Notizie

L’assessora all’agricoltura Saccardi: «un'opportunità per gli agricoltori in crisi a causa del periodo che stiamo attraversando» per il Covid. Tra i requisiti, riduzione di fatturato nel 2020 rispetto al 2019. Cinque le banche convenzionate.

Le imprese agricole e agroalimentari colpite dalla crisi per l’emergenza Covid 19 alla ricerca di liquidità potranno ottenere prestiti fino a 200 mila euro con garanzia gratuita.
E’ la nuova misura messa a punto dalla Regione Toscana comunicata nei giorni scorsi dalla vice presidente e assessora regionale all’agroalimentare Stefania Saccardi. «Si tratta di un’opportunità che deriva dalla misura 4.1.6 rivolta alle imprese agricole [Miglioramento della redditività e della competitività delle aziende agricole – strumenti finanziari, ndr] e dalla misura 4.2.2 rivolta alle imprese agroalimentari [Investimenti nella trasformazione, commercializzazione e/o nello sviluppo dei prodotti agricoli – strumenti finanziari] del Programma di sviluppo rurale Feasr 2014-2020 – ha spiegato Stefania Saccardi –, un’opportunità che abbiamo voluto creare per rendere possibile ottenere garanzie gratuite previste nella programmazione dello sviluppo rurale anche per l’erogazione di liquidità a favore degli agricoltori in crisi a causa del periodo che stiamo attraversando».
Le Pmi e le Small Mid Cap, imprese che indipendentemente dal fatturato hanno un numero di dipendenti inferiori a 500 unità, che hanno avuto nel 2020 una riduzione di fatturato rispetto al 2019 potranno chiedere liquidità non superiori a 200 mila euro alle cinque banche convenzionate e i prestiti dovranno essere erogati entro il 30 giugno 2021.
Tra i requisiti viene meno l'obbligo di presentare giustificativi basati su piani aziendali o documenti equivalenti e prove che dimostrino che il sostegno fornito tramite lo strumento finanziario sia stato utilizzato per gli investimenti.
Le banche abilitate sono la Banca di Cambiano, il Monte dei Paschi di Siena, Credem, Creval e Iccrea Banca impresa.
Per ulteriori informazioni, consulatare la pagina del sito web della Regione Toscana dedicata al Psr Feasr 2014-2020.

Redazione

Il mercato dei fiori di Pescia ha registrato nei primi dieci mesi del 2020 un calo di oltre 6 milioni di euro rispetto al 2019 del valore dei fiori e fronde recisi affluiti. L’azienda speciale Mefit che lo gestisce rende note le stime delle perdite dei mesi peggiori: fra -80% e -90% in aprile, fra -60% e -70% a marzo. Le vendite di questo ottobre sono state buone, ma penalizzate dalle scarse quantità di crisantemi che erano state coltivate per il timore di non venderle. Ecco le tabelle parziali del Mefit con il raffronto fra le quantità e valori delle principali specie di fiori affluite al mercato pesciatino nel 2019 e nel 2020. 

Nel periodo in esame, dal 1° gennaio 2020 al 31 ottobre 2020, le statistiche mensili elaborate dalla direzione del Mefit evidenziano che il mese con maggiore afflusso di merci e movimenti di vendite è stato ottobre (in cui si sono concentrate le vendite per la festa di “Tutti i Santi” e per la commemorazione dei defunti), mentre il periodo con minori movimenti è stato aprile, mese in cui sono state sospese le contrattazioni nella platea del mercato a causa del lockdown deciso a livello nazionale per il contrasto ed il contenimento dell’emergenza da Coronavirus.
Nel periodo gennaio-ottobre le vendite sono cresciute in progressione nei mesi di gennaio e febbraio, conseguendo un risultato leggermente migliore rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel mese di marzo, con la sospensione delle contrattazioni nella platea del mercato dal giorno 12, si è registrata una netta diminuzione delle vendite, quantificabile dal 60 al 70% in meno rispetto a marzo 2019. Nel mese di aprile, causa la sospensione delle contrattazioni per tutto il mese il calo delle vendite è stato drastico, raggiungendo una percentuale variabile tra l’80 ed il 90 % rispetto allo stesso mese del 2019. Nel mese di maggio, con la riapertura della platea, abbiamo assistito ad una buona performance delle vendite in concomitanza della festa della mamma, ma poi le vendite si si sono appiattite, concludendo il mese con un -35/45 %. Nei mesi estivi, giugno, luglio e settembre le vendite sono andate discretamente, ma i coltivatori, per non rischiare, hanno diminuito le quantità prodotte e alcuni coltivatori stagionali hanno deciso di non produrre. Le vendite nel mese di ottobre sono state molto soddisfacenti, anche in questo caso sono diminuite le quantità di crisantemi coltivate, sempre per il timore di non riuscire a vendere le quantità prodotte, cosa che poi non è avvenuta.
Nel periodo gennaio ottobre del corrente anno il volume d’affari alla produzione è risultato intorno a 27 milioni e 500.000 euro con un decremento di circa 6.200.000 euro rispetto allo stesso arco di tempo del 2019. Questo risultato di decisa diminuzione (-18,40%) in termini economici rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è da attribuire prevalentemente alle misure restrittive decise a livello governativo nazionale per contrastare e contenere il contagio da Covid-19 e alle conseguenze indirette che si sono trascinate nel tempo.

Oltre alla pandemia, va sottolineato, questo risultato è stato influenzato da un quadro economico che, nonostante timidi segnali di ripresa, attraversava un periodo congiunturale sfavorevole, tanto da essere divenuto da alcuni anni strutturale e dove il comparto floricolo ha affrontato, nello stesso arco di tempo, una corrosione economica superiore a quella di altri beni.

Redazione

 

 

Chiesta task force per fermare l’avanzata del calabrone asiatico sterminatore di api da Coldiretti Massa Carrara in seguito all’identificazione e neutralizzazione di due nidi. Preoccupati gli apicoltori toscani e non solo, perché predando impollinatori come le api è una minaccia per la biodiversità vegetale e per diverse coltivazioni.

Emergenza vespa velutina (o calabrone asiatico) a Massa Carrara. La provincia apuana, dove si produce l’unico miele Dop al mondo, il miele Dop della Lunigiana, è tra i primi territori a livello nazionale, insieme alla vicina Val di Vara in Liguria, in cui la presenza del temibile insetto alieno che uccide api ed insetti impollinatori è stata certificata.
A lanciare l’allarme è stata Coldiretti Massa Carrara, preoccupata dalla continua invasione di insetti ed organismi alieni portati nelle campagne e nei boschi dai cambiamenti climatici e dalla globalizzazione degli scambi che ha causato già molti danni. Basta pensare a protagonisti delle cronache come la cimice killer, il cinipide galleno, la popillia japonica, la drosophila suzukii, il coleottero Aethina tumida e cimice marmorata asiatica.
«Servono risorse e strumenti per affrontare questa nuova emergenza che rischia di decimare gli alveari e minare il principio della biodiversità – ha dichiarato Francesca Ferrari, Presidente Coldiretti Massa Carrara –.  Mi rivolgo alla Regione Toscana: come il calabrone asiatico è arrivato qui, può arrivare presto in altri territori. Possiamo combatterlo oggi e limitare i danni o lasciare che invada altre provincie con danni incalcolabili. Può avere lo stesso devastante effetto del cinipide galleno sulla castanicoltura. Per vincere la battaglia contro il cinipide ci abbiamo messo anni. Ci troviamo di fronte a specie che distruggono i raccolti, favorite dai cambiamenti climatici e dal sistema di controllo dell’Unione Europea con frontiere colabrodo che continuano a lasciare passare materiale vegetale infetto e parassiti vari».
Il primo avvistamento, sporadico ed isolato, risale al 2008 in Lunigiana a Licciana Nardi. Da lì in poi gli avvistamenti si sono progressivamente moltiplicati fino all’ultimo di alcuni giorni fa sulla costa. I due nidi sono stati neutralizzati con il sistema autorizzato della permetrina in polvere iniettata nel nido mediante aste telescopiche; per uno dei due nidi, data l’altezza elevata, si è ricorsi all’intervento dei Vigili del Fuoco, che hanno messo a disposizione la piattaforma aerea, sia per la neutralizzazione che per la rimozione del nido nei giorni successivi. Fatto che ha innalzato il livello di preoccupazione tra apicoltori ed agricoltori.
La vespa velutina aggredisce gli alveari con strategia militare. I calabroni pattugliano l’entrata degli alveari e catturano le api bottinatrici cariche di polline al rientro nell’alveare, le uccidono e lo portano al proprio nido come alimento per la prole. Inoltre, là dove questo predatore tiene sotto assedio gli alveari, le api bottinatrici smettono di uscire dall’arnia e la colonia di conseguenza si indebolisce.
Inoltre, essendo l’ape uno dei principali insetti impollinatori, il danno non è circoscritto solo al settore dell’apicoltura ma, più in generale, questo calabrone predando le api, rappresenta una minaccia sia alla biodiversità vegetale, che alla produzione delle colture agricole la cui impollinazione si basa sull’azione delle api. Da non sottovalutare la pericolosità anche per l’uomo. Le punture delle api asiatiche sono pericolose ed a volte anche letali.

Redazione

La Regione Toscana ha scelto le aziende floricole del comparto fiore reciso ammesse al parziale ristoro delle perdite subite per il Coronavirus. Sono 163 e stanno per ricevere sovvenzioni da un massimo di 20 mila euro (6 aziende) a meno di 1.000 € (23 aziende). L’assessora Saccardi: «la Regione mantiene gli impegni con le categorie più colpite nella prima fase pandemica». Il consigliere Niccolai: «a disposizione più di 1 mln di euro per i floricoltori fuori da questo bando e continueremo il lavoro anche con la filiera vivaistica». Il link all’elenco ufficiale delle sovvenzioni decretate.


Sono 163 le aziende floricole toscane che stanno per ricevere una sovvenzione straordinaria come parziale ristoro per la riduzione delle vendite di fiori e fronde recisi subita a causa dell’emergenza Covid-19 la primavera scorsa.
L’elenco dei floricoltori ammessi è stato appena approvato e la sovvenzione, pari a un contributo complessivo di quasi 834mila euro, sarà proporzionata alla riduzione dei fatturati che ciascuno di essi ha subito nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto al corrispondente bimestre del 2019.
Il finanziamento è stato fissato nei limiti massimi previsti dal bando senza alcuna riduzione, in conseguenza della capienza delle risorse messe a disposizione e sarà liquidata a breve, non appena espletate le verifiche previste dalla normativa vigente: «controllo della regolarità contributiva mediante l’acquisizione del DURC», come recita il decreto dirigenziale dello scorso 12 novembre (vedi). Si va da ristori superiori ai 10 mila euro per 26 aziende, sei delle quali riceveranno il contributo massimo di 20 mila euro, a mini ristori inferiori a mille euro per 23 aziende. Fra questi due estremi si distribuiscono le altre sovvenzioni approvate (vedi).
«La Regione mantiene gli impegni presi con le categorie maggiormente colpite nella prima fase pandemica e continua il suo lavoro di sostegno – ha dichiarato la vicepresidente e assessore all’agroalimentare Stefania Saccardi rendendo noto il decreto –. Siamo consapevoli che il ristoro che eroghiamo non potrà coprire tutti i danni subiti, ma contiamo sul fatto che possa rappresentare un aiuto valido per sostenere una parte dei mancati introiti».
Come ha spiegato il consigliere regionale Marco Niccolai nel suo commento su Facebook a questa notizia: «nell'aprile scorso la Regione ha destinato 2,430 mln di euro per il ristoro dei danni che la floricoltura del nostro territorio ha subito a causa della pandemia (vedi). Molto materiale andò distrutto e tutta la produzione del periodo primaverile di fatto fu interrotta. Nei giorni scorsi sono state individuate le 163 aziende ammesse all'erogazione del contributo previsto dal primo bando della Regione in materia» (vedi). Ma «rimane a disposizione più di 1 mln di euro» che consentirà alla Regione di «dare una risposta anche alle altre aziende del settore floricolo danneggiate dagli effetti della pandemia che non erano state ricomprese in questo bando, una questione che avevo posto nel mio precedente mandato e sulla quale continuerò il mio impegno. Come componente della Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale non posso che essere soddisfatto perché arriva a queste aziende, molte volte piccole e a conduzione familiare, una risposta concreta. Continueremo il lavoro non solo per la filiera floricola ma anche per quella vivaistica».

L.S.

produzione crisantemi 2020

Per Asproflor 9 milioni i vasi di crisantemi prodotti e 17 milioni gli steli di crisantemo multiflora e uniflora raccolti in Italia quest’anno, con un calo di produzione pari a -30% sul 2019. Il presidente Ferraro: i vasi coltivati soprattutto nel centronord e al nord, i recisi al sud e nel centrosud; 250 mln di euro spesi per commemorare i defunti nel nostro Paese. Conferma dell’entità del calo produttivo da Cia Toscana Centro, che segnala peraltro una crescita del 20% del prezzo medio degli steli all’ingrosso al Mefit di Pescia e il cui presidente Orlandini parla di «grande incertezza» per la pandemia, che ha causato anche meno importazioni dall’estero di crisantemi. Paura per le ipotesi di futuri lockdown, in particolare per le vendite di stelle di Natale.


Un calo della produzione italiana di crisantemi, fra numero di vasi e di steli recisi, di circa il 30%. E’ la stima alla vigilia di Ognissanti, momento dell’anno cruciale per il commercio di crisantemi ma importantissimo per tutta la filiera floricola, che è stata comunicata ieri l’altro da Asproflor – Comuni fioriti e che poi è stata indirettamente confermata ieri da Cia Toscana Centro con riferimento al Mefit, il mercato per il commercio all’ingrosso di fiori e piante di Pescia.  
«Dopo una primavera scossa dalla chiusura forzata delle attività a causa del Covid – spiega il comunicato del 29 ottobre di Asproflor – Comuni fioriti introducendo i dati - le aziende hanno tentato di riprendere la normalità programmando la coltivazione dei fiori per la principale festività autunnale, quella di Ognissanti. Certe di aver lasciato alle spalle il picco pandemico e fiduciose nel futuro, tutte la aziende hanno messo in produzione la coltivazione dei crisantemi da vaso e recisi, che è una delle più lunghe e impegnative. L’estate appena trascorsa ha registrato giornate particolarmente asciutte e luminose e ha determinato un leggero ritardo nella fioritura dei crisantemi». Così nei giorni scorsi i crisantemi sono arrivati nei centri giardinaggio, nei punti vendita e nelle fiere in programma fino al 25 ottobre con prezzi che variavano «da 1,50 a 2,00 €/cad. per gli steli multifiori ai 3,50- 6,50 €/cad per gli steli uniflora, i vasi da 12 cm da 4/5,00 €/cad a 15/20,00 € cad per i diam. 20/23 cm». E  «la produzione nazionale di crisantemi in vaso è stata di circa 9 milioni di vasi in diverse misure, 10 milioni di steli recisi multifiori e 7 milioni di steli varietà decorative uniflora, con un calo di produzione del 30%».
«Il crisantemo è una delle produzioni “storiche” e “tradizionali” per il mercato italiano - ha osservato il presidente di Asproflor Sergio Ferraro - e l’intera produzione rappresenta il 25% del fatturato annuo delle aziende florovivaistiche, per una spesa complessiva di cica 250 milioni di euro e le principali regioni produttrici sono Sicilia, Puglia, Campania e Lazio per il fiore reciso e Liguria, Toscana, Piemonte, Veneto e Lombardia per i vasi». «Stiamo vivendo questi ultimi giorni in attesa delle festività con grande apprensione e preoccupazione - ha continuato Ferraro -. Anche se i decreti e le ordinanze che si susseguono consentono alle aziende florovivaistiche e a chi vende piante e fiori di rimanere aperti, non possiamo restare indifferenti rispetto alle altre attività che sono invece costrette a chiudere in seguito alle misure prese per il contenimento dell'epidemia. […] La sfida sarà affrontare non soltanto i capricci del tempo, che nonostante le moderne tecnologie di coltivazione spesso determina la qualità della produzione e la fioritura, ma anche i cambiamenti sociali che la pandemia determinerà».
Sulla stessa linea d’onda il comunicato di ieri di Cia Toscana Centro, in cui si parla di «mercato dei fiori di Pescia, uno dei principali a livello nazionale, fortemente condizionato dall’effetto Covid» in vista delle celebrazione del 2 novembre, momento fra i «più importanti dell’anno per la floricoltura di Pescia». «Per la commemorazione dei defunti – viene segnalato - si registra un calo della produzione dei crisantemi da parte delle aziende locali (-30% rispetto al 2019), colpa dell’incertezza dei mesi scorsi e attuale per probabili lockdown, al momento evitati. Stesso fenomeno che ha fatto diminuire l’ingresso sul mercato italiano di prodotto estero. Sale invece il prezzo medio dei crisantemi (+20%) – la varietà “ping pong” la più venduta -, che vengono venduti ad 80 centesimi cadauno dall’azienda agricola al mercato all’ingrosso (contro i circa 60 centesimi dello scorso anno)».
«Le grandi difficoltà del settore con la chiusura delle attività nei mesi di marzo-aprile a causa dell’emergenza sanitaria Covid – ha commentato il presidente Cia Toscana Centro Sandro Orlandini – hanno condizionato pesantemente le scelte delle aziende nei mesi successivi. In molti hanno aspettato a piantare fiori e crisantemi pensando a nuove chiusure del settore, ma anche a quelle dei cimiteri, che per il momento non ci sono state. Una situazione che ha portato quindi ad un calo della produzione di circa un terzo rispetto alla media. Fatto positivo, comunque, che l’1 e 2 novembre potremmo ancora andare nei cimiteri ed acquistare i fiori locali, dando una importante boccata d’ossigeno alle aziende locali. Non era scontato». 
«La Cia Toscana Centro nella zona di Pescia conta circa 130 aziende agricole impegnate nella produzione dei fiori – rende noto il comunicato - che conferiscono al Mercato dei fiori della Toscana (Mefit) di Pescia. Crisantemi pesciatini che vanno perlopiù nel mercato locale toscano ed in alcune regioni del Nord Italia, quasi assente l’export». In una annata comunque particolarmente difficile, Cia Toscana Centro è preoccupata per il periodo natalizio, quando si vendono le stelle di Natale, per l’incertezza ed il rischio di nuove chiusure per l’emergenza Covid. Del resto in Toscana il florovivaismo ha un peso molto significativo: «si coltivano fiori e piante in 6.500 ettari di superficie e il settore vale - ricorda Cia - all’incirca un terzo del fatturato (900 milioni di euro) dell’agricoltura toscana. Con oltre 3.300 imprese florovivaistiche (di cui 2.060 vivaistiche e 1.900 floricole, molte lo sono entrambi), con una grande incidenza su occupazione ed economia indotta, oltre ad una forte vocazione, in tempi normali, all’export».

Redazione