Filiera vite-vino

reimpianti nei vigneti di Toscana

L’assessora all’agroalimentare Saccardi ha reso noto il via libera della Giunta della Regione Toscana al piano di sostegno alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti per il 2021/2022. Superfice ammissibile a domanda: da un minimo di 0,5 ettari (con alcune eccezioni) a un massimo di 30 ettari. Contributo erogato nel limite del 50% dei costi effettivi (incluse le spese tecniche e/o progettazione) fino a un massimo di 16.000 euro ad ettaro (22 mila nelle piccole isole). Seguirà bando per le domande di contributo.


Via libera della Regione Toscana alla misura che concede contributi per ristrutturare e riconvertire i vigneti relativamente alla campagna vitivinicola 2021/2022 e fissa i criteri di priorità che saranno applicati alle domande di sostegno per predisporre la graduatoria dei soggetti ammissibili al contributo.
Sono 15 milioni e 500 mila euro le risorse assegnate a questa misura, attivata fin dal 2000 nell'ambito dei fondi europei della “Ocm Vino” (Organizzazione comune del mercato del settore vitivinicolo), che comunque potrebbero anche aumentare in fase di rimodulazione.
Alla misura possono accedere le persone fisiche o giuridiche titolari di una Unità tecnico economica (Ute) che conducono vigneti, nonché coloro che detengono autorizzazioni al reimpianto valide. Può essere presentata una sola domanda di sostegno per ciascuna Ute. 
La superficie massima ammissibile a contributo per ciascuna Ute non può superare i 30 ettari (con riferimento al totale delle azioni). La superficie minima oggetto della misura ammessa a beneficiare dell'aiuto è fissata per ciascuna domanda in 0,5 ettari per Ute. Ma per le Ute che, al momento della presentazione della domanda, hanno una superficie vitata pari o inferiore a 1 ettaro, la superficie minima di intervento è fissata in 0,3 ettari. E per gli interventi realizzati nelle zone di produzione dei vini a denominazione di origine protetta Candia dei Colli Apuani, Colli di Luni, Ansonica Costa dell’Argentario (limitatamente al comune di Monte Argentario), Elba, nonché nel territorio delle isole toscane, la superficie minima di intervento è pari a 0,25 ettari per Ute.
Sono oggetto di finanziamento le attività di reimpianto per riconversione varietale e per ristrutturazione, compresa la ricollocazione dei vigneti, le attività di riconversione varietale per sovrainnesto e le attività di miglioramento delle tecniche di gestione dell’impianto viticolo. La misura si applica sull'intero territorio regionale. 
Le azioni di ristrutturazione e riconversione dei vigneti devono essere realizzate entro un termine, che verrà stabilito con un successivo atto, tale da garantire la presentazione della domanda di saldo, l’esecuzione dei controlli da parte dell’Agenzia regionale toscana per le erogazioni in agricoltura (Artea) e il pagamento del saldo entro il 15 ottobre 2023. La concessione del contributo avviene esclusivamente con il pagamento anticipato del sostegno pari all’80% del contributo ammesso, cui segue il pagamento del saldo (restante 20%).
Il contributo ai costi di ristrutturazione e riconversione dei vigneti è erogato nel limite del 50% dei costi effettivamente sostenuti (incluse le spese tecniche e/o progettazione), fino al raggiungimento di un importo massimo di contributo pari a 16.000 euro ad ettaro, ridotti a 14.000 euro ad ettaro qualora le richieste presentate superassero del 20% le risorse destinate alla misura. Però, per sostenere la viticoltura in zone ad alta valenza ambientale e paesaggistica, l'importo del contributo viene elevato fino a 22mila euro ad ettaro per gli interventi realizzati nelle piccole isole, cioè le isole con una superficie totale massima di 250 chilometri quadrati caratterizzate da vincoli strutturali o socioeconomici (isole dell’arcipelago toscano). 
Al provvedimento approvato dalla Giunta regionale, seguirà l'adozione del bando per la presentazione delle domande di contributo da parte di Artea, contenente le modalità procedurali per la presentazione delle domande di sostegno, l'individuazione dei soggetti proponenti ed i requisiti che devono possedere nonché tutte le disposizioni necessarie ai fini non solo della presentazione della domanda, ma anche della realizzazione degli interventi. 
«La viticoltura è uno dei settori di traino del settore agroalimentare toscano – ha detto la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – e l’aumento della competitività delle nostre imprese vitivinicole è uno degli obiettivi primari che dobbiamo porci: il sostegno a tutti i soggetti coinvolti diventa un elemento cruciale per poter garantire la capacità di stare sul mercato e starci con grandi prodotti».


Redazione


Le richieste di Aci, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Uiv al ministro Patuanelli sulla questione dei vini dealcolati. Si chiede che siano classificati come nuove categorie e che il reintegro dell’acqua si limiti a quella «endogena».

Una lettera al ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, in occasione del ciclo di negoziati del trilogo avviato il 25 maggio sulla riforma della Politica agricola comune e in particolare del Regolamento Ocm 1308/1013, con una netta presa di posizione della filiera vitivinicola italiana sulla questione dei vini dealcolati.
L’hanno scritta Alleanza delle Cooperative italiane, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini chiedendo che «questi prodotti, pur inquadrati nell’ambito del Regolamento Ocm, siano classificati come nuove categorie e non come termini che accompagnino le categorie esistenti, indicazione questa già espressa dal Parlamento Europeo». «L’obiettivo – spiega un comunicato congiunto del 25 maggio dei firmatari della lettera - è segnare una demarcazione più netta tra le nuove categorie e gli altri prodotti vitivinicoli, che consentirebbe peraltro di indirizzare più agevolmente i fondi del Piano nazionale di sostegno verso i prodotti non dealcolati».
Le organizzazioni esprimono inoltre ferma contrarietà rispetto alla possibilità di utilizzare le categorie dei vini “dealcolati” e “parzialmente dealcolati” per i vini a denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta: «il prodotto che ne deriva non ha i requisiti oggi richiesti ad una DOP o IGP, rischiando di penalizzare queste ultime nella percezione del consumatore».
Una precisazione è poi richiesta sul passaggio del testo in discussione relativo alla restituzione dell’acqua persa durante il processo di dealcolazione: «in questo caso serve confermare espressamente nel Regolamento 1308/2013 e non nell’atto delegato, che l’eventuale reintegro dell’acqua durante le operazioni di dealcolazione riguarda esclusivamente quella endogena, ovvero quella persa durante tale processo».
Infine la filiera, pur concordando con la proposta delle istituzioni europee di armonizzare le definizioni dei prodotti a basso tenore alcolico nell’ambito della riforma della Pac e l’esigenza di mantenere queste categorie nel Regolamento Ocm, ritiene che per i prodotti totalmente dealcolati si sarebbe dovuto usare il termine “bevanda” in luogo di “vino”.

Redazione

 

 

Per la pandemia perdita di 1 miliardo di euro nel 2020 solo nel mercato domestico, a causa del crollo nell’Ho.re.ca. L’export del vino nel 2020: -2,3% in quantità e -2,4% in valore. Il ministro Patuanelli: «seguiamo con attenzione lo schema relativo alla OCM unica di settore: all'Italia circa 323 milioni di euro annui di fondi europei per il settore fino al 2027». Il punto delle trattative su autorizzazioni di impianto, vini dealcolati, varietà ibride, etichettatura e sostenibilità. 

«Come ha ben spiegato il presidente Stefano, ognuno è libero di produrre ciò che vuole ma non deve chiamarlo vino. Quello con l'aggiunta di acqua non è vino. Questa è la posizione dell'Italia. Siamo preoccupati dalla posizione di altri Paesi che invece dovrebbero difendere con forza, insieme a noi, le caratteristiche pregiate delle produzioni vitivinicole europee. Mi riferisco in particolare alla Francia che invece sembra essere orientata a non opporsi a questo scempio».
Si è aperta con queste parole la recente audizione del ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli alla Commissione Politiche dell’Ue (14^) del Senato, presieduta dal senatore leccese Dario Stefano. Nel suo intervento il ministro ha innanzi tutto riepilogato gli ultimi dati sul settore vitivinicolo, che è «uno dei più rilevanti e dinamici all'interno del panorama agroalimentare italiano e del negoziato per la nuova Pac», e ha annunciato che a fine mese ci sarà l’importante appuntamento «con un Consiglio dell'Unione europea di due giorni e con un Trilogo contemporaneo in cui a mio avviso dovremo fare tutti il possibile perché si arrivi a definizione complessiva dei regolamenti della nuova PAC in modo da chiudere il processo percorso all'interno del semestre di presidenza portoghese».

Dati del settore vitivinicolo italiano
«Il nostro Paese è il primo produttore mondiale di vino e primo esportatore in volume – ha ricordato il ministro Patuanelli -, mentre in valore, con la cifra record del 2019 di 6,4 miliardi di euro, si posiziona saldamente al secondo posto dietro la Francia con cui ci sfidiamo costantemente su volumi e valori. Inoltre, il vino rappresenta la prima voce del commercio estero agroalimentare italiano».
Siamo primi in Europa «per numero di prodotti a denominazione – ha aggiunto il ministro - potendo vantare oltre 500 vini a DOCG, DOC e IGT, che svolgono il ruolo di ambasciatori delle produzioni di qualità italiane all'interno del mercato globale. Un vino rappresenta il distintivo del nostro Paese, del nostro territorio, la nostra cultura, paesaggio e la storia. Non è soltanto un prodotto enogastronomico e una bevanda. Il vino è qualcosa di più in Italia».
«Nel comparto agroalimentare – ha continuato Patuanelli - il peso del settore è notevole: 300.000 aziende agricole e circa 46.000 imprese vinificatrici forniscono occupazione a oltre 1 milioni di lavoratori, tra operatori in vigna, nelle cantine, nella commercializzazione e in attività connesse (fabbricazione di macchinari, sostanze enologiche e accessori per l'enologia). Un comparto che è un volano economico del nostro Paese».
Le conseguenze della pandemia per il ministro delle politiche agricole «sono state sensibili ma con effetti distribuiti in maniera disomogenea. Anche all'interno della filiera vitivinicola ci sono state conseguenze diverse. Il lockdown e la chiusura degli esercizi di ristorazione hanno penalizzato, in particolare, le imprese che nel corso degli anni si sono specializzate nel canale Ho.re.ca. In termini di collocamento del prodotto, si stima che questo canale pesi per il 30% dei volumi e per il 50% dei valori totali, con la conseguente perdita, nel 2020, di 1 miliardo di euro solo sul mercato domestico. Importi rilevanti, quindi. Il settore è stato aiutato ma è certamente un settore che ha subito la crisi pandemica. Le previsioni per il 2021 si confermano ancora pesanti per il settore, con i consumi di vino fuori casa stimati a -32% rispetto al 2019, a causa non solo delle intermittenti chiusure degli esercizi, ma anche di un minor potere d'acquisto da parte del consumatore nazionale. Al di là dell'impatto economico sulle singole famiglie, la crisi ha indotto un po' di prudenza nel consumatore che ha preferito orientare le proprie scelte su beni diversi da quelli del vino di pregio. Per queste aziende la conseguenza immediata è stata una improvvisa perdita di liquidità e, più in generale, uno squilibrio finanziario provocato sia dal prodotto invenduto sia dai mancati pagamenti per le fatture già emesse (di cui l'IVA è stata già versata): un danno da un lato e una beffa dall'altra. Allo stesso modo il turismo del vino, valutato 2,5 miliardi di euro, ha visto compromessa l'intera stagione del 2020 e il primo quadrimestre 2021. La riduzione del canale Ho.re.ca. è stata solo parzialmente compensata dalla crescita delle vendite nella GDO (+7.8% nel 2020 rispetto al 2019), dove, tuttavia, le preferenze del consumatore si sono orientate verso l'acquisto di prodotto di fascia non alta, a prezzi inferiori».
«Per quel che riguarda il commercio internazionale – ha affermato Patuanelli - l'Italia vitivinicola, dopo oltre un decennio di continui record delle vendite all'estero, ha subito una battuta di arresto. In totale, nel 2020, l'Italia ha esportato 20,8 milioni di ettolitri con una riduzione di poco superiore al 2,4% rispetto al 2019 per un corrispettivo di 6,285 miliardi di euro, 2,3% in meno rispetto al 2019. Nell'ambito del mercato mondiale l'impegno del nostro Paese deve essere finalizzato a mantenere la leadership nei tradizionali mercati di sbocco (Germania, Stati Uniti e Giappone) e a non rallentare la già difficile penetrazione commerciale nel mercato cinese. Le altre incognite sono legate agli effetti della Brexit (non ancora resi evidenti a causa della pandemia) e, più in generale, alla perdita del potere di acquisto del ceto medio mondiale a causa della recessione». 

Il negoziato della nuova Pac 
Dunque il «biennio che ci stiamo lasciando alle spalle avrà sensibili conseguenze sulla struttura e sull'organizzazione del settore – ha sottolineato Patuanelli -. Questi aspetti andranno attentamente valutati nell'ambito dell'attuale discussione della riforma della PAC e su come immaginiamo lo scenario agricolo del prossimo futuro».
«La riforma della PAC post 2022 – afferma - è una delle sfide principali, accanto al Piano Next Generation UE, su cui ho concentrato l'impegno istituzionale sin dal inizio del mio mandato». Le trattative «si stanno svolgendo con un flusso a volte incerto con alcuni elementi ancora sospesi, ma con sostanziali passi in avanti verso una decisione finale. La nuova PAC dovrà essere in grado di fornire al settore agricolo gli strumenti per una maggiore competitività sui mercati internazionali e al tempo stesso proseguire nella transizione ecologica sancita dal Green Deal. Sono quindi due sfide complesse».
«A tal fine, - ha aggiunto tra l’altro il ministro - i lavori sul pacchetto di regolamenti della nuova PAC, e in particolare lo schema relativo all'OCM Unica che conterrà l'intera disciplina riguardante il settore vitivinicolo e i prodotti derivati, sono stati costantemente seguiti dal Mipaaf al fine di salvaguardare gli interessi del settore. Il serrato confronto tra le Istituzioni dell'UE nell'ambito dei triloghi e il dibattito tra gli Stati Membri in seno al Consiglio dell'UE sono parte di un processo complesso, caratterizzato anche da alcuni tentativi di minare le caratteristiche distintive che tuttora contraddistinguono il vino italiano nel mondo. Le linee direttrici dell'azione del nostro Governo sono essenzialmente due: da una parte mantenere elevato il livello qualitativo delle produzioni vitivinicole e dall'altra garantire ai produttori adeguato sostegno, con risorse analoghe a quelle attualmente disponibili nell'ambito del Programma Nazionale di Sostegno (PNS)». 

OCM Vino - Piano Nazionale di sostegno (PNS)
Per il nostro ministro delle politiche agricole «l'elemento più rilevante da mettere in luce è che il settore vitivinicolo continuerà a beneficiare di una Organizzazione comune di mercato anche nella prossima programmazione PAC, inserita nella cornice del nuovo Piano Strategico nazionale. Dal punto di vista finanziario, l'Italia è riuscita ad ottenere il mantenimento di un budget, seppur leggermente ridimensionato, in linea con l'attuale programmazione. Per l'Italia saranno, infatti, disponibili fino al 2027, circa 323 milioni di euro annui di fondi europei per sostenere lo sviluppo del settore. Il nostro Paese si conferma così primo beneficiario dei fondi Ue per il settore vitivinicolo europeo».
In questo modo «il Programma nazionale di sostegno (PNS) sarà in grado di offrire, anche in futuro, ai vitivinicoltori gli strumenti e le risorse necessari per il miglioramento della competitività delle proprie aziende, utilizzando i relativi contributi comunitari». «La conferma di un budget dedicato, così come la conferma delle misure tipiche di sostegno – ha osservato tra l’altro il ministro - sono la prova dell'importanza per l'Italia di "fare sistema" al fine di raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Stiamo ancora lavorando, insieme a Francia e Spagna, affinché, nel passaggio dalla vecchia alla nuova OCM, siano previsti i meccanismi di flessibilità necessari a consentire ai produttori di completare gli investimenti programmati, senza soluzione di continuità».

Altri aspetti cruciali oggetto delle trattative negoziali

Autorizzazioni di impianto
Riguardo alla regolamentazione delle autorizzazioni viticole di nuovo impianto, il ministro Patuanelli ha riferito che «nella fase iniziale del negoziato, la Commissione ha accolto numerose proposte italiane legate alla semplificazione e ad una maggiore efficacia del rilascio delle autorizzazioni e dei criteri di priorità utilizzabili» e che l’ultimo testo di compromesso sull’OCM prevede «l'estensione del regime delle autorizzazioni per l'impianto dei vigneti fino al 2045 - con 2 revisioni intermedie nel 2028 e nel 2040 - confermando l'aumento massimo annuo dell'1% del potenziale viticolo». «L'accordo include anche – ha precisato - la nostra richiesta di poter riallocare dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2027 i "vecchi" diritti d'impianto non utilizzati dai viticoltori entro il 31 dicembre 2025». Mentre rispetto all’emergenza pandemica, l’Italia è «riuscita ad ottenere una proroga fino al 2021 delle autorizzazioni di impianto in scadenza nel 2020» e ha richiesto «un'ulteriore proroga di un anno per le autorizzazioni in scadenza nel 2021, attualmente oggetto di confronto con gli uffici tecnici della Commissione».

Vini dealcolati
Come riepilogato da Patuanelli, «dal 2018, anno di presentazione da parte della Commissione degli schemi di regolamento per la riforma della PAC, è in atto un acceso dibattito in merito alla proposta di introdurre una nuova categoria di prodotti "dealcolati", da usare congiuntamente al termine "vino". In base alle argomentazioni della Commissione, l'inserimento di tale disposizione nasce dalla necessità di armonizzare un settore in cui già esistono normative nazionali (ad es. Francia, Spagna, Portogallo, Germania), che potrebbero provocare una disparità di trattamento tra gli operatori, nonché possibili ostacoli alla libera circolazione dei prodotti. L'Italia si è sempre dichiarata contraria a tale proposta, dal momento che i trattamenti di dealcolazione privano il prodotto vino di gran parte delle sue caratteristiche organolettiche e ne modificano la composizione, compromettendo, tra l'altro, il legame con il territorio. Il prodotto finale così trattato, inoltre, non è più conforme alla definizione di "vino", stabilita dal regolamento di base, con la seguente formulazione: "prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica di uve o mosti avente un titolo alcolometrico non inferiore a 8,5% di volume". La Commissione ha introdotto ulteriori specifiche, proponendo una definizione di "parzialmente dealcolati" per i prodotti con un grado alcolico compreso tra 0,5% e 8,5% di volume. Nello stesso ambito, è stata inserita la possibilità di modificare le attuali pratiche enologiche, introducendo il reintegro dell'acqua persa nei prodotti a seguito del processo di dealcolazione. (Tale processo non va confuso, come erroneamente riportato nei giorni scorsi da alcuni organi di stampa, con il processo di annacquamento che è sempre vietato.) Durante il Comitato Speciale Agricoltura del mese di aprile è stato proposto un compromesso, in base al quale il vino potrà essere etichettato come "dealcolato" o "parzialmente dealcolato" mentre i vini con indicazioni geografiche (DOP e IGP) potranno utilizzare solo il termine "parzialmente dealcolato"». «L'Italia – ha asserito il ministro dell’agricoltura - continua ad opporsi all'utilizzo del termine "parzialmente dealcolato" per i vini DOP e IGP e personalmente ho anche ribadito la contrarietà del nostro Governo all'utilizzo dell'acqua per il ripristino dei volumi. Sono, tuttavia, consapevole della difficoltà della nostra battaglia politica, poiché gli altri grandi produttori vitivinicoli, e nostri principali competitor, quali Spagna e Francia, si sono dichiarati d'accordo con la proposta di riforma. Ma ribadisco tutto il mio impegno al fine di salvaguardare la qualità dei prodotti di eccellenza italiani».

Varietà ibride
Altra questione dibattuta nei negoziati della nuova PAC è la possibilità di utilizzo delle varietà ibride nelle produzioni vitivinicole. «L'ultimo testo relativo al regolamento OCM – ha ricordato Patuanelli - consente l'utilizzo di varietà ibride per la produzione di vini DOP». L’Italia si è opposta «per il negativo impatto che questa innovazione regolamentare avrebbe sulla tipicità e qualità dei nostri prodotti e sul legame con il territorio, elementi che da sempre contraddistinguono il vino italiano». E, come evidenziato dal ministro, «a livello nazionale, le predette varietà ibride non potranno comunque entrare nella produzione di un vino DOP, se non a seguito di una modifica del disciplinare di produzione, e quindi su richiesta degli stessi produttori». Inoltre «l'Italia ha contribuito a impedire che venisse ammessa la coltivazione, storicamente vietata, delle sei varietà di ibridi produttori diretti (Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton and Herbemont) e della Vitis labrusca, di cui oggi è vietata la coltivazione. Tale divieto di coltivazione si basa infatti su importanti motivi legati, non solo ad aspetti organolettici, ma anche salutistici».

Etichettatura
Sul tema dell’etichettatura l'ultimo compromesso contiene «l'etichettatura nutrizionale obbligatoriacon l'indicazione in etichetta del solo valore energetico e con la possibilità di rinviare a collegamenti internet per le informazioni di dettaglio relative ai valori nutrizionali e alla lista degli ingredienti. Quest'ultima forma di etichettatura elettronica costituisce una semplificazione funzionale all'attività delle imprese e salvaguarda al tempo stesso la trasparenza nei confronti del consumatore, da sempre valori essenziali per il sistema italiano».

La sfida della sostenibilità
Infine, la transizione ecologica, oltre a rappresentare uno dei cardini del Green Deal e della Strategia Farm to Fork, caratterizza fortemente anche la riforma della PAC. «Gli ultimi anni – ha affermato Patuanelli - sono stati caratterizzati da progressi enormi, su temi rilevanti quali la riduzione delle emissioni e la diffusione delle pratiche agricole più sostenibili, fino ad arrivare alla progressiva diminuzione dell'uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari. Un progresso costante, sostenuto dall'innovazione tecnologica che, sempre di più, trova spazio nelle nostre imprese agricole. La nuova PAC sosterrà gli ulteriori impegni richiesti agli agricoltori, sia attraverso il primo pilastro che con le misure dello sviluppo rurale. Parliamo della cosiddetta "architettura verde", che include anche le regole di condizionalità rafforzata. A livello europeo si stanno definendo percentuali minime importanti da destinare agli ecoschemi e alle misure agro-climatiche-ambientali».

«Il 19 aprile – ha concluso il ministro delle politiche agricole - ho avviato i lavori del Tavolo di Partenariato che dovrà essere protagonista del processo di attuazione della riforma della PAC a livello nazionale. Sono certo che la filiera vitivinicola troverà ampio spazio nel nuovo Piano Strategico, con misure che andranno a sostenere, ancora una volta la competitività delle imprese, privilegiando, al tempo stesso, gli imprenditori in grado di attuare i modelli più avanzati in termini di sostenibilità». Da parte sua c’è la ferma volontà di «utilizzare tutti gli strumenti a disposizione del nostro Paese al fine di garantire uno dei nostri patrimoni più importanti e conosciuti, segno distintivo del Made in Italy nel Mondo. Il settore, che è stato già oggetto di specifiche misure di sostegno nel periodo di crisi, lo sarà ancora in occasione delle prossime iniziative che punteranno ad ottenere un rilancio duraturo del settore agricolo. La filiera vitivinicola dovrà, inoltre, essere protagonista di un'azione di promozione dell'agroalimentare di qualità sia sul mercato interno che su quello internazionale, alimentata in maniera sinergica sia dai fondi europei che da quelli nazionali».

Redazione

 

 

danni ai vigneti da gelate

Da una prima rilevazione di Ismea e Uiv si stimano perdite tra il -5% e il -20%. In generale peggio il Centro-Nord, le varietà precoci e le barbatelle di pochi anni.


«Le gelate della settimana subito dopo Pasqua, in particolare dei giorni 7, 8, 9 e 15 aprile, hanno colpito vaste zone delle penisola, con danni sullo sviluppo vegetativo delle viti ancora di difficile quantificazione. Da una prima ricognizione di Ismea e Uiv emerge una situazione molto differenziata che varia in funzione della zona geografica, del differente stadio di sviluppo delle piante in quel periodo dell'anno e del clima immediatamente precedente». 
Si apre così una nota di Ismea del 5 maggio in cui viene spiegato anche che «in molti casi, infatti, le gelate sono arrivate dopo un marzo molto mite che aveva favorito il risveglio vegetativo delle viti, mentre in altri hanno trovato le viti ancora un po' dormienti a causa delle poche piogge». E che «a complicare ulteriormente il quadro ha contribuito il clima post-gelate, con temperature relativamente basse che hanno rallentato la ripresa vegetativa in molte zone e vitigni, rendendo più difficile, con le gemme non ancora dischiuse, stimare l'entità del danno subito». Pertanto solo tra qualche settimana, dopo la fase di accrescimento, si potrà realmente iniziare a fare la conta dei danni in vista della prossima vendemmia che si presenterà tra appena tre o quattro mesi.
Però «con tutte le cautele del caso – si legge nella nota - da una prima rilevazione Ismea e Uiv si stima una perdita che potrebbe oscillare a seconda dell'areale dal 5% al 20%, e addirittura in certi casi andare oltre questa soglia. In generale a essere state più colpite sono sicuramente le aree del Centro-Nord, mentre, tra le varietà, quelle precoci soprattutto nelle aree più umide e pianeggianti e le barbatelle di pochi anni.
Nel Nord Ovest, si rileva una situazione molto a macchia di leopardo ma in generale, con un ritardo di oltre una settimana, la gelata potrebbe non aver causato molti danni salvo ad alcune varietà che per loro natura non hanno una seconda gemma da poter sfruttare. 
In Trentino e in Alto Adige qualche danno, peraltro limitato, si registra sulle varietà più precoci e parzialmente germogliate come Chardonnay e Marzemino negli areali più caldi. In Friuli Venezia Giulia i danni sono ovviamente localizzati sulle varietà precoci, quindi Glera e in parte Chardonnay ed hanno interessato soprattutto le zone di pianura più umide. Situazione analoga in Veneto dove alcune aree potrebbero subire perdite molto sensibili, soprattutto quelle dove le temperature sono rimaste per qualche ora intorno ai -9°. Sulle uve nere non sembrano esserci particolari problemi attualmente in quanto ancora in una fase di dormienza.
Temperature scese oltre al -5% hanno colpito sia le zone collinari che le pianure dell'Emilia Romagna e qui le stime provvisorie si spingono verso perdite anche a due cifre rispetto al potenziale, ma con tutte le cautele d'obbligo. Cauto pessimismo anche in Toscana e Umbria soprattutto per le aree pianeggianti e di fondovalle che risultano le più esposte alle gelate, mente le aree collinari sono sembrate più riparate. Nel Lazio ad essere colpiti sono stati i vigneti molto giovani, ancora poco produttivi. Nelle Marche si registrano problemi nel fondovalle del Sud della regione, mentre nel Verdicchio si ha una situazione molto differenziata e il ritardo vegetativo ha, di fatto, limitato i danni ad alcuni vigneti. 
In Abruzzo le temperature non sono scese così tanto sotto lo zero e questo ha mitigato i danni così come in Puglia, mentre in Calabria alcune delle zone colpite lamentano danni più importanti. Tra le due isole maggiore è sicuramente la Sardegna quella più investita dalle gelate, soprattutto nella parte settentrionale.

Redazione


Cantine aperte e Vigneti aperti

Il classico appuntamento con l’apertura di oltre 800 cantine italiane fa coppia quest’anno con “Vigneti aperti”, nuovo format targato Movimento Turismo del Vino (MTV). E in più “Cantine aperte” 2021 introduce un “diritto di replica”: dopo il tradizionale weekend di fine maggio, sabato 29 e domenica 30, nelle regioni che ancora non hanno ottenuto il colore giallo e per quelle che vogliono fare il bis, l’iniziativa si svolgerà nuovamente il 19 e 20 giugno. Il presidente di MTV D’Auria: «tutta la manifestazione si baserà sul rispetto delle norme di sicurezza necessarie a garantire la salute dei partecipanti».


«Già lo scorso anno siamo stati obbligati a rivedere i nostri piani dovendo organizzare l’edizione 2020 online… soluzione non certo semplice per un evento che fa della convivialità il suo aspetto fondante. Ma in questi ultimi mesi, forti anche delle esperienze ormai dolorosamente acquisite da tutti noi, ci siamo messi al lavoro per organizzare l’edizione 2021 in presenza che avrà luogo nel weekend del 29 e 30 maggio. Inoltre, per soddisfare gli enoappassionati di tutte le regioni, ci sarà la possibilità di raddoppiare nel weekend del 19 e 20 giugno in base al “colore” regionale. Ovviamente, in entrambe le occasioni, tutta la manifestazione si baserà sul rispetto delle norme di sicurezza necessarie a garantire la salute dei partecipanti».
Così il presidente del Movimento Turismo del Vino (MTV) Nicola d’Auria ha presentato ieri l’altro l’edizione 2021 di “Cantine aperte”, appuntamento capace di muovere milioni di winelover verso le oltre 800 cantine degli associati di MTV. Manifestazione a cui quest’anno si affianca, per la prima volta su scala nazionale, il nuovo format creato dal Movimento, “Vigneti aperti”: un’iniziativa «capace di infinite opportunità di scoperta a chi ama il vino e gli spazi aperti. Dai picnic tra le vigne ai pranzi tra i filari, dal contatto diretto con la natura alla possibilità di vivere delle esperienze assolutamente intriganti. Un nuovo corso che dopo averci per anni portato in cantina, ci porta ora direttamente in vigna per conoscere il luogo dove cresce la vite e nasce il vino».
«“Vigneti aperti” – ha spiegato D’Auria - non nasce come uno spin-off di “Cantine aperte” ma piuttosto come una risposta al crescente bisogno di ritrovare il contatto con la natura e con i mille territori che fanno dell’Italia un Paese unico al mondo. Ma non solo: vuole rispondere a quel desiderio crescente di autenticità che il consumatore manifesta nei confronti del prodotto. Portarlo nel vigneto, descrivere le fasi della coltivazione della vite, far vivere un’esperienza a diretto contatto con il lavoro del viticoltore è certamente un modo per soddisfare questo bisogno diffuso».
Piccoli gruppi e necessità di prenotazione per garantire un’accoglienza di qualità e rispettosa delle normative previste. Sicurezza e salute saranno infatti tra le parole d’ordine di entrambe le manifestazioni, senza dimenticare gli altri principi che MTV persegue da tempo, i quali, soprattutto in questi difficili mesi, trovano un significato ancora più profondo: «rispetto per l’ambiente, riscoperta dei territori e delle tradizioni, empatia e coinvolgimento». 
Per ulteriori informazioni, visitare la nuova vetrina dell’associazione, www.movimentoturismovinolive.it, e scoprire come ogni regione e ogni cantina organizzerà le proprie iniziative legate a “Cantine aperte” e a “Vigneti aperti”. Un modo per restare sempre aggiornati su quanto il Movimento propone e scegliere il proprio itinerario di viaggio.


Redazione


Vino italiano nel 2020

L’Unione italiana vini rivela che nel 2020 i crediti non corrisposti dall’ Hotellerie-Restaurant-Café alle imprese del vino sono stati di 500 milioni di euro e che le vendite nel “fuori casa” sono diminuite tra -1,5 e -1,8 miliardi di euro. Il segretario generale Castelletti: «attivare misure di sostegno per far fronte alla sofferenza dei mancati pagamenti e strumenti a sostegno della ristorazione». Per l’Osservatorio di Uiv l’anno scorso il mercato interno ha perso in valore dieci volte di più di quanto perso dal mercato estero: -24% (Horeca -38%) contro -2,3% dell’export. Gdo a +12%.


«I lockdown hanno fortemente penalizzato la ristorazione e con essa il mondo del vino, che solo in Italia registra nell’ultimo anno crediti non corrisposti dall’horeca per 500 milioni di euro e mancate vendite nel ‘fuori casa’ per 1,5/1,8 miliardi di euro. Ora, con le riaperture a singhiozzo previste nelle bozze del Dl Riaperture, la normalità è ancora lontana e le tensioni finanziarie si fanno sempre più forti. Per questo chiediamo al Governo di attivare con il ‘Fondo filiere in crisi’ anche misure di sostegno per far fronte alla sofferenza dei mancati pagamenti e strumenti a sostegno della ristorazione». 
E’ quanto dichiarato ieri dal segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, a commento della discussione sul Decreto legge “Riaperture” che era all’ordine del giorno in Consiglio dei ministri. «La ristorazione – ha aggiunto Castelletti – è da sempre la migliore alleata del vino e anche in questa congiuntura condividiamo le difficoltà di uno dei settori più colpiti dalla crisi, certi che una volta tornati alla normalità il binomio torni a essere il principale testimonial del made in Italy. Uiv ritiene che in vista delle riaperture – in particolare le più imminenti degli Stati Uniti e del Regno Unito – il settore necessiti anche di una forte azione di promozione per capitalizzare la propria immagine nel mondo e intercettare il ‘rimbalzo’ dei consumi che dovrebbe arrivare più velocemente in alcuni mercati internazionali. È necessario, dunque, aumentare il budget della misura Ocm promozione e semplificare le regole».
Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini, la maggior presenza di vino in cantina (+3,6% sul pari periodo del 2020) è determinato da un’ultima vendemmia in crescita del 3,2%. Ne consegue che gli attuali 200mila ettolitri in eccedenza rispetto allo scorso anno siano quasi totalmente un effetto della maggior produzione. Lo scorso anno il mercato interno (-24% a valore) ha perso dieci volte più dell’export (-2,3%, a 6,3 miliardi di euro), con l’horeca a -38%, le enoteche a -23%, la vendita diretta a -19% a fronte di una crescita del 12% delle vendite nella grande distribuzione. I numeri nel complesso, attenuati dalle performance delle grandi aziende che lavorano con la Gdo, non svelano però le forti difficoltà di migliaia di piccoli e medi produttori, spina dorsale del prodotto Italia, da sempre legati al comparto della ristorazione.

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