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Una partnership di successo per il florovivaismo e il settore primario. Nonni Srl, un’azienda di Cerreto Guidi con oltre trent’anni di esperienza nel settore dei carrelli elevatori, si è unita a Unicar Spa per offrire soluzioni di movimentazione personalizzate al settore primario toscano, in particolare al florovivaismo.
Nonni Srl ha guadagnato una solida reputazione nel settore grazie alla sua profonda comprensione delle esigenze specifiche dei clienti sul territorio e alla sua capacità di fornire soluzioni su misura. Grazie alla partnership con Unicar Spa, importatore nazionale dei carrelli elevatori Yale, Nonni Srl ha potuto accedere a risorse e competenze aggiuntive per accelerare l’adozione di nuove tecnologie e servizi nel settore. La vasta gamma di prodotti offerta da Nonni Srl copre diverse filiere del settore primario, tra cui la filiera vitivinicola ed enologica, il florovivaismo, il vivaismo olivicolo, l’olivicoltura, l’agroalimentare e la filiera della canapa industriale, oltre a tutto l’indotto collegato.
Grazie alla sua esperienza e alla conoscenza approfondita delle specifiche esigenze di queste filiere, Nonni Srl è diventata un punto di riferimento per le aziende toscane che cercano soluzioni di movimentazione e logistica affidabili, efficienti e all’avanguardia. Questa partnership offre un’opportunità unica alle aziende toscane del settore primario, in particolare nel florovivaismo. La combinazione di tradizione, esperienza e innovazione consente di fornire soluzioni di movimentazione personalizzate in grado di affrontare le sfide specifiche di ogni filiera.
I carrelli elevatori Yale, distribuiti da Unicar Spa tramite Nonni Srl, garantiscono prestazioni superiori, massima sicurezza ed efficienza energetica, soddisfacendo le esigenze di movimentazione dei prodotti e materiali tipici della Toscana. L’arrivo di Unicar Spa in Toscana tramite la partnership con Nonni Srl rappresenta una nuova fase di crescita e sviluppo per entrambe le aziende. Con una rete consolidata di filiali, concessionari e officine, Unicar Spa e Nonni Srl sono pronti a offrire supporto professionale e soluzioni avanzate per il settore primario toscano. Per ulteriori informazioni su come la partnership Articolo pubbliredazionale tra Nonni Srl e Unicar Spa sta accelerando l’innovazione e l’efficienza nel settore primario toscano.
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Intervista a Stefano Bonuccelli, presidente e direttore commerciale di Florence One, azienda toscana con sede a Pistoia fra le vincitrici dei SAP Quality Awards 2022 e 2^ in Italia per tasso di crescita nel suo settore in una classifica del Financial Times. Bonuccelli presenta al mondo del vivaismo i servizi della sua azienda e spiega come possono semplificare e rendere più efficiente l’attività vivaistica: «col nostro metodo l’investimento in digitalizzazione arriva al punto di pareggio in pochissimi mesi». Riduzioni dei costi delle licenze software e tariffe agevolate per i vivaisti.
«Ridurre i tempi è secondo noi un obiettivo ambizioso ma raggiungibile nel vivaismo: ridurre i tempi di preparazione per la spedizione, ridurre il tempo per il carico e l’ottimizzazione del camion, ridurre il tempo e la fatica degli operatori in fase di distribuzione del carico e della definizione del giro di consegna».
Sono solo alcuni degli esempi di opportunità e vantaggi che Stefano Bonuccelli - uno dei due titolari operativi di Florence One insieme a Emiliano Ferroni (a cui va aggiunto come socio fondatore Francesco Persiano) - vede con chiarezza nell’applicazione dei servizi di IT Enterprise (Information Technology a supporto dei processi aziendali) al settore vivaistico.
Florence One, nata a Firenze sei anni fa da Omnia Group e poi trasferitasi a Pistoia quattro anni dopo, è un’azienda attiva appunto nella cosiddetta «consulenza It Enterprise» e nella «trasformazione digitale» delle imprese: non è solamente un’azienda che sviluppa e vende software, ma un’azienda che suggerisce alle imprese clienti possibili riorganizzazioni di processo basate sui migliori software disponibili, a cominciare dai gestionali SAP, e le supporta nell’introduzione di tali software tramite servizi calibrati sulle reali esigenze d’impresa. Gli obiettivi sono digitalizzazione delle informazioni, semplificazione dei processi aziendali e maggiore efficienza, con benefici in termini di riduzione dei costi e maggiore redditività.
Come riferito a Floraviva da Stefano Bonuccelli, che svolge il ruolo di presidente e direttore commerciale (mentre Emiliano Ferroni è amministratore delegato e direttore operativo), Florence One è stata nel 2022 fra le vincitrici dei SAP Quality Awards per il progetto realizzato per Ecopol spa, grazie alla velocità di consegna del progetto e alla capacità di supportare il cliente, dopo l’introduzione del sistema, «nella crescita verticale dei volumi di business a livello nazionale ed internazionale». Inoltre nel 2022 ha ottenuto il 2° posto in Italia per il settore tecnologico in una classifica del Financial Times delle 1000 aziende europee con il più alto tasso di crescita nei tre anni precedenti.
Questi risultati di Florence One e soprattutto il suo successo commerciale, spiega Bonuccelli, 42enne con laurea in Economia e percorso di 9 anni da consulente applicativo e poi project manager SAP come dipendente di Omnia Group, prima di intraprendere l’avventura imprenditoriale, sono dovuti anche alla qualità professionale e umana delle «circa 40 persone, tra dipendenti e terzi di fornitori dedicati al 100% al nostro progetto». Infatti, dice il presidente, «le persone sono l’elemento di maggior valore aggiunto nei nostri progetti, fanno la differenza nel rapporto con il cliente e sono decisive per la buona riuscita». Al momento sono attivi percorsi di certificazione SAP, corsi di inglese vista la recente attivazione di Florence One USA, con la sede operativa di Atlanta in Georgia e la sede legale a Miami in Florida. Inoltre «collaboriamo con gli istituti tecnici e le università per prendere le migliori promesse e le inseriamo in azienda seguendo percorsi di stage retribuiti e con obiettivi concreti: i casi di conferma con contratto sono numerosi».
«Florence One si è trasferita a Pistoia – dice Bonuccelli - in quanto il numero di clienti nel settore tessile e della nobilitazione dei materiali per il pellettiero è decisamente aumentato e Pistoia rappresenta un bacino importante di opportunità non solo in questo segmento ma anche nel settore vivaistico che ad oggi risulta piuttosto scoperto sul lato digital». La sede, in zona Sant’Agostino, «è stata progettata e realizzata per “lavorare bene”, con spazi ampi e attenzione alla dimensione ricreativa – spiega -. Stiamo già pensando ad un ulteriore ampliamento visto il recente acquisto del piano di sotto: entro fine anno contiamo di incrementare del 30% gli spazi». «Tutto il look – aggiunge - è improntato al concetto di velocità. Vedere l'obiettivo, avere il desiderio di raggiungerlo quanto prima, dare il massimo per ottenere la migliore condizione per il cliente. Colori, illuminazione, slogan, tutto è orientato a questo».
Floraviva ha posto alcune domande a Stefano Bonuccelli prima sui servizi offerti da Florence One in generale e sul suo modo di approcciare le aziende clienti a prescindere dal settore di appartenenza. Poi gli ha rivolto alcuni quesiti più specifici riguardanti l’applicazione dei suoi metodi di consulenza e dei suoi servizi al comparto del vivaismo.
Quali sono i vostri clienti tipici?
«Il nostro cliente tipico è l’azienda, sia essa di servizi sia essa di produzione, che è in crescita e intende intraprendere un percorso di digitalizzazione che in prospettiva le consenta di gestire volumi decisamente superiori rispetto a quelli del passato e del presente. In numerosi casi i nostri clienti richiedono questo nostro intervento in ritardo, nel senso che già in quel momento hanno volumi che stentano a gestire con il numero di operatori disponibili ed è lì che comunque facciamo la differenza sfruttando le nostre soluzioni software e hardware per garantire loro maggiore ergonomicità ed efficienza. I nostri clienti sono aziende private che fatturano tra i 5 ed i 200 milioni e che hanno un business internazionale».
I vostri punti di forza, anche rispetto alla concorrenza?
«Florence One è un’azienda che ha un metodo, un metodo che oggettivamente rende sostenibile l’investimento in digitalizzazione e lo porta concretamente a punto di pareggio in pochissimi mesi. Florence One non è solamente un’azienda che sviluppa e vende software, è un’azienda che fa match tra consulenza e tecnologia e che consiglia al cliente possibili riorganizzazioni di processo supportate da nuovi strumenti per gli operatori».
Come definireste questo metodo o approccio?
«E’ un approccio innovativo, lo definirei così perché sul mercato ci sono ottime società di consulenza e alcune software house capaci, ma il punto di forza e la vera innovazione della nostra azienda è la capacità di fondere consulenza e tecnologia, il che è molto innovativo sul nostro mercato. Non siamo solo esperti di processi, non siamo solo tecnici informatici, siamo l’anello di congiunzione tra i due mondi per dare al cliente una soluzione».
In concreto, che risultati specifici può aspettarsi un’azienda dall'utilizzo dei vostri servizi?
«Riduzione del tempo di evasione degli ordini cliente, ottimizzazione delle giacenze di magazzino, maggior controllo qualitativo e quantitativo della merce in ingresso (e quindi una gestione molto più puntuale del rapporto di fornitura), statistiche in tempo reale utili a orientare correttamente le strategie commerciali ecc. In linea di massima, riduzione dei tempi, maggior controllo dei costi, informazioni utili all’aumento dei ricavi: dati certi in real time».
Quali sono i vostri software e servizi più popolari?
«Senza dubbio SAP, un’ERP [software aziendale gestionale Enterprise Resource Planning, ndr] sul quale girano il 77% delle transazioni economiche mondiali. Noi siamo uno dei partner che implementa questo software in Italia e presto anche negli USA, la nostra azienda è stata premiata da SAP lo scorso anno quale miglior partner in termini di prestazioni rapporto tempo/valore. In altre parole siamo stati il miglior partner a livello europeo per rapidità di implementazione e valore concreto per il cliente misurato in aumento del fatturato, riduzione del tempo di evasione dell’ordine (i parametri citati nella precedente risposta). E poi Salesforce come CRM [software per la gestione clienti o Customer Relationship Management, ndr] e DocFinance per la gestione della tesoreria. Kendox: siamo master reseller per l’Italia di questo software di gestione documentale che sta diventando molto popolare in ambito media azienda; per mezzo di Kendox digitalizziamo l’intero processo, anche al di fuori dal perimetro dello stabilimento aziendale. E ancora il nostro Plan, pianificatore a capacità finita, e il nostro WHS, soluzione mobile per la gestione del magazzino e degli avanzamenti di produzione… il nostro connettore tra software gestionale e marketplace quali Amazon e Shopify».
Avete certificazioni o qualifiche che vi contraddistinguono, in particolare riguardo ai SAP?
«Innanzitutto la nostra azienda è certificata ISO9001 EA37, certificazione che consente ai nostri clienti di rendicontare la nostra attività sui principali bandi di trasformazione digitale e ottenere numerose agevolazioni che ovviamente rendono l’investimento migliore in termini di sostenibilità. L’azienda è certificata SAP sia lato sviluppo software che lato consulenza applicativa e project management, oltre che commerciale ovviamente. Queste certificazioni significano certezza di “metodo”, cosa che sul nostro mercato non è scontata: approcciare questi progetti di digitalizzazione con metodo è fondamentale. Poi ci sono le certificazioni sulle singole verticalizzazioni di gestione della produzione, pianificazione, logistica ecc. Un altro punto importante è relativo alle certificazioni lato infrastruttura hardware, fisica o cloud: la nostra azienda offre anche queste soluzioni con elevati standard qualitativi».
Ci sono casi di studio o testimonianze di clienti che si possono citare?
«Possiamo vantare oltre 60 referenze certificate con firma degli ad dei nostri clienti, aziende sia di produzione che commerciali e di servizi. Tutte, ciascuna a suo modo e sul suo mercato, molto significative e valutabili oggettivamente secondo parametri che fanno agevolmente comprendere il veloce ritorno dell’investimento».
Passiamo infine al vivaismo: quali competenze e servizi ritenete che possano essere applicati efficacemente anche al settore vivaistico?
«Abbiamo studiato il settore grazie a incontri e analisi condotti insieme ad alcuni vivaisti, riteniamo di poter dare un grande supporto in materia di logistica e magazzino, oltre che in materia di aggiornamento automatico del magazzino “vivente” e che muta nel tempo (crescita della pianta). A livello logistico abbiamo soluzioni pronte ed integrate con aziende di logistica e trasporti. Tutto funzionante in maniera ergonomicamente corretta. Proponiamo l’impiego di app funzionanti su palmari utilizzabili con i guanti da lavoro».
Può indicare ai nostri lettori vivaisti, in sintesi, in che modo potete aiutarli a risolvere problemi molto diffusi nel loro comparto e a cogliere nuove opportunità?
«Ottimizzare il lavoro e i tempi di gestione logistica e di magazzino è, come detto, un obiettivo ambizioso ma raggiungibile per queste aziende. Raggiungendolo, ecco che la vendita online e le nostre soluzioni di e-commerce e di integrazione con i marketplace potrebbero essere una grande opportunità da cogliere e sfruttare come nuovo (per alcuni) o consolidato (per altri) canale di vendita, peraltro con logistica integrata».
Quali strategie adotterete per attrarre clienti del settore vivaistico?
«Abbiamo una strategia molto chiara ed è una strategia condivisa con SAP: co-investiremo con i vivaisti per realizzare questi progetti di digitalizzazione. Per co-investimento intendo un abbattimento pesante dei costi delle licenze software e gratitudine (sotto forma di tariffe agevolate) nei confronti di chi seguirà, una riduzione quindi del nostro margine immediato in favore di un risultato eccellente nel medio termine».
Avendo sede a Pistoia, territorio leader del vivaismo ornamentale europeo, come pensate di sfruttare la vostra posizione geografica per servire meglio il comparto?
«Vista la strategia esposta sopra, la nostra presenza a Pistoia ci consentirà di vivere da vicino, fianco a fianco con i clienti, questi progetti di innovazione. Lavorare con le eccellenze del proprio territorio riteniamo sia il desiderio di ogni imprenditore, sicuramente il nostro».
Un’ultima curiosità, anche per “preparare” i vivaisti che vi contatteranno: come si svolge il primo incontro col nuovo cliente?
«Abbiamo un approccio piuttosto originale. Cerchiamo di ottenere informazioni circa lo stato attuale del suo sistema informativo, è ovvio, però ci concentriamo subito dopo su tanti altri aspetti che sono a monte di questo elemento. Il core per noi è la soluzione e il miglioramento: questo non è un concetto solo commerciale, è la pura verità. Cerchiamo di portare i nostri clienti a un altro livello di performance e di soddisfazione circa gli strumenti di supporto alle loro attività quotidiane. Ci concentriamo sul processo, su come ridisegnarlo, su come rendere la singola attività, il singolo compito, più incisivo, più utile al passaggio successivo. Dotare un operatore di uno strumento “ergonomicamente” corretto cambia la sua performance, i suoi tempi, il suo comfort; per questo siamo sempre alla ricerca di nuovi palmari, nuove soluzioni infrastrutturali orientate alla robotica e all’intelligenza artificiale».
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Lo stand di Cantine Bonacchi conquista il premio A'Design Award. Presentato l'avvolgente "Gerbido" di Bolgheri
Cantine Bonacchi, rinomata azienda vinicola toscana, ha vinto il prestigioso premio A'Design Award per il suo stand all'edizione 2023 di Vinitaly disegnato da Franco Pupillo. L'azienda, nota per la produzione di vini di alta qualità, ha presentato i suoi rinomati vini durante l'evento.
Cantine Bonacchi, situata nel cuore del Montalbano, è una realtà toscana leader nel settore vinicolo. Oltre alla sede principale a Quarrata, l'azienda ha acquisito fattorie in varie zone della Toscana, tra cui Quercegrossa con l'azienda Casalino (SI), nota per la produzione di Chianti Classico e Chianti Classico Riserva, Molino della Suga a Montalcino, dove vengono prodotti Brunello e Rosso di Montalcino ed infine l'azienda di Bolgheri, celebre per i suoi vini di alta qualità, tra cui il Bolgheri Riserva e Bolgheri D.O.C.,tra cui sppicca la nuova etichetta "Gerbido", un vino ottenuto da uve merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon e syrah, vitigni internazionali che si sono perfettamente adattatie alle condizioni climatiche e pedologiche uniche di Bolgheri che favoriscono la maturazione ottimale di questi vitigni, conferendo al Gerbido di Bolgheri un profilo morbido, sapido ed estremamente piacevole. L'enologo di Cantine Bonacchi, Ivan Misuri, ha sottolineato l'influenza del territorio e ha spiegato che la vicinanza alla costa tirrenica ha ispirato il design dell'etichetta e del packaging, che raffigurano la forma del vento caratteristico della zona.
Infine una nota sul packaging di questa new entry: le bottiglie del Gerbido di Bolgheri sono protette da carta velina e presentate in scatole di legno marchiate a fuoco che completa un'esperienza di alta qualità per i consumatori.
Lo stand di Cantine Bonacchi a Vinitaly 2023 ha quindi catturato l'attenzione dei visitatori, oltre alla qualità dei prodotti, per il suo design innovativo e l'attenzione ai dettagli. Grazie a questa presentazione, l'azienda è stata premiata con l'A'Design Award, uno dei premi di design più prestigiosi a livello internazionale, un importante riconoscimento per l'azienda nel settore vinicolo italiano. La combinazione tra l'arte del vino e il design ha offerto ai visitatori di Vinitaly un'esperienza che ha coniugato la presentando dei suoi rinomati vini agli appassionati del settore a l'eccellenza nel designa distinguendosi per la sua dedizione alla qualità e all'innovazione nel campo vinicolo.
Redazione
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Incontro con Cesare Barni, maestro vivaista di lungo corso e gran gusto affinato dalla passione per l’arte, nei suoi due ettari e mezzo di splendide piante nel cuore del distretto di Pistoia. Spiccano nel suo vivaio circa 600 Picea pungens ‘Hoopsii’, ma anche agrifogli, faggi tricolor e altri alberi dei generi Picea, fra cui alcoquiana ‘Bicolor’ e kosteriana ‘Pendula’, e Abies. Premiato nel 2016 dall’Associazione Vivaisti Italiani, Barni propone una gamma di alberi perfetti per grandi giardini e parchi pubblici bisognosi di piante già in pieno rigoglio.
«Il vivaista produce paesaggio». È quanto recita la targa ricevuta in premio da Cesare Barni nella “Serata del vivaismo” del 2016 dall’Associazione Vivaisti Italiani di cui è socio a riconoscimento della sua lunga e onorata carriera. Motto quanto mai meritato dal maestro vivaista Cesare, il cui vivaio in fondo a via del Pescino a Pistoia, nel distretto vivaistico-ornamentale più importante d’Europa, è un esempio di qualità e ricercatezza per l’originale gamma di piante, frutto di innesti e intuizioni mai banali. Per lo più ormai alberi già maturi e rigogliosi, che ben si presterebbero per parchi pubblici (nuovi o da integrare) o grandi giardini privati che non possono attendere anni per svolgere appieno le proprie funzioni.
Davvero «un vivaista d’eccezione», come è stato definito circa dieci anni orsono in un articolo in cui è stata tratteggiata la sua storia di giovane appassionato di innesti già dai tempi della scuola e poi nel vivaio messo su nel terreno della moglie (che è quello attuale) nelle ore del dopolavoro (era infatti impiegato alle Poste). Non solo per la molteplicità degli interessi e l’amore per l’arte, vissuto sia come musicista dilettante (ha suonato la tromba in diverse bande musicali) che come collezionista d’arte contemporanea. Ma soprattutto in quanto vivaista che ha sempre coltivato il gusto di sperimentare innesti di varietà nuove e la curiosità per «il ricercato». E che ha avuto come punti di riferimento della propria formazione vivaistica, oltre al capovivaio di una grande azienda pistoiese quale Luigi Becarelli, il collezionista di rarità botaniche Ferruccio Rabuzzi, che, colpito positivamente dall’autentica passione di Cesare, gli fornì alcune varietà di alberi trovate in orti botanici nord europei.
Il risultato, dopo mezzo secolo di attività dal momento dell’avvio, è un vivaio intorno a 2 ettari e mezzo dove spiccano per quantità e bellezza circa 600 Picea pungens ‘Hoopsii’ fra i 30 e i 40 anni, ma anche diversi agrifogli (Ilex aquifolium ‘Variegato’ e Ilex crenata, detto agrifoglio giapponese), faggi tricolor (Fagus sylvatica ‘Tricolor’), Abies pinsapo ‘Aurea’, altri alberi del genere Picea, fra cui Picea alcoquiana ‘Bicolor’ e Picea kosteriana ‘Pendula’, e Carpinus betulus ‘Monumentalis’. Piante da intenditori in attesa di acquirenti capaci di apprezzarne il valore sia estetico che commerciale, senza dimenticare la funzione ambientale svolta con l’assorbimento di sostanze inquinanti.
Floraviva ha incontrato nei giorni scorsi Cesare Barni nel suo vivaio per intervistarlo passeggiando insieme a lui fra le sue piante e ripercorrendone la storia.
Quando è nato esattamente questo vivaio?
«Nei primi anni ‘70. Io ho sposato quella signora lì [indicando la moglie Fernanda che ci ha accolto all’inizio della visita, ndr], che era proprietaria di questo podere e l’ho trasformato da ortolano a vivaio di piante».
Quindi il vivaio l’ha creato lei, Cesare?
«Sì, l’ho creato io perché già conoscevo un po’ il vivaismo. Insieme a mio fratello, che sta di là».
Quindi questo è suo e poi c’è dall’altra parte della superstrada il vivaio del fratello?
«Sì»
E quando l’ha avviato come ha deciso di impostarlo?
«Guardi io ho sempre avuto una grande passione per queste piante: i Picea pungens 'Hoopsii'. Quindi quando misi in opera il vivaio incominciai subito a innestare questi alberi».
Era il primo a farlo a Pistoia o ce n’erano altri?
«Il primo no, ma uno dei primi sì. Sono il primo che l’ha fatto con certi numeri, perché io ne ho innestati migliaia».
Perché le piacevano o perché ci vedeva uno sbocco di mercato importante?
«Le due cose assieme».
Quale era lo sbocco di mercato per questo albero principalmente? Il mercato natalizio?
«No, no, queste non sono per Natale. Queste sono piante per i giardini e per i grandi parchi».
E adatte a quali zone soprattutto? Toscana o altrove?
«In collina o anche in pianura, basta non vicino al mare…»
… ma quando ha iniziato a produrli dove ha iniziato a venderli? Più in Italia o subito anche all’estero?
«No, io direttamente all’estero no, ho sempre lavorato con le ditte di Pistoia che esportano».
Quindi faceva il fornitore alle aziende più grosse?
«Sì».
Dunque, questo è stato l’inizio. Poi che cosa ha fatto? È rimasto specializzato o ha allargato anche ad altre tipologie di piante cominciando a diversificare?
«Ho subito diversificato per avere delle piante in tempi brevi. Perché queste piante qui prima che diventino un po’ grandine ci vogliono tanti anni, almeno 7/8 anni dalla messa a dimora alla vendita. Se si pensa che queste [indicando un filare di Picea pungens 'Hoopsii', ndr] sono le prime e hanno 50 anni, anche qualcosa in più».
E infatti sono belle grosse, eh?
«Sono 7 metri, 7 metri e mezzo».
Ma la diversificazione in che consisteva all’inizio?
«All’inizio facevo principalmente produzione di tuie, che ci venivano bene, perché c’è un terreno molto adatto».
E c’erano anche altre piante in questa diversificazione?
«Sì. Ad esempio gli aceri giapponesi e agrifogli giapponesi: ne avevo tanti».
Questo è stato l’inizio, poi c’è stato qualche cambiamento da segnalare nella storia del suo vivaio?
«Quando incominciai a vendere i Picea pungens ‘Hoopsii’ il mercato li richiedeva. C’era anche il boom economico degli anni 70/80».
Quanto è durato il boom per questo tipo di prodotto?
«Una ventina d’anni».
E poi quando è cominciata a calare la domanda di questa pianta su quali ha cominciato a puntare?
«Niente, perché quando hai il vivaio pieno di queste piante o le tagli o continui a curarle».
C’era rimasto poco spazio nel vivaio?
«Avevamo anche poco spazio. Poi ho allargato il vivaio e ho fatto i diradi…»
… mi può spiegare in che cosa consistono i diradi?
«Perché quando le piante sono piccole si mettono a distanza adeguata, per arrivare a un’altezza giusta, poi crescono e vanno levate. Io vendevo i diradi e lasciavo il resto… lì per esempio ce ne sono una ventina e prima ce n’erano cento…».
… dicevamo di altre piante per la diversificazione.
«Ho fatto anche tanti agrifogli. È un lavoro un po’ lento, perché anche su queste piante qua si va nell’ordine delle decine di anni».
Queste [indicando degli esemplari di Ilex aquifolium ‘Variegato’, ndr] sembrano messe in forma in qualche modo?
«Quella forma lì a fontana credo di averla fatta solo io».
Ah, quindi è l’unico che li mette in forma così?
«Non posso dire l’unico per certo, però ecco credo, perché ci vuole tanta pazienza».
Possiamo dire che è una sua specialità questa di metterli in forma?
«Io non direi una specialità. Sono un vivaista a cui piaceva farli anche così».
Quali sono le difficoltà maggiori?
«Ci vuole tanta pazienza e tanto tempo. Guardi qui ci sono diversi innesti e c’è già la prima selezione sugli innesti».
Quindi vanno fatti degli innesti per fargli prendere queste forme?
«Certo. Si potrà fare anche in altro modo, ma io l’ho fatto così».
Queste forme di questi alberelli per così dire a tre piani [indicando degli Ilex crenata o agrifogli giapponesi, ndr] hanno un nome tecnico o commerciale?
«A fontana, le fontane classiche del Cinquecento. E se lei guarda i quadri del Cinquecento, per esempio l’Annunciazione di Leonardo che è agli Uffizi, sullo sfondo almeno una c’è potata così. Si vede molto bene questa pianta che svetta sul didietro: è formata così. È una pianta grande».
Quindi una delle sue caratteristiche è che lei è bravo a fare innesti?
«Sì, quando ero molto giovane ne ho fatti, tant’è vero che i Picea pungens ‘Hoopsi’ li ho tutti innestati io».
Come li ha innestati?
«In parole povere, le radici sono quelle dell’albero di Natale, cioè dell’abete rosso, e poi viene fuori questo qua».
Che ci mettete?
«Si mettono le marze di quella varietà: il Picea pungens ‘Hoopsii’».
Altri esempi di innesti?
«In quegli agrifogli il fusto è quello dell’Ilex selvatico e a una certa altezza si innesta quella varietà lì: l’Ilex aquifolium ‘Variegato’».
Qualche altra pianta degna di nota?
«Ad esempio ho qualche pianta che non si trova spesso nei vivai. Questo è un abete molto particolare, si chiama Picea alcoquiana ‘Bicolor’. Questi esemplari stanno producendo i semi, maschili e femminili, e quelli femminili sono rosso purpureo».
Quindi, ricapitolando, lei ha iniziato a fare tutte queste piante più o meno sin dall’inizio?
«Sì. Ho conosciuto una persona, Ferruccio Rabuzzi, che non era un vivaista, ma un appassionato di botanica che faceva l’impiegato a Firenze. Abitava qui in zona e aveva questa passione per le piante, anche molto particolari. C’è stato un periodo che acquistavo da questo signore le piante. E acquistai tante camelie, che lui innestava…».
… perciò collaborava con questo amatore della botanica?
«Sì, questo signore aveva rapporti con i giardini reali inglesi, olandesi e anche belgi. Si faceva mandare le piantine, le faceva crescere un pochino e poi le riproduceva».
Comunque, concludendo questo profilo storico del suo vivaio, possiamo dire che il momento più glorioso è stato nei primi venti anni di vita: dai ‘70 ai ‘90?
«Sì, ma non solo da parte mia. Tutti i vivai di Pistoia ebbero la spinta dal boom economico e dalla grande richiesta di piante».
Passando all’oggi, se dovessimo quantificare e dire le percentuali di piante di ciascuna delle principali tipologie del suo vivaio, diciamo 3: la prima è il Picea pungens ‘Hoopsii’, vero?
«Sì, circa l’80%. Saranno intorno a 600».
E le altre due successive?
«Gli agrifogli e i faggi tricolor (Fagus sylvatica ‘Tricolor’), una pianta che mi è sempre piaciuta fin da quando ero ragazzo, e ne ho riprodotte tante, forse anche troppe».
A suo parere, quali sono fra le sue piante quelle con più prospettive di mercato adesso?
«Come vede, io ho tutte piante grandi e ora, almeno a quanto mi risulta, il mercato richiede soprattutto piante piccole. Piante in vaso, già pronte, o anche con la terra, in zolla, però piccole, fino a 2 metri, 2,50 metri. Io ho piante più grandi».
Ma in teoria si parla tanto di inverdimenti nelle città e in certi casi le piante già grandi sono più apprezzate dai cittadini. Però immagino che ci sia un problema di costo?
«Non lo so, penso che sia il fatto che hanno un costo diverso. Perché in realtà io penso che chi riesce a mettere subito qualche pianta come quelle mie fa subito un bell’effetto».
Quindi se uno vuol fare un bel parco, sia pubblico che privato, con una pianta così parte subito bene…
«… ecco io ce l’ho. Già pronte e lavorate secondo il sistema classico di una volta».
Cioè? che intende dire con «lavorate secondo il sistema classico»?
«Per esempio, per togliere una pianta grande così, va lavorata. Cioè gli si tagliano le radici prima, magari metà e poi… dipende dalla situazione…».
… quindi intende dire che lei sa come preparare bene la pianta che dovrà essere messa a dimora altrove?
«Direi di sì. E ho le piante adatte».
Quali sono le destinazioni privilegiate per queste sue piante? I parchi monumentali e i giardini privati di un certo livello?
«Chiaramente nel giardino della villettina che ha pochi metri di spazio queste piante qui non sono adatte. Ce le può anche mettere ma poi entrano in casa».
Quindi praticamente giardini privati con grandi spazi oppure parchi pubblici monumentali o meno?
«Certo».
E come climi, in quali stanno bene? Dappertutto?
«Basta che non siano proprio vicino al mare, in modo da evitare gli spruzzi salati».
Per il resto, possiamo dire che vanno bene dalla Sicilia alla Svezia?
«Certo».
E ora coi cambiamenti climatici come stanno reggendo?
«Io non ho avuto grossi problemi, perché ho l’acqua e io d’estate annaffio. Ho il pozzo e mi basta».
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Allo stand C17 nel padiglione 9 della Toscana di Vinitaly si potranno degustare le annate 2022 dei vini Bonacchi di punta, ma anche il nuovo Chianti biologico in anteprima e qualche sorpresa. Le aspettative di mercato dell’enologo Misuri, a cominciare dalla fondamentale America e dal ritorno della Cina. In Italia è sempre gdo.
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