBD), non classificabile come stupefacente. Nella revisione della Legge 242/2016 «occorrerà esplicitare la valorizzazione di tutte le parti della pianta, e dunque anche delle infiorescenze, inserendo un esplicito riferimento alle coltivazioni in ambienti protetti oltre che in pieno campo». Per Agrinsieme senza tavolo di filiera sarà «molto complicato» rivedere le norme e definire un buon piano per questo settore dell’agricoltura così ricco di potenzialità.


«La valorizzazione delle infiorescenze di canapa industriale è strategica per le imprese agricole in termini di diversificazione del reddito e di bioeconomia: nei fiori di canapa, infatti, sono presenti elementi non stupefacenti, quali cannabinoidi e terpeni, di notevole rilevanza per i nuovi mercati della bioeconomia, quali le produzioni alimentari, la nutraceutica e la biocosmetica, senza contare le implicazioni legate alle altre filiere della canapa, come la bioedilizia, le bioplastiche e il biotessile».
Lo ha sottolineato nei giorni scorsi il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, esprimendo soddisfazione per la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha stabilito che uno stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD), molecola appartenente alla famiglia dei cannabinoidi, nel mercato comunitario.
«La Corte di Giustizia europea, inoltre, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, stabilisce che il cannabidiolo “non può essere considerato come uno stupefacente”, andando finalmente a fare chiarezza sui suoi presunti effetti psicotropi o nocivi per la salute umana», ha specificato il Coordinamento.
«Alla luce di tale sentenza – prosegue la nota - diventa ancora più urgente convocare il tavolo di filiera interministeriale, del quale abbiamo ripetutamente sollecitato l’istituzione, coinvolgendo i ministeri della Salute, dell’Agricoltura, dell’Interno, della Giustizia e dello Sviluppo Economico e tutti gli attori del comparto, così da andare a implementare il quadro normativo della canapicoltura, settore che negli ultimi anni ha fatto registrare un aumento importante delle superfici coltivate e i cui margini di crescita sono molto più ampi».
«In tale contesto, nell’alveo di un percorso di revisione della Legge 242/2016, occorrerà esplicitare la valorizzazione di tutte le parti della pianta – suggerisce Agrinsieme - e dunque anche delle infiorescenze, inserendo un esplicito riferimento alle coltivazioni in ambienti protetti oltre che in pieno campo, legittimando i produttori agricoli alla prima trasformazione dei prodotti di canapa e dando nuovo impulso alla ricerca; in un’ottica di più ampio respiro, servirà poi dare maggiori certezze agli operatori della filiera in termini di controlli e di qualità, prevedendo appositi sistemi di tracciabilità».
«Allo stesso tempo – aggiunge il Coordinamento - bisognerà lavorare per inserire le infiorescenze di canapa, così come i semi, nell’elenco delle parti di piante officinali previste dal Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali».
«Ribadiamo – conclude il comunicato - che senza tale tavolo di confronto sarà molto complicato definire un piano di settore che favorisca lo sviluppo del comparto e andare a dipanare tutte le incertezze normative legate alle singole destinazioni d’uso della canapa industriale, che stanno frenando la crescita di una coltura che può rappresentare un’importante opportunità di integrazione del reddito delle imprese e delle cooperative agricole».

Redazione

La migliore startup green del 1° Flormart Future Village è Serranova con la sua serra modulare che permette di far crescere le piante a una velocità fino a 4 volte più alta della norma. Premio del pubblico a Canvasalus, che ha sviluppato un metodo scientifico per ottenere solo piante di canapa femminili. Tra le 8 finaliste che potranno partecipare alla Tilt Academy ed esser selezionate per il Ces di Las Vegas, c’è la rete di imprese tosco-sarda Olea, comprendente 4 aziende vivaistiche della Valdinievole (PT) e una di Orosei (NU). 


Serranova è la migliore startup del settore green in Italia. La serra modulare, ideata dall’architetto e designer Stefano Chiocchini, ha vinto stamani la prima edizione del Flormart Future Village, il cuore innovativo - ideato e organizzato da Blum – della 70esima edizione del salone internazionale del verde, che ha visto competere 8 giovani aziende, selezionate da un apposito bando, in un padiglione di Flormart dedicato all’innovazione.
Serranova permette di coltivare ortaggi e verdure biologiche garantendo una crescita fino a 3 o 4 volte più veloce della norma, grazie alle polveri fotoluminescenti inglobate nei vetri che convertono la luce solare o artificiale in frequenze luminose molto vicine ai picchi della fotosintesi clorofilliana, rilasciandola progressivamente con un’intensità simile a quella del sole a mezzogiorno. A Canvasalus, giovane azienda che sviluppa ricerca sulla canapa, è andato invece il premio del pubblico che ha affollato nei tre giorni il Village.
«Flormart Future Village si è rivelato spazio di incontro e confronto per l’ecosistema dell’innovazione, dove si sono generate buone opportunità di sviluppo - spiega Luca Barbieri, cofounder di Blum -. La conferma di quanto servano luoghi che, come questo, sono progettati per facilitare il networking tra chi crea nuovi dispositivi e servizi, aziende che possono servirsene per fare innovazione di prodotto e di processo, centri di ricerca che fanno da ponte e incubatore per queste nuove idee».
Serranova si aggiudica così una serie di servizi e opportunità, tra cui la possibilità di partecipare come espositore all’interno di Flormart 2020. Ma per tutte le finaliste c’è una doppia opportunità, offerta da Tilt, realtà che seleziona le startup che rappresenteranno l’Italia al Ces di Las Vegas, la più grande fiera mondiale dedicata alla tecnologia in programma dal 7 al 10 gennaio 2020. La prima opportunità è quella di partecipare alla Tilt Academy che nell’arco di un mese può dare loro gli strumenti necessari per competere a livello internazionale. La seconda è, se selezionate da Tilt, portare l’innovazione green a Las Vegas.
Fra queste otto finaliste c’è anche Olea rete contratto: una rete di imprese creata da cinque aziende florovivaistiche tosco-sarde che hanno deciso di unirsi per condividere conoscenze produttive e commerciali ed essere più incisive sul mercato globale. Olea vuole promuovere in particolare la ricerca e l'innovazione nella produzione di piante di olivo e studiare metodi di produzione e di processo innovativi per il settore florovivaistico. Olea è formata dalle seguenti aziende agricole: Az. Agr. Andreani Edoardo (Pescia, PT), Az. Agr. Cinelli Luca (Pescia), Cinelli Vivai di Cinelli Federico (Pescia), Vita Verde Vivai (Orosei, NU), Vivai Attilio Sonnoli (Uzzano, PT).
 
PIGMENTI NEI VETRI: ECCO IL SEGRETO DELLA SERRA SPECIALE
Serranova, startup nata a Perugia, è una serra che permette di coltivare ortaggi e verdure nel proprio giardino o in casa, su un substrato in fibre naturali, in un ambiente controllato con aria purissima e stimolazione fotoluminescente. Grazie a un innovativo sistema di depurazione dell’aria si proteggono le piante dagli attacchi di parassiti e malattie senza ricorrere ad antiparassitari. Il cuore della serra è il sistema sperimentale innovativo per l’accrescimento delle piante. I vetri con inglobate polveri fotoluminescenti sono adiacenti alle scaffalature per le piante in accrescimento e ricoprono tutte le pareti trasparenti della serra. L’innovazione si basa sul seguente principio: in natura esistono alcuni pigmenti «foto convertitori» che sono in grado di convertire alcune frequenze della luce solare o di una particolare luce artificiale, in altri tipi di frequenze nello spettro visibile tra i 400 e 700 nanometri. Una particolare mescola di questi pigmenti foto-convertitori converte la luce solare in frequenze luminose molto vicine ai picchi della fotosintesi clorofilliana stimolando in maniera significativa la crescita delle piante.
 
SEMI TUTTI «AL FEMMINILE» PER UNA CANAPA MIGLIORE
Canvasalus di Monselice (Padova) si occupa di ricerca avanzata sulla canapa. Ha sviluppato un metodo scientifico per ottenere solo piante di canapa femminili, risolvendo così un problema di molte aziende del settore, quello dell’alta concentrazione di piante maschili, prive di fiore e che per questo devono essere eliminate dal campo con il faticoso processo di smaschiatura. Il metodo di Canvasalus invece permette, partendo da un lotto di semi di canapa dioica (cioè con piante a sessi separati), di estrarre solo la frazione dei semi femminili, risolvendo il problema prima della semina.

Redazione

Cannabis “light”, la Cassazione: «Stop alla vendita, è reato». Il presidente Consorzio nazionale della canapa Stefano Zanda: «Per noi rimane fermo il tetto dello 0,5% di thc».

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno deciso di vietare la commercializzazione dei prodotti derivati dalla cannabis sativa salvo che non siano privi di efficacia drogante.
Il neonato Consorzio nazionale della canapa si aspettava tale sentenza e il presidente Stefano Zanda afferma: «Per noi rimane fermo il tetto stabilito nel 1989 dalla Cassazione, che ha stabilito nello 0,5%, il principio attivo thc, oltre il quale una sostanza diventa stupefacente…, come da consolidata letteratura scientifica e dalla tossicologia forense».
Zanda rassicura sul fatto che tale sentenza si limiterà alla vendita al pubblico lasciando invariati i rapporti B2B e cioè quelli tra aziende agricole e aziende di trasformazione secondo i settori elencati dalla legge 242: alimenti, cosmetici, bioplastiche, florovivaismo, materiale per bioedilizia.
Nonostante che la commercializzazione di derivati della canapa industriale non rientri nell'ambito della legge 242/2016, la Corte afferma chiaramente che sono perseguibili penalmente «le condotte di cessione, vendita e, in genere, commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, della coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti non siano privi di efficacia drogante».

Redazione

«Per il mercato della canapa industriale, in Europa, si prevede un giro d'affari di 28 miliardi al 2021. Noi possiamo andare a prendercene 6 o 7». Lo ha detto Stefano Zanda, direttore generale del Consorzio nazionale della canapa, presentato oggi alla Camera.

«Siamo sotto assalto di investitori esteri, soprattutto canadesi, che in Italia hanno subodorato grandi opportunità di business e molte società attive nella produzione e nella commercializzazione di prodotti con cannabis pensano alla quotazione». Zanda, che è anche il fondatore di My Joint - il maggior produttore di cannabis legale in Italia con 100 dipendenti e contatti con oltre 2500 tra growshop e tabacchini - alza il velo sul vulnus del settore: la scarsa chiarezza sui contorni di liceità, che spesso rende la canapa industriale vittima di pregiudizi.
«I continui sequestri nei punti vendita mettono in difficoltà chi opera nella liceità e cerca modelli salubri», spiega.
«Occorre un marchio distintivo - prosegue - che renda immediatamente riconoscibile ciò che è serio, ovvero la canapa industriale, da ciò che non lo è: per questo auspichiamo una strettissima collaborazione tra filiera, produttori e forze dell'ordine».
Più di 1700 nuove imprese nate sulla scia del boom della canapa e una normativa nuova di zecca, che sconta ancora una serie di lacune.Da gennaio 2017, mese in cui è entrata in vigore la legge numero 242 del 2016, il mercato è esploso e il quadro di regolamentazione non riesce a stare al passo. Il Consorzio nazionale nasce con l'obiettivo di superare il gap normativo e organizzativo, indicando alle imprese la via della legalità. «Il Consorzio - spiega il vice-presidente Davide Galvagno - vuole garantire l'approvvigionamento di varietà certificate a tutte le aziende agricole, cercando le varietà alla fonte». Altre criticità con cui dovranno vedersela gli operatori sono l'eterogeneità delle varietà certificate e l'assenza di un protocollo di analisi: «Promuoveremo - prosegue Galvagni - un'attività di sensibilizzazione nei confronti del Crea e dell'Unione europea, per favorire una riproduzione del prodotto di tipo gamico».
Ma l'asso nella manica di questa strategia della legalità sarà l'introduzione di un numero seriale, che renderà più immediata la tracciabilità. «Tutta la documentazione sarà messa a disposizione delle forze dell'ordine, per rendere più fluidi i controlli», conclude Galvagno.

Redazione

Stimato un giro d’affari da oltre 2 miliardi di $ per l’effetto della liberalizzazione grazie al Farm Bill (sostegno pubblico all’agricoltura). La legge definitivamente firmata dal presidente Donald Trump autorizza la coltivazione a scopi commeciali per le specie con Thc allo 0,3%. I settori d’impiego sono: cosmetica, farmaceutica, abbigliamento e edilizia. Con il sostegno pubblico all’agricoltura il coltivatore potrà assicurare il raccolto con polizze agevolate alla stregua di grano, mais e soia.

Un divieto durato 50 anni che è stato sbloccato dall’amministrazione Trump per coltivazione industriale della canapa a scopi commerciali. La presenza massima consentita di Thc (il principio piscoattivo della marijuana) è fissata a 0,3 per cento. L’autorizzazione è contenuta nel testo del Farm Bill - la legge che regola il sostegno pubblico all'agricoltura - firmato nei giorni scorsi dal presidente, Donald Trump. In precedenza, la canapa industriale era inserita nella lista delle colture controllate e i singoli Stati avevano solo la possibilità di consentire la realizzazione di “progetti pilota” con finalità scientifiche. La novità inserita dal Farm Bill è stata esaminata durante un seminario che si è svolto nei giorni scorsi nell’ambito dell’annuale congresso della American Farm Bureau Federation (Nfu), la più importanti tra le organizzazioni degli agricoltori.
Dal seminario è venuto fuori che ci vorrà non meno di un anno, prima di assistere alla diffusione della coltura, considerato che la legalizzazione stabilita a livello federale deve essere completata con i regolamenti operativi dei singoli Stati. Le prospettive, comunque, sono di assoluto rilievo.
La canapa industriale può essere destinata a molteplici usi che spaziano dalla cosmetica, ai prodotti farmaceutici, all’abbigliamento fino all’edilizia per l'isolamento termico delle costruzione. È stato stimato che il giro d’affari potrebbe superare i 2 miliardi di dollari entro il 2022. Dal seminario è emerso che, sotto il profilo agronomico, la coltura ha costi di produzione più elevati della media. Agli agricoltori è stato consigliato di inserire la canapa industriale nelle rotazioni colturali, piuttosto che come coltura unica.
Grazie alla legalizzazione disposta con il Farm Bill, i produttori potranno assicurare i raccolti con le polizze agevolate dai fondi del dipartimento di Stato all’agricoltura (Usda). Senza differenze, in pratica, rispetto al mais, al grano e alla soia.

Redazione